Capitolo
tredici
- Epilogo
Raggiunsi
la sponda del lago,
nascondendomi dietro ad un albero nella speranza che i Dissennatori non
si
accorgessero di me prima che fossi pronto, e mi sporsi di lato.
Compresi
immediatamente quanto la situazione fosse grave: le linee dei mostri
erano
chiuse a cerchio intorno ad un piccolo spazio a breve distanza
dall’acqua, a
non più di una ventina di metri da me. Nella luce della
luna, resa
innaturalmente fioca dai poteri dei Dissennatori, riconobbi
immediatamente le
tre persone che lo occupavano: Black ed Hermione erano a terra,
apparentemente
privi di sensi. Harry, invece, era in ginocchio, ma continuava
disperatamente a
lottare. Lo sentii mormorare “No…è
innocente…” prima di lanciare un Patronus
nebuloso,
che fermò brevemente il Dissennatore più vicino.
Quello provò brevemente a
spostarlo, prima di alzare le braccia e togliersi il cappuccio,
mostrando
l’orrendo volto. Il Patronus scomparve. Harry
crollò, cercando di afferrare il
braccio di Black. L’orrore lo girò sulla schiena,
afferrandolo al collo, pronto
a baciarlo.
Non
attesi più. Saltai fuori dalla
protezione dell’albero. Sentivo ancora il gelo causato dalle
creature, e la
scena dell’incidente ancora si ripeteva nella mia testa, ma
tutto era lontano,
indefinito, sopportabile. Forse perché non erano concentrati
su di me, forse
perché in quella seconda occasione sapevo di essere in grado
di affrontarli, il
loro effetto sembrava essersi ridotto di molto. Richiamando alla mia
mente il
volto di Mary e il calore del suo abbraccio, mentre alcuni
Dissennatori, accortisi
della mia presenza, si voltavano nella mia direzione, alzai la
bacchetta ed
urlai con tutto il fiato che avevo in corpo: “Expecto
Patronum”.
La
mia voce risuonò stranamente
potente, rimbombando sull’acqua del lago come se fosse giunta
da più direzioni
diverse. Il lupo eruppe dalla punta della mia bacchetta e subito si
avventò
sulle creature, scompaginandole, gettandone diverse a terra,
obbligandone altre
alla fuga. Ne vidi uno fluttuare rapidamente verso la sponda, nel
tentativo di
allontanarsi dalle sue zanne… solo per essere colpito alla
schiena da un paio
di corna d’argento ed essere violentemente scagliato in aria.
Strabiliato,
spalancai gli occhi: il
mio lupo non era il solo Patronus in azione, c’era un altro
animale perlaceo
che stava combattendo contro i Dissennatori. Impiegai qualche istante
per
distinguerne chiaramente le fattezze, poi compresi di avere di fronte
un
gigantesco cervo argenteo. I due sembrarono non considerarsi neanche:
continuarono semplicemente ad aggredire i demoni di Azkaban, che ben
presto
ruppero definitivamente i ranghi, ritirandosi velocemente
nell’oscurità.
Galleggianti sulle acque del lago, rimasero solo i due Patroni, uno di
fronte
all’altro. Con la coda dell’occhio, vidi Harry
collassare, definitivamente KO,
ma in quel momento tutta la mia attenzione era concentrata sulla
stranissima
scena. Con un pensiero assurdo, ricordai che, se i due animali fossero
stati veri,
sarebbero stati due nemici naturali. In quella strana condizione, che
sembrava
quasi a metà tra la realtà e il sogno, invece, si
limitavano a studiarsi con
apparente interesse. Poi accadde qualcosa che mai mi sarei aspettato:
il mio
lupo chinò la testa verso l’acqua, in quello che
era un evidente gesto di
rispetto. Il cervo rimase a fissarlo per qualche istante, poi, con mia
ulteriore sorpresa, piegò le zampe in una palese inchino di
risposta. Un
istante dopo, entrambi scomparvero.
