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43.
Forever
Girl
I'm out of my head over you
And
I lived so long believing all love is blind
But
everything about you is telling me this time
It's
forever, this time I know
And
there's no doubt in my mind
Forever,
until my life is through
Girl
I'll be loving you forever
[Forever
– Kiss]
25 luglio
2012, Las Vegas
L'espressione
di Camus non prometteva niente di buono: lo sguardo improvvisamente
assottigliato, gli occhi che saettavano rapidamente da lei a Milo, la
voce più
bassa di un paio d'ottave come faceva sempre, quando era sottosopra.
"No. Ti prego, dimmi che non
è
vero. Non dirmi che tu sapevi."
*
Il giorno
precedente...
"Hai
visto il bagno? Solo la vasca è grande quanto il nostro
letto."
Camus gettò un'occhiata oltre l'enorme parete di vetro, che
dava su un panorama
mozzafiato di Las Vegas. Più che New York, Las Vegas
meritava l'appellativo
della città che non dorme mai.
"Sì,
ed
è carente di privacy." borbottò.
"Siamo
al ventiduesimo piano e non siamo i Brangelina, a chi vuoi che
interessi una
coppia di francesi di passaggio?" ridacchiò Mei, mettendo in
carica il
cellulare sul comodino. "Io sto per mettermi un po' in ammollo nella
vasca
che ti ho accennato poco fa. Ti unisci a me o preferisci continuare a
lamentarti? E dai, siamo soli, godiamoci questa fortunata situazione
finché
possiamo... i bambini sono a casa, siamo nel tuo... beh, nel vostro
addio al
celibato, siamo negli USA... sciogliti un po', Mr
Freeze."
A essere del
tutto onesti, l'addio al celibato era di Milo, dal momento che lui non
era più
celibe da un bel pezzo.
"Però
le
tende le voglio chiuse."
In
corridoio,
Milo e Shaina erano appostati fuori dalla porta della stanza di Camus e
Mei,
esattamente accanto alla loro.
"Senti
qualcosa?!"
Shaina sospirò.
"Per l'amor del cielo Milo, siamo atterrati da poche ore, saranno
stanchi
morti, no? Lasciali stare."
Non udendo
alcun rumore provenire dall'interno, Milo decise di scribacchiare
qualcosa su
un biglietto, prima di infilarlo sotto la loro porta.
"Vedrai che risate, domani. Ceniamo? E magari torniamo anche noi a... riprenderci dal jet-lag in camera? E
niente scuse, ho comprato le aspirine in aeroporto."
*
"C'è
un
caldo asfissiante qui... sei assolutamente certa che il luogo
dell'appuntamento
sia questo?"
Mei ricontrollò il biglietto che quella mattina aveva
trovato sotto la porta della
loro camera, mentre Camus parcheggiava l'auto presa a noleggio;
avevano, con
suo sollievo, superato il lunghissimo boulevard sul quale si
affacciavano le famose
wedding chapels, per finire davanti
a
un altro edificio pregno del kitsch tipico di Las Vegas.
"Assolutamente è un parolone,
Cam. Non
sono pratica del posto." obiettò Mei, guardandosi intorno.
"Miei
Dèi, tutti questi neon mi fanno rimpiangere Pigalle."
borbottò Camus,
pigiando qualche tasto sul display del navigatore satellitare e
scoprendo che
sì, l'indirizzo era proprio quello. "Hai un'aspirina, o
qualcosa del
genere? Sento arrivare il mal di testa."
Mei frugò nella borsetta, porgendogli una bustina
orosolubile.
"È surreale ascoltare Puccini a Las Vegas."
commentò poi Camus,
massaggiandosi le tempie: dalle casse a lato della plancia, le note del
valzer
di Musetta.
"Certo
non è come essere al Metropolitan."
"Sì,
beh. Quale versione è? Quella con Maria Callas?"
"No. Non credo tu abbia mai ascoltato questa versione."
"Allora è quella soprano russa, come si chiama...?"
Mei alzò un sopracciglio, guardandolo in tralice e
interrompendolo con un gesto
secco della mano.
"Come no: le piacerebbe, a quella,
cantare come cantava mia madre." replicò, stizzita.
Camus
sgranò
gli occhi.
"Stiamo ascoltando tua madre?!"
"Sì. Mia madre non ha
mai, e
ripeto mai, sbagliato verso. E
soprattutto quando interpretava Tosca non ha mai rovinato l'eroina
pucciniana
facendola fluttuare nell'aria.
Aveva
la testa ben concentrata su quel che faceva, e lo faceva bene."
puntualizzò, con un moto d'orgoglio.
"Impressionante."
convenne Camus, poco dopo. Si guardò intorno, cercando un
minimo segno dei due
amici. "Ancora non capisco perché siamo qui, a essere
sincero, Chicago è
molto più a est di Las Vegas."
"Lo scopriremo quando arriveranno Milo e Shaina." replicò
pratica,
guardando fuori dal finestrino seguita da Camus, che si era sporto
verso di
lei.
"E pensare
che ho suggerito a Hyoga di venire qui a sposarsi... ma che bella idea
Camus,
complimenti."
Francamente non capiva come aveva potuto anche solo pensare
di mandare Hyoga e Freya a sposarsi in un posto del genere.
Un paio di coppie in abiti nuziali stava posando per le foto,
più in là un
figurante vestito da Elvis posava con un'altra coppia e non molto
distante, un
altro figurante stava fumando.
Assottigliò
lo sguardo, riconoscendo nel costume di quest'ultimo la figura di un
componente
di una certa band.
"Tesoro, quando Milo ti ha chiesto di infilare in valigia un certo tipo
di
abbigliamento, ti ha anche spiegato il motivo dietro quella richiesta?"
"No,
perché?"
"Perché ho un brutto presentimento." le rispose, componendo
il numero
di Milo sul cellulare.
"Occupato,
ovviamente. Putain."
"Ti stai
lasciando andare a un certo linguaggio, ultimamente, o sbaglio?"
"M'è
sfuggito, scusami. Milo riesce a mandarmi il sangue al cervello, a
volte."
