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Autore: kamy    19/06/2020    0 recensioni
“Questa storia partecipa a Shock Me Challenge indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Fa riferimento all’opera teatrale omonima.
Link: https://www.youtube.com/watch?v=yMoyljaLXwk.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Incest
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Quarto atto

 

Sebastiana guardò Angel dormire nel suo letto e si allontanò, superò un organo e raggiunse un corridoio, lo attraversò illuminata dalla luce delle candele e balzò oltre uno specchio.

Sospirò, indossava un velo candido, i suoi capelli erano stati tinti d’azzurro, ma il colore stava sbiadendo in alcune ciocche, che tornavano dorate.

< Pensavo che questa volta Angel mi avrebbe tenuta prigioniera in eterno.

Fortunatamente il sonnifero di G che mi dà Daemon funziona sempre. Funziona persino sul Giotto originale e le bocche sulla sua pancia > pensò.

Percorse le scalinate, superò un corridoio dove Alaude era intento a pattugliare, passò oltre l’ufficio di Federico e si diresse verso la cucina. Si nascose nello sgabuzzino ed indossò delle vesti da serva, uscì e, passando per le cucine a testa china, uscì dalla porta secondaria.

< Sono così confusa. Tutta colpa tua, dannato anello > pensò, guardandolo.

“Certo che la principessa è una terribile civettuola. Tutti la chiamano santa, ma ci ha provato con me” si vantò una guardia.

“Ti ha solo rivolto un sorriso gentile” disse un’altra guardia.

Si avvicinò una terza.

“No, lo ha ripulito a carte. Lo sanno tutti che t’inganna per fregarti col gioco d’azzardo”.

La prima guardia fece una smorfia.

“Non è per niente vero” brontolò.

Sebastiana superò l’officina di Talbot e si fermò, vicino alla carrozza, trovandosi davanti un uomo anziano.

“Zio Spade” sussurrò Sebastiana, facendo un sorriso simile ad una smorfia.

“Nipote mia, non sei cambiata affatto. Cosa fai, fuggi? Non sai che al momento il mondo è pericoloso?” domandò l’uomo.

< Detto da quello che ha obbligato la principessa di Laputa a sposarlo per poi ucciderla, è assai ironico > pensò Sebastiana.

“Oh amato zio, mio secondo padre” lo salutò amichevolmente.

“Perché sei conciata così, nipote?” domandò l’uomo.

“Abbracciami zio, chiamami figlia e trattami come tale” disse Sebastiana, abbracciandolo.

Lo zio fece un sorriso paterno e le mise le mani sulle spalle.

“Mi ricordi il mio fratello più piccolo, quello perduto. Oh, ‘figlia’, che allieta e consoli la mia vecchiezza. Vieni dentro, che io ti abbia accanto a consolare ogni mio pianto, finché per te non sarà arrivato il momento di ripartire” disse.

“Zio caro, non volevo fuggire. Andavo al pozzo incantato a prendere dell’acqua. Un servo ha detto che c’è stato un prodigio. Si sono spostate le rose ed ora è di nuovo possibile andarci. La curiosità mi diletta” mentì la ragazza.

Lo zio ridacchiò.

“Non vi è più un pozzo da quando tuo fratello prese l’acqua della sorgente, della luce, per renderti immortale. Ora si dice vi sia al suo posto una fontana.

Però non metterti così a rischio, presto sarai sposa” disse.

< Mio fratello fa di tutto per allontanare il giorno delle nozze ed io non faccio niente per impedirlo. So qual è il mio compito, ma non mi dispiace allontanare il momento in cui verrò divorata > pensò Sebastiana.

“Scaccia ogni nero pensiero. Con me porterò una guardia del corpo, se questo potrà tranquillizzarti” propose.

Il nobile annuì e schioccò le dita.

“Tu, stalliere, vieni qui. Mia nipote vuole visitare un luogo, accompagnala e fa che ritorni in fretta” ordinò.

Usumi fece un inchino.

