CAPITOLO
18
ROMPERE
GLI SCHEMI
"Ti
sei svegliato, finalmente."
Ikki
aveva appena aperto faticosamente gli occhi, confuso, quando
sentì la voce
familiare di Shiryu.
Voltata
con difficoltà la testa sul cuscino che non riconosceva come
quello della
propria stanza, il ragazzo vide il fratello entrare nella stanza
illuminata dal
sole che entrava dalla finestra per poi appoggiarsi con la schiena
contro la
parete.
Questi
incrociò le braccia sul petto e gli rivolse un sorriso
sollevato: "Hai
fatto preoccupare tutti." disse calmo.
Ikki
non rispose subito, sbattè più volte le palpebre
come a sincerarsi che non
fosse un sogno o una visione, poi si puntellò con le mani
sul materasso e,
malgrado la testa che girava e il dolore al petto, si mise seduto per
poi
guardarsi con espressione perplessa le mani tremanti.
Dopodichè,
il suo sguardo saettò più volte tra la figura del
fratello, ancora in piedi, e
il letto accanto a lui, vuoto.
Non
riusciva a mettere a fuoco i ricordi, il dolore gli faceva capire che
doveva
aver fatto a botte con qualcuno, se più grosso o
più numeroso non ne era certo,
ma non ricordava altro, forse aveva avuto la meglio?
Cercare
di concentrarsi gli provocò una fitta di dolore alla testa,
tale da farlo
piegare in due; in un attimo, Shiryu gli fu accanto con una pastiglia
in una
mano e un bicchiere pieno d'acqua nell'altra: "Prendi questa, ti
farà
sentire meglio." disse.
Ikki
obbedì e buttò giù la medicina con un
singolo sorso d'acqua.
Nel
mentre, Shiryu raccoglieva vestiti e rifiuti abbandonati un po'
ovunque;
restarono in silenzio per parecchi minuti poi, mentre l'antidolorifico
iniziava
a fare effetto e la sua mente recuperava la lucidità, a poco
a poco Ikki
cominciò a ricordare.
E
coi ricordi, giunse anche la consapevolezza.
"Dov'è?"
Sorpreso,
Shiryu si voltò – in mano aveva uno dei pigiami
che Shun aveva comprato per
Seiya in previsione dell'inverno – e fissò Ikki
perplesso: "Chi?"
"Seiya,"
il più anziano si stupì di sentire la propria
voce così roca, innaturale:
"Ricordo che fosse con me, poi mi sembra di ricordare anche
Saori…"
disse con voce incerta; si sentiva ancora confuso.
Con
un sospiro, Shiryu ripose i vestiti sporchi in una borsa a parte poi
gli si
avvicinò: "Non ricordi altro?"
Ikki
scosse la testa.
"Prima
di tutto, devi capire che nessuno ti incolpa per quello che
è successo, eravamo
solo preoccupati."
"Cosa
non mi stai dicendo?"
"Eh?"
"Ieri
notte deve essere successo qualcosa, sono sicuro che sia
così, ma a parte Seiya
e Saori non ricordo nulla. Perché Seiya era con me?"
"Vuoi
davvero saperlo?"
"Sì."
Pensieroso,
Shiryu restò in silenzio per alcuni minuti – il
che contribuì ad aumentare il
nervosismo di Ikki – poi finalmente si sedette sulla poltrona
accanto al suo letto,
per poi guardarlo negli occhi con cautela: "Seiya è scappato
per venire a
cercarti."
Le
spalle di Phoenix ebbero un sussulto ma non proferì parola.
"Mentre
lo cercavamo, ha chiamato qualcuno da una clinica di Arakawa-kun
dicendo che
entrambi vi trovavate lì, perciò Saori
è uscita di corsa con Satsuki-san per
venirvi a prendere."
"Chi
ho colpito?"
"Scusa?"
"La
notte scorsa… Chi ho colpito?"
"Non
hai colpito nessuno di noi, tranquillo. Sei collassato contro la
parete, con la
febbre alta e un paio di costole rotte. Makishima-sensei ha detto che ti
riprenderai ma che per un po'
non potrai fare sforzi, men che meno prendere a pugni qualcuno in una
rissa di
strada." Il tono severo di Shiryu irritò Ikki, non tanto per
essere stato
scoperto, quanto per l'imbarazzo che provava nel leggere nei suoi occhi
rimprovero.
"Seiya
dov'è?"
"Jean-san
dovrebbe riportarlo in camera a breve, aveva l'ultima sessione di
fisioterapia
prima della dimissione e Jabu e Ichi si sono offerti di accompagnarlo
per 'fare
il tifo'."
