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autorizzazione scritta.
Buongiorno,
questa
storia originale si intreccia con una mia storia già scritta
precedentemente, ovvero Choices. Per chi l'avesse letta,
riconoscerà
subito il personaggio di Bee. Per chi non l'avesse ancora letta, ALT!
Consiglio la lettura SOLO dei primi tre capitoli e non del quarto
poiché contiene spoiler per questa originale.
Il
rating della storia varierà man mano scriverò i
capitoli, motivo
per cui per ogni capitolo avrà un proprio rating.
Ringrazio
con il cuore LadyMoon89 per aver intrapreso con me questo percorso in
veste di Beta Reader!
Non
sono solita farlo, ma dedico questo capitolo a tutti coloro che hanno
atteso a lungo questo momento, in particolare lo dedico a fumoemiele,
poiché originariamente questo capitolo non era stato
preventivato,
ma ho deciso di scriverlo per lei.
Rating
capitolo: rosso
per presenza di scene di natura sessuale esplicita
Personaggi
capitolo: Brent e
Yoshiko
CAPITOLO
10
Finalmente
siamo qui, entrambi nella stessa stanza. Eppure lei appare
irraggiungibile.
Mangia
composta al tavolo, tenendo lo sguardo basso sul suo piatto. Vorrei
chiederle tante cose, eppure non ho il coraggio di farlo, o
più
semplicemente ho paura a sentirne le risposte. Non riesco a mangiare
nulla, la bocca dello stomaco mi si è chiusa e si ribella al
mio
volere. Lei, invece, nel suo contegno più totale, pare non
avere
fondo e mangia con gusto. Ma lo fa con finezza, senza scomporsi
più
del dovuto. Mi domando da quanti giorni sia in quelle condizioni e da
quanto tempo è che non mangia.
Quando
termina la cena, appoggia le bacchette sul suo tavolo e mi ringrazia
chinando lievemente il capo in avanti. Io resto basito davanti a lei,
non sapendo come reagire, cosa dire o cosa fare.
Finalmente
alza lo sguardo e lo incrocia con il mio e mi sento raggelare.
Trattengo il fiato
ed attendo qualche secondo, nella vana speranza che sia lei ad aprire
bocca per prima. Ma purtroppo non è così. Sono un
codardo.
Si
alza dal tavolo e raccoglie i contenitori del nostro take
away
assicurandosi di smaltirli negli appositi contenitori della raccolta
differenziata. Poi mi guarda furtiva, insicura di cosa dover fare. Io
la guardo, la osservo e cerco di leggere tra le righe, ma purtroppo
non riesco ad interpretare i segni del suo corpo e questo mi fa
sentire completamente inutile.
Abbasso
lo sguardo sconsolato e rimango immobile, seduto al tavolo, investito
da quell'incapacità di intendere e di volere.
Ad
un certo punto sento un lieve tocco sul capo. Alzo lo sguardo e lei
è
lì, che mi fissa con quei suoi occhioni dolci, con un lieve
sorriso
sul volto. Non è forzato e non è nemmeno di
circostanza. Mi sta
sorridendo con il cuore, lo posso sentire.
Mi
accarezza prima la fronte, poi scorre sul retro lungo la nuca, fino a
sfiorarmi il collo con l'indice. Socchiudo gli occhi e mi lascio
inebriare da quel tocco, che da anni bramo come l'aria che respiro.
Quando
sento la sua pelle allontanarsi dalla mia, spalanco subito gli occhi
e la cerco spaesato, ritrovandola nuovamente di fronte a me. E nulla,
lei è ancora lì, ha solo smesso di accarezzarmi.
La guardo e mi
domando cosa possa essere cambiato in una frazione di secondo. Il suo
volto è completamente apatico. Rimane imbambolata davanti a
me, mi
fissa, ma allo stesso tempo non mi sta guardando realmente. Il suo
sguardo mi oltrepassa, come fossi un fantasma.
Allungo
un braccio per afferrare la sua mano, ma subito si ridesta dai suoi
pensieri e arretra. Ha paura, lei ha paura di me. Lo leggo nei suoi
occhi.