"Beh, io
frequento la quarta casa eppure non parlo come uno scaricatore di
porto..."
ribatté Mei, spegnendo la radio non appena il cellulare di
Camus iniziò a
squillare. "...la cavalcata delle
Valkirie?!"
"È
una
lunga storia." abbozzò Camus, prima di rispondere. "Dove siete finiti?"
Dall'altra parte, Milo rispose dopo pochi squilli: in
sottofondo Mei
riconobbe una canzone dei Kiss e iniziò a canticchiare a
bassa voce seguendo le
parole del frontman.
"Voi, dove siete? Vi stiamo aspettando da un po'!" fu la replica di
Milo. Camus gli ripeté l'indirizzo del bigliettino e lui
annuì, richiamando
Shaina. "Aspettateci, usciamo noi: qui dentro c'è il rischio
di
perdersi!"
"Il posto è questo, loro sono già arrivati, hanno
detto di aspettarli
perché ci vengono incontro." la informò Camus,
riponendo il cellulare nella
tasca interna della giacca. "Che c'è?"
"Che c'entra Wagner con Milo?"
"Alcuni
contatti hanno una suoneria personalizzata, così riconosco
subito chi mi sta
chiamando."
"Sì,
ma
cosa c'entra un compositore tedesco con un greco?"
"La
danza di Zorba sarebbe stata troppo scontata, non credi?"
glissò Camus.
"Per non
contare il fatto che Milo ti avrebbe fatto lo scalpo senza alcuna
pietà. Ne
deduco quindi che ne ho una anche io?"
"Certo. Il tema di Darth Vader." le rispose, prima di scendere
dall'auto per aprirle la portiera.
"...e beh, sono soddisfazioni." sospirò Mei, provvedendo poi
a
controllare il trucco nello specchietto dell'auto. "Non pensavo che
questo
vestito fosse così scollato quando l'ho visto online. Non
che ci sia molto da
mostrare, a dir la verità... mamma mi ha lasciato in
eredità molte cose, ma non
il petto."
"Beh, a me piace così com'è." la
osservò Camus, gettando una lunga occhiata
nella scollatura in questione. "Sei bellissima, e ti sta molto bene."
Gli sorrise
in risposta, prima di intravedere una coppia appena dentro l'edificio:
lui
camicia rosso sangue sotto un completo scuro, lei in un abito a sirena
rosso e
nero, i capelli raccolti e un cerchietto con veletta davanti al volto.
"Oh
guarda quei due! Mi ricordano quella cantante italiana e il marito
tennista,
anche lei era vestita di rosso!"
"Chi, Loredana Bertè? No, aveva solo il velo, era Borg
quello vestito
completamente di rosso."
"Milo, li ho
trovati, eccoli
là!"
Camus
sgranò
gli occhi, riconoscendo Milo e Shaina nei due in abito scuro.
"No. Ti prego, dimmi che non è
vero. Non
dirmi che tu sapevi."
"Cosa?!"
Le mostrò un cartello, con le indicazioni per la Kiss Wedding Chapel, all'interno
dell'edificio.
"Ma dai,
è un posto così…volgare
per
sposarsi!"
Mei parve
realizzare in quel momento.
"Sposarsi?" ripeté. "Aspetta un attimo... Milo e Shaina si
sposano oggi?"
"Sorpresa!" esclamò Milo, alle sue spalle.
"Oddèi, allora è vero! Perché non mi
hai detto niente?"
"Perché altrimenti non sarebbe stata una sorpresa, ti pare?"
"Ma se
avessi detto qualcosa avremmo potuto organizzarci in maniera diversa,
fare
qualcos'altro... se avessi immaginato..."
"Mei, lo
apprezzo tantissimo, ma per noi è già tutto
perfetto così, voi due e basta. Avevo
anche pensato di truccarmi come Gene ai bei vecchi tempi della band, ma
ho
pensato che forse sarebbe stato un po' esagerato." ammise Milo.
"Ah, dici?" interloquì Camus. "È già
una bella sorpresa così,
fidati."
"Beh,
perché anche tu, in quanto testimone, avresti dovuto
truccarti. Per il bene tuo
e di Tommy Thayer, ho preferito evitare."
"E io te
ne sarò eternamente grato." Camus inarcò un
sopracciglio, prima di
guardare
Shaina, che in quel momento pareva totalmente diversa da ciò
che era abituato a
vedere. "Sì, tu ridi perché non hai idea del
guaio nel quale ti stai
cacciando."
Milo si
schiarì la voce, per attirare la loro attenzione.
"A dire
il vero le sorprese non sono finite affatto. Il dieci agosto, alla fine
di
questo viaggio, ritorneremo a Las Vegas per quello che è un
mio personale dono
di nozze per Mei: te l'avevo promesso anni fa, ricordi? Io e te saremmo
andati
a un concerto."
"Dimmi
che scherzi." disse Mei, portandosi le mani alla bocca, incredula.
Milo
estrasse
una busta dalla tasca interna della giacca, all'interno della quale
quattro
biglietti aspettavano solo di essere usati.
"L'undici
agosto noi quattro assisteremo alla tappa lasvegassiana dei Kiss, baby."
"Oh miei Dèi! Miei dèi!!" Mei iniziò a
saltellare sul posto, come una
bambina la mattina di Natale, prima di gettare le braccia al collo
dell'amico. "Dici
davvero? È da una vita che sogno di andare a un loro
concerto!!"
"Quindi
dovrò venire anche io? Accidenti, mi toccherà
ripassare il loro repertorio."
commentò Camus.
"Come mai mi sembri più entusiasta del concerto piuttosto
che del
matrimonio?" domandò Milo.
"Ma smettila, scemo." ridacchiò Mei.
"Shaina,
posso scambiare un paio di parole con te, per favore?"
Milo ridacchiò.
"Non riuscirai a farle cambiare idea!"
"Certo che no, sarebbe una battaglia persa in partenza, dato che ormai
è
irrecuperabile."
Si
allontanarono di qualche metro prima di parlare.
"Ti devo
delle scuse."