“Sarà fatto”.


***

Sebastiana si affacciò alla finestra del palazzo, sospirando, la testa le doleva e vedeva sfocato.

Sentì dei passi e si voltò, impallidendo, cadendo seduta sul davanzale della finestra, vedendo Usumi entrare nella sua camera.

“Non ti arrendi proprio mai, vero?” domandò.

Usumi s’inginocchiò davanti a lei e le prese la mano nella propria.

“Mi sono arreso. Ho giurato a Giotto, al nostro re, che non m’intrometterò a nessun costo nel vostro matrimonio.

Solo… Vi avevo fatto una promessa ugualmente importante” disse. I suoi occhi brillarono nella penombra. “Temevo di smarrirmi, inseguito dalle guardie, ma alfin sono arrivato salvo da te”.

Sebastiana piegò di lato il capo, dando vita ad una cascata di boccoli.

“Ossia?” domandò, mentre le fiamme delle candele ondeggiavano a causa degli spifferi.

“Di farvi vedere il bello di questo mondo. Stanotte ci sarà una splendida festa al paese, si lanceranno anche le lanterne. Vi piacerebbe venire con me?” chiese Usumi.

Sebastiana sorrise.

“Con piacere, lo sai” mormorò.

 

< Ok, la prima moglie di mio zio dopo essere morta è rinata come spirito della fontana del vero amore. Perché la pozza è diventata la fontana dei sogni e dell’amore, certo. Bevendo da quell’acqua insieme a Usumi adesso sogno lui tutte le notti, sempre giovane, e non più le bocche, nooormale mi dicono...

E da quel momento Angel si è convinto sia il nostro vero amore predestinato. Anzi, che sia lo stalliere il nostro re!

Non ha senso! IIIIIH QUESTO È L’INFERNO! > pensò Sebastiana.

Iiiih. Io non ci sto capendo più niente. Io non voglio sposarti domani, voglio sposare Gabriel!” piagnucolava Giotto, seduto sul letto accanto a lei.

Sebastiana lo abbracciò.

“… Ed io non voglio sposare Bonkon Primo ed essere sbranata” ammise.

Giotto l’abbracciò con forza, gemendo: “Sorellina, dovremmo scappare”.

 

“Per questa notte fuggirò con te” concesse Sebastiana, lasciando che Usumi la prendesse in braccio.

< Sono sempre stata una ragazza frivola, amante di vestiti e gioielli. Posso esserlo per un’ultima volta, prima del matrimonio > pensò.

Usumi si mise sul bordo del davanzale e fischiò, arrivò un cavallo al galoppo e si fermò sotto la finestra.

“Oh, amore, mia signora della patria, onnipresente nome dei miei pensieri. Tieniti mia principessa”.

Sebastiana arrossì e guardò in basso, osservando la distanza.

“Mi balza il cor nel seno” esalò.

Usumi le sorrise: “Fidatevi di me”, balzando.

 

*******

 

“Ora che sai chi è realmente Usumi… Ora che ti ho detto la verità su tutti, G compreso… Li ami ancora?” domandò una voce nella penombra. La figura aveva il viso coperto in parte da un cappello a falde larghe.

< Sono un esule infelice quando sono al tuo fianco. Perché tra noi ci dev’essere sempre qualcuno? > domandò.

Sebastiano giocherellò con la fede con inciso il simbolo della luna.

“Senpai… Usumi ha salvato il villaggio questa sera, durante i festeggiamenti. Lui ha fatto in modo che si creasse una catena umana quando è scoppiato l’incendio. Tutti si passavano i secchi d’acqua. Lo hanno acclamato come un re” mormorò.

< Avrei dovuto immaginare non fosse un semplice plebeo, ma se non fosse stato per senpai non avrei mai immaginato tutta questa faccenda. Chissà che altro hanno in serbo per noi… > pensò.

Sentì la figura digrignare i denti e stringere una pistola.

