Quarto
atto
Sebastiana
guardò Angel dormire nel suo letto e si
allontanò, superò un organo e raggiunse un
corridoio, lo attraversò illuminata dalla luce delle candele
e balzò oltre uno specchio.
Sospirò,
indossava un velo candido, i suoi capelli erano stati tinti
d’azzurro, ma il colore stava sbiadendo in alcune ciocche,
che tornavano dorate.
<
Pensavo che questa volta Angel mi avrebbe tenuta prigioniera in eterno.
Fortunatamente
il sonnifero di G che mi dà Daemon funziona sempre. Funziona
persino sul Giotto originale e le bocche sulla sua pancia >
pensò.
Percorse
le scalinate, superò un corridoio dove Alaude era intento a
pattugliare, passò oltre l’ufficio di Federico e
si diresse verso la cucina. Si nascose nello sgabuzzino ed
indossò delle vesti da serva, uscì e, passando
per le cucine a testa china, uscì dalla porta secondaria.
<
Sono così confusa. Tutta colpa tua, dannato anello >
pensò, guardandolo.
“Certo
che la principessa è una terribile civettuola. Tutti la
chiamano santa, ma ci ha provato con me” si vantò
una guardia.
“Ti
ha solo rivolto un sorriso gentile” disse un’altra
guardia.
Si
avvicinò una terza.
“No,
lo ha ripulito a carte. Lo sanno tutti che t’inganna per
fregarti col gioco d’azzardo”.
La
prima guardia fece una smorfia.
“Non
è per niente vero” brontolò.
Sebastiana
superò l’officina di Talbot e si fermò,
vicino alla carrozza, trovandosi davanti un uomo anziano.
“Zio
Spade” sussurrò Sebastiana, facendo un sorriso
simile ad una smorfia.
“Nipote
mia, non sei cambiata affatto. Cosa fai, fuggi? Non sai che al momento
il mondo è pericoloso?” domandò
l’uomo.
<
Detto da quello che ha obbligato la principessa di Laputa a sposarlo
per poi ucciderla, è assai ironico > pensò
Sebastiana.
“Oh
amato zio, mio secondo padre” lo salutò
amichevolmente.
“Perché
sei conciata così, nipote?” domandò
l’uomo.
“Abbracciami
zio, chiamami figlia e trattami come tale” disse Sebastiana,
abbracciandolo.
Lo
zio fece un sorriso paterno e le mise le mani sulle spalle.
“Mi
ricordi il mio fratello più piccolo, quello perduto. Oh,
‘figlia’, che allieta e consoli la mia vecchiezza.
Vieni dentro, che io ti abbia accanto a consolare ogni mio pianto,
finché per te non sarà arrivato il momento di
ripartire” disse.
“Zio
caro, non volevo fuggire. Andavo al pozzo incantato a prendere
dell’acqua. Un servo ha detto che c’è
stato un prodigio. Si sono spostate le rose ed ora è di
nuovo possibile andarci. La curiosità mi diletta”
mentì la ragazza.
Lo
zio ridacchiò.
“Non
vi è più un pozzo da quando tuo fratello prese
l’acqua della sorgente, della luce, per renderti immortale.
Ora si dice vi sia al suo posto una fontana.
Però
non metterti così a rischio, presto sarai sposa”
disse.
<
Mio fratello fa di tutto per allontanare il giorno delle nozze ed io
non faccio niente per impedirlo. So qual è il mio compito,
ma non mi dispiace allontanare il momento in cui verrò
divorata > pensò Sebastiana.
“Scaccia
ogni nero pensiero. Con me porterò una guardia del corpo, se
questo potrà tranquillizzarti” propose.
Il
nobile annuì e schioccò le dita.
“Tu,
stalliere, vieni qui. Mia nipote vuole visitare un luogo, accompagnala
e fa che ritorni in fretta” ordinò.
Usumi
fece un inchino.
“Sarà
fatto”.
***
Sebastiana
si affacciò alla finestra del palazzo, sospirando, la testa
le doleva e vedeva sfocato.