Shaina
corrugò la fronte.
"Non capisco."
"Io credo di sì." rispose Camus. "Per quello che ti dissi a
Monastiraki, qualche mese fa."
Fece mente
locale.
"Oh,
quello. L'avevo già dimenticato."
"Io no,
quando sbaglio lo riconosco." Camus allungò la mano verso di
lei, serio.
Shaina
guardò
la mano, quindi di nuovo Camus.
"Diciamo che sei protettivo verso le persone cui vuoi bene e che sotto
quell'apparenza altera e impassibile c'è comunque un uomo
che sa amare, anche
se ti da fastidio darlo a vedere." sorrise. "Milo è
fortunato ad
averti come amico."
Milo e Mei
guardavano i due, diversi metri più in là, con
aria interrogativa.
"Sai qualcosa che non so? Mi devo preoccupare?" chiese Milo.
"Conosci Camus, no? Qualunque cosa sia successa, a me non l'ha detta."
replicò Mei. "È più testardo di un
mulo."
Milo
sospirò:
lo conosceva eccome, non per niente erano migliori amici.
"Sì,
anche Shaina è cocciuta. Anche se si sopportano a malapena,
quei due hanno
qualcosa in comune, che a loro piaccia o no. Vorrà dire che
se dovesse riuscire
a farle cambiare idea, potremmo sempre scappare insieme. Che dici?"
Mei
ridacchiò.
"Non
credo funzionerebbe."
"Perché
no? Siamo scorpioni entrambi, sotto molti aspetti noi due ci capiamo al
volo, e
poi tra due scorpioni c'è una chimica molto forte."
"Il che
è senza dubbio positivo, ma fuori dal letto, ci scontreremmo
di continuo nel
tentativo di far capitolare l'altro." obiettò Mei. "Anche se
probabilmente, o diciamo sicuramente,
saresti tu a cedere."
Milo le
circondò le spalle, sogghignando.
"Continua a ripetertelo, cara." asserì. "Deve ancora nascere
la
persona in grado di sottomettermi."
Inspiegabilmente,
guardarono entrambi Shaina.
"Shaina
è ariete ascendente leone, giusto?"
"..."
"Beh, ci sarà un motivo se al Santuario è
soprannominata Tisifone, come una
delle Erinni. Deve ancora nascere,
dicevi?" ridacchiò
Mei, scoccandogli un'occhiata divertita. "Continua
a ripetertelo, caro."
"Ti odio
quando fai così."
"Perché
sai che ho ragione."
Camus e
Shaina tornarono da loro, il primo con uno sguardo interrogativo negli
occhi.
"Tutto
bene?"
"Oh
sì.
Io e Mei stavamo progettando di fuggire insieme." spiegò
Milo.
"Tsk...
me la riporteresti indietro dopo dieci minuti. Quindici, se vogliamo
essere
ottimisti."
"Perché
senza di me ti sentiresti perso."
La
cerimonia,
decisamente atipica, fu officiata da un figurante che impersonava Gene
Simmons,
in un'atmosfera profondamente rock: drappi neri sulle sedie, luci da
palcoscenico e numerosi altoparlanti a riprodurre le ballate romantiche
dei
Kiss.
"...avrei dovuto immaginarmelo, quando ha parlato di Las Vegas. In
effetti
tutto questo è da Milo." mormorò Camus, a
bassissima voce. "Non
riesco a immaginarmi questi due idioti a sposarsi come fanno tutti."
Sarebbe
stato
strano, a dirla tutta, vedere Shaina in abito bianco, in una cerimonia
come
quella di Marin e Aiolia.
"Noi scorpioni siamo anticonvenzionali, ormai dovresti saperlo."
"...a
proposito, mi devo aspettare sorprese di questo genere a settembre?"
Mei proruppe in un sorriso obliquo.
"No,
stai tranquillo."
"Con
voialtri c'è ben poco da star sereni." obiettò
Camus.
L'officiante
partì con le formule di rito, sciorinate imitando il tono di
voce del cantante,
quindi invitò i due sposi a proseguire con i voti nuziali.
"Cavolo,
non sono bravo con i discorsi..." balbettò Milo, sgranando
gli occhi.
"Cam, hai qualche suggerimento?!"
"Bravo,
proprio la persona giusta." commentò Mei.
"Direi
che forever è
già di per sé un ottimo
spunto." rispose l'interpellato, accennando alla canzone in sottofondo
in
quel momento.
"Hai
ragione, Cam. Grazie."
"Ma ti
pare." abbassò di nuovo la voce quando Milo tornò
a guardare Shaina. "Lo
conosco da una vita ma è la prima volta che non sa cosa
dire. E così osi
insinuare che non sono bravo con le parole."
"Sì,
ma
è una mancanza che compensi con altri talenti."
replicò Mei,
interrompendosi, distratta dalla voce di Milo, che stava canticchiando
seguendo le parole del cantante.
Camus
inarcò un sopracciglio.
"Sta cantando."
"È
romantico, dai."
"Oddio."
"Smettila!!"
"Per
onestà devo ammettere che mai, per nessuna ragione, mi
vedrai
fare una cosa del genere."
"No,
figurati. E chi si aspetta gesti romantici così, da te?"
scherzò Mei.
Poco dopo,
istintivamente, Camus cercò la sua mano per stringerla nella
propria.
"Stai
piangendo, monsieur non faccio
romanticherie." sussurrò Mei.
"...scusami."
sospirò, tamponandosi gli occhi con il fazzoletto.
"Il tuo
migliore amico si sta sposando, non puoi non commuoverti."
*
"Milo,
quando hai scelto il mezzo, hai controllato che fosse adatto alla
patente di
Mei?" domandò Camus, guardando l'enorme camper che li
aspettava nel
parcheggio.
"Certo, perché?"
"A me
sembra un bestione troppo difficile da manovrare."
"Grazie della fiducia, Cam." borbottò Mei. "Ho guidato anche
furgoni in vita mia, sai?"
"Converrai con me che camper e furgoni sono due mezzi totalmente
diversi
tra loro, eh. E beninteso, non sto mettendo in dubbio le tue
capacità..."
