Rimbalzo capitolo 8
Questa
fanfiction riapre ufficialmente i battenti: non prometto una data di
pubblicazione regolare dei capitoli, ma vi assicuro che ci saranno
tutti quanti, dal primo all'ultimo.
Mentre sto preparando il nono capitolo gli altri saranno
progressivamente revisionati e ripuliti da eventuali errori o aspetti
problematici per la storia e il suo sviluppo sino a un finale che spero
sia degno.
Ringrazio chiunque si fermerà a leggere, ringrazio chi
recensirà o chi vorrà salvare la mia storia in
modo da rimanere aggiornato e chi mi ha tenuto fra gli autori preferiti
fino ad ora.
Il rumore ripetitivo delle rotaie, dei meccanismi del treno
e dell’aria attorno alla carrozza che sfreccia, cullano la
mente dei due vincitori
svuotandola da ogni pensiero troppo impegnativo, ma la
frenata… quello stridore
si aggrappa ai loro nervi come sgradevole monito.
Katniss tenta di fare mente locale: un discorso e poi il pranzo? La
voce di
Effie le risuona nella testa mentre ne rievoca le parole.
Effie avrebbe scritto loro qualche cosa di molto stereotipato e poco
sentito, probabilmente.
Tutti quei nomi sono a lei completamente sconosciuti, forse per Cato
potevano
essere facce più famigliari, di sicuro qualcuno avrebbe
potuto parlargli dei
vincitori precedenti e proporglieli, era un ambiente decisamente
più suo che da
figlia di minatori e erboristi.
Sospira e tenta di produrre un pensiero coerente dopo essersi alzata.
“E’ ora di scendere”.
Progressi zero, eh?
Cato la guarda, lo sa..
Tengono le loro mani ben strette. Ingenuità, purezza,
solidità erano le parole
che dovevano trasmettere anche in quel momento particolare.
Katniss realizza di non avere idea dell’argomento di cui
avrebbe dovuto parlare e che non aveva ricevuto alcuna indicazione di
un
programma oltre quel pranzo che pare oltretutto improvvisato.
“Hey… perché non
c’è un programma che va oltre il party?”
domanda con la
gola stretta da una morsa ben conosciuta all'unico Vincitore del 12
prima di lei.
L’uomo la guarda per qualche istante mentre camminano lungo
la banchina per
raggiungere il Distretto Tre, le sopracciglia ispide modellate in un
vago
disinteresse per tutto quanto lo circonda.
“Perché non c’è”.
Anche Cato sente quelle parole che pesano come macigni sul suo petto:
Mietitura
anticipata significava zero allenamento, zero contatti con le famiglie,
zero
comunicazione se non qualsiasi cosa si sarebbe potuta dire durante
quella
ridicola festicciola e ora ne ha la conferma definitiva, ma deve essere
concentrato sul suo obiettivo.
Aveva ben impresso un nome nella mente: Odair.
All’Accademia gliene hanno spesso fatto menzione, giravano voci
-girano sempre voci su chi vince- ma di lui si sapeva che era in
possesso di
segreti, di …conoscenze.
“Attenta a Odair” dice solo il biondo”
sul serio, non è uno che va preso
sottogamba”.
Devono condividere informazioni, è la sola speranza che
hanno di sopravvivere
in quel tempo sempre più contratto che veniva loro strappato
di mano un
brandello alla volta.
“Conosci i Vincitori?”
“Meglio di te sicuramente” risponde aspro il
giovane mentre venivano vestiti e
truccati per l’ennesima volta “non sono persone da
sottovalutare, sono stati
vicini alla Capitale per tanto, specie Odair, da quello che si
sa”.
Katniss emette un gemito di protesta all’ennesima depilazione
delle sue nocche
assolutamente non richiesta e per la spazzola che le disciplina i ricci
scuri.
E’ vero: lui li conosce sicuramente meglio perciò
deve digerire quel rospo e
ascoltare.