Sentì
dei passi e si voltò, impallidendo, cadendo seduta sul
davanzale della finestra, vedendo Usumi entrare nella sua camera.
“Non
ti arrendi proprio mai, vero?” domandò.
Usumi
s’inginocchiò davanti a lei e le prese la mano
nella propria.
“Mi
sono arreso. Ho giurato a Giotto, al nostro re, che non
m’intrometterò a nessun costo nel vostro
matrimonio.
Solo…
Vi avevo fatto una promessa ugualmente importante” disse. I
suoi occhi brillarono nella penombra. “Temevo di smarrirmi,
inseguito dalle guardie, ma alfin sono arrivato salvo da te”.
Sebastiana
piegò di lato il capo, dando vita ad una cascata di boccoli.
“Ossia?”
domandò, mentre le fiamme delle candele ondeggiavano a causa
degli spifferi.
“Di
farvi vedere il bello di questo mondo. Stanotte ci sarà una
splendida festa al paese, si lanceranno anche le lanterne. Vi
piacerebbe venire con me?” chiese Usumi.
Sebastiana
sorrise.
“Con
piacere, lo sai” mormorò.
< Ok, la prima moglie di
mio zio dopo essere morta è rinata come spirito della
fontana del vero amore. Perché la pozza è
diventata la fontana dei sogni e dell’amore, certo. Bevendo
da quell’acqua insieme a Usumi adesso sogno lui tutte le
notti, sempre giovane, e non più le bocche, nooormale mi
dicono...
E da quel momento Angel si
è convinto sia il nostro vero amore predestinato. Anzi, che
sia lo stalliere il nostro re!
Non ha senso! IIIIIH QUESTO È L’INFERNO!
> pensò Sebastiana.
“Iiiih. Io non ci sto capendo
più niente. Io non voglio sposarti domani, voglio sposare
Gabriel!” piagnucolava Giotto, seduto sul letto accanto a lei.
Sebastiana lo
abbracciò.
“… Ed io
non voglio sposare Bonkon Primo ed essere sbranata” ammise.
Giotto
l’abbracciò con forza, gemendo:
“Sorellina, dovremmo scappare”.
“Per
questa notte fuggirò con te” concesse Sebastiana,
lasciando che Usumi la prendesse in braccio.
<
Sono sempre stata una ragazza frivola, amante di vestiti e gioielli.
Posso esserlo per un’ultima volta, prima del matrimonio
> pensò.
Usumi
si mise sul bordo del davanzale e fischiò, arrivò
un cavallo al galoppo e si fermò sotto la finestra.
“Oh,
amore, mia signora della patria, onnipresente nome dei miei pensieri.
Tieniti mia principessa”.
Sebastiana
arrossì e guardò in basso, osservando la distanza.
“Mi
balza il cor nel seno” esalò.
Usumi
le sorrise: “Fidatevi di me”, balzando.
*******
“Ora
che sai chi è realmente Usumi… Ora che ti ho
detto la verità su tutti, G compreso… Li ami
ancora?” domandò una voce nella penombra. La
figura aveva il viso coperto in parte da un cappello a falde larghe.
<
Sono un esule infelice quando sono al tuo fianco. Perché tra
noi ci dev’essere sempre qualcuno? >
domandò.
Sebastiano
giocherellò con la fede con inciso il simbolo della luna.
“Senpai…
Usumi ha salvato il villaggio questa sera, durante i festeggiamenti.
Lui ha fatto in modo che si creasse una catena umana quando
è scoppiato l’incendio. Tutti si passavano i
secchi d’acqua. Lo hanno acclamato come un re”
mormorò.
<
Avrei dovuto immaginare non fosse un semplice plebeo, ma se non fosse
stato per senpai non avrei mai immaginato tutta questa faccenda.
Chissà che altro hanno in serbo per noi… >
pensò.
Sentì
la figura digrignare i denti e stringere una pistola.
“Ha
rapito mia sorella gemella, ha permesso che Atlantide venisse
distrutta. Il matrimonio dei miei genitori si è distrutto.
Rispondimi”
ringhiò.
Sebastiano
guardò fuori dalla finestra la luce che illuminava
tutt’intorno.