"...qualunque ma stia per
arrivare, tienilo per te, per favore. Mi stai mettendo ansia, e alla
soglia di
un viaggio da millemila chilometri, non va bene!"
Milo s'interpose tra i due.
"Cerchiamo di calmarci tutti quanti per goderci questi giorni. Quando
mai
ci ricapiterà un'avventura del genere, noi quattro insieme
senza figli, senza
obblighi e senza pensieri? Io dico di portare le chiappe su quel camper
e partire,
senza dire nient'altro: un domani, a Nikos, vorrò raccontare
bei ricordi, non
litigi. Coraggio, che se tutto va come prevede la tabella di marcia,
dovremmo
arrivare a St.Louis entro domani. "
"Non
riuscirò mai a capire come facciano gli statunitensi a
definire pizza questa cosa
immangiabile."
disse Shaina, quella sera, davanti alla deep
dish pizza che lei e Milo avevano preso a portar via. "Non
so se avete
mai mangiato una pizza in Italia, ma è tutt'altra cosa."
"A Napoli insieme a mia madre, quand'ero ragazzina." rispose Mei, che
alla pizza aveva preferito un kebab. "Quanto mi mancano quei giorni. Una sera dovremmo
organizzarci per una cena
in un vero locale italiano. Ne vale davvero la pena."
"Secondo
te perché certe cose le evito come la peste?" sorrise Camus.
"Uh,
prima che mi dimentichi, dato che per le prossime due settimane vivremo
tutti e
quattro in stretto contatto, credo sia giusto stabilire un paio di
regole per
la buona convivenza."
Milo
roteò
gli occhi.
"Oh Dèi, non è possibile, nemmeno in vacanza
riesce a rilassarsi..."
"Non iniziare a protestare, che l'ultima volta a New York è
stato un
incubo." rispose Camus, nello stesso momento.
"Esagerato."
"Esagerato un corno, se
raccontassi tutto, trascorreremmo i prossimi cinque giorni fermi in
quest'area
a parlarne."
Mei guardò i due, quindi ridacchiò.
"A proposito di voi due, qualcuno dovrà spiegarmi cosa
c'entra Wagner con
te."
Shaina corrugò la fronte, mentre Milo iniziava a ridere.
"Hai mai visto apocalypse now?"
domandò poco dopo, a Mei. Quando lei annuì,
continuò. "Quella scena
pazzesca con gli elicotteri che attaccano il villaggio dei vietcong,
dove il
colonnello ordina ai suoi uomini di sparare a tutto volume la cavalcata delle Valkirie? L'ho fatto
talmente arrabbiare durante
quel viaggio a New York, che una sera mi disse vorrei
essere su quegli elicotteri per spararti addosso."
Camus continuò a mangiare, ignorando le occhiate delle due
donne.
"Ma che perfido!" esclamò Mei. "Ma ti sembrano cose da
dire?"
"Ah, stai tranquilla, sono sicuro che l'ha detto solo perché
arrabbiato.
In realtà non lo pensa sul serio. Vero?" domandò
Milo. "…Cam, non lo
pensi davvero, eh?"
L'interpellato gli lanciò un'occhiata da dietro il suo
kebab, senza muovere un
muscolo.
"Camus,
ma perché non mi vuoi bene?"
Più
tardi,
Camus rientrò in tutta
fretta dal bagno, chiudendo rapidamente la porta a scomparsa che
divideva la
stanza da letto dal resto del camper: erano partiti appena quel
pomeriggio e un
paio di regole erano già state infrante.
"Cosa
c'è ancora?" domandò Mei, sentendolo sbuffare
appena, senza alzare lo
sguardo dal messaggino che stava inviando. Aveva già fatto
abbastanza polemiche
quel pomeriggio, quando si erano fermati in un Walmart per fare spesa e
aveva
commentato –del tutto a ragione– sulla presenza di
una corsia sulle armi da
fuoco quasi accanto alla corsia con l'abbigliamento infantile, per non
parlare
della critica alla corsia con il pane e una scelta di ciambelle e
muffins di
ogni genere.
Sinceramente non era sicura di poter sopportare altre lamentele.
"Devi usare il bagno?" volle invece sapere Camus.
"No, non ancora, perché?"
"Perché ti toccherà trattenerla, temo. Il resto
del camper sarà off-limits
per almeno mezz'ora."
Mei corrugò la fronte, quindi si accostò alla
porta, origliando quanto stava
accadendo.
"Oh. Questo addio al celibato ha
preso una piega inaspettata."
"Già.
Adesso siamo nella loro luna di miele."
"Shh!
Se noi sentiamo loro, sicuramente loro possono sentire noi. Lamentati a
voce
molto bassa."
"Figurati,
Milo disconnette udito e cervello quando gli fa comodo."
Restarono
in silenzio qualche secondo, decidendo poi di accendere la tv incassata
nella
parete.
"Che situazione imbarazzante." mormorò Camus, a bassa voce.
"Devono
festeggiare, dai."
"Beh, dovrebbero avere la maturità necessaria per tenere a
bada gli
istinti, soprattutto quando siamo in quattro a condividere uno spazio
così
ristretto e ci sono altre due persone a meno di dieci metri che
potrebbero
sentire. Anzi, no, eliminiamo il condizionale." borbottò
Camus.
"Certe voglie le ho anche io ma le tengo a bada."
Stava
per rispondergli con una battuta delle sue, ma preferì
tacere, limitandosi a
inarcare le sopracciglia.
"È
questione di rispetto, che diamine. E non fare quella faccia, quelle
voglie le
ho anche io, sebbene di solito non sia io a prendere l'iniziativa, su
questo
devo darti ragione."
"Eh, un po' d'intraprendenza e lascivia non ti farebbero male, sai,
come
all'isba lo scorso agosto, tanto per dire."
"..."
"Su,
cerca qualcosa da guardare."
Si
schiarì la voce, imbarazzato.
"Vediamo
cosa offre la tv stasera. America's Got Talent oppure... Hell's
Kitchen... o il
telefilm con Carrie Bradshaw."