Mentre
cercavo di riscuotermi dallo
shock, chiedendomi se fosse normale che due Patroni si comportassero in
quel
modo, una domanda molto più importante ed urgente esplose
nella mia testa: chi
diavolo aveva lanciato il cervo? Di scatto mi girai, ispezionando la
sponda in cerca
di una figura umana. Ed eccola, praticamente sulla riva opposta
rispetto alla
mia posizione: un essere umano, appena oltre gli alberi, la bacchetta
ancora in
mano. Spariti i Dissennatori, la notte era tornata chiarissima, e non
faticai a
distinguerne le fattezze.
Non
per la prima volta nelle ultime
ore, la mia bocca cedette di diversi centimetri per lo stupore: ne
avevo viste
tante in pochissimo tempo, ma quella era veramente troppo grossa!
Lanciai uno
sguardo verso le tre persone svenute vicino a me, poi di nuovo
all’uomo oltre
il lago: non era possibile, eppure…
L’altro
sembrò essersi accorto di
essere stato notato, e si voltò, sparendo tra le piante.
Immediatamente mi
lanciai in una corsa disperata, attingendo ad energie che non pensavo
più di
possedere, costeggiando il lago e scavalcando quasi in automatico
pietre e
radici: dovevo raggiungerlo, dovevo vedere, perché se avevo
ragione, stava
accadendo qualcosa di ancora più assurdo di tutto
ciò che mi ero trovato
davanti fino a quel momento. La voce nella mia testa sembrava essersi
spenta
dopo quello che era accaduto con Minus, ma era rimasta una sensazione:
anche se
davvero avevo visto quello che credevo, avvertivo l’esistenza
di una
spiegazione valida che non implicasse la Magia Oscura.
Rallentai
solo quando fui giunto quasi
al luogo dal quale era stato lanciato il Patronus. Il silenzio era
totale,
eppure qualcosa mi diceva che l’autore
dell’incantesimo non era lontano. Sollevai
la bacchetta mormorando “Lumos!”, ed
iniziai ad aggirarmi tra gli alberi
seguendo la sua fioca luce. All’improvviso qualcosa
spuntò da dietro uno dei
più grandi, e distinsi un’altra bacchetta, puntata
nella mia direzione. Alzai
anche la mia, puntandola direttamente in faccia all’essere.
Quando la luce lo
illuminò, credetti di essere sul punto di svenire: Harry
Potter, che giaceva
svenuto a qualche centinaio di metri di distanza, era anche di fronte a
me, il
volto deformato da una smorfia di assoluto stupore. A completare il
quadro,
distinsi dietro di lui Hermione, che avevo lasciato al suo fianco
dall’altra
parte del lago, altrettanto priva di sensi, che mi fissava spaventata e
che
reggeva una corda legata al collo di un grosso animale. Quando
riconobbi
Fierobecco, l’Ippogrifo che avrebbe dovuto essere morto ormai
da diverse ore,
credetti che la mia mente avesse sul serio ceduto, e di essere
completamente
impazzito.
“Josh!
Che ci fai qui?” mi chiese Harry.
“Non
osare muovere un solo muscolo!”
ringhiai. Era una reazione abbastanza inevitabile: vero era che avevo
di fronte
un amico, ma era altrettanto vero che avevo appena visto lo stesso
amico da
tutt’altra parte, quindi una certa vigilanza era
comprensibile.
Il
ragazzo ripose la bacchetta sotto
la veste e mi mostrò i palmi delle mani aperte. Io non
abbassai la mia.
“Josh,
stai calmo per favore… non mi
riconosci? Sono Harry…” mormorò con
voce conciliante.
“Io
ho appena visto Harry Potter
svenuto dall’altra parte del lago – dissi con
decisione – quindi ti conviene
avere una spiegazione convincente per giustificare il fatto che sei
qui!”.
L’altro
sembrò riflettere per qualche
secondo, poi si voltò verso la ragazza che sembrava
Hermione, la quale annuì
stancamente, poi, muovendosi con estrema lentezza, probabilmente per
non farmi
sembrare che volesse compiere un gesto aggressivo, estrasse dalla veste
una
lunga catenella d’argento che portava appesa al collo, in
fondo alla quale era
appesa una piccola clessidra dello stesso materiale.
