-Sicura?- le domanda un'altra volta.
Giorgia abbassa lo sguardo, tra
le mani tremanti stringe il foglio spiegazzato. Sospira e si impone di
mantenere la calma; guarda fuori dal finestrino. Davanti a lei la
strada, alla sua destra la casa in cui deve entrare. Un mondo di
emozioni la lega a quel quartiere, a quella via e a quella villetta.
Solitamente evita di passare per di lì per non risvegliare
la nostalgia
che anima la sua mente ogni volta, fallendo: non c'è giorno
in cui non
pensi ai bei vecchi tempi.
Quasi le si riempiono gli occhi di
lacrime. Si impone di non lasciarsi intimidire dal passato e si scosta
i capelli dalla fronte, stringendo appena un po' più forte
la lettera
di Andrea in mano. Annuisce velocemente e sorride a Fabio, che la
guarda preoccupato, stringendo tanto forte il volante con una mano da
far impallidire le nocche. È nervoso, forse più
di lei, e la cosa le fa
crescere un nodo allo stomaco sempre più stretto. Cerca di
non darlo a
vedere e guarda fuori dal finestrino di lui: al di là delle
case, il
tramonto.
Prende un respiro profondo e, sentendo nuovamente la
rabbia e l’immensa tristezza che l'hanno animata fino a quel
momento
fare capolino in lei, si slaccia la cintura di sicurezza e scende
dall'auto. Muove qualche passo in avanti. C'è freddo, ma
nella fretta e
nell'incredulità ha dimenticato la giacca a casa.
Villa Fiore si
staglia di fronte a lei in una contraddizione che sembra quasi
malvagia, sbagliata. Sebbene forse la parte più importante
della sua
vita sia stata ferita più e più volte proprio su
quel vialetto
d'entrata e in quell'abitazione in silenzio e nascondendosi, non
dimenticherà mai quei bei momenti passati in compagnia degli
amici.
Si fa forza e suonò il campanello.
Le
apre Annamaria, con i capelli raccolti in una crocchia. È
tanto
radiosa, ultimamente; Giorgia è felicissima che, nonostante
Lorenzo non
abbia mai condiviso il segreto con nessuno, la ragazza sia tanto
contenta.
Una volta data qualche spiegazione più o meno convincente,
riesce a sgattaiolare dentro e a salire le scale. Erano mesi che non le
saliva. Sente una forte pressione sullo stomaco, come un mattone che le
schiaccia gli organi: sa che è sbagliato trovarsi
lì, ma questa volta
non le importa. Porterà a termine quello che deve fare, per
una volta
nella sua vita.
La cosa che più la rimanda al passato, in quella
casa, è il profumo che vi aleggia. Lo stesso di quei mille
pomeriggi
passati insieme a studiare i componenti del gascromatografo di Alberti,
per paura di non passare il test del giorno dopo, quel famoso video che
alla fine non hanno mai davvero montato, i discorsi semiseri affrontati
con una cioccolata calda in mano e una vecchia coperta di lana in
comune sulle spalle. Nel corso degli ultimi anni, tutte le volte che
Giorgia ha sentito un profumo simile a quello, le gambe le si facevano
di piombo. Si è ripetuta mille volte che era solo un odore
come un
altro, che andava e veniva come gli pareva, che non aveva
un'appartenenza nè una meta precisa, ma era solo riuscita a
sentirsi
ancora peggio.
Giorgia si impone di continuare a camminare per il
corridoio con lo sguardo dritto davanti a sè; Andrea non
vorrebbe
vederla piangere ma, per la prima vera volta quel giorno, la
consapevolezza che Andrea non ci sia più e quella che
nemmeno tornerà
la colpiscono forte, proprio tra le costole, quindi crolla poco prima
di arrivare al suo obiettivo.
Fiducia. C'è una regola non
specificata, nei legami che si possono considerare profondi, ed
è
quella di mettere in gioco ogni giorno un pizzico di fiducia da parte
di ognuno. Lei ha giocato molto più di quanto si era
aspettata di poter
mai fare, Andrea tutto quello che aveva, e Lorenzo... quasi nulla. E ad
un certo punto si è preso ogni cosa.
Giorgia stringe i pugni,
accartocciando ancora di più la lettera. Lo sa che non
avrebbe dovuto
prendere le parole di Andrea troppo sul serio, quel pomeriggio in cui
tutto era andato in pezzi: lui non stava bene. Non solo non stava bene
come non stava bene lei, ma di più. Di più, e
Giorgia se n'era accorta
solo quel giorno. Solo quel giorno aveva finalmente capito tutto quello
che c'era stato.
Non crede sia possibile, ma sente il cuore spezzarsi ancora una volta.