Ritraggo
la mano altrettanto impaurito. In questo momento non so davvero come
comportarmi. Non mi sono mai ritrovato in una situazione come questa
e sento quasi di non esserne all'altezza.
Non
sono mai stato un buon oratore. Ai fatti, però, me la cavo
egregiamente. Perciò decido di alzarmi dal tavolo e di fare
una
mossa azzardata che, forse, potrebbe decretare la mia fine. Mi alzo
dal mio posto, fronteggiandola. La differenza di altezza tra di noi
è
veramente palese. Ci saranno sì e no due buone spanne di
distacco.
Lei è intimorita dalla mia statura. Il suo corpo si
irrigidisce di
colpo e l'aria si fa talmente pesante, da farmi notare il suo
affanno.
Le
sfioro un braccio con i polpastrelli, trapassando i suoi occhi con il
mio sguardo. Risalgo lungo l'avambraccio per poi allungare la mia
mano sulla sua schiena quasi nuda. Mi soffermo sulla spalla,
stringendola debolmente nel mio palmo, fino a muovere i primi passi
nella sua direzione, azzerando così lo spazio che ancora ci
divide.
L'abbraccio
e lei si lascia abbracciare. Lei sta trattenendo il fiato, lo riesco
a sentire. Purtroppo, però, non riesco a capire se lo fa per
il mio
stesso motivo, o se ha talmente paura di me, da non riuscire neanche
a muovere un muscolo.
«Mi
sei mancata...» sospiro stupendo persino me stesso per
quest'uscita.
Sento
il suo corpo distendersi
sotto il mio tocco. Le sue mani si allungano timide verso la mia
schiena, stringendomi in un caldo abbraccio.
Ancora
una volta si lascia andare alle sensazioni e inizia a piangere, anche
se questa volta lo fa in silenzio. Sento le sue mani aggrapparsi alla
mia maglietta e stringerla forte, probabilmente sgualcendola, ma
questo proprio non è di mio interesse.
Le
accarezzo la nuca e le poso un casto bacio sulla testa, stringendola
ancora più forte a me, facendole capire che io ci sono, ora
e
domani, che sono innocuo e dalla sua parte.
La
sento singhiozzare e, con una debilitata forza, mi allontana da
sé
per potermi, finalmente, guardare dritto negli occhi. Mi sento
perforare le pupille. Il suo sguardo è magnetico e allo
stesso tempo
mi penetra, facendomi quasi sussultare.
«Anche
tu mi sei mancato, Bee» mi risponde con voce debole.
Bee.
Ormai erano anni che nessuno mi chiamava più in quel modo.
Sentir
pronunciare quel termine, dalle sue labbra per altro, mi fa venire la
pelle d'oca.
«Mi
sembra tutto così assurdo...» aggiunge poi
apparendo confusa, ma
allo stesso tempo sorridendomi.
Capisco
la sua sensazione. Mi sento uguale.
Trovo
questa situazione surreale. La donna che ho bramato per anni e anni,
che è diventata per un periodo la mia ossessione, la mia
incarnazione di perfezione, è qui, proprio davanti a me, tra
le mie
braccia. E più la guardo, più scorgo in lei
ciò che ho sempre
visto: bellezza. Ma non vi parlo di quella bellezza fisica - seppur
non abbia assolutamente nulla da dire sulla sua figura longilinea. Vi
parlo per lo più di quella bellezza che, forse, neanche io
so ben
descrivere. È semplicemente bella, non c'è
bisogno di dire altro.
«Bee»
sussurra inclinando leggermente il capo a sinistra e guardandomi
interrogativa «cosa c'è?».
Sorrido
divertito e in maniera del tutto spontanea le rispondo «cosa
c'è,
dovrei chiederlo io a te».
Domanda
scomoda. Si incupisce per un attimo. Mi mordo il labbro inferiore e
propongo «ti va un film?». Per fortuna in un
frangente torna
radiosa e annuisce con entusiasmo.