Hermione
sospirò, poi disse: “Questa è
una Giratempo. Permette di tornare indietro nel tempo di qualche ora.
La
McGrannitt me l’ha data all’inizio
dell’anno per permettermi di seguire tutte
le lezioni, e Silente ci ha autorizzato ad utilizzarla per rimettere a
posto la
situazione. In questo momento – e indicò in
direzione dell’altra sponda del
lago – Piton sta portando ‘noi’ e Sirius
al castello. Tra qualche minuto noi
saremo in infermeria, e lui rinchiuso nell’ufficio del
professor Vitious, in
attesa che il ministro Caramell vada a chiamare un Dissennatore per
eseguire il
Bacio sul posto! Silente ha creduto alla nostra versione, ma non
potendo fare
nulla per convincere gli altri dell’innocenza di Sirius, ci
ha permesso di
utilizzare la Giratempo per salvarlo. Siamo tornati a prima
dell’esecuzione di Fierobecco,
lo abbiamo fatto scappare e intendiamo utilizzarlo per far fuggire
Sirius dalla
finestra, per poi volare via con lui”.
“Prima…o
meglio, adesso… oh, al
diavolo, è lo stesso! – si inserì Harry
- Insomma, mentre stavo per svenire ho
visto qualcuno lanciare un Patronus… cioè, solo
ora mi rendo conto che erano
due, ma io ho visto solo il cervo. Ho creduto che fosse stato mio
padre... sono
venuto a vedere, e ho capito di aver visto me stesso, quindi
l’ho lanciato.
Solo dopo ho visto che c’eri anche tu”.
Impiegai
qualche secondo per rendermi
conto che aveva finito la rapida spiegazione: era la storia
più assurda che
avessi mai sentito, tanto folle da poter essere vera. Mi resi conto che
non
importava che sembrasse il delirio di un pazzo: il ‘Senso di
Ragno’ si stava di
nuovo facendo sentire, confermandomi che era la verità.
Abbassai
la bacchetta: “Va bene, vi
credo”.
“E
adesso, se non ti dispiace,
potresti rispondere alla mia domanda? – mi incalzò
Harry, ancora sorpreso – Che
diavolo ci fai qui fuori? Sei stato tu a lanciare il Patronus lupo?
Come facevi
a sapere che eravamo nei guai?”.
Rimasi
in silenzio per
qualche secondo, chiedendomi quanto dovessi rivelare. Rammentai a me
stesso che
Harry non era uno sciocco, e che Hermione lo era ancora meno. Non
avrebbero
creduto a nulla che non avesse contenuto un’ampia porzione di
verità.
Alla
fine, mi decisi: “Vi
ho seguito. Per quasi tutta la sera”.
I
due ragazzi
strabuzzarono gli occhi: “Cosa?” chiesero
praticamente in coro.
Verità
mischiata a qualche
piccola omissione, era quella la migliore opportunità:
“Sono sgattaiolato fuori
dalla scuola per raggiungere la capanna di Hagrid, ma troppo tardi, voi
stavate
già tornando. Ho visto Sirius aggredirvi nel parco e
trascinare Ron nel Platano
Picchiatore. Vi ho seguito lungo il passaggio segreto, fin dentro la
Stamberga
Strillante, e sono rimasto per tutto il tempo nascosto fuori dalla
camera. Ho
sentito tutto: so di Black, di Lupin… e di Minus. Quando
è fuggito nel parco ho
anche provato ad inseguirlo. Ero perfino riuscito a catturarlo, ma due
Dissennatori ci hanno aggredito, e lui ne ha approfittato per darsela a
gambe. Sono
riuscito a respingerli, poi ho sentito Sirius uggiolare sulla riva del
lago, e
sono corso da quella parte. Ho lanciato il mio Patronus esattamente
quando hai
lanciato il tuo dall’altra parte. Bel cervo, tra parentesi!
