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Autore: Digihuman    05/07/2020    4 recensioni
[IN CORSO]
Mi chiamo Brent Smith, ho trent'anni e voglio raccontarvi la mia storia. […]
A dirla tutta il mio certificato di nascita indica Tokyo come mia città natale, ma la città in cui ho vissuto per la maggior parte della mia infanzia e adolescenza è Exeter. […] E niente, la maggior parte dei miei ricordi sono proprio legati a questa città. Ricordi, che tra le tante cose, mi riportano a lei, alla mia dolce Yoshiko. […]
Spesso mi ritrovo a pensare a quando, temporaneamente parlando, potrei collocare il momento esatto in cui mi sono innamorato di lei. Avevo sentito le farfalle allo stomaco già la prima volta che la vidi. […] L'unica certezza che ho è che il mio amore è nato con lei e che morirà ciecamente con lei.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buongiorno,
questa storia originale si intreccia con una mia storia già scritta precedentemente, ovvero Choices. Per chi l'avesse letta, riconoscerà subito il personaggio di Bee. Per chi non l'avesse ancora letta, ALT! Consiglio la lettura SOLO dei primi tre capitoli e non del quarto poiché contiene spoiler per questa originale.
Il rating della storia varierà man mano scriverò i capitoli, motivo per cui per ogni capitolo avrà un proprio rating.

Ringrazio con il cuore LadyMoon89 per aver intrapreso con me questo percorso in veste di Beta Reader!

Non sono solita farlo, ma dedico questo capitolo a tutti coloro che hanno atteso a lungo questo momento, in particolare lo dedico a fumoemiele, poiché originariamente questo capitolo non era stato preventivato, ma ho deciso di scriverlo per lei.

Rating capitolo: rosso per presenza di scene di natura sessuale esplicita
Personaggi capitolo: Brent e Yoshiko


CAPITOLO 10




Finalmente siamo qui, entrambi nella stessa stanza. Eppure lei appare irraggiungibile.
Mangia composta al tavolo, tenendo lo sguardo basso sul suo piatto. Vorrei chiederle tante cose, eppure non ho il coraggio di farlo, o più semplicemente ho paura a sentirne le risposte. Non riesco a mangiare nulla, la bocca dello stomaco mi si è chiusa e si ribella al mio volere. Lei, invece, nel suo contegno più totale, pare non avere fondo e mangia con gusto. Ma lo fa con finezza, senza scomporsi più del dovuto. Mi domando da quanti giorni sia in quelle condizioni e da quanto tempo è che non mangia.
Quando termina la cena, appoggia le bacchette sul suo tavolo e mi ringrazia chinando lievemente il capo in avanti. Io resto basito davanti a lei, non sapendo come reagire, cosa dire o cosa fare.
Finalmente alza lo sguardo e lo incrocia con il mio e mi sento raggelare. Trattengo il fiato ed attendo qualche secondo, nella vana speranza che sia lei ad aprire bocca per prima. Ma purtroppo non è così. Sono un codardo.
Si alza dal tavolo e raccoglie i contenitori del nostro take away assicurandosi di smaltirli negli appositi contenitori della raccolta differenziata. Poi mi guarda furtiva, insicura di cosa dover fare. Io la guardo, la osservo e cerco di leggere tra le righe, ma purtroppo non riesco ad interpretare i segni del suo corpo e questo mi fa sentire completamente inutile.
Abbasso lo sguardo sconsolato e rimango immobile, seduto al tavolo, investito da quell'incapacità di intendere e di volere.
Ad un certo punto sento un lieve tocco sul capo. Alzo lo sguardo e lei è lì, che mi fissa con quei suoi occhioni dolci, con un lieve sorriso sul volto. Non è forzato e non è nemmeno di circostanza. Mi sta sorridendo con il cuore, lo posso sentire.
Mi accarezza prima la fronte, poi scorre sul retro lungo la nuca, fino a sfiorarmi il collo con l'indice. Socchiudo gli occhi e mi lascio inebriare da quel tocco, che da anni bramo come l'aria che respiro.