“Cosa facciamo quando saranno
nell’Arena?” chiese Katniss dando voce al suo
timore più grande” mieteranno la gente e in una
manciata di ore, ma … i
Vincitori mi preoccupano ugualmente”.
“Fai bene a preoccuparti, splendore” si inserisce
Haymitch ancora odoroso di
alcool scadente “non hanno vinto con la simpatia, ma con il
cervello e vi valuteranno
come vermi sull’amo e no, non sarà per nulla
piacevole specie con quelli che
arriveranno dai primi distretti”.
La ragazza deglutisce a vuoto e stringe i pugni.
“Ok… di cosa dovremo parlare qui al Tre?
”chiede.
Cato è pronto ad annotare mentalmente le risposte che sente,
sa
che il suo ruolo può cominciare ora, davvero, fuori
dall’Arena e sarebbe
stato un percorso non piacevole.
Effie porge loro dei cartoncini.
“Il valore degli Hunger Games, di come fortificano le
famiglie” rispose la
Trinkett “e dei caduti, ne han radunato le famiglie e altri
per un pubblico”.
Di nuovo la morte che bussa alla porta.
Cato sente un momento mancargli la terra sotto i piedi: deve parlare di
nuovo
di Clove.
Katniss sente la presa alla gola rinsaldarsi: ancora nessuno le fa
incontrare
la sua famiglia,Snow la terrà lontano, è
certamente un piano per vendicarsi, renderla
impotente.
Si guarda con Cato, due paia di occhi foschi si incontravano in un muto
scambio
di informazioni, conclusioni erratiche su troppe informazioni che si
rincorrono da una discussione all'altra.
Il palco arriva sotto i loro piedi, per quanto erano distanti dalla
realtà in
quel momento, la folla giunge loro come un ovattato ronzio di vespe.
Sono circondati da Pacificatori, di certo non era un pubblico
spontaneo, il
loro ed è difficile guardarli negli occhi:
c’è troppa gente radunata lì da
diverse aree per mantenere una impressione di normalità, ci
sono perfino delle persone del
distretto di Faccia di Volpe, persone che appaiono a lei del tutto
ignote, ma ammassate lì in silenzio con gli occhi vuoti e i
visi incavati.
Non riconosce nessuno da casa.
Forse il non sapere è la cosa che più logora,
più del tempo che passa.
La Ragazza in Fiamme vomita, più che pronunciare le parole
del foglietto che ha
in mano.
-non sapevo- -non ho mai voluto- - il sangue dei vostri
fratelli renderà più
fertile questa bella terr…-
Non riesce a finire la frase, le sue parole sfumano in un
mormorio
indistinto, atono e le sue pupille si sgranano quando una donna in
mezzo alla
piazza, una donna dal viso mal squadrato, bionda, dagli abiti lerci,
prende un respiro
e gonfia le guance.
La bocca si muove prima perfino del cervello.
“SIGNORA MELLARK NO!” .
Le note risuonano ancora.
Il nome le esce spontaneo, non avrebbe mai potuto dimenticare la madre
del suo
migliore amico, del suo salvatore quando stava per morire di fame, di
solitudine, con sua
madre depressa e inadatta che non sapeva come stesse
conducendo le cose.
Cato porta via Katniss dal palco, aiutato da Haymitch e Portia: la
Everdeen scalcia,
piange mentre la donna veniva portata via, urla sentendo i polmoni
bruciare.
Evidentemente la sua considerazione iniziale è sbagliata:
qualcuno del 12
c’era.
Appunto, al passato.
Lei e la madre di Peeta non erano mai state in buoni rapporti, o in
qualunque,
rapporto, se non quando veniva a farsi curare le ustioni del forno da
sua
madre.
Sua madre forse la aveva conosciuta meglio, si trova a pensare quando
rinviene
con una flebo nel braccio, di nuovo sul treno, la scena nella testa e
una
espressione truce in viso.
Cinque ore di viaggio per Capitol.
“La conoscevi?” chiede il ragazzo del Due sedendosi
sul divanetto davanti a
lei.