Spendiamo
le restanti due ore di luce a guardare un film di Harry Potter a
caso. La verità è che qualsiasi cosa in quel
frangente mi sarebbe
apparsa ben più interessante di quanto realmente potesse
essere.
Tutto questo perché lei è qui con me e non mi
importa di altro.
Avrei
voluto fare il playboy allungano un braccio sulle sue spalle e
avvicinandola a me, mentre guardavamo il film. Ma la verità
è che
non mi sento adatto a quel ruolo e non sono neanche sicuro che tutto
ciò possa piacere a Yoshiko.
Poi
però mi ridesto da questo pensiero, perché alla
fine cosa ne posso
veramente sapere di cosa può o non può piacerle.
Crescendo
si cambia. I cambiamenti fanno parte di ognuno di noi e sono
esattamente ciò che ci rende tali.
Non
appena appare la scritta the
end sul televisore,
pigio con estrema lentezza il pulsante rosso del telecomando. Ogni
secondo di silenzio è una tortura. Ho così tante
domande da farle,
la maggior parte di esse scomode, che temo quasi di inondarla di
fastidio.
Lei
si volta verso di me e incrocia entrambe le gambe sul divano,
sedendosi comodamente e puntando con lo sguardo al mio viso.
«So
benissimo che non verrò mai giudicata da te, per quello che
ho
fatto, per come me ne sono andata» mi dice prendendo parola
«ma io
sento di doverti tante spiegazioni».
«Yoshiko,
non è necessario, lo sai benissimo» cerco di
dirle, mentre in mente
mia spero solamente che lei si intestardisca a tal punto da rivelarmi
ugualmente tutto.
E
per fortuna è così.
«No,
io ci tengo» mi dice «solo che... non so bene
da dove iniziare».
«Inizia
con il dirmi come stai, ora» le suggerisco io, accarezzandole
il
volto.
«Ora...
mi sento al sicuro» e mi guarda con occhi languidi, tanto da
farmi
sentire le farfalle nello stomaco.
«Aspetta»
sussurra, però, quando nota che io tento di dire qualcosa,
mi punta
l'indice alle labbra e purtroppo il mio lato maschile prende il
sopravvento, facendo irrigidire la parte inferiore del mio corpo. Per
fortuna lei non nota nulla.
«Non
ti ho mai raccontato la verità su mio padre»
procede quindi con le
spiegazioni «già sai quanto lui fosse... dedito al
suo lavoro e al
mio studio. Lui ha sempre voluto che io eccellessi in ogni materia e
in ogni circostanza, scuola o sport che sia».
Il
suo sguardo non si smuove dal mio neanche per un istante.
«Non
è mai stato un uomo particolarmente violento.
Però nell'ultimo
periodo era diventato... un'altra persona.» nonostante voglia
nascondere le sue emozioni, un rivolino salato le bacia una guancia
«lui tornava
sempre più tardi da lavoro, con l'aria stanca».
Si
asciuga quella solitaria lacrima con il dorso della mano e prosegue
la sua storia «sono piuttosto convinta che a lavoro subisse
ogni
male dal suo capo, tanto da portarselo a casa e sfogarlo su... di
noi».
Alza
lo sguardo al cielo, quasi a voler supplicare i suoi stessi occhi di
non cadere in un pianto esagerato. E più si sforza e meno ci
riesce.
«Non
c'è bisogno di parlarne ora» le dico asciugandole
l'ennesima
lacrima che, prepotente, raggiunge il mento per poi precipitare sul
divano. Lei annuisce.
«Ed
ora, che ne sarà di me, Bee?» mi domanda confusa.
«Che
ne sarà di noi» la correggo io, sorridendole.
«No,
io...» prende fiato, si vede che sta per intraprendere un
discorso a
lei ostico «non voglio compassione».
«E
non è compassione quella che io provo per te» le
rispondo con
naturalezza, seppur nella mia mente mi venga spontaneo prevedere la
sua prossima domanda.
«E
allora cosa?» mi domanda osservandomi con occhi da cerbiatta
«cosa
provi per me, Bee?».
Abbasso
prima lo sguardo, come a voler riorganizzare i miei pensieri e
cercando quasi di fare mente locale. Poi torno nuovamente ad ammirare
la figura che ho innanzi.