Quando sento la sua pelle allontanarsi dalla mia, spalanco subito gli occhi e la cerco spaesato, ritrovandola nuovamente di fronte a me. E nulla, lei è ancora lì, ha solo smesso di accarezzarmi. La guardo e mi domando cosa possa essere cambiato in una frazione di secondo. Il suo volto è completamente apatico. Rimane imbambolata davanti a me, mi fissa, ma allo stesso tempo non mi sta guardando realmente. Il suo sguardo mi oltrepassa, come fossi un fantasma.
Allungo un braccio per afferrare la sua mano, ma subito si ridesta dai suoi pensieri e arretra. Ha paura, lei ha paura di me. Lo leggo nei suoi occhi.
Ritraggo la mano altrettanto impaurito. In questo momento non so davvero come comportarmi. Non mi sono mai ritrovato in una situazione come questa e sento quasi di non esserne all'altezza.
Non sono mai stato un buon oratore. Ai fatti, però, me la cavo egregiamente. Perciò decido di alzarmi dal tavolo e di fare una mossa azzardata che, forse, potrebbe decretare la mia fine. Mi alzo dal mio posto, fronteggiandola. La differenza di altezza tra di noi è veramente palese. Ci saranno sì e no due buone spanne di distacco. Lei è intimorita dalla mia statura. Il suo corpo si irrigidisce di colpo e l'aria si fa talmente pesante, da farmi notare il suo affanno.
Le sfioro un braccio con i polpastrelli, trapassando i suoi occhi con il mio sguardo. Risalgo lungo l'avambraccio per poi allungare la mia mano sulla sua schiena quasi nuda. Mi soffermo sulla spalla, stringendola debolmente nel mio palmo, fino a muovere i primi passi nella sua direzione, azzerando così lo spazio che ancora ci divide.
L'abbraccio e lei si lascia abbracciare. Lei sta trattenendo il fiato, lo riesco a sentire. Purtroppo, però, non riesco a capire se lo fa per il mio stesso motivo, o se ha talmente paura di me, da non riuscire neanche a muovere un muscolo.
«Mi sei mancata...» sospiro stupendo persino me stesso per quest'uscita.
Sento il suo corpo distendersi sotto il mio tocco. Le sue mani si allungano timide verso la mia schiena, stringendomi in un caldo abbraccio.
Ancora una volta si lascia andare alle sensazioni e inizia a piangere, anche se questa volta lo fa in silenzio. Sento le sue mani aggrapparsi alla mia maglietta e stringerla forte, probabilmente sgualcendola, ma questo proprio non è di mio interesse.
Le accarezzo la nuca e le poso un casto bacio sulla testa, stringendola ancora più forte a me, facendole capire che io ci sono, ora e domani, che sono innocuo e dalla sua parte.
La sento singhiozzare e, con una debilitata forza, mi allontana da sé per potermi, finalmente, guardare dritto negli occhi. Mi sento perforare le pupille. Il suo sguardo è magnetico e allo stesso tempo mi penetra, facendomi quasi sussultare.
«Anche tu mi sei mancato, Bee» mi risponde con voce debole.
Bee. Ormai erano anni che nessuno mi chiamava più in quel modo. Sentir pronunciare quel termine, dalle sue labbra per altro, mi fa venire la pelle d'oca.
«Mi sembra tutto così assurdo...» aggiunge poi apparendo confusa, ma allo stesso tempo sorridendomi.
Capisco la sua sensazione. Mi sento uguale.
Trovo questa situazione surreale. La donna che ho bramato per anni e anni, che è diventata per un periodo la mia ossessione, la mia incarnazione di perfezione, è qui, proprio davanti a me, tra le mie braccia. E più la guardo, più scorgo in lei ciò che ho sempre visto: bellezza. Ma non vi parlo di quella bellezza fisica - seppur non abbia assolutamente nulla da dire sulla sua figura longilinea. Vi parlo per lo più di quella bellezza che, forse, neanche io so ben descrivere. È semplicemente bella, non c'è bisogno di dire altro.