“Cosa
vuoi che ti dica? La verità?
Se
lui è il pericolo peggiore, se persino la
‘Bestia’ gli è sottomessa. Allora
l’unico modo per non far distruggere il mondo emerso come il
tuo regno, o come Laputa, sarà promettergli di essere il mio
re.
Certo,
se il mio re dormiente si risvegliasse, lo affronterei”
mormorò.
<
G sta perdendo la sua umanità e non posso salvarlo. Il mio
angelo, come tutto il resto di Giotto, del mio amato fratello,
verrà posseduto.
Hanno
congelato tutti i miei guardiani…
Dovrò
arrivare a vendere me stesso > pensò.
La
figura ghignò.
“Ancora
credi a quella leggenda? Credevo di averti cresciuto meglio. Vuoi fare
la fine di Daemon? Perdere anche tu la ragione per non accettare come
va questo mondo?” domandò. Estrasse la pistola e
si sollevò la visiera del cappello.
“Allora
senti la mia menzogna.
Da
oggi giuro solennemente che Usumi sarà il mio re”
ribatté Sebastiano. Infilò l’anello e
si trasformò in una donna, i capelli allungarono fino a
diventare dei boccoli. Il suo corpo cambiò, un seno
prosperoso crebbe, mentre perdeva le sue fattezze maschili.
“Perciò
starai qui ad aspettare che smettano di festeggiarlo? Si è
addirittura rubato anche l’ultimo soprannome. Usumi, Takumi,
Taki, erano tutti miei nomignoli.
Luigi
mi piaceva particolarmente, era quello con cui mi chiamavi
tu” borbottò la figura.
Sebastiana
avanzò verso di lui e gli si fermò davanti.
<
Sì, il nome che gli ho dato quando mi ha insegnato a
mangiare i Mochi, quando ha deciso d’insegnarmi a combattere
perché gli allenamenti di Usumi lo ingelosivano.
Taki
è il nome della sua Boss arma. Lo abbiamo deciso quando mi
ha insegnato a fare il caffè.
Takumi
credo glielo abbia dato sua sorella. Con lei è sempre stato
gentile, da quello che mi racconta. Non so se credergli. Ogni volta che
è geloso perché Gabriel sorride a Giotto, o G
guarda me, gli tira una tegola in testa. Non è propriamente
un buon fratello.
Usumi
glielo diedero in Giappone, prima che ci conoscessimo.
Nessuno
sa che io e lui ci conosciamo, ci frequentiamo. A mio padre si
è presentato come addestratore per principesse, facendosi
chiamare Roberto. Lo stesso soprannome di suo padre >
pensò.
“Preferisco
R III, mio caro ‘stregone’”
borbottò Sebastiana.
L’altro
schioccò la lingua sul palato, sfilandosi la casacca,
sistemandogliela sulle spalle, rispondendo: “Quello
è il soprannome di mia sorella… voglio dire
fratello Asari”.
“…
E poi dove dovrei andare? Sono sotto falsa identità al
villaggio. Se mi scoprissero, sapendo che domani mi
sposo…”. Iniziò a dire, accarezzando il
viso dell’altro.
R
le prese la mano e la fece girare, bloccandole la gola con un braccio.
“Sei
così indifesa, reginetta?” le sibilò
all’orecchio.
Sebastiana
sorrise e lo raggiunse con una testata, gli afferrò la mano
e gli girò il braccio, facendolo mugolare.
“Direi
proprio di no, ma non mi piacerebbe finire bruciata al rogo come mia
madre” sussurrò.
R
l’afferrò per i fianchi e la fece volteggiare.
“Io,
solo io, so chi sei. Vicino al mio cuore, ognor sei tu!
Benedico
ogni fronda, ogni sasso, solo se lo sfiori tu” disse.
Sebastiana
gli prese il viso tra le mani e finse di scalciare.
“Oh,
esule infelice, non fingerti così dolce. Lo so che sei un
disgraziato, simpatizzante per i plebei” soffiò.
Gli mordicchiò il labbro inferiore.