Vorrei
dirle che cosa provo. La verità, però,
è che io stesso non lo so.
È forse amore? Ossessione? O semplice simpatia? Al diavolo
il
cervello che mi rema contro, io voglio agire come meglio mi riesce.
Mi avvicino a lei. Porto una mano dietro la sua nuca, accarezzandole
i capelli e invitandola ad avvicinarsi a me. Pian piano i nostri
volti coprono quella ridotta distanza che vi è tra di noi,
fino ad
incrociarsi e poi unirsi. Appoggio le mie labbra sulle sue, come
fosse un banale esperimento per scoprire meglio i miei sentimenti per
lei. Poi, però, mi ritrovo a bramarle, forse più
del previsto.
Inizio a divorarle, cercando di inumidirle non solo con le mie stesse
labbra, ma anche con la lingua. Lei schiude subito la sua bocca,
consentendomi di esplorare il suo sapore. Ci baciamo ancora e ancora.
Il tempo diventa relativo e in quell'istante non sono sicuro di che
ore siano, o di quanti minuti siano già trascorsi.
Lei
allunga le mani verso il mio volto. Mi accarezza e mi bacia. Sento i
suoi polpastrelli spingere contro la mia pelle e risalire sul capo,
fino ad intrecciarsi nei miei capelli. Mi bacia e gioca con loro. La
sento sussultare più e più volte e mi domando se
può un singolo
bacio, far fremere così tanto di passione una persona.
La
risposta è sì.
Purtroppo
non riesco a contenere le mie emozioni. Il mio basso ventre inizia a
pulsare e lo sento spingere contro i boxer.
I
nostri volti si staccano. Io mi specchio in lei. Per un istante mi
sorge spontaneo pensare se lei non lo stia facendo solo per buttarsi
alle spalle ciò che ha passato nell'ultimo periodo. Poi
però la
guardo meglio e dinnanzi a me trovo una giovane donna sicura di
sé.
Talmente sicura che mi toglie la maglietta senza neanche lasciarmi il
tempo di fiatare. Mi guarda negli occhi, eppure sento le sue mani
curiose esplorare il mio petto.
Le
sue dita affusolate disegnano cerchi concentrici sul mio torace,
aumentando la
pressione sulla mia pelle. Poi scorgo un segno: si lecca le labbra. E
capisco che non sono l'unico in quella stanza ad aver voglia di
approfondire la nostra conoscenza.
Al
diavolo ogni cosa, in questo momento voglio solo pensare a stare bene
con lei. Decido, però, di non fare la prima mossa e di
lasciarla
giocare con me, con il mio corpo. Mi sorride dolcemente, seppur in
maniera estremamente timida.
Non
la ricordavo così intraprendente. Mi si siede sulle gambe e
posso
tranquillamente sentire il mio membro premere contro di lei. Lei
sembra non farci caso, o per lo meno la cosa non la tange affatto.
Mi
bacia ancora una volta, continuando a far scorrere le sue mani sul
mio petto, sulla mia schiena nuda e tra i miei capelli. Sento le sue
cosce serrarmi il bacino e senza alcun indugio mi alzo in piedi
afferrando
il suo sedere tra le mani e trascinandola a letto con me. Nonostante
il grande bagaglio di esperienza fatto con Sam, mi accorgo di essere
inerme davanti a Yoshiko. I dubbi mi assalgono e per un attimo tremo
all'idea di riuscire ad unirmi a lei. Forse perché bramo
questo
momento da praticamente sempre, o forse perché sono insicuro
di me e
temo di rischiare di perderla così. Eppure lei non pare
intimorita
dal mio contatto.
Stendo
la sua schiena sul materasso libero da ogni coperta e la sovrasto con
il mio corpo. La mia mano si muove al ritmo dei nostri corpi, curiosa
e frenetica, con quel sali e scendi che mi fa pensare di non aver ben
chiaro da dove iniziare. Ed in effetti è così.
