L'ex cucciolo umano era strano... Fischiettava mentre le versava la
pappa, ma non sembrava un fischiettare allegro.
Da quando, il giorno prima, l'invasore femmina si era presentato, era
irrequieto. Forse temeva che si ripresentasse. -Mwrooo.- “Se
ritorna, Kunoichi si occuperà di cacciarla.” la
benevola e nobile Kunoichi rassicurò il debole umano, la
volta precedente non si era ritirata... si era solo ricordata di avere
altro da fare, ovviamente...
-Non hai molta fame... Qualcosa che non va?- l'umano le
grattò il mento con un'espressione preoccupata,
sembrò meno sospettoso quando lei si mise col muso sulla
ciotola. L'umano cominciò a canticchiare a voce bassa.
-Cerco un centro di gravità permanente... che non mi faccia
mai cambiare idea, sulle cose... e sulla gente... na nanna na...-
finì di cantare e sospirò. -Senza cambiamento non
c'è vita, tutto scorre... Però sarebbe
bello avere almeno qualche punto di rifermento, sai?- l'umano
intrecciò le dita fra i capelli con fare rassegnato mentre
Kunoichi osservava. -Ah scusa... non ti senti tranquilla a mangiare se
ti fisso... Beh, non ti frego i croccantini, tranquilla.- sorrise e si
allontanò.
Harold non poteva più fidarsi delle sue percezioni, ormai.
Se, qualche giorno prima, l'idea anche solo di vedere Leshawna lo
mandava nel panico, ora non gliene fregava più niente... La
fuga della ragazza lo aveva reso “leggermente”
instabile... La sua mente era vittima di fastidiosi sciami sismici. Non
poteva costruirsi delle idee, farsi i conti e cercare di capire cosa lo
faceva stare male, cosa gli era d'aiuto e cosa era importante, che la
sua mente avrebbe tremato distruggendo e mutando tutto. In particolare
quando si addormentava era certo che l'indomani, qualunque cosa avesse
pensato il giorno prima, sarebbe stata invalidata... il suo cervello
approfittava del sonno per modificare tutto senza che lui potesse avere
alcun controllo.
Quando era riuscito a confessarsi con la sorella, lei aveva cercato di
essere positiva. Secondo la donna, stava riordinando le sue
priorità e si stava adattando alla situazione...
“Non sono io! Non lo sto facendo io!” aveva urlato
internamente, ma non gli andava di sentire discorsi sull'illusione del
libero arbitrio di cui era perfettamente a conoscenza ma che non
avevano mai pesato tanto su di lui come quei giorni.
Non voleva che le cose che aveva considerato fondamentali perdessero
completamente ogni valore e sentiva di essere preso in giro quando
diventava apatico a qualcosa che un momento prima lo disturbava o
spaventava.
Stava perdendo pezzi e nulla aveva più senso. Era solo un
burattino che subiva emozioni negative e disconnesse senza una
logica... sopratutto ora che non doveva essere più
preoccupato per Leshawna e il bambino, visto che sapeva dove si
trovavano.
Ma provare dolore era rassicurante in un certo senso... quando smetteva
di essere triste prevalentemente provava il nulla... provare qualcosa,
anche se spiacevole, era comunque una sensazione migliore di non
sentire niente... sentire dolore voleva dire essere vivo, dispiacersi
significava essere in grado di attribuire valore a qualcosa.
Forse se si trovava in quello stato d'animo doveva evitare di prendere
decisioni come coabitare con il fattore scatenante della situazione. Ma
si era presentata proprio quando era riuscito a concentrarsi abbastanza
da formulare quel piano, quel tempismo sembrava significare qualcosa...
Se si era temporaneamente trasferito da Celia per aiutare con Riff e la
casa era assurdo non attuare lo stesso comportamento con Leshawna, era
suo dovere e non voleva essere assente come suo padre, nonostante non
avesse mai sofferto della sua mancanza... forse...