"E
tu sei rimasto qui."
"Qualcuno
doveva farlo, non volevamo che ti svegliassi senza sapere dove ti
trovassi.
Shun è andato a casa a farsi una doccia su insistenza di
Saori e tornerà tra
poco con tutti gli altri."
Nella
stanza cadde il silenzio, rotto nuovamente dalla voce di Shiryu:
"Ikki." disse con tono calmo.
"Uh?"
"Cosa
ti è successo? Ti abbiamo cercato ovunque. Sei scomparso dal
giorno in cui
abbiamo detto agli altri di… di nostro padre."
Dragon
vide Phoenix irrigidirsi alla menzione di Mitsumasa Kido ma si
sforzò di
ignorare la cosa: loro avevano avuto tutto il tempo di elaborare la
cosa ma
Ikki no e doveva aiutarlo in tal senso.
"Perché,
Ikki? Perché sei scomparso così?"
Sulle
prime, sembrò che il ragazzo più anziano non lo
avesse sentito e perciò Shiryu
fece per ripetere la domanda, ma si bloccò non appena vide
un riflesso sulla
sua guancia, quello di una lacrima solitaria sfiorata da un raggio di
sole che
scivolava lungo la pelle.
"Ikki?"
Phoenix
alzò la mano per asciugarsi la faccia con un lembo del
pigiama che qualcuno
doveva avergli messo addosso al posto dei vestiti lerci che non
ricordava
neppure più quando li avesse cambiati l'ultima volta: "N-Non
è
niente."
"Non
sei obbligato ad affrontare tutto questo da solo, lo sai. Lasciati
aiutare,
siamo qui per te."
"Lo so!" gridò il
ragazzo stringendo
i pugni, una vampata di Cosmo rovente eruttò dal suo corpo e
un frammento dello
stesso si staccò per colpire Shiryu davanti a sé,
il quale tuttavia, con calma
imperturbabile, lo bloccò con il proprio.
"Lo
so…" ripetè con voce roca mentre i due Cosmi si
toccavano e quello di
Dragon avvolgeva quello del fratello per abbatterne le difese: "Ma
è di me
che non mi fido… Non ancora del tutto, almeno."
"Cosa
intendi?"
Esausto
per lo sforzo di evocare il Cosmo quando ancora non era completamente
in forma,
le fiamme che avevano circondato Ikki si spensero e il ragazzo
sentì le forze
mancargli; cadde all'indietro sui cuscini poggiati contro la testiera
del
letto, con le lacrime che minacciavano di uscire ancora e un senso di
nausea
alla bocca dello stomaco.
Incapace
di trattenerle oltre, Phoenix le lasciò uscire e si
coprì gli occhi con
l'avambraccio, il corpo scosso dai singhiozzi.
"Ho
cercato di uccidervi." confessò tra i singhiozzi: "Volevo
affogarvi
nel sangue e affogare qualsiasi legame potessimo avere. L'ho fatto
consapevole
di quello che stavo facendo e per anni, per anni non mi sono mai
pentito
davvero della cosa…"
"Ma
sei rimasto, questo conta qualcosa, no? E c'eri anche quando Saori ha
detto a
Jabu e agli altri come stanno le cose."
"Perché
l'avevo promesso, ma piuttosto che trovarmi lì avrei
preferito restare bloccato
nel Cocito per sempre. Non era il mio posto, non avevo diritto di
trovarmi
lì."
"Per
questo sei scappato?"
Ikki
annuì: "Come potevo guardarvi in faccia? Come potevo
guardare in faccia i
fratelli che ho cercato di ammazzare come animali? Con che coraggio
potevo
rispondere al richiamo del sangue quando per primo l'avevo ignorato per
tanti
anni, soffocato da una furia omicida?"
"Sai
che sei proprio un cretino?"
La
voce improvvisa e inaspettata di Ichi fece voltare di scatto i due
occupanti
della stanza verso la porta e, con il cuore in gola, Ikki vide non solo
il
ragazzo più giovane ma anche tutti gli altri, assiepati
dietro di lui, e Seiya
che, in sedia a rotelle, cercava di spuntare da dietro Hydra con la
testa.
Che
avessero…?
"Anzi,
darti del cretino è troppo poco. Sei proprio un dannato
cretino."
"Un
cambiamento epocale. Dovresti insegnare come insultare una persona.
Tenere
proprio delle lezioni."
"Jabu,
taci."
Con
un sospiro esasperato, Hyoga spinse di lato i fratelli, facendosi
spazio, e si
infilò sulla soglia, proprio accanto a Seiya che, con Shun
alle spalle,
sembrava preoccupato.