Sono completamente
in balia delle mie emozioni che quasi non riesco a concentrarmi sul
singolo dettaglio, ma bramo così ardentemente il suo corpo
da
volerlo tutto e subito.
Le
sfilo quella misera canottierina che indossa, ritrovandomi davanti
alle porte del paradiso. Per un istante
soltanto, mi scordo dei suoi lividi e mi lascio inebriare dall'odore
della sua pelle, un misto
tra mandarino e basilico. Un'abbinata a me sconosciuta, ma che mi
porta subito a perdere il lume della ragione.
Lei
nel frattempo tiene gli occhi chiusi e la sento ansimare sotto il mio
tocco.
Con
le labbra inizio a baciarle la clavicola sinistra, mentre la mia mano
corre veloce sulla sua schiena, quasi in balia di una corsa
incontrollata. Scendo giù verso lo sterno fino a contornare
un seno
con la lingua, creando cerchi concentrici sempre più
interni, fino a
raggiungere il capezzolo e intrappolarlo tra i miei denti. La sento
sussultare rumorosamente, mentre con entrambe le mani mi accarezza i
capelli e mi incita a scendere.
Sorrido
al sol pensiero di quell'invito così peccaminoso.
Procedo
la mia discesa,
fino a scontrarmi contro il bottone degli shorts. Lei però
mi blocca
subito con una mano, sussurrandomi dolcemente «anche
tu.»
In
effetti lei è vestita con i suoi soli shorts, mentre io
ancora non
mi sono sfilato nulla dal corpo, se non la maglietta.
Ridacchio imbarazzato quando noto di aver ai piedi ancora gli anfibi.
Punto una scarpa sull'altra e mi disfo di loro facilmente. Poi torno
alla mia postazione e, facendo leva sulle ginocchia, mi tolgo subito
anche i pantaloni finendo per indossare solamente i boxer.
Predomino
sul suo corpo, stendendomi ancora una volta su di lei e ammirando le
sue cosce longilinee, morbide ed estremamente lisce al tatto. Mi
eccito nel toccare ogni centimetro della sua pelle, pregustandomi da
subito l'idea di poterla fare mia quella notte.
Per
un istante nella
mia mente balza la malsana idea che io mi stia solo approfittando di
lei e che lei stessa si stia approfittando di me per trovare conforto
e una sensazione di sicurezza mai provata prima
dentro le mura domestiche. Però la osservo sorridermi,
giocare con
il mio sguardo, osservarmi maliziosa e stuzzicarmi le labbra con le
sue. E lì capisco, non ho bisogno di pensare ad altro.
Capisco
che Yoshiko ha perso il controllo sul suo corpo nel momento in cui
con la mano scende verso i miei boxer, pregandomi con lo sguardo di
levarli. Sorrido imbarazzato, pur consapevole di non aver veramente
nulla da temere. Non sono certo il ragazzo che tende a sbandierare ai
quattro venti la lunghezza del suo membro, ma avendo vissuto gli
ultimi anni con soli uomini accanto, so benissimo di essere piuttosto
dotato. E quando sfilo i boxer rimango piacevolmente sorpreso nel
constatare quanto io sia riuscito a catturare la curiosità
di
Yoshiko. Guarda giù e poi mi guarda in volto, arrossendo ma
sorridendo.
È
impossibile non poter confrontare quel momento, con tutti i
precedenti avuti con Sam. E lì ridacchio al pensiero,
confermando
una volta per tutte l'omosessualità di Sam: lei non si
è mai
permessa di guardarmi laggiù. Alla fine, forse, Yoshiko
è un po'
come una prima volta per me.
Poco
importa, mentre la mia mente sta divagando in quei lontani ricordi e
nelle mie congetture a cui sono andato incontro, il mio corpo lavora
per me, facendomi ritrovare sotto pelle il corpo accaldato e
completamente nudo di Yoshiko.
La
amo. La amo nella mia mente, la amo con i miei baci, con i miei
tocchi e con tutto il mio corpo. Ogni poro della mia pelle sembra
trasudare amore. Ma al diavolo la delicatezza, non riesco a
trattenermi né a contenere la mia eccitazione.