– ridacchiai –
Suppongo che tu sia rimasto sorpreso quanto me quando si sono fatti
quell’inchino a vicenda! Comunque, dopo che i Dissennatori se
ne sono andati ti
ho visto, ti ho riconosciuto e… beh, ovviamente sono corso a
vedere cosa stesse
succedendo!”.
Harry
rimase immobile
anche dopo la fine della mia esposizione, il volto completamente
esterrefatto.
Voltando la testa, vidi il volto di Hermione, e una lieve punta di
preoccupazione
mi attraversò la mente: lei sembrava più che
altro incredula, come se qualcosa
non le tornasse per niente. Scartai la sensazione di allarme,
promettendomi
casomai di analizzarla in seguito. Mi rivolsi nuovamente verso Harry:
“Mi
dispiace di essermi fatto scappare quel maledetto assassino”
dissi, cercando di
riportare la conversazione su un binario più sicuro.
Lui
scosse la testa: “Non
è colpa tua. Avrei dovuto lasciare che Sirius e Lupin lo
uccidessero, ho
commesso un errore. Da morto sicuramente non sarebbe riuscito a
scappare”
borbottò con rabbia.
“Non
pensarlo neanche,
amico – ribattei, ricordandomi che neanche io ero riuscito ad
ammazzare Minus
quando ne avevo avuta l’occasione – Tu non sei come
lui, hai fatto la scelta
giusta”.
Harry
scosse la testa:
“No, tu non capisci… - disse, improvvisamente
quasi spaventato – Questo
pomeriggio ero a fare l’esame di Divinazione. La Cooman
è caduta all’improvviso
in una sorta di trance… non come al solito, sembrava una
cosa seria stavolta… e
ha recitato una profezia. Ha detto che stanotte il servo più
fedele di
Voldemort sarebbe fuggito dalla sua prigionia, che avrebbe raggiunto il
suo
padrone, e che questo avrebbe permesso al Signore Oscuro di tornare,
più grande
e terribile che mai! E stanotte Minus, il servo di Voldemort,
è riuscito a
fuggire! Io gli ho permesso di fuggire! E adesso…”.
Dovetti
lottare per non
crollare al suolo, tanto le ginocchia avevano iniziato a tremarmi:
l’orrenda coincidenza
tra la profezia della Cooman e le parole della Voce mi aveva lasciato
completamente senza fiato. Il mio stato alterato doveva essere
evidente, perché
Harry se ne accorse immediatamente: “Josh, stai
bene?” mi chiese con preoccupazione.
Scossi
la testa nel
tentativo di snebbiarla: “Sì, scusa, ho avuto un
piccolo capogiro. E’ tutta la
sera che corro da una parte all’altra… - poi, non
credendo minimamente alle mie
stesse parole, aggiunsi: “Non preoccuparti, amico. Lo sanno
tutti che la Cooman
è solo una ciarlatana! Tu hai fatto la cosa giusta a non
permettere agli amici di
tuo padre di macchiarsi di un omicidio”.
Harry
annuì, anche se non
sembrava molto convinto. Aprì la bocca come per farmi
qualche altra domanda, ma
venne interrotto da Hermione: la ragazza mi fissò per un
istante con
espressione ancora scettica, poi disse: “Dobbiamo andare,
Harry. Abbiamo solo
pochi minuti per raggiungere la finestra dell’ufficio di
Vitious, far uscire
Sirius e tornare in infermeria prima che Silente
‘ci’ chiuda dentro”. Mentre il
ragazzo annuiva, lei mi lanciò un ultimo sguardo, che
sembrava promettere una
futura conversazione non particolarmente gradevole, ma sul momento a
malapena lo
notai.
“Tu
non ci hai visto, va
bene? – mi disse Harry – Parleremo meglio
domani”.
Costrinsi
le mie labbra a posizionarsi
per formare un piccolo ghigno: “E voi non avete visto
me!” risposi.
Il
ragazzo sorrise, e si
allontanò dietro ad Hermione e Fierobecco, in direzione del
castello.