Con
un gesto della mano, Cygnus fece cenno ad Andromeda di entrare nella
stanza
spingendo la carrozzina, poi gli altri lo seguirono in ordine, fino a
Geki;
l'ultimo a entrare fu appunto Hyoga, il quale si chiuse la porta alle
spalle
con attenzione intanto che gli altri si sistemavano per la stanza.
Seiya
si fece spingere fino al letto e poi, con l'aiuto di Shiryu, si sedette
sul
materasso, guardando Ikki negli occhi: "Ehi, niisan." esordì
sorridendo, "Prendersela con Shiryu non dà soddisfazione,
perché non ci
scorniamo noi? Sono un osso duro, lo sai."
Il
più giovane appggiò la mano sul ginocchio del
fratello e lo strinse con forza
senza però tuttavia smettere di sorridergli rassicurante:
"Te l'ho detto
la notte scorsa," continuò prima di allungare la mano per
afferrare quella
di Ikki e portarsela al petto, "Questo cuore malandato non smette di
battere, e continuerà a farlo per voi, perché
siete la mia famiglia, abbiamo lo
stesso sangue. Sono tornato per voi, e per restare." la stanza
trattenne
il respiro, quelle parole erano come un pugno nello stomaco per tutti i
presenti.
"Ma
vedo che non è servito a molto. Dobbiamo affrontare questo
discorso una volta
per tutte. E lo affronteremo tutti insieme. Ora." esclamò il
Saint di
Pegasus con tono determinato.
Geki
si fece avanti: "Seiya, non è necessario che-"
"Ah,
no! Stavolta si fa come dico io." lo interruppe l'altro:
"Sì, lo
confesso, ho spinto io gli altri a fare quella promessa di rivelarvi
chi siamo,
chi sia nostro padre, e non me ne pento." così dicendo,
guardò Jabu, poi
Ichi e Nachi, Geki e infine Ban, "Non c'ero per dirvelo, ed
è l'unica cosa
di cui mi pento. Ma non del resto. Voglio che questa famiglia funzioni
e sia
felice, non voglio più perdere altro tempo in lotte inutili,
voglio essere
felice con voi. S-So che non siamo mai stati molto uniti, anche da
bambini," Jabu distolse lo sguardo, incapace di reggere le lacrime che
Seiya stava versando, ben conscio che fosse lui il primo a cui Seiya
aveva
pensato, ricordava fin troppo bene la crudeltà che aveva
riservato nei propri
gesti ai più piccoli, "Ma possiamo ricominciare. Io vi
perdono, perdono
tutti quanti. Perdoniamoci a vicenda ma basta lacrime… Basta
rimpianti… Non
p-penso di farcela a vedervi ancora così, a vederci ancora
così."
La
voce di Seiya si affievolì in un rantolo mentre la testa si
abbassava e i
capelli che, lentamente, stavano ricrescendo dopo le operazioni gli
coprivano
gli occhi, le spalle erano scosse dai singhiozzi; sempre a capo chino,
Seiya
riprese a parlare nonostante gli spasmi e disse tutto quello che aveva
tenuto
dentro di sé per così tanto tempo,
mormorò tutte le scuse che non era riuscito
a dire prima, tutte le parole che avrebbe voluto dire e che non aveva
mai avuto
il coraggio di pronunciare.
Quando
infine, sfinito, esalò l'ultima di esse, questa fu la
più devastante e al
contempo la più dolce.
"Vi
voglio bene."
Fu più di
quanto riuscissero a sopportare.
Dopo
un istante di silenzio talmente dilatato da sembrare secoli, la
reazione dei
presenti fu unica.
Come
se fossero stati una persona sola, i ragazzi in piedi si lanciarono sul
letto
per abbracciare sia Seiya che Ikki, i quali vennero avvolti da una
miriade di
braccia calde che si spintonavano e si aggrappavano le une alle altre,
in una
stretta praticamente impossibile da sciogliere mentre le voci rotte
dalle
lacrime si scambiavano scuse e donavano perdono, con parole di amore
che
danzavano negli occhi e a poco a poco fiorivano dagli sguardi.
Non
c'era confine, non c'era nessun muro invisibile di odio e rammarico a
separare
gli uni dagli altri, ogni difesa era crollata e ad ogni lacrima una
ferita
dell'animo veniva curata.
A
un certo punto - nessuno avrebbe saputo indicare con esattezza quando -
qualcuno aveva unito i due letti e, nel momento in cui le lacrime si
erano
esaurite per lasciare il posto allo stordimento dopo aver pianto
così tanto, si
erano lasciati cadere sui materassi, incapaci di allontanarsi.