Alla fine tenersi occupato preoccupandosi di aiutare qualcun altro era
un vantaggio per il suo umore, in teoria... ma c'era un altro fattore
che aveva metabolizzato solo qualche ora dopo che Leshawna se ne era
andata... Credeva di star diventando apatico alla sua presenza, ma
l'essere abbracciato gli aveva provocato un dolore intenso... Si era
spaventato all'inizio, ma forse, se dosata, la vicinanza della ragazza
gli avrebbe impedito di perdere le emozioni. Il dolore era solo un
piccolo prezzo da pagare.
Probabilmente anche quella trovata avrebbe perso la sua efficacia dopo
poco, ma era troppo eccitato dall'aver trovato una specie di soluzione
per pensarci seriamente.
Celia aveva provato a spiegargli che non stava perdendo le proprie
emozioni, ma soffrendo di depressione e c'era una causa. Era convinta
che si sarebbe trattato di un semplice fenomeno passeggero, non doveva
essere così spaventato.
Ma Harold sentiva che se non avesse fatto niente per prendere
controllo della situazione tutto sarebbe degenerato...
-Harold, possiamo parlare?- fece un uomo dai capelli scuri e gli occhi
grigi.
-Arthur?- Harold squadrò perplesso il marito della sorella.
-Ok... di cosa vorresti parlarmi?- Sentiva puzza dello
zampino di sua sorella...
-Allora, per quanto riguarda il tuo progetto di tornare a vivere con
Leshawna...-
-Non torneremo una coppia.- specificò sulla difensiva.
-Si, ok...- sospirò l'uomo. -Ma non pensi che sarebbe meglio
se vi facesse una nuova vita per conto vos...-
-E' incinta.- l'ho interruppe.
-Già, ma hai pensato all'influenza che avrà
l'avere una coinquilina fissa sulla tua vita privata?-
-E' incinta...- ripetè il ragazzo. Arthur sperava che la
diminuzione della velocità nella risposta fosse un segnale
buono. -E non sono positivo sulle probabilità di trovarmi
un'altra ragazza, non mi interessa nemmeno.- se il suo interlocutore
fosse stato Celia, non l'avrebbe scampata visto che la mancanza di
interesse rientrava nella depressione, non era una reale
argomentazione. -Lei invece non è particolarmente
compatibile con le relazioni stabili. Per questo è sempre
tornata con me, non per altro... Rimanevo disponibile indipendentemente
dal suo comportamento scostante.- disse con amarezza.
-Ah, ma siete giovanissimi.- ricordò Artur divertito,
terribile strategia... -Capirei la tua scelta se foste una coppia sulla
mezza età, ma per due ragazzini...- peggiorava di frase in
frase, ma sembrava preso dal proprio discorso. -Capisco che
è la tua prima ragazza e siete stati in una situazione da
tira e molla per anni. Alla tua età è
comprensibile che l'idea di essere indissolubilmente legato a qualcuno
sia consolante, ma non è applicabile alla realtà
e...-
-Non. È. Questo.- lo interruppe scandendo con chiarezza ed
esasperazione le parole. -Il. Motivo... Che! Diamine! C'entra?!- Arthur
indietreggiò un po' confuso.
-Vaaa bene!- in scena entrò Celia, portandosi Arthur da
parte, mentre il fratellino li inceneriva con lo sguardo. -Che diavolo
fai? Ti avevo chiesto di parlargli da uomo a uomo, non di buttare la
cosa in un “tu ragazzino, con motivazioni infantili, ora ti
spiego io”!- sussurrò Celia con voce rauca,
esprimere un urlo mantenendo bassa la voce era un martirio per la gola.
-Ma... è vero...- rispose ingenuamente Arthur. -E' troppo
giovane per optare per una coabitazione con una ex... dovrebbero
staccarsi...-
-La verità ha un'importanza relativa, moolto relativa, in
diplomazia.- gli fece notare.