«Bee» sussurra inclinando leggermente il capo a sinistra e guardandomi interrogativa «cosa c'è?».
Sorrido divertito e in maniera del tutto spontanea le rispondo «cosa c'è, dovrei chiederlo io a te».
Domanda scomoda. Si incupisce per un attimo. Mi mordo il labbro inferiore e propongo «ti va un film?». Per fortuna in un frangente torna radiosa e annuisce con entusiasmo.

Spendiamo le restanti due ore di luce a guardare un film di Harry Potter a caso. La verità è che qualsiasi cosa in quel frangente mi sarebbe apparsa ben più interessante di quanto realmente potesse essere. Tutto questo perché lei è qui con me e non mi importa di altro.
Avrei voluto fare il playboy allungano un braccio sulle sue spalle e avvicinandola a me, mentre guardavamo il film. Ma la verità è che non mi sento adatto a quel ruolo e non sono neanche sicuro che tutto ciò possa piacere a Yoshiko.
Poi però mi ridesto da questo pensiero, perché alla fine cosa ne posso veramente sapere di cosa può o non può piacerle. Crescendo si cambia. I cambiamenti fanno parte di ognuno di noi e sono esattamente ciò che ci rende tali.
Non appena appare la scritta the end sul televisore, pigio con estrema lentezza il pulsante rosso del telecomando. Ogni secondo di silenzio è una tortura. Ho così tante domande da farle, la maggior parte di esse scomode, che temo quasi di inondarla di fastidio.
Lei si volta verso di me e incrocia entrambe le gambe sul divano, sedendosi comodamente e puntando con lo sguardo al mio viso.
«So benissimo che non verrò mai giudicata da te, per quello che ho fatto, per come me ne sono andata» mi dice prendendo parola «ma io sento di doverti tante spiegazioni».
«Yoshiko, non è necessario, lo sai benissimo» cerco di dirle, mentre in mente mia spero solamente che lei si intestardisca a tal punto da rivelarmi ugualmente tutto.
E per fortuna è così.
«No, io ci tengo» mi dice «solo che... non so bene da dove iniziare».
«Inizia con il dirmi come stai, ora» le suggerisco io, accarezzandole il volto.
«Ora... mi sento al sicuro» e mi guarda con occhi languidi, tanto da farmi sentire le farfalle nello stomaco.
«Aspetta» sussurra, però, quando nota che io tento di dire qualcosa, mi punta l'indice alle labbra e purtroppo il mio lato maschile prende il sopravvento, facendo irrigidire la parte inferiore del mio corpo. Per fortuna lei non nota nulla.
«Non ti ho mai raccontato la verità su mio padre» procede quindi con le spiegazioni «già sai quanto lui fosse... dedito al suo lavoro e al mio studio. Lui ha sempre voluto che io eccellessi in ogni materia e in ogni circostanza, scuola o sport che sia».
Il suo sguardo non si smuove dal mio neanche per un istante.
«Non è mai stato un uomo particolarmente violento. Però nell'ultimo periodo era diventato... un'altra persona.» nonostante voglia nascondere le sue emozioni, un rivolino salato le bacia una guancia «lui tornava sempre più tardi da lavoro, con l'aria stanca».
Si asciuga quella solitaria lacrima con il dorso della mano e prosegue la sua storia «sono piuttosto convinta che a lavoro subisse ogni male dal suo capo, tanto da portarselo a casa e sfogarlo su... di noi».
Alza lo sguardo al cielo, quasi a voler supplicare i suoi stessi occhi di non cadere in un pianto esagerato. E più si sforza e meno ci riesce.
«Non c'è bisogno di parlarne ora» le dico asciugandole l'ennesima lacrima che, prepotente, raggiunge il mento per poi precipitare sul divano. Lei annuisce.
«Ed ora, che ne sarà di me, Bee?» mi domanda confusa.
