Che
ci crediate o no, siamo arrivati alla
fine.
Sì,
anche io pensavo che sarebbe stata un po’più
lunga, però oggi ho avuto l’ispirazione per
scrivere questo, e questo è :’D …
ciò non toglie che, da buona disgraziata, un giorno possa
trovarmi ad
aggiungere altri capitoli mettendoli prima di questo
(l’ultimo), ma al momento
finisce così, con più domande che risposte.
Grazie a coloro che hanno
apprezzato questa storia e buona lettura :)
Circa
Il
giorno stava cedendo il posto
alla sera, era da solo in casa e le sue valigie erano pronte. Non aveva
preso
troppe cose, solo quel che c’era in alcune parti del suo
armadio.
“Io
non dovrei essere qui”.
L’intera
Prion era in fermento
ed era anche più popolata del solito: era in corso una
festività in onore della
nascita della loro colonia, tutti i minicon sparsi per il cosmo erano
tornati a
casa. Quella dei prioniani una razza che teneva molto alle proprie
radici, non c’era
minicon che si sarebbe perso la festa, nemmeno quelli che provavano
meno
attaccamento verso la loro terra d’origine.
“Io
non dovrei essere qui”.
Fin
dal mattino era stato
perseguitato da quella sensazione, ma aveva cercato di ignorarla e
godersi la festa
insieme Nickel.
“Nickel…”
Bustin
guardò il tappeto viola
peloso ai piedi del letto, il comodino della sua compagna e le poche
cose
essenziali che c’erano sopra, in contrasto con il numero di
statuine di vetro
colorato che sempre lei aveva messo su una serie di mensole;
osservò gli
ologrammi delle loro fotografie, di
bei
momenti insieme ne avevano passati tanti, dunque erano tante anche le
foto, e
lui aveva nei suoi dispositivi personali la copia di ognuna di esse.
“Nickel,
io…”
Tempi
simili non sarebbero
tornati mai più: c’era solo una Nickel il tutto
l’Universo, e lui la stava
abbandonando. Si era allontanato con una scusa mentre lei era ancora
alla
festa, lei gli aveva detto “A dopo”…
peccato che per loro non ci sarebbe stato
un “dopo”, non era un “A dopo”,
era un addio.
Abbassò
lo sguardo.
“Mi
dispiace”.
Era
da un mese a quella parte
che aveva iniziato a pensare che forse portare avanti la loro relazione
non era
una buona idea.
Non
perché avesse smesso di
provare dei sentimenti per lei, forse non sarebbe riuscito a sradicarli
nemmeno
se avesse voluto e se ci avesse provato: magari Nickel non era stata il
suo
primo interesse verso l’altro sesso, ma era stata
l’unica per cui avesse
provato qualcosa di vero, o anche più di
“qualcosa”. Prima di lei non aveva mai
pensato di esserne in grado, non gli era mai successo.
“Non
posso darti quello che
vuoi. Non me la sento di fare il padre, non sarebbe ancora tempo in
ogni caso
e, anche se lo fosse, mettendomi una mano sulla coscienza non potrei
comunque
dirti di sì”.
Più
volte si era espresso a
sfavore del mettere su famiglia quando era venuto fuori
l’argomento, lei però
non demordeva, infatti era tornata alla carica anche poche ore prima.
Da un
lato riusciva anche a capirla: era cresciuta circondata
dall’affetto di una
famiglia, a Prion metterne su una era la normalità, lei ora
aveva una carriera
avviata, avevano una casa grande, una relazione stabile…
probabilmente credeva
che lui dicesse di no per paura. Non era precisamente così
ma era una di quelle
cose che sarebbe stato molto difficile spiegarle.
Forse
avrebbe dovuto metterla
una volta per tutte davanti a una scelta precisa: scegliere di restare
con lui
sapendo che però non avrebbero avuto figli o scegliere di
andare ognuno per la
sua strada. La seconda scelta avrebbe fatto male a tutti e due, tanto
che Bustin
non sapeva quale risposta sarebbe stato più egoistico
sperare di ricevere, e-
“Io non dovrei
essere qui”.