Soffoco
il mio istinto animale stringendola in un abbraccio. Nudi,
esattamente come la natura ci ha fatti. Lei mi spintona via con
quell'aria furbetta che mi fa pensare subito a qualcosa di malizioso.
Mi fa sdraiare sulla schiena e senza neanche chiedermi il permesso mi
fissa al materasso con il suo corpo, sovrastandomi e imprimendo una
lieve forza sui miei polsi, quasi a volermi indicare chi comanda.
Ridacchio
divertito perché
non mi sarei mai
aspettato tanta sfrontatezza da parte sua sotto le coperte. E devo
ammettere che questo suo lato nascosto mi eccita parecchio.
La
lascio fare, rilassando ogni singolo muscolo del mio corpo e godendo
della sua presenza.
Lei
appare impacciata, si vede che non sa dove mettere mano.
Però non è
intimorita da me, né dalla mia mascolinità che al
momento
picchietta frenetica sulle sue natiche.
«Cosa...
io cosa dovrei fare ora?» mi domanda con uno sguardo curioso.
Mi
imbambolo a fissarla e mi concentro su quella semplice domanda. I
miei occhi si stringono in una fessura finché una lampadina
si
accende in me «Yoshiko tu...?».
«Oh
cielo, Bee... no, io mai!» aggiunge poi gesticolando
animatamente
con le mani, leggermente in imbarazzo, ma non a disagio.
«Ma
io...» cerco di dirle disorientato prima di venir interrotto
nuovamente dal suo entusiasmo.
«Non
importa» mi risponde lei con una dolcezza disarmante
«l'importante
è che... tu lo voglia davvero».
Mi
alzo di colpo facendola quasi cadere dal letto. Chiudo gli occhi e
impreco innanzi alla mia goffaggine «perdonami».
Lei
quasi rotola sul letto ridacchiando divertita e finendo per sdraiarsi
sulla propria schiena, abbracciata da un'aria stranamente ilare.
«Io
lo voglio davvero, Yo» le rispondo serioso.
«Lo
so» risponde lei cercando di contenere le risate.
«No,
Yo, io lo voglio davvero» cerco di spiegarle temendo di non
essere
preso sul serio.
«Bee»
sussurra lei mentre cerca di ricomporsi innanzi a me. Si siede sulle
mie gambe, divaricandole proprio e facendo strusciare le sue cosce
contro il mio inguine «nonostante gli anni trascorsi, non ci
hai
pensato due volte a raccogliere i miei cocci del passato e... mi sei
venuto in soccorso, senza neanche pretendere delle scuse da parte
mia».
«Non
era necessario» le risposi scostandole una ciocca dal viso.
«Lo
so» disse nuovamente sospirando e iniziando a giocare con il
mio
tatuaggio della farfalla monarca «Bee... non avevi mica detto
che
volevi essere un fuco?».
«Non
ci credo!» esclamo divertito, mentre lei cerca di coprirsi il
volto
contenendo una risata davvero gustosa.
«Sei...
tremenda» le rispondo stringendola forte a me.
Poi
mi accorgo di una piccola verità: io e lei siamo
completamente nudi,
l'uno sopra l'altro, completamente consapevoli della nostra
fisicità,
del nostro contatto e della nostra vicinanza e nessuno dei due prova
alcun imbarazzo in quell'istante.
«Sei
bellissima» le dico quindi baciandole la fronte.
«Sì,
certo...» ribatte lei abbassando lo sguardo.
«Sì,
certo!» controbatto io alzandole il mento e fissandola dritta
negli
occhi.
«Bee...?»
sussurra lei «ti amo».
Mi
sento ribollire il sangue nelle vene. La tachicardia si impossessa di
me e per un attimo quasi vedo nero. Ho sempre sognato di sentirglielo
dire, ma sono sempre stato convinto che quelle due parole le avrei
dette io per primo. Mai e poi mai ho sognato che sarebbe stata lei la
prima a dirlo. Mi ha seriamente preso
in contropiede. E non solo. Faccio per risponderle altrettanto, ma
lei mi prende il volto e inizia a baciarmi. Quei baci soffusi e quasi
infantili, si tramutano poi in passione che arde. Sento la pelle
surriscaldarsi e sento il suo tocco pesante e senza contegno.