-Guardate che vi sento...- sussurrò Harold apparendo alle
loro spalle. -E non sono uno spettro. Non è colpa mia se so
essere particolarmente silenzioso.- sospirò con una punta di
orgoglio vedendoli sussultare. -Potreste farmi almeno provare a vedere
se questa cosa funziona, per favore? Vorrei essere presente come padre
e magari avere una coinquilina a cui non sono sentimentalmente legato
potrebbe essere positivo. Se poi sarà un problema per la
nostra vita privata, si vedrà...-
-Eh... quindi tu saresti capace di separarti completamente dal punto di
vista sentimentale da Leshawna e conviverci comunque... eh?- chiese
scettica.
-Sottovaluti la mia capacità di razionalizzare.- sorrise
fiducioso. Celia non si convinse, sarebbe stato più facile
se lui stesso non l'avesse messa al corrente del suo stato emotivo e se
le sue doti attoriali non fossero state così altalenanti.
-Beh... suppongo che trattenerti contro la tua volontà
sarebbe sequestro di persona... lo è?-
-Lo è.-
-Lo è, amore!- confermò Arthur, allegro. Harold
starnutì... forse era diventato allergico alle coppie.
-Ok... ma se dovesse presentarsi qualunque problema, fatti consigliare
e non esitare a tornare sui tuoi passi.- gli disse severa.
-Potrai controllare il mio stato quando vorrai, del resto
continuerò a farti da baby sitter per un po'...-
-Bravo fratellino, ma... quand'è che torni a studiare? Devi
sbrigarti...-
-Posso farlo anche mentre bado a Riff, non è un grosso
problema.- la rassicurò.
-Tesoro, potresti lasciarci soli?- chiese Celia al marito facendo
prudere il naso del fratello.
“Dai, non posso essere allergico anche a questo,
ora!”
Arthur si avviò verso la porta non proprio dispiaciuto.
-Comunque...- si fermò un attimo. -Se ci fosse qualche
problema, potremo ospitarti di nuovo.- sorrise. Harold si
sentì un po' in imbarazzo, in fondo era un uomo molto
gentile, si era sbagliato ad essere così diffidente e
paranoico nei suoi confronti. -Sei praticamente un figlio, ormai.-
Celia sgranò gli occhi castani colmi d'orrore e raggiunse
l'uomo.
-Perchè?!-
-Beh... lui e tuo padre non vanno d'amore e d'accordo così
ho pensato...-
-Ha ventidue anni, non dodici! Non è granchè per
un ventiduenne sentirsi trattato come un bambino e sei troppo giovane
per essere una figura paterna!-
-Ah... 'Lia, non ho proprio idea di come gestirlo un ragazzino
problematico...- sospirò rassegnato l'uomo.
-Pff... E' una fortuna che abbiate ancora tempo prima che Riff diventi
adolescente.- disse Harold ridendo con le lacrime. Era inutile, la
cucina era troppo piccola per parlare in privato. -S-scusate... il mio
umore è un po' strano ultimamente...- balbettò
ridendo e piangendo. -Non c'entrano gli ormoni della gravidanza,
finitela con questa battuta!- li guardò male preventivamente.
-Non avevo ancora detto niente... perchè fa
così?- sospirò Arthur.
-E'... timido...- gli disse Celia.
-...Timido?-
-Non sono timido!-
-Beh, le persone timide non sono sempre tenerelle...-
-Oh, lo so bene.- Le sorrise Arthur. Celia si sentì un po'
troppo osservata.
Una volta andato Arthur, passò un bicchiere d'acqua al
ragazzo per quietarlo un po'.
-Non mi veniva da piangere.- cercò di controllare il respiro
mentre la donna lo osservava con sospetto. -Non capisco cosa mi sia
successo.- forse non dandogli importanza sarebbe apparso meno strano,
del resto poteva capitare di ridere e piangere incontrollabilmente.