Rimasi
bloccato per qualche istante, nel disperato tentativo di rimettere
ordine nei
miei pensieri. Non riuscivo a togliermi dalla testa le parole che avevo
sentito,
parole che sembravano un accusa diretta contro di me: ‘Il
Signore Oscuro
tornerà, più grande e terribile che
mai’… ‘L’oscurità
calerà su tutto quello
che hai imparato ad amare’… e quella sera Minus
era riuscito a fuggire, grazie
ad Harry… e a me.
Chiedendomi
se avessi commesso, come ero sempre più convinto di aver
fatto, il più grande
errore della mia vita, gettai nuovamente su me stesso
l’Incantesimo di
Disillusione e mi avviai verso il castello, per sgattaiolare nuovamente
all’interno.
“Posso
parlarti un secondo, Josh?”.
La
voce di Hermione mi colse completamente di sorpresa: erano passati
quattro
giorni dalla fatidica notte, le lezioni e gli esami erano ormai finiti,
ed io
stavo passeggiando senza una meta vicino al lago, la testa
miracolosamente
sgombra da pensieri. Con i Dissennatori che finalmente erano stati
allontanati
dal castello, avevamo riconquistato un po’ di
libertà.
Vidi
la ragazza che si avvicinava. Era la prima volta che mi rivolgeva
realmente la
parola dopo il nostro incontro notturno: non aveva aperto bocca neanche
la
mattina dopo, quando Harry era venuto a dirmi che erano riusciti a far
fuggire
regolarmente Sirius, e si era fatto raccontare la versione integrale
delle mie
vicissitudini, cosa che io avevo fatto, sia pure con qualche
trascurabile
correzione ed aggiustamento, come eliminare completamente il contributo
della
Voce. Hermione aveva ascoltato tutto in silenzio, uno sguardo
pensieroso dipinto
in volto. Uno sguardo molto diverso da quello che mi stava presentando
in quel
momento.
Dal
canto mio, a mala pena lo notai. Gli ultimi quattro erano stati giorni
molto
difficili: la profezia della Cooman e le parole della Voce continuavano
a
rimbalzarmi in testa, accompagnate da un diffuso malessere e da un
acuto senso
di colpa. Una distrazione era più che gradita:
“Certo, Hermione. Dimmi pure” le
risposi, quasi distrattamente.
“Ho
una domanda da farti, e ti chiedo di rispondermi con
sincerità: chi sei tu?”.
“Come?”
le chiesi con sorpresa, le antenne improvvisamente sollevate. Un
campanello
d’allarme iniziò a suonare nella mia testa: se
chiunque altro mi avesse fatto
una domanda simile, probabilmente mi sarei semplicemente messo a
ridere,
pensando ad uno scherzo, ma davanti a me c’era Hermione
Granger, e questo
significava che con ogni probabilità ero in grossi guai.
“Ti
sto chiedendo, Joshua Carter, chi sei tu?” insistette
Hermione, senza
scomporsi.
“Ehm…Joshua
Carter, forse?” risposi con un sorriso, nel disperato
tentativo di fare
dell’ironia. Sfortunatamente, sapevo fin troppo bene che non
sarebbe servito a
nulla.
“E
chi altro sei? – ribatté lei, con sguardo deciso
– O forse dovrei chiedere che
cos’altro sei?”.
“Perdonami,
Hermione, ma non riesco a capire cosa stai dicendo” tentai di
svicolare,
consapevole di essere finito in un angolo e di non avere la minima idea
di come
uscirne.
“Oh,
io credo che tu abbia capito perfettamente –
continuò Hermione, penetrante – Sono
mesi ormai che mi faccio delle domande su di te, sai? Ho iniziato ad
avvertire
che qualcosa non tornava quando mi hai consolata dopo la mia lite con
Ron: ci
sono ragazzi più maturi di altri, più saggi di
altri, ma il modo nel quale mi
hai parlato, come ti sei comportato… mi ha lasciato una
strana sensazione, come
se ci fosse qualcosa di fuori posto. Poi c’è stata
la tua piccola avventura notturna
con Sirius: chi di noi si sarebbe messo ad inseguire un uomo che
conoscevamo
come un pluriomicida psicopatico? Harry è coraggioso, a
volte ai limiti
dell’incoscienza, ma credo che perfino lui non ne avrebbe
avuto il coraggio.