Mei
diede una rapida occhiata, sbuffando.
"Che fai, giri il coltello nella piaga?"
"Vada
per Hell's Kitchen,
allora." Camus fece spallucce.
Mei
si mise a sedere sul
letto, scostando le tende dell'ampia finestra e notando un diner al di là della
superstrada che costeggiava l'area attrezzata
in cui avevano deciso di fermarsi per trascorrere la notte.
"Lo so che ti piace vedere Gordon Ramsay che s'imbestialisce con i
malcapitati di turno, ma potremmo andare a bere qualcosa in attesa che
la
situazione... come dire... si sgonfi."
"Ottima
scelta di parole, la tua." Camus si allungò verso la
finestra, guardando
il locale in lontananza: a occhio e croce una specie di ristorante
italiano, a
giudicare dal nome. Beh, sempre meglio di un fast food. "Siamo appena
in
Illinois, hai idea di quanto manca alla California? Se saremo costretti
a scendere
ogni volta che quei due di là daranno sfogo ai loro istinti,
o torniamo a casa
obesi o con la cirrosi epatica."
"...esagerato. Vuoi mica che succeda tutte le sere, no?"
"Dici? Io non ne sarei così sicura, fossi in te. D'accordo,
fammi mettere
qualcosa addosso." capitolò Camus. "Ah, per sapere, come
intendi scendere
da qui? Sgattaioliamo di là come se niente fosse o usciamo
dalla
finestra?"
"Beh,
se riesci a strizzarti in venti centimetri..." ribatté Mei,
chiudendo per
sicurezza la finestra in questione.
Si vestirono in fretta, cercando di raggiungere la porta del camper nel
più
breve tempo possibile.
"Non preoccuparti, le chiavi di riserva sono sul bancone, l'area
è video
sorvegliata e secondo google maps c'è una stazione di
polizia a mezzo
chilometro da qui." sussurrò Mei, chiudendo a chiave e
raggiungendolo,
qualche metro più in là. "Gli lascio un messaggio
whatsapp? Che c'è?"
"Neanche
su National Geographic ho ascoltato
grida di quel genere." rispose Camus, lanciando un'ultima occhiata al
camper. Si guardarono un attimo, prima di scoppiare a ridere, correndo
insieme
verso la sopraelevata che li avrebbe portati al diner.
"Chissà
quando ci capiterà di nuovo, di cenare noi due soli in un
locale che non sia ad
Atene o a Parigi." sospirò Mei. "Ammettilo, che comunque sei
contento
di essere qui."
"Sì, beh. Sai che a volte sono polemico, certe cose ho
bisogno di
carburarle." le rispose. "E così avevate in mente questo,
quando mesi
fa avete iniziato a organizzare l'addio al celibato... cioè
mi correggo, la luna di miele?"
Mei rubò una cucchiaiata di tiramisù dal piatto
di Camus, spingendo verso di
lui la propria torta di ricotta in un invito ad assaggiarla.
"Non proprio. Il matrimonio a Las Vegas e ciò che ne
consegue non erano
nei miei piani." ridacchiò. "Sai com'è,
imprevisti non calcolati.
Avevo anche pensato a un viaggio in transiberiana, ma ho scoperto che
l'hai già
affrontato due volte, quindi eccoci qui, quindici giorni attraverso gli
States."
Camus
sorrise, mentre i ricordi di quei due viaggi tornavano a galla, evocati
dalla
memoria: del primo, insieme al maestro Volya, ricordava poco, il
secondo,
affrontato insieme a Hyoga e Isaak poche settimane prima dell'incidente, aveva ricordi dai contorni
più nitidi.
"Quello
lascialo organizzare a me, per favore." sorrise, richiudendo i ricordi
al
sicuro. "Ho più esperienza di te in merito."
"Cosa,
la transiberiana?"
Annuì.
"Sì.
Voglio rifarla con te, e quando i bambini saranno grandi, porteremo
anche loro.
Novemiladuecentottantotto chilometri da Mosca a Vladivostok o potremmo
anche
pensare alla transmongolica e arrivare a Pechino via Ulan Bator. Adesso
che
esistono anche cabine con il letto da una piazza e mezza e il bagno
privato, è
un viaggio più confortevole di quelli che ho già
vissuto."
"Ci
vuole poco, a giudicare dai treni che ho visto in certi documentari."
sorrise Mei.
"Non farti condizionare dai racconti di viaggio di estranei.
Chissà che
non riesca ad organizzarlo già per le ferie del prossimo
anno."
Per lei
erano già tanti quindici giorni negli States, figurarsi
venti giorni per un
viaggio di quel genere; Camus però aveva parlato dell'anno
successivo, e i
bambini sarebbero stati più grandi e già svezzati
per l'epoca. Non lo
interruppe né lo disilluse, preferendo sorridergli di
rimando e spiluccare la
torta che aveva nel piatto.
Un
trillo sul cellulare di Camus, un messaggio di Milo che domandava loro
dove
accidenti fossero finiti.
"Forse dovremmo lasciare la camera da letto a loro e noi prendere il
letto
sulla cabina di guida." propose Mei, attirando immediatamente la sua
attenzione.
"A parte le mie vertigini, dovremmo dormire nelle lenzuola in cui si
sono
appena rotolati? Nemmeno per sogno."
"Va
bene, era solo un suggerimento. Comunque una volta Lixue ha bagnato il
letto,
quando eravamo ancora al Goro-Ho, ma ho pulito tutto e dopo ci ho
dormito
tranquillamente." iniziò Mei, finendo con l'essere
interrotta.
"Ascolta, un conto è la pipì di nostra figlia, un
altro sono quei due. Per
quanto voglia bene a Milo, ci sono limiti che non si possono valicare
per
nessun motivo." obiettò Camus. "Neanche per amicizia."
Mei
sorrise.
"Come si vede che non hai mai trascorso una notte al Goro-Ho durante la
maturità sessuale di Shiryu."
La
guardò, con un'occhiata disgustata.