R
intrecciò la lingua con la sua, baciandola con foga.
“Andiamo
nella caverna di mia sorella. Così potrò vedere
finalmente il tuo ‘tesoro’. Gli altri ambiscono a
te, io ne godo i frutti” mormorò roco.
Sebastiana
rise cristallina.
“Oh,
ambisci a questa riva? Allora, signore mancato del mare, dovrai
portarmi lì senza farci scoprire”
sussurrò.
Da
fuori veniva la melodia dei festeggiamenti e le risate.
“…
E so che da me verrai e che mi amerai, ancora di
più” cantò Sebastiana.
“Di
tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu”. Le rispose R con
voce baritonale, stonando leggermente alla fine.
Skull
giocherellò con i riccioli che uscivano da sotto il cappello
a falde larghe.
***
Sebastiana
ridacchiò, salutando i ninfi con la mano, dopo che questi
gli avevano posizionato una corona di fiori in testa.
“Amo
questo posto. Gli animali magici sono così
stupendi” trillò.
R
le avvolse i fianchi con il braccio e le avvicinò le labbra
all’orecchio. “A me non dispiacciono le tue box
arma. Soprattutto il polpo nuvola” bisbigliò.
“Pervertito”
sussurrò Sebastiana. Arrossì, ma le sue labbra
rimasero piegate in un sorriso.
“Vieni,
ti porto in un luogo più interno” disse R. La
prese per mano e la condusse con sé.
Sebastiana
sfilò la mano. “Posso camminare da sola. Sono
stanca di persone che mi trascinano o mi portano in braccio. Stufa di
essere trascinata” si lamentò.
R
si spostò e le lasciò il passo. “Sempre
dritta, ma non ti traumatizzare se ti perdi, finisci in mezzo ai
centipedi, o al ghiaccio dove hanno intrappolato i tuoi guardiani.
Oh,
e non dimenticare. Sopra la panca la capra panca, sotto la panca la
capra crepa”.
Sebastiana
gli fece una linguaccia. “La prossima volta te lo avveleno il
caffè, Luigi” lo minacciò.
R
si voltò e s’indicò la schiena.
“Se ti porto sulle spalle? Sarò il tuo
destriero”.
Sebastiana
gli saltò addosso. “Come se ti dispiacesse quando
ti cavalco” bisbigliò al suo orecchio.
“Ora
chi è il pervertito, tra noi?” scherzò
R. Si deterse le labbra con la lingua. “Sai…
Vorrei averti da donna questa notte”.
Sebastiana
corrugò la fronte, voltando lo sguardo. “Sono una
Terra. Rimarrei incinta” mormorò. Si morse
l’interno della guancia.
“Riguardo
a questo, ho una sorpresa. Sai, io ho l’anello
dell’eclissi. Posso fare delle cose simpatiche influenzando
il tuo anello della luna o quello del sole di mia sorella” la
rassicurò R. I suoi riccioli mori si tingevano di rosso,
divenendo fulvi a comando.
<
Si apre davanti a noi una vallata di cristallo, erba ed alberi sono
fatti di fiamma di Luce. La stessa che agita il mio cuore!
Sapevo
che R II, re di Atlantide, avesse la luce più forte del
mondo, ma qualcosa mi dice che i due gemelli insieme, i miei due
‘stregoni’, possono andare anche oltre.
Mi
sento davvero ‘figlio della luna’ questa notte. Qui
è tutto d’argento: sia la luce che illumina
l’ambiente, che i riflessi di ciò che si trova in
questo luogo.
Da
ogni lato, tronchi di alti alberi si alzano da erba così
argentata da brillare come acqua > pensò Sebastiana.
Chiuse gli occhi e si abbandonò sulle spalle muscolose, e
bollenti, dell’amante.
“Sorella,
guarda!”. Un’altra voce femminile la riscosse.
Sebastiana
sgranò gli occhi.
“Che
diamine… è uno specchio o cosa?! No…
gli occhi… Giotto?!” strillò.
Giottina
annuì, facendo ondeggiare i seni sodi, mentre saltellava. Si
sollevò la gonna, facendo vedere le gambe lisce.