Il
resto del corridoio viene percorso quasi di corsa. Giorgia si blocca
solo quando arriva davanti alla porta della camera di Lorenzo. A
malincuore, sorride. È in legno bianco, artisticamente
contrassegnata
dagli adesivi e dai poster di svariati film, gruppi musicali e
telefilm. È semichiusa, e dall'altro lato proviene una
melodia sommessa.
Lorenzo
ha sempre amato suonare il pianoforte. Sa suonare anche la chitarra, ma
i tasti sono sempre stati i suoi preferiti. Spesso, lei e Andrea lo
pregavano di imparare certe canzoni, per cantare tutti insieme. Fiore
si è sempre vergognato, paradossalmente, di aprir bocca
davanti a loro
due, ma Andrea era molto più sicuro di sè, e
così trascinava Giorgia in
stonatissime serenate. Era forse un segnale che avrebbero dovuto
interpretare prima? Giorgia non ci ha mai pensato molto, e inizia a
pentirsene: si sente una persona così dannatamente
superficiale, e lo è
stata fino a quel pomeriggio. In quel momento, sente per la prima volta
Lorenzo cantare lontano dalle luci, dai palchi, dalle feste, dai
locali. Da solo, con Lorenzo.
*Ti incontrerò al confine
per spezzare l'incantesimo
In un punto in cui due mondi collidono,
ci ribelleremo*
Si
copre la bocca con le mani. Nascosta dietro alla porta semichiusa,
tutta la sua rabbia svanisce in una nuvola di vapore. Rimane solo lo
stupore, accompagnato da un'infinita e dolcissima tristezza. E, forse,
da una passiva comprensione.
*E correremo
finchè non faremo breccia
Se mi ubriacassi abbastanza,
riuscirei a vederti di nuovo?*
**Giorgia,
la
mia è stata una scelta codarda, ma non ho mai detto di
essere una
persona matura né di averne voglia. Ah, e non ho salutato
nessuno solo
perchè ho fatto le cose in fretta, non prenderla sul
personale. Se hai
provato a contattarmi, mi dispiace che tu abbia perso tempo: ho buttato
il telefono in un tombino. Qualche secondo dopo mi sono sentito meglio,
molto meglio. Ah, la tecnologia. Ci unisce e ci divide.
Insomma,
abbiamo sempre saputo che tipo di persona è Lorenzo,
perchè mai avremmo
dovuto rimanerci così male? Io non è che son
scemo, eh. Ho ragioni che
fra poco finalmente verranno a galla, e tu... per me. Hai sempre preso
parte della mia sofferenza, alleggerendomi l'esistenza, e lo sai che
anche se non l’ho mai detto non ci sono mai state persone
più
importanti di te, nella mia vita.
Ho sofferto, scrivendo questa
lettera, perchè mi sono reso conto che di lì a
poco ti avrei
abbandonata senza possibilità di vederti mai più;
soffro tutt'oggi,
ricordando un passato che fa più male che bene, ma in cui tu
sei sempre
stata al mio fianco, "in salute e in malattia." Mi dispiace di averti
mentito e penso che tu te ne sia accorta: no, non stavo bene. E mi
dispiace di essere così egoista. Quando ho visto per la
prima volta
quei biglietti, non pensavo che ne avrei comprato uno di nascosto dai
miei genitori e da tutti voi, per partire qualche giorno dopo. Ho fatto
le valigie in segreto, portandomi poco e niente: voglio che il male che
mi circondi rimanga in quella città che mi ha ferito tanto.
E,
cazzo, quanto avrei voluto che tu venissi con me. Ma, per quanto io
possa amare la sicurezza che mi dai, mentre scrivevo questa lettera
avevo già deciso di tagliare ogni ponte con il passato, per
poter
ricominciare e vivere finalmente... bene. Quindi niente, anni fa mi
è
stato concesso il dono della maggiore età, e questo mi
è sembrato il
momento giusto per approfittarne.
Ho una buona memoria, ricordo
troppo. E mi ferisco da solo, senza pensarci due volte. È
questo il
problema, io non voglio più avere nulla a che fare con
riferimenti a
quella vita. Non avrei mai pensato che un cuore spezzato facesse
così
male, e io non voglio che faccia male.
Ti lascio... tutto, anche
parte della mia anima. Vorrei dirti di non scordarti di me, ma come
posso essere così ipocrita? Io sto già cercando
di dimenticarti.