"Per
favore, vorrei evitare di avere incubi stanotte." le rispose, facendola
ridere. "Dai, prendiamo qualcosa per la colazione di domani e torniamo
dai
due sposini."
"Non
abbiamo già abbastanza cibo per il viaggio?"
"Quelle
schifezze che Milo ha insistito per comprare da Walmart, io, non le
mangio." puntualizzò Camus, alzandosi. "Ci tengo alle mie
arterie."
Inarcò
le sopracciglia, guardandolo di traverso e allungando una mano
–a tradimento-
alla sua tasca dei jeans sottraendogli qualcosa.
"Giusto,
allora iniziamo col gettare via queste." disse, mentre lui di riflesso
toccava
la tasca vuota, protestando. "Se cerchi il portafogli ti ricordo che
l'hai
dato a me prima di uscire. Dunque, frolla o riccia, la sfogliatella?"
Milo
guardò ancora una volta fuori, scostando le tende dal
parabrezza senza vedere
neanche l'ombra dei due amici.
"...secondo me sono usciti per colpa nostra." esordì Shaina
porgendogli una tazza di caffè. Nella piccola camera aveva
trovato il pigiama
di Mei gettato in maniera disordinata sul letto disfatto, insieme a un
libro e
quella che sembrava una confezione di tappi per le orecchie: dovevano
essere
usciti d'improvviso, forse mentre loro due erano nel pieno dell'azione.
"Ma
no, figurati." minimizzò Milo. Beh, conoscendo Camus poteva
anche darsi,
in effetti.
"Okay,
ma la prossima volta cerchiamo di non fare troppo rumore."
Le
rivolse un sorrisino obliquo, prima di bere qualche sorso.
"Tu cerca di non fare troppo
rumore."
"Scemo."
"L'astuccio,
Mei."
"Di quale astuccio
parli?"
Corrugò
la fronte, riconoscendo poi i due amici nei due che, fuori dal camper,
stavano
parlando in un francese per lui ancora troppo fitto.
"Ridammelo,
dai."
"Costringimi."
"Sono
loro?" mormorò Shaina.
"No, non
è in borsa,
mi spiace. Perquisiscimi se vuoi e ti prego, fai un lavoro accurato."
Milo
aprì la porta, sorprendendoli: lui impegnato a farle il
solletico mentre la
bloccava a sé, lei in preda alla ridarella con un involto in
equilibrio
precario in mano.
"Mi farai cadere le
sfogliatelle!"
"Ah
no, queste bisogna salvarle." annuì Milo, afferrando
l'involto e
lasciandoli alle loro beghe.
"Come
sarebbe a dire, vedi una donzella in difficoltà e non
l'aiuti?"
"Donzelle?
Io non vedo donzelle." rispose Milo.
"Traditore. Mi arrendo! Basta, mi arrendo!"
"Ci
dispiace se vi siete sentiti obbligati a uscire, se
succederà di nuovo
cercheremo di fare molto meno rumore." si scusò Shaina, una
volta saliti a
bordo anche Camus e Mei.
Quest'ultima
fece finta di non capire.
"La mia Lonely Planet indicava quel locale italiano come il migliore
della
zona, ho convinto Camus a uscire per provare il loro
tiramisù." spiegò,
allegra. "Perché?"
Shaina
e Milo si scambiarono un'occhiata.
"Ah,
okay. Allora niente, come non detto. A domattina, buonanotte!"
"A
voi." replicò Camus.
"Le
tue capacità diplomatiche stanno facendo passi da gigante, i
miei
complimenti." sussurrò poco dopo, rigirandosi l'astuccio
porta sigarette
tra le dita. "Che c'è?"
"Lo
capisci da te, vero, che è un controsenso pensare al
colesterolo di un paio di ciambelle
glassate ma allo stesso tempo fumare?"
"Parli come se fumassi venti sigarette al giorno, ne fumo una ogni
tanto."
"Ecco,
questa è una delle classiche scuse che usate voi fumatori.
Sono seria. Una ogni
tanto o venti al giorno, non fa differenza: ogni sigaretta è
un chiodo per la
bara."
"...Mei..."
"Cosa
credi? Che prima o poi arrivi Lucifero e si porti via tutto il catrame
dai tuoi
polmoni dopo averti ficcato le mani nel petto?"
"Che
cosa?!" le rispose, sbigottito, non afferrando la citazione.
"Ti
ricordo che a casa ci sono quattro bambini che hanno bisogno di te. Io ho bisogno di te. Se non vuoi pensare
a me, okay, d'accordo, ma a loro quattro dovresti pensarci. Non
sprecare la
vita che ti ha ridato Zeus, perché non ce ne sarà
un'altra. Buonanotte, Camus."
Poche
ore dopo, Milo scese dal letto con i vestiti in mano, trovando Mei
già sveglia.
"Sapevo
che oggi ci sarebbe stata la luna piena, ma non mi aspettavo di vederla
già di
prima mattina..."
"Ehm...
ciao, Mei. Già in piedi?"
"Ciao
Milo. Come sarebbe? Sono le otto, per me è già
tardi." sorrise quest'ultima,
apparecchiando il tavolo per colazione e concedendo all'amico il tempo
necessario per coprirsi.
Saltellando
su un piede in equilibrio precario, Milo s'affrettò a
infilarsi slip e jeans.
"In quanto a buone maniere faccio pena, ma là sopra
è tanto difficile
rivestirsi quanto è facile spogliarsi." abbozzò a
mò di scusa. "È già
tanto aver preso le cose giuste anziché il tanga di
Shaina..."
"Ah,
non preoccuparti, ci vorrebbe ben altro per mettermi in imbarazzo,
certo non è
la prima volta che vedo un uomo. Anche se in tanga no, non mi
è ancora
successo." ridacchiò Mei.
"Potrei
vomitare." commentò Camus, uscendo dalla camera e
infilandosi in bagno.
"Certo,
c'è chi può permetterselo e chi no. Io posso."
Milo alzò la voce per farsi sentire, quindi la
riabbassò di nuovo. "Per quel che
può servire, credo
che tu abbia ragione su tutta la linea."