-Somigli un po' alla mamma, sai.-
-La mamma non ha mai pianto...- obbiettò Harold, Celia si
limitò a sorridergli dolcemente. Poi guardando Kunoichi
rimasta ad osservarli disse:
-Non prenderà bene che tu voglia lasciarla qui, anche se
temporaneamente.- Harold guardò preoccupato la
gatta. -Potresti portartela...- gli suggerì -Il toxoplasma
lo potrebbe prendere mangiando carne cruda e infetta mentre Kunoichi
non caccia da anni...-
-Mi ha portato un uccellino morto solo ieri. Non posso sapere se
mangiucchia animaletti, se si limita a ucciderli per gioco o a
regalarmeli...-
-Ah... forse dovremmo farle fare dei controlli... Ma per essere
contagiata da Kunoichi, Leshawna dovrebbe perlomeno entrare in contatto
con le sue feci, basta che sia tu ad occuparti della lettiera.-
-Beh, dubito che Leshawna muoia dalla voglia di pulirla... ma, non
so...- sospirò Harold accovacciandosi di fronte Kunoichi.
-Ehi, Kunoichi... non mi farai come Argo, vero?- chiese Harold
carezzandole la testa.
-A Leshawna restano sei mesi di gravidanza, mentre Ulisse rimase per
mare decenni... Non è un paragone appropriato, rilassati...
Kunoichi è più in salute di me a momenti- gli
pose una mano sulla spalla.
Il tragitto in macchina si stava rivelando più naturale del
previsto, ma forse, la causa era che Harold si sentiva male. Era tutto
molto più facile se era vulnerabile. Leshawna si
sentì un po' in colpa a fare quella considerazione.
Cominciava a fare freddo e non sapeva se poteva effettivamente aiutarlo
con la nausea, anche se ne era convinto, ma... -Puoi aprire il
finestrino.- gli disse. Vide nello specchietto che il ragazzo
chinò leggermente il capo per ringraziare. -E' la mia
impressione o il tuo mal d'auto sta peggiorando?-
-Non ci sono più abituato, sono settimane che riesco a
evitare queste scatole infernali...- si giustificò. -Te lo
avevo detto che potevo venire in bici, non c'era bisogno che mi venissi
a prendere...-
-Uhm...- l'idea di una persona maldestra come Harold in bici in mezzo
alle macchine non le piaceva affatto... ma era anche vero che lei
stessa aveva dei brutti trascorsi con le bici quindi guardava la
situazione con più apprensione.
Non aveva mai voluto una bici, la prima che aveva provato l'aveva
rubata a dieci anni da un idiota che infastidiva sua cugina. Dopo
diverse cadute si era vendicata sulla bicicletta, buttandola
giù da una scarpata.
Il secondo incontro ravvicinato con la temibile bicicletta era stato
quando una fulva squilibrata con cui andava a scuola le aveva offerto
un passaggio sul mezzo... a scuola non erano mai arrivate. La pazzoide
le aveva fatte sfrecciare fra le macchine in contro senso. Non
contenta, Izzy, si era diretta fuori dalla città ed aveva
cominciato a fare slalom fra gli alberi di un boschetto, alla fine si
erano impantanate in una palude. Probabilmente una delle ore peggiori
della giovane vita di Leshawna. “La palude c'era... mi chiedo
cosa mi ha trattenuta dall'ucciderla e nascondere in
corpo...” scherzi a parte, era stata troppo traumatizzata per
infuriarsi con Izzy in quella situazione. -E' normale che alle donne
incinta venga spesso in mente l'omicidio?- chiese a voce alta. Harold
la guardò con sospetto.
-Aspetta almeno che ti abbia vomitato in macchina prima di fantasticare
di uccidermi.-
-In realtà sei forse l'unico che può dirsi al
sicuro dalle mie fantasie omicide, sai?- scherzò Leshawna.