E
fu così che Saori li trovò, qualche ora dopo.
§§§
"Ragazzi?
Ci siete?"
Il
bussare alla porta, unito alla voce gentile della ragazza,
svegliò il gruppo
che si era appisolato nel calore di un ritrovato legame.
Sfregandosi
gli occhi e tirandosi su a vicenda, gli occupanti della stanza
invitarono Saori
a entrare e nel vederli così, accoccolati su due letti
troppo piccoli per
accoglierli tutti, il cuore di Athena ebbe un tuffo e lo stomaco le si
strinse
in una morsa.
Ciononostante,
si sforzò di sorridere e di ignorare l'impulso di piangere
per mostrarsi sicura
di sé e rassicurante: "Stavate dormendo?" chiese.
"S-Sì."
sbadigliò Nachi prima di scendere per primo e andarle
incontro: "Che ore
sono?"
"Tardo
pomeriggio. Avete mangiato?"
"Non
proprio. Ma potremmo scendere in caffetteria e prendere qualcosa. Vuoi
venire
con noi?" la invitò Shiryu mentre si massaggiava il collo
indolenzito.
"Ho
mangiato a casa. Ma prima che scendiate, vorrei parlarvi. Non
preoccupatevi,
sarà una cosa breve."
"Non
è la lunghezza che ci preoccupa." Le fece notare Dragon con
espressione
perplessa: "è successo qualcosa?"
"Ci
sono brutte notizie?" chiese Shun con tono allarmato.
Lei
scosse la testa: "Va tutto bene, solo che vorrei discutere con voi di
una
certa cosa. Ma se non ve la sentite possiamo parlare un'altra volta,
non è
importante."
"Non
c'è momento migliore del presente." ribattè
invece Seiya con uno sbadiglio
e stiracchiandosi: "Cos'è quella roba che hai in mano?"
chiese,
notando solo in quel momento il plico di documenti che la ragazza aveva
con sé.
Nervosamente,
Saori distolse lo sguardo da loro e li appoggiò sulla
cassettiera lì accanto
prima di portarsi davanti ad essa con le mani strette tra loro come in
preghiera: "Premetto che non siete obbligati a rispondere subito alla
mia
richiesta. Ma dopo ieri notte… Dopo ieri notte ho pensato
che fosse il momento
giusto. Ci sono alcune cose di cui dobbiamo discutere, e la prima
riguarda le
volontà di mio no- di vostro padre."
Nella
stanza cadde un silenzio di tomba.
Con
mano ferma ma il viso turbato, Saori distribuì a ciascuno un
plico di fogli
pinzati insieme: "Ban ne ha già letto un pezzo, ma vorrei
che tutti voi lo
leggeste attentamente. È-È il testamento
originale di Mitsumasa Kido, non
quello che la Fondazione prese in mano per farmi diventare erede
universale ma
quello vero, che era stato affidato a Tatsumi."
"Non
so leggere." Il tono di Seiya era perentorio: "È una cosa
inutile,
cosa cambierebbe ora?"
"Seiya,
è importante." Gli fece notare Shiryu: "Riguarda tutti noi.
Se Saori
dice che dobbiamo farlo, è nostro dovere."
"Manco
per sogno! Ciò che è davvero importante non
può essere scritto su un pezzo di
carta."
"Seiya,
lo so che è difficile. Ma te lo chiedo per
favore…" Saori aveva gli occhi
lucidi: "Leggilo."
Questi
sbuffò platealmente ma non abbassò lo sguardo sul
foglio: "Non capisco perché
intestardirsi tanto…"
"Saori-san
ha ragione, Seiya. Io non sono certo un esperto ma si tratta di nostro
padre, è
una questione di eredità. Dobbiamo sistemare la nostra
posizione." disse Ban.
"È
presto detto, teniamo le cose come stanno."
A
sorpresa, Saori prese le mani del Saint di Pegasus mentre una lacrima
le
scivolava lungo la guancia: "So che è doloroso ma
è veramente importante
per me, è l'ultimo sacrificio che ti chiedo… Ti
prego…"
Stupito,
e forse anche imbarazzato, finalmente il più giovane
annuì e scorse con lo
sguardo le prime righe del documento: "Non ho paura dei sacrifici."
Mormorò
sottovoce, "Soprattutto se fatti in tuo nome.".
Lei
annuì: "So che siete coraggiosi, ma quest'ultima prova
è forse la più
importante di tutte. Io sono stata adottata da lui ma Mitsumasa Kido
è vostro
padre e avete dei diritti."