«Che ne sarà di noi» la correggo io, sorridendole.
«No, io...» prende fiato, si vede che sta per intraprendere un discorso a lei ostico «non voglio compassione».
«E non è compassione quella che io provo per te» le rispondo con naturalezza, seppur nella mia mente mi venga spontaneo prevedere la sua prossima domanda.
«E allora cosa?» mi domanda osservandomi con occhi da cerbiatta «cosa provi per me, Bee?».
Abbasso prima lo sguardo, come a voler riorganizzare i miei pensieri e cercando quasi di fare mente locale. Poi torno nuovamente ad ammirare la figura che ho innanzi.
Vorrei dirle che cosa provo. La verità, però, è che io stesso non lo so. È forse amore? Ossessione? O semplice simpatia? Al diavolo il cervello che mi rema contro, io voglio agire come meglio mi riesce. Mi avvicino a lei. Porto una mano dietro la sua nuca, accarezzandole i capelli e invitandola ad avvicinarsi a me. Pian piano i nostri volti coprono quella ridotta distanza che vi è tra di noi, fino ad incrociarsi e poi unirsi. Appoggio le mie labbra sulle sue, come fosse un banale esperimento per scoprire meglio i miei sentimenti per lei. Poi, però, mi ritrovo a bramarle, forse più del previsto. Inizio a divorarle, cercando di inumidirle non solo con le mie stesse labbra, ma anche con la lingua. Lei schiude subito la sua bocca, consentendomi di esplorare il suo sapore. Ci baciamo ancora e ancora. Il tempo diventa relativo e in quell'istante non sono sicuro di che ore siano, o di quanti minuti siano già trascorsi.
Lei allunga le mani verso il mio volto. Mi accarezza e mi bacia. Sento i suoi polpastrelli spingere contro la mia pelle e risalire sul capo, fino ad intrecciarsi nei miei capelli. Mi bacia e gioca con loro. La sento sussultare più e più volte e mi domando se può un singolo bacio, far fremere così tanto di passione una persona.
La risposta è sì.
Purtroppo non riesco a contenere le mie emozioni. Il mio basso ventre inizia a pulsare e lo sento spingere contro i boxer.
I nostri volti si staccano. Io mi specchio in lei. Per un istante mi sorge spontaneo pensare se lei non lo stia facendo solo per buttarsi alle spalle ciò che ha passato nell'ultimo periodo. Poi però la guardo meglio e dinnanzi a me trovo una giovane donna sicura di sé. Talmente sicura che mi toglie la maglietta senza neanche lasciarmi il tempo di fiatare. Mi guarda negli occhi, eppure sento le sue mani curiose esplorare il mio petto.
Le sue dita affusolate disegnano cerchi concentrici sul mio torace, aumentando la pressione sulla mia pelle. Poi scorgo un segno: si lecca le labbra. E capisco che non sono l'unico in quella stanza ad aver voglia di approfondire la nostra conoscenza.
Al diavolo ogni cosa, in questo momento voglio solo pensare a stare bene con lei. Decido, però, di non fare la prima mossa e di lasciarla giocare con me, con il mio corpo. Mi sorride dolcemente, seppur in maniera estremamente timida.
Non la ricordavo così intraprendente. Mi si siede sulle gambe e posso tranquillamente sentire il mio membro premere contro di lei. Lei sembra non farci caso, o per lo meno la cosa non la tange affatto.
Mi bacia ancora una volta, continuando a far scorrere le sue mani sul mio petto, sulla mia schiena nuda e tra i miei capelli. Sento le sue cosce serrarmi il bacino e senza alcun indugio mi alzo in piedi afferrando il suo sedere tra le mani e trascinandola a letto con me. Nonostante il grande bagaglio di esperienza fatto con Sam, mi accorgo di essere inerme davanti a Yoshiko. I dubbi mi assalgono e per un attimo tremo all'idea di riuscire ad unirmi a lei. Forse perché bramo questo momento da praticamente sempre, o forse perché sono insicuro di me e temo di rischiare di perderla così. Eppure lei non pare intimorita dal mio contatto.
