Screams
in the
silence
Lo cercava, con lo sguardo e con il cuore. Da secondi,
minuti, ore interminabili non si immergeva in quell’azzurro
che sapeva di casa,
e le dita gli tremavano un po’ perché non potevano
sfiorare le sue.
“Dov’è Myles?” chiese col suo
solito tono piatto, per non
far trasparire la preoccupazione. Era una domanda come
un’altra, dopotutto.
Todd scambiò un’occhiata con Brent, poi si strinse
nelle spalle.
“L’abbiamo visto entrare nel tour bus qualche ora
fa, diceva di non stare tanto
bene ma non ci ha spiegato cos’avesse”
replicò, facendo un cenno verso il
mezzo.
“Grazie” lo liquidò in fretta,
abbassando lo sguardo e
allontanandosi a passo spedito.
“Ehi, Slash… se hai qualcosa di importante da
dirgli,
possiamo riferirglielo noi” si offrì Brent in tono
pacato.
Non gli rispose. A loro non doveva interessare quello che
avrebbe detto o fatto con Myles.
Camminava in fretta e ogni suo passo sembrava sprofondare
nell’asfalto, si espandeva, riecheggiava. Sembrava
allontanarlo sempre più dalla
sua meta, al posto di avvicinarlo.
Myles stava male. Cos’aveva? Perché non
gliene aveva
parlato?
E ogni respiro si faceva sempre più affannato.
E ogni battito del cuore gli rimbombava in testa.
E forse si trattava solo di una bazzecola, ma lui la
voleva sapere e curare.
“Myles” sussurrò.
Il cantante se ne stava rannicchiato nella sua cuccetta, le
palpebre socchiuse e due dita posate sulla tempia, a sfiorare le
ciocche scure.
“Ehi, Myles.”
Gli posò una mano sulla fronte, dolcemente, e la
trovò
tiepida e umida di sudore.
“Mmh?” mormorò lui, sforzandosi di
aprire gli occhi e
puntandoli su Slash – ora le sue iridi erano blu scuro e
torbido, venato di una
sofferenza che le sbiadiva e le incupiva al contempo.
“Che c’è?” Nel pronunciare
quella frase, Slash addolcì il
più possibile la sua voce; voleva accarezzare le orecchie di
Myles.
“Niente di che. Chi ti ha detto che ero qui?”
“Non è importante. Che
cos’hai?”
“Sto bene” mentì Myles – le
sue labbra si incresparono in un
sorriso forzato, sbiadito come l’azzurro dei suoi occhi, che
faceva a pugni col
volto pallido e contratto dal dolore.
Era una pugnalata per lui, quel sorriso così falso,
così
tirato. Quel sorriso che non aveva niente a che vedere col suo Myles.
Non voleva farlo preoccupare, ma lui non aveva scelta.
Non aveva deciso lui di affogare in quel mare tormentato che erano i
suoi
occhi.
Fece scorrere le dita tra i suoi capelli, ne sciolse i nodi
e sperò che quel tocco leggero potesse sciogliere anche il
suo malessere.
“Non me ne vado finché non mi dici
cos’hai.”
Myles sospirò e scosse appena il capo. “Solite
cose. Un po’ di
acufene, niente di cui preoccuparsi. Passerà in
fretta.”
Slash si morse il labbro e si diede dello stupido; come
aveva fatto a non pensarci? Myles gliene aveva parlato tante volte, ne
soffriva
da anni.
Già. Ma non l’aveva mai visto tanto giù.
“Non si può fare niente per farlo
passare?” La domanda venne
fuori così, con la voce rotta e venata da
un’ingenuità che non sapeva di
possedere.
Conosceva già la risposta: no, non si poteva far niente, se
non attendere che Myles stesse meglio. Ma lui voleva, doveva
trovare un
modo per alleviare quel dolore.
Myles sorrise debolmente e si strinse ancora più in un
angolo per fargli posto accanto a sé. Non parlò,
non glielo chiese, ma Slash
capì e si accoccolò al suo fianco.
“No. Posso solo aspettare.”