Jabu
incrociò le braccia dietro la nuca: "È strano
sentir parlare di diritti,
pensando agli ultimi anni. Non è una critica, Saori-san." si
affrettò a
puntualizzare, "Solo, è strano perché non
è qualcosa a cui siamo abituati.
La vita è diversa per noi."
"Lo
capisco." concordò lei con un cenno della testa: "Ci sono
così tante
cose che dovete imparare a conoscere e vi aiuterò in questo.
Il primo passo, però,
è definire la vostra situazione. Ci sono anche i vostri
certificati di nascita
e nessuno può contestarli, ma il testamento è un
altro paio di maniche."
"Saori,
questa storia può impedirti di continuare il lavoro che hai
portato avanti
finora?"
"Non
lo so, Shun. Sinceramente, il mio status come guida della Fondazione
è stata
una conseguenza del testamento fasullo e del fatto che nessuno sapeva
della
vostra esistenza, a parte poche persone. A rigor di logica, e alla luce
della
presenza di tutti questi documenti, i veri eredi dovreste essere voi."
I
ragazzi rimasero in silenzio, scioccati.
"Ovviamente,
qualsiasi scelta facciate io l'accetterò e la
supporterò in ogni modo
possibile."
"Tu
cosa vorresti?"
La
domanda di Ikki, emerso improvvisamente da dietro Seiya, la fece
sobbalzare.
"C-Cosa
intendi?" chiese lei.
"Io
credo che la decisione sia già stata presa. Almeno, io ho
preso la mia e Seiya
probabilmente ha preso la sua, che comunque trascinerà tutti
gli altri. Ma tu,
cosa vorresti davvero?"
"Non
spetta a me. Questa cosa riguarda voi, Ikki."
"Non
è così, e lo sai. La notte scorsa hai detto che
ricostruiremo tutto e se vuoi
che questa famiglia inizi a vivere, è parte del tuo compito
dire cosa vorresti."
La voce di Phoenix era sempre la stessa, diretta e netta, ma qualcosa
nel suo
tono sembrava irrimediabilmente cambiato.
Saori
abbassò lo sguardo e strinse un lembo del vestito tra le
mani. Ci mise un po',
ma quando finalmente riuscì a parlare, sembrava
più bambina di quanto i suoi
Saint l'avessero vista in vita loro: "P-prima di venire qui ci ho
riflettuto molto. Nonostante tutto, state cercando di creare una
famiglia. E… E
per quanto possa sembrare assurdo, vorrei che restaste qui, che
accettaste la
vostra eredità… E che mi permettiate di farne
parte, di e-essere un membro
della vostra famiglia, m-magari una sorella." sentirla balbettare era
qualcosa di strano e quasi sconvolgente.
"So
che non ho diritto di chiedervelo, non dopo avervi fatto
così tanto male quando
eravamo bambini ma davvero, basterebbe anche una cosa minima come
eliminare
l'onorifico…"
Sconvolti,
i ragazzi ne videro le lacrime scorrere senza accenno a fermarsi, miste
a
singhiozzi.
Soddisfatto,
Ikki si puntellò con la mano sul materasso mentre Nachi e
Geki si affrettavano
a cercare un fazzoletto da darle.
"Niisan.
Hai un po' esagerato." Shun sembrava preoccupato.
"Umpf.
Forse, ma pensi che altrimenti avrebbe detto qualcosa?"
"Ikki
ha ragione. Saori, tu non vuoi che nessuno veda quando soffri, non vuoi
pesare
sugli altri quando hai bisogno di qualcosa. Però non
è così che funziona."
Seiya,
messosi su un fianco, la guardava negli occhi: "Te l'ho già
detto una volta:
per me, sei una sorella e non sarà un pezzo di carta a
confermarmelo o meno.
Non voglio leggere quel foglio perché non voglio che cambi
qualcosa o che tu ti
senta obbligata a fare qualcosa che non vogliamo tu faccia, come
metterti da
parte."
"Seiya
ha ragione, Saori-san. Non devi sentirti in colpa." Nachi intervenne
nella
discussione: "Non abbiamo scelto noi questa vita ma è stata
scritta nel
nostro destino, è inutile recriminare e pretendere qualcosa
che non è mai stato
nostro dal principio. I-Io voglio provare. A non usare più
l'onorifico,
intendo. Sei la nostra Dea e ti dobbiamo rispetto, quindi non
sarà facile
abituarsi. Ma anche io voglio che questa famiglia funzioni."
"E
ce la faremo." assicurò Jabu con il pugno alzato: "In fondo,
abbiamo
affrontato di peggio, non sarà come prenderle da Thanatos,
giusto?"
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