Forse
avrebbe dovuto parlarle
prima che quel pensiero iniziasse a pungolarlo, perché ormai
era troppo tardi.
Lui
non avrebbe dovuto essere
lì.
Riflettere
sul da farsi in tutto
l’ultimo mese, il pensiero urgente che fosse tempo di
andarsene via proprio il
giorno in cui avrebbe avuto più tempo e miglior modo di
farlo senza che, nel
caos della festa, non ci si badasse granché, non subito
almeno: evidentemente
era destino.
Sul
suo datapad giunse la
conferma che il trasferimento di proprietà della casa -con
tutto quel che
conteneva- da lui a Nickel aveva avuto successo.
“Ti
lascio, ma non ti lascio
senza casa”.
Lei
non avrebbe meritato di
essere abbandonata in quel modo, avrebbe quantomeno avuto il diritto di
poter
dire la sua: desiderio di figli a parte, che poi era la ragione per cui
lui
stava letteralmente fuggendo, era
stata la miglior compagna che avesse mai -e avrebbe mai- potuto sperare
di
avere al proprio fianco. Bustin si stava comportando da carogna e lo
sapeva
benissimo, quindi aveva pensato che il minimo che potesse fare era
darle una
buonuscita, che in verità a parer suo restava sempre poco.
Nickel
vrebbe potuto tenere la
loro casa o venderla, quella decisione sarebbe spettata a lei; in ogni
caso
riusciva già a immaginare che l’opzione scelta
sarebbe stata la seconda e che sarebbe
riuscita a ricavare molti shanix coi quali avrebbe potuto comprare
un’altra casa
dove voleva, o quattro più piccole allo stesso prezzo,
magari affittandone tre e
mettendosi ancor più “a posto” di quanto
fosse col lavoro da medico.
“Ti
ringrazio per tutto quello
che mi hai dato, è molto più di quanto potrai mai
immaginare. Non lo
dimenticherò. Se solo certe cose fossero state diverse,
io…”
Carico
di valigie, Bustin uscì
sul balcone e prese il volo.
“Addio”.
***
«Bustin?
Sei qui a casa?... no,
non c’è… comincio a preoccuparmi, ormai
è sparito da qualche ora» borbottò
Nickel, abbastanza allarmata, girovagando in casa e non trovando
nessuno.
Il
suo fidanzato sembrava essere
scomparso dalla faccia di Prion senza lasciare traccia, era sera e
nessuno
aveva la più pallida idea di dove fosse finito, nessuno
l’aveva visto, nessuno
sapeva niente.
“Forse
è già tornato alla festa.
O forse potrebbe essere lì…”
.::
Poco al di fuori di Prion, tempo addietro
::.
«Che
posto… curioso».
«“Curioso”?
Non “in rovina”,
abbandonato, disastrato?»
Appena
oltre il confine di
Prion, nascosta da ammassi di rocce e piante tecnorganiche,
c’era quel che
rimaneva di una casa. Lei non era un’appassionata di
architettura ma non
serviva un occhio allenato per notare che lo stile di quelle rovine era
diverso
rispetto a quello usato in quel periodo o qualche decina di vorn prima,
vagamente
simile ma ben più antico. Edifici così vecchi
dentro Prion non ne aveva mai
visti, neppure quelli con una particolare valenza storica.
«Sì,
senza dubbio è anche tutto
questo che hai detto, però è come
se…» si strinse nelle spalle e si
massaggiò
le braccia «Non è la prima volta che mi porti in
angoli sconosciuti di Prion e
solitamente li apprezzo, ma questo posto mi dà sensazioni
che non capisco».
«Buone
o cattive?»
«Non
le capisco bene, te l’ho
detto» ripeté Nickel continuando a guardarsi
attorno.