Nessun normale ragazzo di tredici anni lo avrebbe fatto”.
Deglutii,
cercando di non farlo notare: senza forse rendersene conto, Hermione
stava
pericolosamente girando intorno alla verità. Quando avevo
inseguito Sirius
Black, non mi ero posto il problema di ciò che gli altri
avrebbero potuto
pensare. Nelle settimane successive, mi ero convinto che tutti lo
avessero
registrato solo come il gesto avventato di un ragazzo, ma a quanto
pareva,
qualcuno ci aveva riflettuto in maniera più approfondita.
Spietatamente,
Hermione proseguì nella demolizione del mio castello di
carte: “Poi c’è stato
il tuo scontro con Nott di quattro giorni fa. Mary mi ha raccontato
tutto non
appena è tornata al castello, mi ha praticamente impedito di
finire il mio
ripasso di Babbanologia – la sua espressione decisa si
trasformò brevemente in
un sorriso – Quella ragazza tiene moltissimo a te, credo te
ne sia accorto.
Vederti combattere in quel modo con Nott l’ha spaventata a
morte: mi ha detto
che in quel momento non era in grado di riconoscerti, che sembravi
un’altra
persona. Ha detto di averti visto usare degli incantesimi che non
conosceva.
Sono andata a controllare: un Incantesimo Scudo, un Incantesimo
d’Urto da
combattimento… non si insegnano fino al quinto anno, e tu li
hai usati come se
li conoscessi da sempre! Non è questo però che mi
ha colpito: ti ho visto in
classe, sei abile, e tuo padre, se non sbaglio, in America è
un Auror. Potresti
aver letto qualcosa nei suoi libri ed essere stato in grado di ripetere
gli
incantesimi che hai scoperto. Mary, però, mi ha detto che
hai infierito su
Nott, con una durezza che faceva fatica a descrivere, e di essere
sicura che,
se non ti avesse fermato, gli avresti fatto veramente del
male”.
Mi
tremavano le mani. Sapevo di dover trovare una risposta, Hermione era
troppo
sveglia per accettare delle semplici scuse, ma ero completamente
inebetito.
“Mi
è sembrato veramente strano: ti conosco ormai, Joshua, so
che sei profondamente
buono, e faticavo perfino ad immaginarti impegnato ad umiliare
qualcuno, anche
un verme come Nott. Avevo deciso di chiederti spiegazioni, ma le
circostanze me
lo hanno impedito”.
La
ragazza prese fiato: fino a quel momento aveva parlato di getto, senza
interruzioni. Sarebbe stato il momento giusto per interromperla, per
giustificarmi, ma non avevo nulla che potesse essere minimamente
sufficiente a
fugare i suoi dubbi.
Neanche
il tempo di riflettere, ed Hermione riprese: “E veniamo
all’altra sera: ci sono
fin troppe cose che non tornano nel tuo comportamento. Intanto, il
fatto che tu
sia uscito dopo averci detto di andare senza di te, e come tu sia
riuscito a
lasciare la scuola. Hogwarts era praticamente in stato
d’assedio, e noi avevamo
il solo Mantello dell’Invisibilità esistente da
queste parti. Nessuno sarebbe
riuscito ad eludere la sorveglianza senza usare la magia. Che cosa hai
usato,
un Incantesimo di Disillusione? Che sia quello o un’altra
cosa, si tratta
comunque di magie al di là del nostro livello attuale,
neanche io sarei capace
di lanciarne uno, li conosco solo in teoria. Ma ancora una volta, hai
dimostrato di essere molto abile, quindi ipotizziamo per un attimo che
tu sia
stato capace di eseguire un Incantesimo di Disillusione al tuo primo
tentativo
e di uscire indisturbato. Perché avresti dovuto farlo? Ti
sei mosso troppo
tardi per venire da Hagrid, quindi non è per consolare lui
che hai deciso di scendere
nel parco. Come facevi a sapere che sarebbe accaduto qualcosa di
più di una
orrenda esecuzione?”.