Mei
corrugò
la fronte.
"Di che parli?"
Milo si grattò la testa, imbarazzato.
"Vi ho
inavvertitamente ascoltati, ieri sera."
"Ci vuole poco ad ascoltarci a vicenda, dal momento che le pareti tra
un
locale e l'altro non sono di mattoni."
"Te l'avevo
detto che ieri sera sono usciti per colpa nostra..."
interloquì Shaina.
"Guarda che avevo davvero intenzione di provare quel locale."
mentì
abilmente, stupendosi di quanto fosse diventata brava, con le bugie,
seppur a
fin di bene. "E il loro tiramisù, detto tra noi, era
squisito, con i
savoiardi intinti nel caffè e non nel rhum o in
chissà quale schifezza
estrapolata dalle ricette made in Usa. Se proprio devo trovare qualcosa
che mi
ha dato fastidio ieri sera, è l'aver ordinato una torta al
posto del tiramisù
in questione."
"Perciò
non ci avete sentito mentre...?" insisté Shaina.
Mei ci pensò su un attimo, indecisa se mentire o no. Ma in
tal caso, neanche la
sua più riuscita bugia sarebbe servita a qualcosa.
"...a tal proposito dovresti insegnarmi qualche trucchetto
perché il mio
non ha mai urlato in quel modo." le sfuggì, obbligando Milo
a schiarirsi
la voce, la mano a coprirsi gli occhi.
"Athiná
mou..."
"Dai,
siamo tutti adulti e vaccinati qui." ridacchiò Mei. "E poi,
se non
posso fare le battutacce oscene con voi, con chi dovrei farle, con
Shunrei? Per
carità del cielo, l'ultima cosa che voglio è
sentir parlare mia cognata di come
si comporta mio fratello a letto."
"Perché,
è già successo?" intervenne Camus, sedendosi
accanto a lei. La vide
rabbrividire, ricordando certe frasi della cognata. "Lo prendo per un
sì."
"Ma non
pretenderai mica che si comporti da monaco, no?"
Mei roteò gli occhi.
"Non ho
detto questo, ma è mio fratello, a nessuno piace ascoltare
certe cose riguardo
il ragazzo al quale hai persino cambiato i pannolini e dato il biberon."
"Beh, ma dovresti pensare al fatto che adesso è un uomo,
Mei, non è più il
bambino al quale davi la pappa. È cresciuto e ha certe
esigenze, come tutti."
continuò Milo.
"Una
parte di lui per me sarà sempre il bambino col quale ho
giocato e il ragazzo
che con me ha condiviso tante cose. Non capisci che non è la
sua maturità che
mi dà fastidio, ma i dettagli intimi.
L'ultima volta ho impiegato settimane a non pensare alla sua posizione
preferita quando parlavo con lui. Fa sesso? Ottimo, buon per lui, tutti
lo
facciamo, ma un conto è ascoltare dettagli su un amico, un
altro è sul sangue
del tuo sangue: se andassi da lui e gli parlassi della mia vita
sessuale,
Shiryu mi direbbe ma che schifo! e
ti
dirò, non avrebbe tutti i torti."
Milo ci pensò su un attimo, mentre beveva il suo
caffè.
"A te da
fastidio quando parlo di certi argomenti?" domandò quindi a
Camus.
"Andiamo,
Milo, non puoi paragonare le due situazioni, non siete fratelli."
sospirò
Shaina.
"Lascialo rispondere."
L'interessato impiegò più tempo del normale per
vuotare la sua tazza di tè, nel
tentativo di evitare la domanda.
"D'accordo,
io ne parlo più spesso di te e spesso devo cavarti le parole
di bocca,
ma..."
"Io non scendo mai nei dettagli perché sono cose troppo
private."
rispose infine Camus.
"...e perché conoscendoti, diventeresti rosso pomodoro."
sghignazzò
Milo.
"Vogliamo
rimetterci in movimento, visto che dobbiamo arrivare in Kansas e in
Oklahoma
oggi?" ribatté l'altro punto sul vivo, alzandosi da tavola.
"Ecco, appunto."
Più
tardi
quella sera, Hyoga sistemò il tablet sul supporto, prima di
avviare Skype e
attendere una risposta; dall'altra parte, dopo circa un paio di minuti
d'attesa,
rispose Mei.
"Ciao. Camus non
può rispondere, sta
aiutando Milo a ritirare le moto. Se ti da fastidio aspettare, ti
consiglio di
richiamare più tardi."
"Aspetto,
non ho
fretta. Volevo dirti che per la sorpresa è tutto a posto,
Kirill e gli altri
sono stati informati e sono tutti lieti di aiutarti. Anche il vestito
è pronto
e volevo sapere se va tutto bene, dove siete..."
Shaina, con i capelli umidi raccolti in un mollettone, le
andò in aiuto
rispondendo a Hyoga.
"Ciao, Hyoga, tutto bene, siamo partiti
da poche ore ma siamo fermi in Kansas e ci siamo lasciati l'Illinois e
il
Missouri alle spalle. Praticamente abbiamo incontrato l'unico giorno di
pioggia
di questo periodo e i due baldi uomini che ci accompagnano stanno
ritirando le
moto perché l'acquazzone è pazzesco, senti? Roba
da non crederci."
Sentiva
chiaramente il rumore della pioggia battente sul tetto del camper,
accompagnato
dalle voci attutite di Milo e Camus.
"La
solita sfortuna eh?" ridacchiò, intravedendo dei movimenti
alle spalle di
Shaina.
"Che tempo del cavolo. Non piove
mai, e quando decide di farlo? Quando noi siamo qui." si
stava
lagnando Milo.
"Guarda che in
Kansas piove
regolarmente, siamo solo stati sfortunati." sentì
Camus subito dopo. Entrò nel suo
campo visivo pochi secondi dopo: bagnato fino alle ossa con i capelli
appiccicati alla testa e i vestiti che grondavano acqua.
"Ehilà."
li salutò, agitando le mani.
Camus si avvicinò subito al computer, con un gran sorriso
sulle labbra, mentre
Mei dispiegava sulle loro teste fradice due asciugamani.