Oltre
che antica quella doveva
essere stata una casa grande, forse anche bella. Le strutture
sopravvissute a…
qualunque cosa fosse successa -Nickel non riusciva a capire se qualcosa
fosse
precipitato lì sopra o piuttosto se qualcosa fosse uscito da
sotto, o se fosse
esploso, facendo poi collassare tutto- suggerivano almeno quattro
piani, bei
colonnati e alti soffitti. Una larga scalinata consumata dal tempo era
stata
risparmiata dal disastro, ma il buio che riusciva a intravedere nei
punti in
cui i piani superiori non erano crollati non la invogliava troppo ad
approfondire l’esplorazione, nonostante la
curiosità che provava e che restava comunque
innegabile. Trovava anche curioso il modo in cui le piante
tecnorganiche
circondavano la casa ma, allo stesso tempo, non si fossero
riappropriate del
terreno su cui era stata costruita. Non c’era neppure un
piccolo arbusto in
mezzo alle rovine, c’erano solo polvere e calcinacci.
«Provo
come una sensazione di…
non so, familiarità? Il che è assurdo,
perché io qui non ci sono mai stata»
continuò Nickel «E allo stesso tempo mi sento
inquieta come se ci fosse
qualcosa di strano, o di pericoloso, o tutti e due».
«Non
c’è niente che possa farti
del male qui dentro» disse Bustin «Tra i vari
angoli sperduti di Prion, o Prion
e dintorni in questo caso, credo sia quello che preferisco! Se non
fosse per la
lontananza verrei qui più spesso. Capita che in alcuni tipi
di caos ci sia un
tipo di pace che è introvabile in qualsiasi altro
posto».
«Se
lo dici tu. Quindi posso
essere sicura che non mi porterai in punti dove rischia di crollarmi
qualcosa
in testa?» domandò la minicon, guardandosi
attorno.
«Puoi
stare tranquilla,
Nanetta».
«Conosci
bene questo posto?»
chiese poi lei, avvicinandosi alla scalinata «Quanto tempo fa
l’hai trovato?»
«Abbastanza,
però non saprei
darti una data precisa. Ricordo solo che ci sono finito
perché avevo sentito
dei vecchi che ne parlavano, e sai come sono fatto quando si tratta di
certe
cose» rispose Bustin, facendo spallucce «Per il
resto, posso dire che lo
conosco bene quasi come conosco casa mia. O meglio, casa
nostra» sorrise «Sono
davvero contento di averti lì».
Nickel
sorrise a sua volta.
Tutto
sommato quei piani
superiori bui non sembravano più così pericolosi,
se era possibile avrebbe
anche potuto salire su a vederli, avendo lui vicino.
.::
Prion, casa di Nickel e Bustin, ora
::.
“Nei
posti che frequenta
abitualmente non c’era, nei posti
‘sperduti’ più vicini che mi ha mostrato
non
c’era, il datapad è muto e in quel posto fatica ad
arrivare il segnale, se ci arriva,
l’ho visto quando mi ci ha
portata. Certo, non so per quale ragione avrebbe dovuto andarci, ma
dove altro
potrei cercarlo?” pensò Nickel, decisa a non
arrendersi “Forse gli è successo
qualcosa, non lo so, quando si è allontanato si comportava
come suo solito…”
Pensò
perfino che forse fosse
tornato in mezzo alla calca e la stesse cercando come lei lo cercava,
ma una
cosa simile avrebbe mantenuto inspiegabile il datapad muto. Si stava
preoccupando sempre di più, il livello di ansia aveva
raggiunto un picco non da
poco, al punto che si ripromise di prenderlo a botte con un cacciavite
appena l’avesse
ritrovato e avesse verificato che stava bene.
Sarebbe
andata a cercarlo tra le
rovine di quella casa, aveva deciso.
***
Prion
venne distrutta quella
stessa sera.
Aver
deciso di raggiungere le
rovine ed essersi infilata quanto più profondamente
possibile nei sotterranei
semi distrutti della casa fu una salvezza e una condanna per Nickel:
ebbe salva
la vita e, allo stesso tempo, la maledizione di ricordare.
Ricordare
i volti felici della
sua famiglia e dei suoi amici durante la festa, ricordare la sua casa e
tutto
quel che aveva perso, ricordare un saluto che per colpa di
un’organizzazione
anti mecha era diventato un addio.
Ricordare
di essere rimasta la
sola prioniana in vita di tutto l’Universo.
Circa.
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