Dovevo
essere impallidito. Sentivo di essere pallido. Avevo la gola riarsa.
Hermione
sembrava essersi trasformata in una giovane copia di Miss Marple: aveva
visto
tutto, e a quanto pareva, aveva anche collegato tutto. Ovviamente non
poteva in
alcun modo immaginare l’assurda verità, ma aveva
compreso che le cose non
stavano come in apparenza, e, fondamentalmente, mi stava incastrando.
“Anche
il tuo comportamento durante la serata è stato molto strano:
ci hai seguito e
ascoltato per tutto il tempo, senza però farti vedere
né intervenire finché il
professor Lupin si è trasformato e Minus è
fuggito. A quel punto, nonostante ci
fosse un Lupo Mannaro in giro per la foresta, ti sei lanciato
all’inseguimento.
Una decisione decisamente insolita: da solo sei andato dietro ad un
criminale tra
gli alberi, senza preoccuparti della presenza di una creatura
potenzialmente
letale! Non solo: dopo aver respinto due Dissennatori, cosa che
già di per se non
è da poco, sei venuto verso il lago e ne hai affrontati
altri cento! Noi siamo
finiti direttamente in mezzo al caos, ma tu sei andato a cercarlo! E il
tuo
Patronus… l’ho visto mentre mi avvicinavo ad
Harry, è stato incredibile! Quello
lanciato da lui è stato impressionante, ma il tuo non era da
meno! Soprattutto,
sembravi sapere quello che stavi facendo in ogni momento, mentre noi
eravamo
terrorizzati! E ancora: tu…”.
Alzai
stancamente una mano: “Va bene, Hermione. Può
bastare così – borbottai – Non
serve che continui, sono capace di capire quando sono
fregato”.
Mi
lasciai cadere a sedere con la schiena contro il tronco di un albero,
improvvisamente stremato. Hermione aveva letteralmente vivisezionato la
mia
storia, aveva trovato ogni punto disfunzionale e me lo aveva sbattuto
in faccia.
Ero in trappola: negare non sarebbe servito a nulla, era fin troppo
chiaro.
Allo stesso tempo, però, non potevo raccontarle la
verità, sarebbe stato
veramente troppo per lei. Che cosa potevo fare?
Hermione
si avvicinò e si abbassò davanti a me, piegando
le ginocchia: “Mi dirai la
verità, Joshua? Sono tua amica, e so che bella persona sei.
Ma so anche che ti
porti dietro un segreto che ti pesa sulla schiena, che ti ha fatto
uscire
distrutto dall’albero con il Molliccio, che ogni tanto sembra
trasformarti in
qualcuno completamente diverso. Chi sei veramente, Joshua
Carter?”.
Sospirai,
e un sorriso mi si dipinse sulla bocca: “Sei veramente la
strega più brillante
della nostra età, Hermione – le dissi –
Va bene, non negherò. Hai ragione, c’è
veramente qualcosa di strano in me, qualcosa di diverso da voi. Ma per
adesso,
ti chiedo di accettarmi per quello che sono, senza cercare di farmi
confessare
di cosa si tratta”.
“Josh,
puoi fidarti di me!”.
“Lo
so benissimo, Hermione. Sarei pronto ad affidarti la mia vita
– le presi una
mano e la strinsi – Non posso però affidarti
questo, non ancora almeno. E’
qualcosa di… beh, di troppo. Non dico che non capiresti,
vorrebbe dire
sminuirti, ma cambierebbe troppe cose, e non è ancora il
momento. Una cosa però
voglio dirtela: da oggi voi potete contare su di me – la
fissai intensamente –
So perfettamente quello che avete fatto al primo e al secondo anno, so
quali
cose avete affrontato per trovare la Pietra Filosofale e nella Camera
dei
Segreti, so quale nemico vi siete trovati davanti”.
Stavolta
fu lei a sorprendersi: “Come fai a saperlo? Tu non eri
neanche ad Hogwarts
allora, nessuno sa esattamente quello che è
successo!”.
