Three Fairies, One Heart
Dedicata a Sabriel, con la speranza di farla sclerare e di uccidere
ancora una volta i suoi neuroni – o ciò che ne rimane XD
Buon compleanno ♥
L’agente Sindy
Schermann fissava la strada illuminata dal pallido sole invernale, tenendo le
braccia incrociate sul petto.
Il giovane partner,
l’agente Ade Visser, camminava pigramente avanti e indietro di fronte alla volante,
evidentemente annoiato.
«Essere di pattuglia
è una fregatura, specialmente in questo periodo morto» brontolò il poliziotto
venticinquenne, passandosi una mano sul volto che presentava ancora qualche
segno di una fastidiosa acne giovanile.
Sindy sorrise. «A me
non dispiace fare gavetta, vedrai che prima o poi avremo una promozione e
rincorreremo i criminali.»
«Me lo auguro, non
sono entrato in accademia per battere le strade come una puttana» sputò il
collega.
«Che ragazzo gentile
e a modo che sei, scommetto che se riferissi a Derek quello che hai detto,
metterebbe una buona parola per te ai piani alti» scherzò la corvina.
Tuttavia non poteva
dare torto al collega: Rotterdam a febbraio era un posto poco frequentato,
specialmente entro settimana; era martedì pomeriggio e il loro turno sarebbe
terminato alle diciotto, avevano ancora più di tre ore da trascorrere in quel
posto di blocco e non sarebbe stato divertente. Passavano poche auto di lì, le
persone stavano rintanate in casa o in ufficio per proteggersi dal freddo
pungente di quell’inverno più che rigido.
A un tratto Sindy
avvistò un’auto in avvicinamento e fece cenno a Visser di fermarla; il giovane
sollevò la paletta e sbuffò annoiato, preparandosi a adempiere al suo dovere
come un automa.
L’utilitaria che si
fermò di fronte a loro era blu scura, anonima, fatta eccezione per il marchio
di un famoso autonoleggio che operava nei pressi dell’aeroporto.
Sindy fece il giro
del mezzo e si piazzò di fianco allo sportello del guidatore; il finestrino
venne abbassato e due giovani ragazzi si mostrarono al suo sguardo severo e
attento.
Alla guida c’era un
tipo massiccio dai capelli corti, la pelle olivastra e un naso un po’
ingombrante, mentre sul sedile del passeggero se ne stava stravaccato un tipo
dalla pelle chiara, i capelli ricci e castani – per la verità erano quasi
biondi, Sindy non avrebbe saputo attribuire loro la giusta tonalità – e il viso
inclinato verso sinistra.
La poliziotta
comprese immediatamente che si trattava di un non vedente, aveva imparato a
riconoscerli da quando aveva conosciuto Edith, la zia di Rickard.
«Prego, favorisca la
sua patente e i documenti dell’auto.» Ade le si affiancò e parlò in tono
perentorio, dandosi un tono autoritario che mal si addiceva alla sua giovane
età.
Il guidatore lo
fissò attonito e si grattò appena il mento.
Sindy si chinò
appena e lo fissò negli occhi. «Parlate olandese?»
Il ragazzo riccio si
schiarì la gola e intervenne, in inglese: «Non siamo del posto, scusateci».
Parlò senza
sollevare lo sguardo, Sindy rimase a osservarlo per un attimo, poi si riscosse
e ripeté l’ordine di Visser.
Allora il guidatore
portò fuori la patente e frugò nei vari scomparti dell’auto alla ricerca dei
documenti. «Scusate, l’auto non è mia…» borbottò con voce profonda.
Sindy osservò la
patente e notò che era americana. «Martin Harris» sussurrò.
«Ecco a lei» disse
infine il bruno, passandole un fascio di fogli ripiegati, dopo averli estratti
dal portaoggetti.
La poliziotta passò
tutto al collega, il quale grugnì e si diresse verso la volante per fare le
verifiche di rito.