-Oh... grazie, credo?- mormorò Harold. -Strano, ricordo
diverse tue minacce alle superiori...- disse quasi con nostalgia, forse
la nausea lo rendeva davvero poco lucido.
-Erano perchè mi mettevi un po' in imbarazzo alle volte...-
-Il o la fortunata delle tue fantasie omicide, comunque?- chiede
incuriosito.
-Izzy...-
-Pff...-
-Cosa c'è di divertente?-
-E' che eravate inseparabili... certo che attrai persone strane...-
Leshawna si chiedeva se si stesse riferendo anche a se stesso.
-Sì... mi sembrava abbastanza attratta da te nonostante il
tuo mal sopportarla...-
-Ti senti meglio?-
-Più o meno...-
-Senti... non sono affari miei ma è passata dal tuo
appartamento una poliziotta...-
-La tua spasimante? Non ci provare, era li per tue notizie, io non ho
fatto nulla...- rise debolmente.
-Ah... neanche il fattore gravidanza e fuga la scoraggiano?-
sospirò -Ma è passato anche un vecchio
sospetto... non puzzava ma aveva un'aria disordinata e agitata, credo
fosse un drogato e voleva entrare per forza... ma tranquillo, l'ho
messo in fuga.- disse contenta del suo operato.
-Ah...- Harold ci mise un po' per ricollegare. -Non è un
drogato... almeno che io sappia... era solo agitato perchè
non capiva chi fossi e perchè ti trovassi là.
Sì, mi ha raccontato che l'hai minacciato con una pistola.
È una fortuna che abbia deciso di chiamare me prima che la
polizia.- disse quasi allegro mentre l'immagine della ragazza
nello specchietto appariva confusa. -Giusto, era mio padre...-
-Doveva comparire proprio ora?!- esclamò
imbarazzata. -Poteva spiegarsi invece di fare il sospetto... comunque
quanti anni ha?-
Harold ci pensò -Fra i sessantotto e settanta credo... ha
una decina di anni più di mia madre... Dal mio punto di
vista sono i tuoi genitori ad essere particolarmente giovani... tua
madre... aveva la tua età se non sbaglio, quando sei
nata...- era ovvio, ma Leshawna si sentì un po' a disaggio.
-La pistola era finta, vero?- chiese Harold con apparente leggerezza.
-...Tranquillo, la restituirò a mio padre al più
presto.- rispose con naturalezza.
Harold si tenette la testa -Potresti cercare un posto dove fermarti?
Ho... bisogno d'aria...-
Fortunatamente la strada non era affollata. Harold si
accovacciò rivolto a un cespuglio mezzo secco.
-Devi rovesciare?- chiese Leshawna raccogliendogli preventivamente i
capelli. Harold mosse la testa come avesse avvertito una scossa.
Fortunatamente la ragazza non stava stringendo, così i
filamenti rossi le sfuggirono con facilità dalle dita.
-Sembra di no, ma grazie...- rispose senza guardarla.
-Sono più corti...- riflettè ad alta voce.
-Abbastanza...- disse voltandosi, evitando movimenti bruschi. -Prima mi
arrivavano diversi centimetri sotto le spalle...- in quel momento le
toccavano appena. -Non hai molta attenzione per i dettagli.- sorrise
leggermente.
-Beh... li avrai accorciati mentre ero via quindi, non vedendoti per
diverso tempo non ho fatto caso al cambiamento.-
-Non hai neanche pensato che quel vecchio catorcio era mio.- disse
indicandole l'auto. -In realtà devo ringraziarti per averlo
rubato. Mi hai dato una scusa per non usare più la
macchina... è stato bello finchè è
durato...-
-Eh... le chiavi le avevo sempre io, guidavo quasi sempre io, quindi...
N-non intendevo rubarti l'auto è che non ho proprio
riflettuto sul fatto che fosse tua... del resto non ho riflettuto molto
quel giorno...- disse imbarazzata. -Per quello che vale, mi spiace per
tutto...- sospirò.