“Questo
fa parte del mio segreto, quindi ti prego, non chiedermelo - continuai,
sempre
più serio – Si sta avvicinando una tempesta,
Hermione. Quello che è accaduto
avrà conseguenze enormi. Non mi domandare come faccio a
saperlo, non sarei
capace di spiegartelo neanche volendo, ma qualcosa di oscuro
è nell’aria, lo
sento avvicinarsi. Non so se sarà tra un mese o tra un anno,
ma arriverà. E
quando succederà, sappiate che sarò al vostro
fianco. Potrebbe essere il
momento nel quale saprai tutto di me. Puoi accettarlo?”.
Hermione
rimase pensierosa per qualche secondo, poi, senza lasciare la mia mano,
si
alzò, mi tirò in piedi e mi regalò uno
dei suoi abbracci spaccaossa: “Sì, lo
posso accettare”.
Risposi
con calore all’abbraccio. Più volte, nei pochi
giorni che ci separavano dalla
fine della scuola, e poi mentre preparavamo i bagagli, e ancora sul
treno,
ripensai a quel momento: era stato intenso, fondamentale. Avevo difeso
il mio
segreto, e forse il fatto che Hermione sapesse che dietro Joshua Carter
c’era qualcosa
in più di quello che diceva la vista poteva risultare
positivo. Non avevo
mentito quando le avevo detto che sentivo l’avvicinarsi di
una tempesta. Il mio
‘Senso di Ragno’ vibrava in maniera quasi costante:
il futuro era confuso,
avvolto da una fitta nebbia, ma in qualche modo sentivo che la fuga di
Minus
sarebbe stata come la caduta di un sasso che scatena una valanga in
montagna, e
questo mi lasciava delle pesanti fitte di rimorso al pensiero che forse
avrei
potuto impedire qualsiasi cosa si stesse preparando se solo avessi
avuto il
coraggio di uccidere il ratto. Ormai, però, era fatta: il
mio intervento era
andato a vuoto, ciò che il Fato aveva programmato sarebbe
accaduto. E,
inevitabilmente, al centro del caos ci sarebbero stati Harry e i suoi
amici:
per me, che sapevo in quale mondo ero finito, questo risultava
evidente. Non
ero ancora riuscito a capire quale Forza mi avesse spedito
lì, o quale ruolo sarei
stato chiamato ad interpretare da quel momento in poi, se pure ve ne
era ancora
uno, ma mentre scendevo dal treno e salutavo gli amici (Hermione mi
abbracciò
forte, mentre sul volto di Mary che si allontanava dopo avermi dato un
bacio
sulla guancia pericolosamente spostato verso la bocca credetti di
vedere una
piccola lacrima), e mentre spingevo il mio baule, sia pure con una
piccola dose
di timore, verso una donna e una bambina che si sbracciavano per
salutarmi,
avevo una certezza: qualsiasi cosa il destino avesse deciso di mettere
sulla
mia strada, non mi sarei tirato indietro. Se dovevo continuare a vivere
in
quello strano, nuovo mondo, avrei fatto tutto quello che era in mio
potere per
cambiare le cose in meglio. Difficile dire se ci sarei riuscito, se ne
avrei
avuto la forza o la fortuna sufficienti per fare la differenza, ma per
Merlino,
ero più che deciso a provarci!
Ed
eccoci arrivati, finalmente, alla conclusione di questa prima
parte della storia. Prima parte perché, ovviamente, sono
già previsti dei
seguiti, non voglio lasciarvi con il dubbio di ciò che
accadrà a Joshua e agli
altri, e di quanto cambierà la storia a causa della sua
presenza. Ho però
intenzione di cambiare un po’ la mia procedura, quindi ai
miei fedeli lettori,
che ringrazio moltissimo per la loro attenzione e la loro pazienza,
dico di
avere pazienza, perché ho intenzione di iniziare ad inserire
i capitoli del
secondo ‘libro’ solo quando lo avrò
completato. Immagino che ci vorrà qualche
mese, quindi vi dico: arrivederci, e tenete un occhio puntato qui!
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