«Siete qui in
vacanza?» domandò lei in un inglese dalla pronuncia più che imperfetta.
«Sì, ecco…
festeggiamo il mio compleanno qui a Rotterdam» spiegò Martin Harris con un velo
di imbarazzo nella voce.
«Capisco» replicò
Sindy. Le venne in mente che in effetti sulla patente del giovane aveva letto
la sua data di nascita: 2 marzo 1992. Aveva soltanto due anni in meno di lei,
eppure dall’aspetto sembrava più maturo.
Poco dopo Ade tornò
da loro e restituì con malagrazia i documenti al guidatore, per poi congedarlo
con un cenno del capo; Sindy lo imitò, augurando ai due una buona permanenza a
Rotterdam.
Una volta che si
furono allontanati, i due colleghi si scambiarono un’occhiata complice.
Ade si accese una
sigaretta e soffiò bruscamente il fumo dopo averlo inspirato. «Allora?»
Sindy sorrise: era
arrivato il solito momento della scommessa, un giochino idiota che lei e il
collega avevano intrapreso da quando avevano preso servizio insieme qualche
mese prima. Si divertivano a scommettere in quali rapporti fossero i passeggeri
delle auto che fermavano per i controlli, ma quasi mai avevano la possibilità
di verificare chi avesse effettivamente ragione.
«Fratelli? No, non
penso, hanno dei tratti completamente diversi, poi il moro aveva la pelle
olivastra…» commentò pensosa lei, scacciando con la mano il fastidioso fumo
emanato dal collega.
«Scusa.» Ade si
spostò alla sua sinistra. «Secondo me se la intendono.»
«Dici che sono una
coppia?»
Lui si strinse nelle
spalle. «Certamente.»
«No, secondo me sono
solo amici.»
«Io punto su scopate
galattiche» ghignò Ade.
Sindy sospirò e si
passò una mano tra i capelli neri come la notte, poi indicò un altro veicolo in
avvicinamento. «Rimettiamoci al lavoro» concluse.
«Agli ordini, capo!»
Sindy fece il suo
ingresso nel palaghiaccio e si diresse velocemente verso una delle panchine,
per poi sedersi e indossare i pattini. Assicurò che fossero ben allacciati e si
guardò attorno, controllando se ci fosse qualcuno che conosceva.
Si rese conto che la
pista era quasi deserta, eppure ne fu grata: erano quasi le sette, aveva
staccato dal turno da appena un’ora e voleva soltanto rilassarsi un po’ prima
di tornare a casa a godersi un meritato riposo.
Non appena si
ritrovò a scivolare sul ghiaccio, le lame affilate sotto i piedi, avvertì la
familiare sensazione di sentirsi a casa. Ingenuamente, nonostante non fosse più
una bambina, credeva ancora di poter assumere l’aspetto di una fata e di poter
volare su quella distesa gelida che le scaldava il cuore più di qualsiasi abbraccio.
Affilò lo sguardo
non appena intravide due figure maschili al lato opposto della pista: parlavano
animatamente tra loro, mentre il più alto teneva le mani sui fianchi
dell’altro. Fece alcuni eleganti passi in quella direzione e dovette trattenere
una risatina sorpresa nel riconoscere i ragazzi che aveva fermato qualche ora
prima insieme al collega.
Pensa che
coincidenza, si disse, gironzolando discretamente attorno ai due.
Scambiavano battute
concitate in inglese; il ragazzo riccio dai capelli chiari gesticolava con la
mano sinistra, mentre con la destra si teneva stretto al braccio del moro.
«Dai, Joe, non devi
avere paura. Sei caduto prima, e allora? Non ti sei mica rotto l’osso del
collo!»
«Ci mancava poco! Non
rimetterò più piede in quella pista o come cazzo si chiama!»
Sindy osservò la
scena, profondamente divertita e incantata al contempo: l’intesa che c’era tra
i due era evidente, forse Ade aveva avuto ragione nel pensare che stessero
insieme. Si toccavano in maniera discreta e naturale, il moro – si chiamava
Martin qualcosa – scrutava attentamente il compagno con premura e
interesse, senza mai interrompere il contatto fisico.