Harold stava studiando la sua espressione. -Ti spiace per come mi hai
lasciato o anche per...- mormorò -Niente. Mi sono ripreso...
Andiamo?- si alzò e si diresse alla macchina.
Prima di entrare nel condominio, Harold, rimase qualche momento col
braccio appoggiato al muro e la testa sopra di esso, aveva barcollato
un po' uscito dalla macchina.
-Forse sei tu a dover fare qualche controllo... mi sembri meno in forma
del solito...- gli disse avvicinando una mano.
Harold voltò leggermente la testa verso di lei -Non
è che di norma io sia...- sospirò e non
continuò.
-Non ho problemi col fatto che tu sia debole.- disse diretta.
Harold le sorrise debolmente. Non le piaceva che lo vedesse in quel
modo... del resto, chi vorrebbe essere considerato debole? Alcune
persone avrebbero odiato anche solo il fatto di essere guardati in un
momento di debolezza... “Ma per me... è
confortante sapere di avere qualcuno vicino quando sei in
difficoltà... anche se non fa nulla... anche se è
solo una presenza... Io... voglio che rimanga vicino a me... L-lo
voglio?” arrossì e tornò a guardare al
muro.
-Harold? Ehi... non è che ti è venuta pure la
febbre ora?-
Il ragazzo strinse le labbra infastidito. Guardò verso il
basso. -Che fai qua? Non è un po' tardi per essere ancora in
giro? Beh, spero che tu abbia compiuto il tuo obbiettivo...-
-Stai... stai anche delirando?- seguendo lo sguardo del ragazzo vide
che stava parlando ad una farfalla bianca che si muoveva appena.
“E' un insetto... non un cagnolino... perchè ci
parli?” Forse per lui non era così differente,
effettivamente Harold aveva avuto diversi insetti come animali
domestici... delle formiche rosse, qualche mantide, una lumachina che
secondo lui le somigliava e che non avrebbe voluto fosse chiamata
insetto... una volta si era messo ad allevare bruchi per poi liberarli
quando diventavano farfalle. L'ultima volta era andata male e da
qualche bozzolo erano uscite delle vespe che avevano parassitato i
bruchi e si erano nutrite dei poveracci mentre stavano dentro il
bozzolo. Ci rimase davvero male, ma si riprese dopo qualche giorno.
“Alla fine le vespe non sono cattive... lo fanno per
sopravvivere... beh, neanche quei poveri bruchi lo erano...”
le aveva detto. “Però sono contento per Derzio,
anche se era diventato una crisalide da poco, si muoveva molto poco
rispetto ai fratelli... temevo che non sarebbe riuscito a terminare la
metamorfosi o sarebbe uscito inadatto alla sopravvivenza, invece ne
è uscita davvero una splendida farfalla...”
Leshawna non sapeva neanche che le crisalidi si potessero muovere,
invece quando Harold le aveva posizionate si erano messe a
“scodinzolare” come dannate.
-Ti porto in un bel posto...- disse mentre raccoglieva con attenzione
la farfalla. Leshawna lo guardò interrogativa. -Voglio
metterlo in un vaso... del terriccio con le piante mi sembra un luogo
piacevole dove trascorrere gli ultimi momenti per un insetto...-
Leshawna rimaneva sempre un po' perplessa per i ragionamenti
sentimentali di Harold, avevano sempre cozzato con l'essere un genietto
fissato con scienza e matematica dal suo punto di vista.
In ascensore il ragazzo riprese a parlare -Giusto... stai lontana dagli
escrementi dei gatti randagi...-
-Eh?-
-Uhm... forse sarebbe meglio che stessi lontana dai randagi in
generale...-
-Cosa farei senza di te! Starei già a collezionare cacche e
accarezzare cani con la rabbia e tante malattie!- rispose infastidita.