Stendo la sua schiena sul materasso libero da ogni coperta e la sovrasto con il mio corpo. La mia mano si muove al ritmo dei nostri corpi, curiosa e frenetica, con quel sali e scendi che mi fa pensare di non aver ben chiaro da dove iniziare. Ed in effetti è così. Sono completamente in balia delle mie emozioni che quasi non riesco a concentrarmi sul singolo dettaglio, ma bramo così ardentemente il suo corpo da volerlo tutto e subito.
Le sfilo quella misera canottierina che indossa, ritrovandomi davanti alle porte del paradiso. Per un istante soltanto, mi scordo dei suoi lividi e mi lascio inebriare dall'odore della sua pelle, un misto tra mandarino e basilico. Un'abbinata a me sconosciuta, ma che mi porta subito a perdere il lume della ragione.
Lei nel frattempo tiene gli occhi chiusi e la sento ansimare sotto il mio tocco.
Con le labbra inizio a baciarle la clavicola sinistra, mentre la mia mano corre veloce sulla sua schiena, quasi in balia di una corsa incontrollata. Scendo giù verso lo sterno fino a contornare un seno con la lingua, creando cerchi concentrici sempre più interni, fino a raggiungere il capezzolo e intrappolarlo tra i miei denti. La sento sussultare rumorosamente, mentre con entrambe le mani mi accarezza i capelli e mi incita a scendere.
Sorrido al sol pensiero di quell'invito così peccaminoso.
Procedo la mia discesa, fino a scontrarmi contro il bottone degli shorts. Lei però mi blocca subito con una mano, sussurrandomi dolcemente «anche tu.»
In effetti lei è vestita con i suoi soli shorts, mentre io ancora non mi sono sfilato nulla dal corpo, se non la maglietta. Ridacchio imbarazzato quando noto di aver ai piedi ancora gli anfibi. Punto una scarpa sull'altra e mi disfo di loro facilmente. Poi torno alla mia postazione e, facendo leva sulle ginocchia, mi tolgo subito anche i pantaloni finendo per indossare solamente i boxer.
Predomino sul suo corpo, stendendomi ancora una volta su di lei e ammirando le sue cosce longilinee, morbide ed estremamente lisce al tatto. Mi eccito nel toccare ogni centimetro della sua pelle, pregustandomi da subito l'idea di poterla fare mia quella notte.
Per un istante nella mia mente balza la malsana idea che io mi stia solo approfittando di lei e che lei stessa si stia approfittando di me per trovare conforto e una sensazione di sicurezza mai provata prima dentro le mura domestiche. Però la osservo sorridermi, giocare con il mio sguardo, osservarmi maliziosa e stuzzicarmi le labbra con le sue. E lì capisco, non ho bisogno di pensare ad altro.
Capisco che Yoshiko ha perso il controllo sul suo corpo nel momento in cui con la mano scende verso i miei boxer, pregandomi con lo sguardo di levarli. Sorrido imbarazzato, pur consapevole di non aver veramente nulla da temere. Non sono certo il ragazzo che tende a sbandierare ai quattro venti la lunghezza del suo membro, ma avendo vissuto gli ultimi anni con soli uomini accanto, so benissimo di essere piuttosto dotato. E quando sfilo i boxer rimango piacevolmente sorpreso nel constatare quanto io sia riuscito a catturare la curiosità di Yoshiko. Guarda giù e poi mi guarda in volto, arrossendo ma sorridendo.
È impossibile non poter confrontare quel momento, con tutti i precedenti avuti con Sam. E lì ridacchio al pensiero, confermando una volta per tutte l'omosessualità di Sam: lei non si è mai permessa di guardarmi laggiù. Alla fine, forse, Yoshiko è un po' come una prima volta per me.
Poco importa, mentre la mia mente sta divagando in quei lontani ricordi e nelle mie congetture a cui sono andato incontro, il mio corpo lavora per me, facendomi ritrovare sotto pelle il corpo accaldato e completamente nudo di Yoshiko.