Rickard mi ha
detto tante volte che per una persona cieca il contatto fisico è molto
importante, ricordò Sindy, senza riuscire quasi a staccare gli occhi dai
due ragazzi americani.
Finché Martin non se
ne accorse e la inchiodò con lo sguardo.
«Martin? Martin!» lo
richiamò il riccio, stringendo appena la stretta attorno al suo braccio.
«C’è qualche
problema?» chiese il moro, continuando a sostenere l’occhiata di Sindy.
Lei avvampò appena,
ma fece appello alla professionalità da poliziotta per replicare.
Ma prima che potesse
farlo, vide il riccio allarmarsi leggermente e sussurrare qualcosa all’altro.
«Scusatemi, nessun
problema. Solo… vi ho riconosciuto, sono l’agente Sindy Schermann. Vi ho
fermato prima, ero di pattuglia.»
Il viso di Martin si
illuminò e al suo compagno si incresparono le labbra in un lieve sorriso.
Rivolse il capo nella direzione da cui proveniva la voce di Sindy e la
poliziotta per la prima volta incrociò i suoi occhi: ne fu per un istante
spaventata, erano verdi e spenti, così brillanti eppure così privi di vita.
Spesso la pupilla si spostava senza controllo, roteava e veniva quasi
inghiottita dal bianco tutt’intorno.
Poi la ragazza
spostò l’attenzione su Martin e si ritrovò a pensare che lui non aveva alcuna
paura di scrutarlo negli occhi, forse perché – le costava ammetterlo – Ade
aveva azzeccato e quei due erano innamorati.
È palese, sono io
che non me ne intendo troppo di relazioni.
Sindy avanzò leggiadra
nella loro direzione e porse la mano a Martin. «Puoi chiamarmi soltanto Sindy,
piacere di conoscerti. Mi scuso se il mio collega prima è stato un po’ brusco,
Ade è fatto così.»
Il moro ricambiò la
stretta e sorrise cordiale. «Non c’è problema. Io sono Martin, mentre lui è il
mio ragazzo, Joe.»
Cazzo, Ade aveva
decisamente ragione, constatò Sindy, indecisa se rivelare al collega che
aveva scoperto la verità sui giovani americani.
Vide Joe sollevare
la mano destra, leggermente disorientato, così gli andò incontro e gliela
strinse dolcemente. «Piacere di conoscere anche te, Joe.»
Martin la guardò con
più attenzione. «Sei brava a pattinare?»
«Me la cavo»
minimizzò lei, evitando accuratamente di accennare al suo passato da
pattinatrice professionista. Ormai quelle esperienze non facevano più parte del
suo presente, anche se mai e poi mai avrebbe rinunciato a quell’attività.
«Beata, io prima
sono caduto» bofonchiò Joe.
Sindy rise appena.
«Sapessi quante volte sono caduta io!»
«Adesso ha paura e
non vuole più entrare in pista» spiegò Martin leggermente esasperato.
A Sindy scattò
qualcosa dentro e si ritrovò ad allargare il sorriso. «Sai come ha fatto mio
padre a farmi pattinare quando ero ancora troppo insicura? Mi ha fatto
appoggiare i piedi sui suoi e mi ha portato in giro per la pista, tenendomi
stretta perché non cadessi.» Non sapeva neanche perché aveva raccontato
quell’aneddoto così intimo a due sconosciuti, ma quei ragazzi le facevano molta
tenerezza e voleva che anche Joe, nonostante le tenebre albergassero
perennemente nei suoi occhi, potesse vivere quell’esperienza come chiunque
altro.
«Io non so se riesco
a farlo» disse Martin mestamente.
«Certo che ci
riuscirai» affermò la giovane.
«Non so pattinare
molto bene, rischierei di cadere e portarmi Joe appresso!»