“E allora aspettiamo.”
Da solo non l’avrebbe lasciato mai.
Anche se non poteva capire cosa Myles stesse sentendo,
poteva riempirgli le orecchie col suo respiro.
Anche se non poteva percepire le fitte nella sua testa, poteva
lasciargli dolci carezze tra i capelli per scacciarle via.
Perché tutto il dolore di Myles, lui poteva
prenderlo tra
le dita e farlo scorrere nel suo cuore.
Gli avvolse le spalle con un braccio e lo trascinò
più
vicino a sé, facendogli posare la testa sulla sua spalla.
Proprio lui, che non
era affatto abituato a prendersi cura del prossimo e non riusciva mai a
capire
di cosa gli altri avessero bisogno, aveva agito d’istinto e
per una volta aveva
fatto la cosa giusta.
Curioso. Myles lo portava sempre a fare la cosa giusta, lo
migliorava giorno dopo giorno con la sua sola presenza.
Il cantante mugolò e seppellì il viso nella sua
maglietta.
“Grazie.”
Slash fece scorrere i polpastrelli lungo il suo viso e
indugiò per un attimo sulla fronte – poteva quasi
sentirla martellare. “Ti fa
male?”
Lui sospirò. “L’acufene è
come stare in un silenzio
surreale, interrotto solo da delle grida che non sai come far
smettere.”
Il chitarrista lo strinse ancora più forte a sé,
posò con
leggerezza il mento sul suo capo e il suo fiato solleticò i
capelli di Myles.
Stretto a
lui,
quest’ultimo ebbe quasi l’impressione che il suo
silenzio fosse meno doloroso e
le grida meno potenti; posò l’orecchio
all’altezza del suo cuore e si rese
conto che pulsava più forte della propria testa. Se avesse
contato, uno dopo
l’altro, quei battiti così rassicuranti, pian
piano si sarebbe dimenticato del
suo personale e stridente inferno.
“E cosa si può fare per portarti fuori da questo
surreale
silenzio?” domandò Slash, carezzandogli piano la
schiena.
“Parlami.”
E lui gli avrebbe parlato di qualsiasi cosa gli saltasse
in mente, gli avrebbe descritto il sole e le stelle, avrebbe inseguito
vecchi
ricordi e attimi dal sapore d’infinito, e se le parole a sua
disposizione
fossero finite se ne sarebbe inventate di nuove apposta per lui,
apposta per
riempire quel vuoto.
Avrebbe preso quelle grida nel silenzio e le avrebbe
trasformate in frasi sussurrate a un millimetro dal suo orecchio.
Gli avrebbe detto tutto quello che non diceva mai a
nessuno, pur di vederlo stare meglio.
Ci avrebbe impiegato tante ore piene di milioni di
parole, milioni di carezze, milioni di baci per dirgli quanto lo amava.
♥
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Ultimamente sto scrivendo un sacco di cose senza senso,
spero che vogliate perdonarmi XD
Questa storia non serve assolutamente a niente, non aggiunge
e non toglie niente a ciò che c’era
già, ma sentivo la necessità di scrivere
una Mylash. Mi mancavano un sacco, i miei bimbi *______*
E poi era da tanto che volevo scrivere qualcosa sull’acufene
di Myles, che purtroppo non mi sono inventata; il cantante ne soffre da
ancora
prima di entrare negli Alter Bridge e ha dichiarato che ormai ha
imparato a
conviverci, ma posso immaginare che non sia facile quando torna
più forte che
mai. Così ho voluto immaginare una scena in cui lui sta
particolarmente male
per via dei fischi nelle sue orecchie e Slash si ritrova ancora una
volta a
prendersi cura di lui ^^
Io ovviamente non so bene come funzioni questo problema –
fortunatamente non ne
soffro – ma mi piaceva l’idea di inserirlo in un
contesto hurt/comfort :3
Grazie a chiunque abbia perso tempo a leggere questa
sciocchezza sdolcinata, io ho letteralmente sognato a occhi aperti
mentre la
scrivevo *_______*
Alla prossima!!! ♥
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