E
come per magia mi ritrovo di nuovo catapultato sul fondo del letto,
con lei sopra che si raccoglie i capelli a lato fino a stendersi sul
mio petto per baciarmi ancora e ancora. Con la sua mano scende
giù
verso il mio membro, afferrandolo e toccandolo con grazia. Sento la
sua presa salire e scendere con un movimento sempre più
ridondante e
sempre più saldo alla mia pelle. Mi sento in estasi come non
mai.
Non riesco a tornare in me, in quel momento è come se il mio
volere
fosse passato in secondo piano e ogni mio gesto, ogni mio
apprezzamento fosse rivolto a lei.
Il
suo movimento incalzante inizia a farsi troppo eccitante, tanto da
farmi temere di venire con largo anticipo. Perciò con un
colpo di
reni, ribalto subito la situazione finendo a sovrastarla forse un po'
più rudemente di quanto preventivato.
«Rilassati»
le sussurro mentre con la mano scendo in basso. Mi conforto nel
sentire la sua entrata completamente priva di resistenza. Mi
aspettavo una certa rigidità da parte sua, ma forse
è più a suo
agio di quel che preventivavo. Perciò procedo
nel mio intento di farla godere come mai.
Le
accarezzo le grandi labbra fino ad incontrare la piccola sporgenza
esterna che Sam mi aveva insegnato essere fonte del miglior orgasmo
femminile. Con l'indice inizio a stuzzicarle il clitoride, facendolo
scorrere su e giù e sfregando frenulo e glande quasi in
contemporanea. Posso sentire il suo umore fuoriuscire quasi
immediatamente. Mai mi sarei aspettato una reazione così
rapida del
suo corpo. Mi bagno le prime due dita con il suo liquido, per poi
continuare a massaggiare le grandi labbra e ogni singolo centimetro
della sua femminilità.
«Oh,
Bee...» mi sussurra completamente in estasi.
Ecco,
questa
è esattamente il tipo
di reazione che ho sempre desiderato.
La
curiosità si avvinghia a me e mi accorgo che il solo
toccarla non mi
basta più, perciò la guardo dritto negli occhi e,
indicando in
basso, domando «posso?».
In
risposta, lei mi afferra per i capelli e mi spinge verso il basso.
Mi
sorprendo ancora una volta della sua spavalderia e mi ritrovo ad
amare questo suo lato peccaminoso.
Appena
fronteggio la sua femminilità, mi accorgo di quanto bella
sia. Nella
sua forma quasi ovale, la trovo perfetta e mi eccito anche solo a
guardarla. Con le prime due dita della mano destra divarico
leggermente le grandi labbra, fino a poter baciare le più
piccole.
La mia lingua inizia ad esplorare la sua femminilità,
trovando un
certo appagamento e provando delle emozioni veramente fortissime.
Seppur sia io a far godere la mia amata, in quel momento è
come se
stessi provando io stesso le sue stesse sensazioni. La bacio, la
lecco, divoro la sua carne fino a dissetarmi del suo umore che fluido
e incontrollato fuoriesce dal suo corpo.
È
indubbiamente bagnata. Sufficientemente bagnata da concedermi di
appagarmi di lei ancora più in profondità. E non
ho nemmeno il
bisogno di chiederle il permesso di farlo, perché lei
è lì che
mugugna supplicandomi di farla mia ed io cedo innanzi alle sue
preghiere.
Torno
su, baciandole prima la fronte e poi nuovamente le labbra. Con le
mani le accarezzo il viso e il seno, strizzandolo e tastandolo con un
certo gusto.
Mentre
mi inebrio di lei e mi perdo nel suo amore, divarico le sue gambe con
una certa gentilezza, in maniera tale da potermi addentrare in lei
delicatamente.