«Forse tu eri una
bambina ed eri più leggera di me» intervenne Joe.
Sindy ci pensò su,
poi replicò: «Beh, sì, però non importa. A guardarti non sembri così pesante, e
poi ci sono qui io. Posso darvi una mano, se volete».
Martin la guardò
dritto negli occhi, nei quali Sindy lesse riconoscenza e gratitudine.
«Non so se sia una
buona idea» ammise Joe dubbioso.
«Ti fidi di Martin,
non è vero?»
Joe annuì senza
esitazioni.
«Allora andrà tutto
bene» li rassicurò la poliziotta, posando delicatamente una mano sul braccio
del riccio.
«Facciamolo, ti va?»
sussurrò Martin, sfiorando appena il viso del compagno con un tocco leggero.
«D’accordo.»
Joe si era tolto i
pattini e subito Martin lo aveva stretto da dietro, aiutandolo a poggiare i
piedi sui suoi.
«Meno male che calzo
quarantadue, altrimenti non potresti mai riuscire a sostenermi» scherzò il
riccio.
«Hai i piedi di una
fatina» lo punzecchiò Martin.
Sindy era
profondamente intenerita: se ne stava di fronte a loro, sicura sui suoi
pattini, intenta a osservare quanto fossero perfetti l’uno tra le braccia
dell’altro. Raramente credeva nell’amore, eppure era contenta di trovare delle
eccezioni a volte.
Sollevò le mani e le
portò con cautela a sfiorare quelle di Joe. «Stringile forte, non permetterò
che tu e Martin vi facciate del male» lo rassicurò.
Il riccio sorrise
nella sua direzione, inclinò leggermente la testa verso sinistra e serrò le
palpebre; sembrava concentrato, quella posa conferiva un po’ di durezza ai suoi
lineamenti delicati.
Sindy sollevò gli
occhi su Martin, il quale ogni tanto sembrava sul punto di perdere
l’equilibrio, ma fortunatamente era ancora appoggiato alla balaustra che circondava
la pista.
«Andiamo?» chiese la
ragazza.
«Proviamoci» accettò
il moro.
Sindy cominciò a
indietreggiare a piccoli passi, portando con sé i due ragazzi. Teneva le mani
di Joe tra le sue e procedeva lentamente, lanciando occhiate alle sue spalle
per assicurarsi che non ci fosse qualcuno a intralciare il loro passaggio.
Martin pattinava
goffamente, ogni tanto imprecava e rischiava di ruzzolare, ma Sindy era sempre
pronta a riequilibrare i loro tre corpi, evitando problemi.
Joe non smetteva di
sorridere e dopo qualche minuto si abbandonò completamente contro il corpo del
compagno, lasciando cadere la testa all’indietro contro quella dell’altro.
Sindy si rese conto
che anche lei aveva un sorriso enorme sulle labbra, incapace di spegnerlo. In
realtà non voleva neanche farlo: era stupendo notare quanto quei ragazzi
fossero felici e rilassati.
Stava facendo
qualcosa di apparentemente sciocco, eppure la gioia che gli occhi vuoti di Joe
sprigionavano non aveva prezzo.
Smise di provare
soggezione nell’incontrare quelle iridi incostanti, verdi quasi come le sue.
Forse Martin ha
imparato a leggervi dentro qualcosa che nessuno può vedere, si ritrovò a
pensare.
Scivolarono sul ghiaccio
con maggiore sicurezza minuto dopo minuto, ritrovandosi a ridere come vecchi
amici; Joe non si spaventò quando Sindy lo lasciò andare e Martin dovette
sforzarsi per mantenere l’equilibrio.
Sindy pattinò
accanto a loro, senza mai perderli d’occhio, senza mai smettere di osservarli.
Erano troppo belli, magici nella loro semplicità.
«Mi fanno male i
piedi» esalò a un certo punto Martin.
«Va bene così,
torniamo alla panchina» disse Joe.