“Cosa sta succedendo?” si sente rispondere da una
voce gracchiante e spezzata
“Cosa succede al 12? Dobbiamo tornare a casa mia!”
implora.
“Non possiamo”.
La risposta secca esce dalla bocca del ragazzo.
“Non possiamo” ripete la mora
“perché no?”
Haymitch le indica una telecamera puntata sistematicamente su di loro.
Katniss da un pugno al vetro accanto a sé, mossa puramente
dalla rabbia e
dal dolore.
“Beh, io ho gin, bourbon e vodka ad attendermi”
commenta il Mentore e li lascia
soli.
Katniss rimane a osservare il paesaggio sfilare nella totale
indifferenza.
Respira un paio di volte dilatando le narici.
“Il tuo mentore ne sa” inizia Cato e le scioglie i
capelli dalla fintamente
sciatta-ma-sufficientemente-impegnativa- acconciatura elaborata per il
tour,
uno chignon di trecce minuscole e grandi a creare una ulteriore
reticella sotto
gli elastici.
La ragazza non fa
resistenza: stanno
sviluppando modi e modi di comunicare, si sente implodere il cranio
come un
dolce che collassa nel forno, come il pane bruciato.
Un tremito la scuote, ingestibile e segno di una profonda
battaglia
interiore fra molti pensieri a cui non riesce a dare un nome, troppi
sentimenti
che conosce bene ma non sa esprimere.
Cato la stringe nel suo corpo, contro il suo torace massiccio.
La guarda disorientato, impaurito.
Entra Effie che pareva aver sostenuto una discussione con il collega e
gli
stylist per quanto le sue labbra sono tirate, ma il volto dietro il
cerone
bianco cambia in una espressione di preoccupazione intensa quando nota
la
giovane sconvolta.
Si avvicina subito a Katniss e le dà una coperta togliendole
la flebo col
calmante mentre borbotta qualcosa
sull’insensibilità del personale e il sangue
che macchia il mogano.
Il ventenne la prende e la avvolge attorno al corpo tremante contro il
proprio,
avevano già visto troppo e ora in cinque ore devono
risorgere di nuovo dal
tunnel buio della fobia, dell’ansia, del trauma.
Lasciandosi sfuggire la signora Mellark Capitol City ha fatto un
brutto,
bruttissimo passo falso e loro devono respirare a fondo ed essere
pronti a
cogliere il rimbalzo della palla per tentare di segnare un punto e non
perdere
terreno: il pranzo di gala a Capitol City.
Se la signora
è giunta fino a loro di sicuro ha avuto una motivazione
precisa e specifica: chiaramente non può più
comunicarla, ma nel suo fischio ci deve essere un messaggio, nella sua
presenza un significato ulteriore.
"Perchè è stata lì?"
Il biondo la guarda:"Penso potresti dirmelo più facilmente
tu".
"Devo andare in bagno" scandisce la bruna indicando all'altro la
toilette con lo sguardo: Cato la sostiene e accompagna.
Quello è uno dei posti sicuri, lontano da tutto o quasi,
finchè sono sui treni.
"Sapete quello che state facendo, vero?"domanda a gesti una volta che
si son chiusi la porta alle spalle.
La giovane Everdeen scuote il capo.
"Perchè?"scrive lei prendendo un rossetto di Effie .
"Non lo so, quindi conosci quella donna".
Un cenno rapido, Everdeen sa come comportarsi quando si è
predatore tanto quanto conosce i comportamenti prudenti per una preda.
Si muovono su un filo sottile.
Finge di vomitare quando sente un ronzio vicino al wc, lui le sostiene
il capo, tira lo sciaquone e prosegue la scrittura.
"Sta succedendo" scrive Cato dentro la tazza, con l'acqua che lava via
la loro conversazione invisibile ai radar "è cominciata".
La mora lo guarda in attesa che scriva altro, poi la solleva e la
accompagna al finestrino., ha notato qualcosa di anomalo nella galleria.
Si abbracciano.
Una ghiandaia imitatrice.
La rivoluzione è cominciata.
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