La amo. La amo nella mia mente, la amo con i miei baci, con i miei tocchi e con tutto il mio corpo. Ogni poro della mia pelle sembra trasudare amore. Ma al diavolo la delicatezza, non riesco a trattenermi né a contenere la mia eccitazione.
Soffoco il mio istinto animale stringendola in un abbraccio. Nudi, esattamente come la natura ci ha fatti. Lei mi spintona via con quell'aria furbetta che mi fa pensare subito a qualcosa di malizioso. Mi fa sdraiare sulla schiena e senza neanche chiedermi il permesso mi fissa al materasso con il suo corpo, sovrastandomi e imprimendo una lieve forza sui miei polsi, quasi a volermi indicare chi comanda.
Ridacchio divertito perché non mi sarei mai aspettato tanta sfrontatezza da parte sua sotto le coperte. E devo ammettere che questo suo lato nascosto mi eccita parecchio.
La lascio fare, rilassando ogni singolo muscolo del mio corpo e godendo della sua presenza.
Lei appare impacciata, si vede che non sa dove mettere mano. Però non è intimorita da me, né dalla mia mascolinità che al momento picchietta frenetica sulle sue natiche.
«Cosa... io cosa dovrei fare ora?» mi domanda con uno sguardo curioso.
Mi imbambolo a fissarla e mi concentro su quella semplice domanda. I miei occhi si stringono in una fessura finché una lampadina si accende in me «Yoshiko tu...?».
«Oh cielo, Bee... no, io mai!» aggiunge poi gesticolando animatamente con le mani, leggermente in imbarazzo, ma non a disagio.
«Ma io...» cerco di dirle disorientato prima di venir interrotto nuovamente dal suo entusiasmo.
«Non importa» mi risponde lei con una dolcezza disarmante «l'importante è che... tu lo voglia davvero».
Mi alzo di colpo facendola quasi cadere dal letto. Chiudo gli occhi e impreco innanzi alla mia goffaggine «perdonami».
Lei quasi rotola sul letto ridacchiando divertita e finendo per sdraiarsi sulla propria schiena, abbracciata da un'aria stranamente ilare.
«Io lo voglio davvero, Yo» le rispondo serioso.
«Lo so» risponde lei cercando di contenere le risate.
«No, Yo, io lo voglio davvero» cerco di spiegarle temendo di non essere preso sul serio.
«Bee» sussurra lei mentre cerca di ricomporsi innanzi a me. Si siede sulle mie gambe, divaricandole proprio e facendo strusciare le sue cosce contro il mio inguine «nonostante gli anni trascorsi, non ci hai pensato due volte a raccogliere i miei cocci del passato e... mi sei venuto in soccorso, senza neanche pretendere delle scuse da parte mia».
«Non era necessario» le risposi scostandole una ciocca dal viso.
«Lo so» disse nuovamente sospirando e iniziando a giocare con il mio tatuaggio della farfalla monarca «Bee... non avevi mica detto che volevi essere un fuco?».
«Non ci credo!» esclamo divertito, mentre lei cerca di coprirsi il volto contenendo una risata davvero gustosa.
«Sei... tremenda» le rispondo stringendola forte a me.
Poi mi accorgo di una piccola verità: io e lei siamo completamente nudi, l'uno sopra l'altro, completamente consapevoli della nostra fisicità, del nostro contatto e della nostra vicinanza e nessuno dei due prova alcun imbarazzo in quell'istante.
«Sei bellissima» le dico quindi baciandole la fronte.
«Sì, certo...» ribatte lei abbassando lo sguardo.
«Sì, certo!» controbatto io alzandole il mento e fissandola dritta negli occhi.
«Bee...?» sussurra lei «ti amo».