“Stanotte saremo i due volti della luna!”
strepitò.
Sebastiana
ridacchiò.
“Questo
sì che sarà un addio al celibato particolare, mio
futuro… O dovrei dire futura sposa?”
domandò.
R
III raggiunse un altare di pietra e vi fece accomodare Sebastiana.
“Domani
ci sarà un matrimonio, ma sarò io a sposare
entrambe. Chiaro?
La
guerra tra uomini e dei, tra Borboni e Atlantide, finirà.
Libererò i miei fratelli maggiori e voi due
dall’infelicità.
Poi,
una volta sposati, fonderemo gli anelli. Vi voglio maschi,
miei” ordinò.
“Si
può non amarlo?” domandò Giottina.
“Quando
fai così, sei proprio il nostro re”
sussurrò Sebastiana, battendo le ciglia.
*****
Sebastiana
era coricato su un fianco, accarezzò la guancia di R,
vedendo che sotto le sue dita sbocciava un’edera vermiglia
che brillava.
“Perché
hai voluto che lo facessimo qui?” esalò. I suoi
boccoli biondi si erano sporcati di terra ed erba.
“Questo
è il rifugio che la mia gemella ha costruito per te. Non era
giusto mi lasciaste fuori” borbottò R. Si sporse e
le mordicchiò il collo, baciandola con passione.
Allungò
il braccio dietro di sé, controllando che l’altra
giovane gli dormisse sulla schiena.
<
Finché è donna, non può essere
posseduta da Primo Bonkon. Forse dovrebbero rimanere ragazze
finché non sarò riuscito a sconfiggerlo.
Quel
maledetto, la pagherà per aver ucciso il dio degli dei! Era
come un padre per me! > pensò.
“Senpai,
tu non sei mai escluso. Taki, il tuo cavallo, la tua box arma,
è sempre con me” sussurrò Sebastiana.
Le sue pupille dilatate, gli occhi liquidi.
R
la baciò con passione e lei ricambiò con foga, le
loro lingue s’intrecciarono. I seni sodi di lei aderivano al
petto muscoloso di lui.
Una
piccola ape iniziò a vorticare sopra di loro, brillando come
un piccolo sole.
“Zuzù…
zuzù…” festeggiò.
R
si tastò il fianco, sentendo solo la sua pelle nuda.
“Cosa
c’è, senpai?” domandò
Sebastiana, accarezzandogli la schiena fino ai glutei.
“Quell’ape
m’innervosisce” brontolò R III.
Giottina
sbadigliò e socchiuse gli occhi, guardando su di
sé.
“Qui
non possono entrare gli animaletti. Sicuro non sia una tua box arma? Lo
sembra.
Il
mio amico Talbot mi ha spiegato che hanno degli occhi più
umani”.
“Ha
ragione, Luigi. Credo sia una tua box arma”
mormorò.
L’ape
assunse le sembianze di un’ape antropomorfa, simile a una
fatina.
“Finalmente
ti sei svegliato, re dormiente! Non sapevo che le regine predestinate
fossero due” trillò.
Sebastiana
impallidì.
“T-tu…
sei veramente tu…” esalò.
Giottina
sorrise. “Lo sapevo che eri il nostro re!”.
Luigi
si alzò in piedi ed indietreggiò, tremando.
“Io? Io ho paura di non essere degno di essere re del
mondo… Figuriamoci essere anche dio degli dei”
biascicò.
Le
due Borbone lo guardarono con gli occhi liquidi.
“Amore,
non dovresti avere paura. Puoi sconfiggere Bonkon”
sussurrò Giottina.
“Se
non sono abbastanza forte?” domandò R III.
Sebastiana
si alzò e serrò i pugni. “Noi
combatteremo con te, senpai” strepitò.
R
fece un sorriso. Allungò la mano verso di lei, mentre la box
arma tornava un’ape.
Ci
fu un bagliore, l’ambiente si tinse di riflessi arcobaleno.
Il
ghiaccio avvolse completamente l’addestratore, andando a
creare una forma simile a una titanica rosa.
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