Spero
che tu capisca il mio gesto: non ti sto chiedendo perdono,
perchè so
che non potrai mai perdonarmi per questo gesto così stupido,
solo
comprensione. Sei sempre stata l'unica in grado di capirmi, non
deludermi come ho fatto io con te. E poi ho bisogno di te per un'ultima
volta, per consegnare questa lettera anche a Lorenzo, in modo che tu
possa calarti nei miei panni prima che possa farlo lui: sai, ci sono
cose che non ti ho mai detto. Magari, attraverso questo breve
messaggio, potrete tenere viva la mia memoria anche senza vedermi
nè
sentirmi nè avermi più intorno e tornare come
eravate – eravamo – una
volta. Non mi farò più vedere nè
sentire, se i miei sono preoccupati
ricordate loro che sono un adulto laureato e vaccinato e che ho sempre
saputo cavarmela più o meno da solo. Detto ciò...
ti ho amata con tutto
il mio cuore, come una sorella, una madre, una parte di me. Ma non
posso aggrapparmi a te, non più. Ho bisogno di ricominciare
a respirare.
Lettera a Lorenzo Fiore (credo che questa sia la brutta definitiva):
Più
passano gli anni e più sei nella mia testa e io non capisco
come cazzo
cacciartici fuori, sai, purtroppo la testa mi serve. Ed è un
purtroppo
che non tocca neanche la metafora, è un purtroppo purtroppo.
Tipo,
peccato.
Mi chiedo che fine abbiano fatto i tuoi capelli. Perchè te
li sei tagliati così corti? Alle ragazzine non piace il
rocker con la
chioma fluente in cui incastrare le dita durante l’amplesso
della loro
fanfiction preferita? Gesù, questa realtà mi
ferisce. Non tanto quanto
mi ha ferito questa schifo di storia, ma comunque.
Cinque anni, per
l’esattezza. Il tempo che ho passato a domandarmi il senso
della tua
esistenza all’interno della mia non così evidente
anima e anche quello
in cui non ho trovato risposta. Ma sai che c’è?
Sei un macho man del
cazzo e neanche te ne sei accorto. Non te ne sei neanche accorto! Ti
rendi conto? Ah, giusto, no.
Be’, diciamo che l’intenzione primaria
era qualcosa di strappalacrime e di terribilmente convenzionale tipo,
sai, quelle letteracce d’addio in stile Sex and The City, un
po’ fancy
e un po’ grammaticalmente rotte. Ma non c’ho voglia
di fingere – di
nuovo – di essere qualcuno che non sono, quindi eccoci qui,
al punto in
cui ti attacchi al cazzo.
Sì, Musical.ly – Tik Tok – Man dei miei
stivali, so che questo genere di cose ti scoccia, ma “vai
tra”, ho
scoperto che le cose che devo dirti sono poche. La prima è
un sincero
grazie – e sono più che sicuro che non ti
interesserà sapere il motivo
di questo mio improvviso moto di gratitudine, quindi non
specificherò
quei pretesti morali che a te sono sempre mancati – e la
seconda è che
non mi mancherai.
No, cazzo, non mi mancherà la tua schifosa faccia
sempre uguale a se stessa e alla stampa in 3D dell’interno
del mio
cuore, capisci? No che non mi mancherà. Fanculo e no,
nessuna scusa se
te lo dico, ma vederti in ogni tramonto, in ogni canzone e in ogni
persona iniziava a diventare storia vecchia e mi stava rompendo i
coglioni che tu mi avevi già fatto cadere, quindi figurati
la
situazione.
E avrei voluto un sacco di cose che, ti conosco: non ti
interesseranno. Quindi quando mi toccherà pensarti
perché purtroppo la
mia testa funziona così, ogni tanto va in corto,
alzerò le spalle e mi
dirò che il bello dell'amore è il saperlo
utilizzare e che per imparare
i trucchi del mestiere ci vorranno ancora un paio di tentativi. Caro
amico, penso tu abbia capito dove io voglia andare a parare: sei stato
il mio primo tentativo.
Ancora mi chiedo come hai fatto a non
accorgertene. Sei così coglione come vuoi far sembrare a
tutti i costi?
O è la tua famiglia bigotta e conservatrice che ti impedisce
di aprire
gli occhi? È per questo che sei sempre stato un ragazzo
così tipico,
così ancorato a ideali più vecchi di te? Non
biasimo nè te nè Giorgia;
d'altronde io non ho mai parlato perchè avevo troppa paura
di perderti,
lei era concentrata sulla vita, e tu avevi i tuoi passatempi. Bei
passatempi.
Ma sai che altro c’è? Grazie di tutto;
più che altro
della realizzazione. Sappi che non ce l'ho con te, che ti voglio ancora
bene, ma che non tornerei indietro per nulla al mondo.
Spero che per te sia lo stesso. Sinceramente non tuo,
Andrea Scala.**
*E correremo finchè non faremo breccia.*
Giorgia apre la porta ed entra.
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