Spingo
la mia turgida asta verso il suo umido condotto, fino ad esplorare
quella caverna impregnata di umore. Mentre spingo dentro di lei, la
sento fremere dall'eccitazione e non ho neanche modo di raggiungere
il fondo, che vengo inondato dal suo primo orgasmo.
Alzo
gli occhi verso di lei con un sorriso piuttosto malizioso,
incrociando uno sguardo birichino e si morde il labbro inferiore
divertita.
Apriamo
le danze in breve tempo, unendo i nostri corpi bisognosi di
quell'amore tanto atteso. Più spingo dentro di lei,
più sento la
mia eccitazione ingrossarsi e venir stretto all'interno del suo
corpo. La sua morsa sul mio membro è veramente serrata,
tanto da
provocarmi continue scariche elettriche in tutto il corpo.
Mi
sento sudare e sento di aver veramente perso l'autocontrollo.
Allontano
le mani dal suo volto, abbracciando così il suo sedere e
strizzandolo energicamente nel palmo delle mie mani. Lei sussulta,
forse di piacere, forse di dolore. Utilizzo quella presa per
aumentare l'intensità delle mie spinte e per assicurarmi di
affondare meglio in lei.
Ho
perso il conto di quante volte sia già venuta in quel
momento. Forse
tre, forse sei. Che importa. L'unica cosa che mi tange constatare
è
che lei stia veramente godendo di me e di quel suo primo momento. Non
sono neanche sicuro del tempo trascorso.
Ho
il fiato corto e sento le ginocchia dolente, perciò decido
di
cambiare posizione. Poi mi accorgo che sia io, sia lei siamo
completamente madidi di sudore.
Però
faccio presa sul suo corpo e la isso su di me, portandomi in
posizione eretta.
Ora
siamo in piedi, o per lo meno io lo sono. Lei è avvinghiata
a me,
con le gambe che contornano i miei fianchi e le nostre
intimità
completamente fuse tra di loro.
L'eccitazione
è veramente troppa, eppure a bassi corti riesco ad
avvicinarmi al
bagno. A fatica accendo la luce e apro le ante della doccia fino a
cacciarmi sotto insieme a lei che mi divora il petto di baci. Accendo
subito il sifone dell'acqua e lascio che i nostri corpi vengano
bagnati dal getto tiepido di acqua.
«Ho
sempre sognato di farlo sotto la doccia» gli rispondo con
scarso
romanticismo.
Lei
ridacchia divertita, ma ciò non limita la sua sete di godere.
Adagio
la sua schiena contro la parete piastrellata della doccia, fremendo
maledettamente nel momento in cui la sento stringere i muscoli
pelvici attorno al mio membro. Sicuramente il muro è un
tantino
freddo.
Mi
ritrovo quindi a fronteggiare la donna che da anni amo in segreto,
completamente immerso in lei, avvinghiato al suo corpo che mi eccita
come mai. Schiena al muro, natiche pressate tra la parete e il mio
pube, sorrette unicamente dalle mie forti braccia. Spingo con ardore
anche sotto il getto dell'acqua chiudendo gli occhi e abbandonandomi
ad ogni istinto primitivo racchiuso in me.
La
bacio, la tocco, godo del suo corpo non una, ma due volte quella
sera. E non posso dire altrettanto di lei, visto che probabilmente
è
venuta ormai una decina di volte.
Terminata
la doccia, ci accasciamo completamente esausti a letto.
Lei
si stende a pancia in giù sul materasso, completamente nuda
e troppo
stanca per rivestirsi. La copro con un lenzuolo leggero, almeno
nascondendo le natiche e lasciando libera la sua schiena. Io mi sento
accanto a lei, appoggiandomi su un fianco solo dopo aver indossato i
miei boxer.
Ci
guardiamo ancora negli occhi, mai sazi di aver un contatto visivo
costante. Le accarezzo la schiena fino a quando socchiude gli occhi e
cade nelle braccia di Morfeo con un sorriso abbozzato sulle labbra.
Sorrido
a mia volta.
«Ti
amo anche io» sussurro consapevole di non essere udito da lei
«ti
prometto che non ti lascerò più andare via, a
questo punto solo la
morte potrà separarci...».
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