Mi sento ribollire il sangue nelle vene. La tachicardia si impossessa di me e per un attimo quasi vedo nero. Ho sempre sognato di sentirglielo dire, ma sono sempre stato convinto che quelle due parole le avrei dette io per primo. Mai e poi mai ho sognato che sarebbe stata lei la prima a dirlo. Mi ha seriamente preso in contropiede. E non solo. Faccio per risponderle altrettanto, ma lei mi prende il volto e inizia a baciarmi. Quei baci soffusi e quasi infantili, si tramutano poi in passione che arde. Sento la pelle surriscaldarsi e sento il suo tocco pesante e senza contegno.
E come per magia mi ritrovo di nuovo catapultato sul fondo del letto, con lei sopra che si raccoglie i capelli a lato fino a stendersi sul mio petto per baciarmi ancora e ancora. Con la sua mano scende giù verso il mio membro, afferrandolo e toccandolo con grazia. Sento la sua presa salire e scendere con un movimento sempre più ridondante e sempre più saldo alla mia pelle. Mi sento in estasi come non mai. Non riesco a tornare in me, in quel momento è come se il mio volere fosse passato in secondo piano e ogni mio gesto, ogni mio apprezzamento fosse rivolto a lei.
Il suo movimento incalzante inizia a farsi troppo eccitante, tanto da farmi temere di venire con largo anticipo. Perciò con un colpo di reni, ribalto subito la situazione finendo a sovrastarla forse un po' più rudemente di quanto preventivato.
«Rilassati» le sussurro mentre con la mano scendo in basso. Mi conforto nel sentire la sua entrata completamente priva di resistenza. Mi aspettavo una certa rigidità da parte sua, ma forse è più a suo agio di quel che preventivavo. Perciò procedo nel mio intento di farla godere come mai.
Le accarezzo le grandi labbra fino ad incontrare la piccola sporgenza esterna che Sam mi aveva insegnato essere fonte del miglior orgasmo femminile. Con l'indice inizio a stuzzicarle il clitoride, facendolo scorrere su e giù e sfregando frenulo e glande quasi in contemporanea. Posso sentire il suo umore fuoriuscire quasi immediatamente. Mai mi sarei aspettato una reazione così rapida del suo corpo. Mi bagno le prime due dita con il suo liquido, per poi continuare a massaggiare le grandi labbra e ogni singolo centimetro della sua femminilità.
«Oh, Bee...» mi sussurra completamente in estasi.
Ecco, questa è esattamente il tipo di reazione che ho sempre desiderato.
La curiosità si avvinghia a me e mi accorgo che il solo toccarla non mi basta più, perciò la guardo dritto negli occhi e, indicando in basso, domando «posso?».
In risposta, lei mi afferra per i capelli e mi spinge verso il basso.
Mi sorprendo ancora una volta della sua spavalderia e mi ritrovo ad amare questo suo lato peccaminoso.
Appena fronteggio la sua femminilità, mi accorgo di quanto bella sia. Nella sua forma quasi ovale, la trovo perfetta e mi eccito anche solo a guardarla. Con le prime due dita della mano destra divarico leggermente le grandi labbra, fino a poter baciare le più piccole. La mia lingua inizia ad esplorare la sua femminilità, trovando un certo appagamento e provando delle emozioni veramente fortissime. Seppur sia io a far godere la mia amata, in quel momento è come se stessi provando io stesso le sue stesse sensazioni. La bacio, la lecco, divoro la sua carne fino a dissetarmi del suo umore che fluido e incontrollato fuoriesce dal suo corpo.
È indubbiamente bagnata. Sufficientemente bagnata da concedermi di appagarmi di lei ancora più in profondità. E non ho nemmeno il bisogno di chiederle il permesso di farlo, perché lei è lì che mugugna supplicandomi di farla mia ed io cedo innanzi alle sue preghiere.
Torno su, baciandole prima la fronte e poi nuovamente le labbra. Con le mani le accarezzo il viso e il seno, strizzandolo e tastandolo con un certo gusto.
Mentre mi inebrio di lei e mi perdo nel suo amore, divarico le sue gambe con una certa gentilezza, in maniera tale da potermi addentrare in lei delicatamente.