“Ha rapito mia sorella gemella, ha permesso che Atlantide venisse distrutta. Il matrimonio dei miei genitori si è distrutto.

Rispondimi” ringhiò.

Sebastiano guardò fuori dalla finestra la luce che illuminava tutt’intorno.

“Cosa vuoi che ti dica? La verità?

Se lui è il pericolo peggiore, se persino la ‘Bestia’ gli è sottomessa. Allora l’unico modo per non far distruggere il mondo emerso come il tuo regno, o come Laputa, sarà promettergli di essere il mio re.

Certo, se il mio re dormiente si risvegliasse, lo affronterei” mormorò.

< G sta perdendo la sua umanità e non posso salvarlo. Il mio angelo, come tutto il resto di Giotto, del mio amato fratello, verrà posseduto.

Hanno congelato tutti i miei guardiani…

Dovrò arrivare a vendere me stesso > pensò.

La figura ghignò.

“Ancora credi a quella leggenda? Credevo di averti cresciuto meglio. Vuoi fare la fine di Daemon? Perdere anche tu la ragione per non accettare come va questo mondo?” domandò. Estrasse la pistola e si sollevò la visiera del cappello.

“Allora senti la mia menzogna.

Da oggi giuro solennemente che Usumi sarà il mio re” ribatté Sebastiano. Infilò l’anello e si trasformò in una donna, i capelli allungarono fino a diventare dei boccoli. Il suo corpo cambiò, un seno prosperoso crebbe, mentre perdeva le sue fattezze maschili.

“Perciò starai qui ad aspettare che smettano di festeggiarlo? Si è addirittura rubato anche l’ultimo soprannome. Usumi, Takumi, Taki, erano tutti miei nomignoli.

Luigi mi piaceva particolarmente, era quello con cui mi chiamavi tu” borbottò la figura.

Sebastiana avanzò verso di lui e gli si fermò davanti.

< Sì, il nome che gli ho dato quando mi ha insegnato a mangiare i Mochi, quando ha deciso d’insegnarmi a combattere perché gli allenamenti di Usumi lo ingelosivano.

Taki è il nome della sua Boss arma. Lo abbiamo deciso quando mi ha insegnato a fare il caffè.

Takumi credo glielo abbia dato sua sorella. Con lei è sempre stato gentile, da quello che mi racconta. Non so se credergli. Ogni volta che è geloso perché Gabriel sorride a Giotto, o G guarda me, gli tira una tegola in testa. Non è propriamente un buon fratello.

Usumi glielo diedero in Giappone, prima che ci conoscessimo.

Nessuno sa che io e lui ci conosciamo, ci frequentiamo. A mio padre si è presentato come addestratore per principesse, facendosi chiamare Roberto. Lo stesso soprannome di suo padre > pensò.

“Preferisco R III, mio caro ‘stregone’” borbottò Sebastiana.

L’altro schioccò la lingua sul palato, sfilandosi la casacca, sistemandogliela sulle spalle, rispondendo: “Quello è il soprannome di mia sorella… voglio dire fratello Asari”.

“… E poi dove dovrei andare? Sono sotto falsa identità al villaggio. Se mi scoprissero, sapendo che domani mi sposo…”. Iniziò a dire, accarezzando il viso dell’altro.

R le prese la mano e la fece girare, bloccandole la gola con un braccio.

“Sei così indifesa, reginetta?” le sibilò all’orecchio.

Sebastiana sorrise e lo raggiunse con una testata, gli afferrò la mano e gli girò il braccio, facendolo mugolare.

“Direi proprio di no, ma non mi piacerebbe finire bruciata al rogo come mia madre” sussurrò.

R l’afferrò per i fianchi e la fece volteggiare.

“Io, solo io, so chi sei. Vicino al mio cuore, ognor sei tu!

Benedico ogni fronda, ogni sasso, solo se lo sfiori tu” disse.

Sebastiana gli prese il viso tra le mani e finse di scalciare.