"Privjet! Come
state? E i
bambini?"
"Shunrei
ha messo a dormire i piccoli, Lixue invece è più
testarda e insiste per stare
ancora un po' sveglia, qui sono le ventuno e trenta e per ora va tutto
bene. La
sedia a dondolo entrata nel Guinness dei primati l'avete vista?"
"Vista e fotografata, ovviamente."
s'intromise Milo. "Che ti stai
perdendo! Adoro questo viaggio, anche se, ad essere sincero, a furia di
stare
su quella sella ho un gran male al culo."
Hyoga
scoppiò
a ridere, accorgendosi tardi della presenza di Lixue alle sue spalle;
presenza
che invece non sfuggì a Camus, che rivolse all'amico uno
sguardo di brace.
"Scusatelo, il premio Nobel per la
Finezza oggi è un tantino su di giri."
"Oddio
quanto mi mancate." rise Hyoga poco dopo.
A parte
poche
altre manifestazioni climatiche avverse, il foro di una gomma e una
mezza
indigestione di Milo, il resto del viaggio proseguì quasi
senza intoppi:
riuscirono ad arrivare a Santa Monica con un giorno d'anticipo,
approfittando
di quelle ore in più per girare un po'.
Persino il
concerto, nonostante i brutti presentimenti di Camus, filò
liscio come l'olio.
**
"Finalmente!
Quasi dimenticavo le vostre facce." sorrise Shura, incrociandoli
davanti
alla prima casa, intenti a scaricare le valigie dall'auto di Milo.
"Com'è
andato il viaggio?"
Camus rispose alla stretta dell'amico, prima di rispondergli.
"Prova
tu a farti Milano – Atene in economica, con le ginocchia che
quasi toccano la
gola, dopo Los Angeles – Milano in premium."
borbottò. "Fortuna che è
durato solo due ore e mezza."
"Shura!
Ciao, amico!" interloquì Milo, con la voce roca.
"Come
mai questa voce? Che vi è successo?"
"Concerto dei Kiss, tre sere fa... la voce ancora non ci è
tornata."
spiegò Mei.
"E avete
portato anche Camus? Ah sì, avrei proprio voluto vederlo!"
"Non ho
mai detto che i Kiss non mi piacciono, solo che non sono un pazzo
esaltato come
quei tre." rispose l'interessato. "La nota positiva è che
almeno
hanno un buon motivo per stare un po' zitti."
"Nota
più che positiva, direi." convenne Shura. "Vi fermerete
ancora o
partirete?"
"Prendiamo i bambini e torniamo a casa, a parte la licenza matrimoniale
del mese prossimo, io ho esaurito le ferie e Mei ha alcune faccende da
portare
a termine." rispose Camus, seguendolo poi lungo le scale, fino ad
arrivare
a destinazione.
Più
tardi,
mentre Lixue era intenta a guardare le foto del viaggio, Mei si
precipitò in
bagno.
"Non
vedevo l'ora di farmi una doccia." sospirò Camus,
stiracchiandosi.
"Ho ancora male alle gambe, non hai idea. Che c'è?"
"Dovresti portarmi all'ottava casa con una certa urgenza."
"Okay,
lasciami indossare qualcosa, prima. Cos'è successo?!"
Mei
indicò il
neonato che portava in braccio.
"Fedra
ha scambiato i bambini, questo è Nikos, non Milo."
Camus
s'avvicinò, allungando le braccia per prendere il bambino.
"Ma
guarda chi c'è!" sorrise.
"Eh no,
adesso è il mio turno, in ospedale non mi ci hai neanche
fatto
avvicinare." protestò Mei. "Noto con piacere che delle
ancelle del
santuario c'è proprio da fidarsi, se non riescono a
distinguere un bambino
occidentale da uno con evidenti tratti orientali. Passi una delle
ragazze
giovani, ma Fedra dovrebbe essere in grado di notare la differenza."
"…con
gli occhi chiusi si somigliano molto però." disse Camus.
"Se non
fosse per la carnagione color mozzarella di mio figlio rispetto a
quella caffelatte
di Nikos."
"…beh
un
errore capita a tutti, dai."
Mei inarcò un sopracciglio.
"Per fortuna quelle ragazze non lavorano in ostetricia o scambierebbero
neonati e genitori di continuo."
Quando
comparvero all'ottava casa, Milo andò loro incontro.
"Stavamo
per venire da voi, Fedra ci ha dato il vostro Milo al posto di Nikos."
"Da cosa
te ne sei accorto, dal vago aspetto orientale di mio figlio?"
scherzò
Camus.
"No. Dal
suo appetito, s'è scolato un intero biberon nel giro di
pochi minuti: in questo
assomiglia molto a me." rispose Milo, allungando le mani verso il
figlio.
"Uhm,
devo proprio?" protestò Mei, stringendo al petto Nikos e
lasciandogli un
lungo bacio sulla fronte prima di restituirlo agli amici. "Ringraziando
il
cielo Milo ha un buon appetito, a quasi tre mesi ha la costituzione di
un
bambino di uno e mezzo. Vieni amore mio, saluta gli zii, torniamo a
casa."
***
Lady
Aquaria's corner:
–Il titolo si riferisce all'omonimo brano dei Kiss.
–Mr.Freeze è un nomignolo scelto non a caso:
deriva dal personaggio omonimo
della DC Comics, interpretato da Arnold Schwarzenegger in Batman
& Robin
(quello con Clooney, per intenderci).
–Tommy
Thayer
è il chitarrista dei Kiss (ruolo "ereditato" da Ace
Frehley); la sua
maschera è quella de The Spaceman, l'uomo dello spazio.
–No,
la
pessima performance della soprano che ha inaugurato la stagione
teatrale
2019/2020 alla Scala lo scorso dicembre, non l'ho digerita.
–Le
scuse di
Camus si riferiscono a questa
drabble, della raccolta "Love her
all i can".
–La
citazione
di Mei riguardo Lucifero e il catrame nei polmoni è tratta
dal film Constantine
(del 2005).
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