Sindy li accompagnò
e tutti e tre si sedettero; Martin si sfilò i pattini e si chinò a massaggiarsi
appena le dita intorpidite.
«È stato magnifico»
commentò Joe, passandosi le mani sul viso. Aveva un’espressione estasiata e
ancora le sue labbra erano incurvate in un sorriso raggiante.
«Grazie, Sindy»
mormorò Martin, rimettendosi dritto e avvolgendo la vita del compagno con il
braccio sinistro.
Joe si appoggiò a
lui. «Sì, grazie. Non avevo mai fatto niente di simile» concordò, allungando
timidamente una mano.
Sindy comprese e gli
porse la sua. «È stato un piacere.»
«Adesso andiamo, va
bene?»
Joe annuì. «Sì, ho
una fame!» esclamò.
Sindy si tirò nuovamente
in piedi. «Io faccio un altro giro in pista. Sono felice di avervi aiutato.»
«Beh, magari ci
rivedremo al prossimo posto di blocco… ops, volevo dire, vi rivedrete»
scherzò Joe.
Sindy rimase
interdetta per un attimo, poi notò che sia Martin che Joe ridacchiavano, e
comprese che il riccio amava ironizzare senza problemi sulla sua disabilità.
Così si lasciò
sfuggire un sorriso e strinse a entrambi la mano, per poi salutarli con calore
e rituffarsi sul ghiaccio.
Lo sentì
accoglierla, carezzarla, riscaldarla.
Dentro il suo cuore
sentiva che non avrebbe dimenticato tanto facilmente quei due ragazzi americani
e il loro rapporto speciale.
Non dirò a Ade
che ha vinto la scommessa, decise.
Non voleva rovinare
quel ricordo, non voleva che il collega facesse battute sconce su Martin e Joe.
Avrebbe
semplicemente conservato quella bizzarra ed emozionante pattinata nel suo
cuore.
♥ ♥
♥
BUON COMPLEANNO SABRIEL *________*
E BUON COMPLEANNO ANCHE A SINDY, ANCHE SE IN RITARDO!!!!
Cari lettori, questa storia è molto speciale e sono
veramente emozionatissima di averla scritta!
Far incontrare la Sindy di Sabriel con i miei Martin&Joe
era tipo il sogno della mia vita da tempo immemore AHAHAHAHAHAH XD
Vi devo però delle piccole spiegazioni: ho inserito l’avvertimento
AU perché in realtà, quando ho scritto questo racconto, non sapevo che nel
periodo in cui Martin e Joe hanno fatto questo viaggio a Rotterdam, Sindy non
fosse più in polizia; sì, perché in pratica i miei bambini si sono conosciuti
nel 2016, quando Martin aveva 24 anni e Joe 26, e di conseguenza anche Sindy ne
aveva 26 (lei e Joe sono entrambi del 1990 ^^). Ma Sindy a quei tempi – come ho
scoperto solo dopo aver terminato la storia – aveva già lasciato la polizia da
anni, per tornare a dedicarsi a pieno regime alla sua più grande passione: il pattinaggio
sul ghiaccio *___*
Ora, questo viaggio dei due fidanzatini è ambientato a
cavallo tra febbraio e marzo 2019, perché hanno deciso di festeggiare così il ventisettesimo
compleanno di Martin (che è esattamente il 2 marzo)!
Invece, il personaggio di Ade Visser è di mia invenzione, ho
pensato a un tizio così cretino come lui per fare da collega a Sindy, del resto
si sono divertiti a scommettere sul legame tra i miei OC AHAHAHAH XD
Spero di aver spiegato al meglio ogni cosa, ma come sempre
se avete dubbi/perplessità/domande, non esitate a pormele :3
Spero solo di aver scritto qualcosa di decente e di aver
fatto piacere a Sabriel: cara, non so se ho reso giustizia alla tua bambina,
però abbi pietà di me, ti prego!!
Grazie a chiunque ha letto, alla prossima e ancora tantissimi
auguri alla mia dolce amica ♥
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