“Oh, esule infelice, non fingerti così dolce. Lo so che sei un disgraziato, simpatizzante per i plebei” soffiò. Gli mordicchiò il labbro inferiore.

R intrecciò la lingua con la sua, baciandola con foga.

“Andiamo nella caverna di mia sorella. Così potrò vedere finalmente il tuo ‘tesoro’. Gli altri ambiscono a te, io ne godo i frutti” mormorò roco.

Sebastiana rise cristallina.

“Oh, ambisci a questa riva? Allora, signore mancato del mare, dovrai portarmi lì senza farci scoprire” sussurrò.

Da fuori veniva la melodia dei festeggiamenti e le risate.

“… E so che da me verrai e che mi amerai, ancora di più” cantò Sebastiana.

“Di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu”. Le rispose R con voce baritonale, stonando leggermente alla fine.

Skull giocherellò con i riccioli che uscivano da sotto il cappello a falde larghe.

***

Sebastiana ridacchiò, salutando i ninfi con la mano, dopo che questi gli avevano posizionato una corona di fiori in testa.

“Amo questo posto. Gli animali magici sono così stupendi” trillò.

R le avvolse i fianchi con il braccio e le avvicinò le labbra all’orecchio. “A me non dispiacciono le tue box arma. Soprattutto il polpo nuvola” bisbigliò.

“Pervertito” sussurrò Sebastiana. Arrossì, ma le sue labbra rimasero piegate in un sorriso.

“Vieni, ti porto in un luogo più interno” disse R. La prese per mano e la condusse con sé.

Sebastiana sfilò la mano. “Posso camminare da sola. Sono stanca di persone che mi trascinano o mi portano in braccio. Stufa di essere trascinata” si lamentò.

R si spostò e le lasciò il passo. “Sempre dritta, ma non ti traumatizzare se ti perdi, finisci in mezzo ai centipedi, o al ghiaccio dove hanno intrappolato i tuoi guardiani.

Oh, e non dimenticare. Sopra la panca la capra panca, sotto la panca la capra crepa”.

Sebastiana gli fece una linguaccia. “La prossima volta te lo avveleno il caffè, Luigi” lo minacciò.

R si voltò e s’indicò la schiena. “Se ti porto sulle spalle? Sarò il tuo destriero”.

Sebastiana gli saltò addosso. “Come se ti dispiacesse quando ti cavalco” bisbigliò al suo orecchio.

“Ora chi è il pervertito, tra noi?” scherzò R. Si deterse le labbra con la lingua. “Sai… Vorrei averti da donna questa notte”.

Sebastiana corrugò la fronte, voltando lo sguardo. “Sono una Terra. Rimarrei incinta” mormorò. Si morse l’interno della guancia.

“Riguardo a questo, ho una sorpresa. Sai, io ho l’anello dell’eclissi. Posso fare delle cose simpatiche influenzando il tuo anello della luna o quello del sole di mia sorella” la rassicurò R. I suoi riccioli mori si tingevano di rosso, divenendo fulvi a comando.

< Si apre davanti a noi una vallata di cristallo, erba ed alberi sono fatti di fiamma di Luce. La stessa che agita il mio cuore!

Sapevo che R II, re di Atlantide, avesse la luce più forte del mondo, ma qualcosa mi dice che i due gemelli insieme, i miei due ‘stregoni’, possono andare anche oltre.

Mi sento davvero ‘figlio della luna’ questa notte. Qui è tutto d’argento: sia la luce che illumina l’ambiente, che i riflessi di ciò che si trova in questo luogo.

Da ogni lato, tronchi di alti alberi si alzano da erba così argentata da brillare come acqua > pensò Sebastiana. Chiuse gli occhi e si abbandonò sulle spalle muscolose, e bollenti, dell’amante.

“Sorella, guarda!”. Un’altra voce femminile la riscosse.

Sebastiana sgranò gli occhi.

“Che diamine… è uno specchio o cosa?! No… gli occhi… Giotto?!” strillò.