Spingo la mia turgida asta verso il suo umido condotto, fino ad esplorare quella caverna impregnata di umore. Mentre spingo dentro di lei, la sento fremere dall'eccitazione e non ho neanche modo di raggiungere il fondo, che vengo inondato dal suo primo orgasmo.
Alzo gli occhi verso di lei con un sorriso piuttosto malizioso, incrociando uno sguardo birichino e si morde il labbro inferiore divertita.
Apriamo le danze in breve tempo, unendo i nostri corpi bisognosi di quell'amore tanto atteso. Più spingo dentro di lei, più sento la mia eccitazione ingrossarsi e venir stretto all'interno del suo corpo. La sua morsa sul mio membro è veramente serrata, tanto da provocarmi continue scariche elettriche in tutto il corpo.
Mi sento sudare e sento di aver veramente perso l'autocontrollo.
Allontano le mani dal suo volto, abbracciando così il suo sedere e strizzandolo energicamente nel palmo delle mie mani. Lei sussulta, forse di piacere, forse di dolore. Utilizzo quella presa per aumentare l'intensità delle mie spinte e per assicurarmi di affondare meglio in lei.
Ho perso il conto di quante volte sia già venuta in quel momento. Forse tre, forse sei. Che importa. L'unica cosa che mi tange constatare è che lei stia veramente godendo di me e di quel suo primo momento. Non sono neanche sicuro del tempo trascorso.
Ho il fiato corto e sento le ginocchia dolente, perciò decido di cambiare posizione. Poi mi accorgo che sia io, sia lei siamo completamente madidi di sudore.
Però faccio presa sul suo corpo e la isso su di me, portandomi in posizione eretta.
Ora siamo in piedi, o per lo meno io lo sono. Lei è avvinghiata a me, con le gambe che contornano i miei fianchi e le nostre intimità completamente fuse tra di loro.
L'eccitazione è veramente troppa, eppure a bassi corti riesco ad avvicinarmi al bagno. A fatica accendo la luce e apro le ante della doccia fino a cacciarmi sotto insieme a lei che mi divora il petto di baci. Accendo subito il sifone dell'acqua e lascio che i nostri corpi vengano bagnati dal getto tiepido di acqua.
«Ho sempre sognato di farlo sotto la doccia» gli rispondo con scarso romanticismo.
Lei ridacchia divertita, ma ciò non limita la sua sete di godere.
Adagio la sua schiena contro la parete piastrellata della doccia, fremendo maledettamente nel momento in cui la sento stringere i muscoli pelvici attorno al mio membro. Sicuramente il muro è un tantino freddo.
Mi ritrovo quindi a fronteggiare la donna che da anni amo in segreto, completamente immerso in lei, avvinghiato al suo corpo che mi eccita come mai. Schiena al muro, natiche pressate tra la parete e il mio pube, sorrette unicamente dalle mie forti braccia. Spingo con ardore anche sotto il getto dell'acqua chiudendo gli occhi e abbandonandomi ad ogni istinto primitivo racchiuso in me.
La bacio, la tocco, godo del suo corpo non una, ma due volte quella sera. E non posso dire altrettanto di lei, visto che probabilmente è venuta ormai una decina di volte.

Terminata la doccia, ci accasciamo completamente esausti a letto.
Lei si stende a pancia in giù sul materasso, completamente nuda e troppo stanca per rivestirsi. La copro con un lenzuolo leggero, almeno nascondendo le natiche e lasciando libera la sua schiena. Io mi sento accanto a lei, appoggiandomi su un fianco solo dopo aver indossato i miei boxer.
Ci guardiamo ancora negli occhi, mai sazi di aver un contatto visivo costante. Le accarezzo la schiena fino a quando socchiude gli occhi e cade nelle braccia di Morfeo con un sorriso abbozzato sulle labbra.
Sorrido a mia volta.

«Ti amo anche io» sussurro consapevole di non essere udito da lei «ti prometto che non ti lascerò più andare via, a questo punto solo la morte potrà separarci...».

  
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