-...Mi spiace.- disse e tornò con l'attenzione alle proprie
mani messe a coppa per la farfalla. -In alcune culture le farfalle
vengono viste come spiriti... cosa ne pensavano quando morivano o
venivano uccise? È così facile uccidere uno
spirito? Gli spiriti muoiono?- riflettè di punto in bianco.
-Beh, gli antichi non sono mai stati molto razionali.- la ragazza
sorrise bonariamente. -Anche tu non sei così razionale a
volte... con tutte le tue credenze varie.-
-No...- disse Harold davanti la porta di casa. -Non c'è
niente al di fuori della materia... il corpo umano è solo
una macchina e le sensazioni sono frutto di reazioni chimiche...- disse
vuoto. Conosceva la biologia anche prima, ma in quel momento, sentire
il proprio cervello come difettoso rendeva quella realtà
esclusivamente fisica più tangibile. “Siamo il
nostro cervello... se viene danneggiato anche la personalità
della persona può cambiare, non si scappa... se il cervello
muore la persona muore, non esiste l'anima. Nulla si crea e nulla si
distrugge? Certo... infatti il nostro materiale organico si
decomporrà e andrà a fare parte di altri
organismi e della terra, ma noi come entità... cessiamo di
esistere...” il pavimentò sembrava tremare, ma
osservando Leshawna capì che non tremava davvero, il suo
corpo gli stava giocando un brutto scherzo di nuovo... a volte poteva
percepire il sangue scorrere su e giù per le gambe, il corpo
pulsare... quando si manifestava, questa nuova
ipersensibilità gli dava l'impressione che tutto intorno a
lui tremasse, la situazione peggiorava quando era a letto...
“Non è colpa tua... sono io così debole
da essermi lasciato danneggiare, ma mi riprenderò
vedrai...” pensò come se stesse sfidando qualcuno,
non sapeva neanche lui chi. Lei lo studiava silenziosamente.
Era dispiaciuta... non era mai stata credente, li prendeva anche in
giro, tanto per... senza cattiveria... prendeva bonariamente in giro
pure Harold, con tutte le sue idee spirituali anche se indipendenti da
una vera e propria religione. Ma... gli dispiaceva sentirlo parlare in
quel modo... non ci credeva lei, ma gli faceva piacere che almeno lui
potesse credere a qualcosa e si mettesse a punzecchiarla quando non era
rispettosa verso qualche credo.
-Eh... apriresti la porta?- chiese Harold risvegliando entrambi dai
propri pensieri. -Ho le mani occupate...-
Angolo dell'au...
Harold: Prima le note; Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si... Dunque:
-Ad essere canticchiata è la canzone “Centro di
gravità permanente” di Battiato.
-Il toxoplasma gondii è un microrganismo che causa la
toxoplasmosi. In un soggetto sano, solitamente non si manifestano i
sintomi o si manifestano come semplici sintomi influenzali. Ma
è pericolosa per soggetti debilitati e donne incinta potendo
causare; aborto, morte del feto, malformazioni e lesioni cerebrali.
Nonostante abbia procurato una brutta fama ai gatti, le
probabilità che l'infezione venga trasmessa tramite gli
escrementi di un gatto domestico è bassa.
-L'autrice precisa che è agnostica, neutra sia sui credenti
che sugli atei. La penultima parte è concentrata sulle
percezioni di una persona con l'umore depresso non devono essere prese
come un giudizio contrario alla spiritualità o qualcosa del
genere. In realtà anche una persona tranquillissima
può pensare in modo materialista, non c'è nulla
di male, l'importante è non imporre il proprio pensiero agli
altri e... l'acqua è bagnata. Ma... è una
precisazione necessaria?
Anown: Non ne ho davvero la minima idea... ma per sicurezza, sempre
meglio mettere le mani avanti.
Angolo dell'autrice:
Descrivere stati d'animo irrazionali è difficile... spero
non risulti tutto troppo strano, confuso e/o noioso.
Come al solito, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, spero che la
storia vi stia piacendo.
A presto!
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