Giottina annuì, facendo ondeggiare i seni sodi, mentre saltellava. Si sollevò la gonna, facendo vedere le gambe lisce. “Stanotte saremo i due volti della luna!” strepitò.

Sebastiana ridacchiò.

“Questo sì che sarà un addio al celibato particolare, mio futuro… O dovrei dire futura sposa?” domandò.

R III raggiunse un altare di pietra e vi fece accomodare Sebastiana.

“Domani ci sarà un matrimonio, ma sarò io a sposare entrambe. Chiaro?

La guerra tra uomini e dei, tra Borboni e Atlantide, finirà. Libererò i miei fratelli maggiori e voi due dall’infelicità.

Poi, una volta sposati, fonderemo gli anelli. Vi voglio maschi, miei” ordinò.

“Si può non amarlo?” domandò Giottina.

“Quando fai così, sei proprio il nostro re” sussurrò Sebastiana, battendo le ciglia.

 

*****

 

Sebastiana era coricato su un fianco, accarezzò la guancia di R, vedendo che sotto le sue dita sbocciava un’edera vermiglia che brillava.

“Perché hai voluto che lo facessimo qui?” esalò. I suoi boccoli biondi si erano sporcati di terra ed erba.

“Questo è il rifugio che la mia gemella ha costruito per te. Non era giusto mi lasciaste fuori” borbottò R. Si sporse e le mordicchiò il collo, baciandola con passione.

Allungò il braccio dietro di sé, controllando che l’altra giovane gli dormisse sulla schiena.

< Finché è donna, non può essere posseduta da Primo Bonkon. Forse dovrebbero rimanere ragazze finché non sarò riuscito a sconfiggerlo.

Quel maledetto, la pagherà per aver ucciso il dio degli dei! Era come un padre per me! > pensò.

“Senpai, tu non sei mai escluso. Taki, il tuo cavallo, la tua box arma, è sempre con me” sussurrò Sebastiana. Le sue pupille dilatate, gli occhi liquidi.

R la baciò con passione e lei ricambiò con foga, le loro lingue s’intrecciarono. I seni sodi di lei aderivano al petto muscoloso di lui.

Una piccola ape iniziò a vorticare sopra di loro, brillando come un piccolo sole.

“Zuzù… zuzù…” festeggiò.

R si tastò il fianco, sentendo solo la sua pelle nuda.

“Cosa c’è, senpai?” domandò Sebastiana, accarezzandogli la schiena fino ai glutei.

“Quell’ape m’innervosisce” brontolò R III.

Giottina sbadigliò e socchiuse gli occhi, guardando su di sé.

“Qui non possono entrare gli animaletti. Sicuro non sia una tua box arma? Lo sembra.

Il mio amico Talbot mi ha spiegato che hanno degli occhi più umani”.

“Ha ragione, Luigi. Credo sia una tua box arma” mormorò.

L’ape assunse le sembianze di un’ape antropomorfa, simile a una fatina.

“Finalmente ti sei svegliato, re dormiente! Non sapevo che le regine predestinate fossero due” trillò.

Sebastiana impallidì.

“T-tu… sei veramente tu…” esalò.

Giottina sorrise. “Lo sapevo che eri il nostro re!”.

Luigi si alzò in piedi ed indietreggiò, tremando. “Io? Io ho paura di non essere degno di essere re del mondo… Figuriamoci essere anche dio degli dei” biascicò.

Le due Borbone lo guardarono con gli occhi liquidi.

“Amore, non dovresti avere paura. Puoi sconfiggere Bonkon” sussurrò Giottina.

“Se non sono abbastanza forte?” domandò R III.

Sebastiana si alzò e serrò i pugni. “Noi combatteremo con te, senpai” strepitò.

R fece un sorriso. Allungò la mano verso di lei, mentre la box arma tornava un’ape.

Ci fu un bagliore, l’ambiente si tinse di riflessi arcobaleno.

Il ghiaccio avvolse completamente l’addestratore, andando a creare una forma simile a una titanica rosa.

 

  
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