E’
venuta la nuvola e ha pianto i suoi dolori sull’erba
verde.
Senza
il vino rosato vivere non conviene.
Questa
erba verde è lei il prato dei nostri passi;
e
l’erba spuntante dalla nostra polvere, campo di chi sarà?
Steso
sul letto d’ospedale, Rashid gira la testa verso la finestra.
– Che
bello… – mormora.
I
raggi di un sole timido, appena evaso da una prigione di nubi,
carezzano l’immenso giardino della struttura, ancora lucido di
pioggia.
E
un lungo, doppio arcobaleno rifulge nel cielo, simile ad una lastra
d’acquamarina.
Il
giovane sorride. A causa del veleno di Fang, si sono formate delle
cellule tumorali nel suo corpo.
Per
questo, ha scelto di isolarsi.
Non
ha voluto nemmeno la compagnia di Azam.
Ha
chiesto alle persone amate di proseguire la vita senza di lui.
Perdonami.,
pensa. Lui ama quell’uomo,
tanto grosso quanto gentile.
E,
per questo, non può costringerlo a vedere la sua sofferenza.
Non
sarebbe giusto.
Lui
deve seppellire Azam, Azam non deve seppellire lui.
– Anche
qui è possibile godere di qualcosa… – mormora,
sereno. Durante i primi, dolorosi mesi è stato spesso assalito
dalla disperazione.
Ha
avuto paura.
Perché
lui, così giovane, è stato colpito così?
E
non è stata una malattia causata dalla sventura, ma da una
crudeltà voluta.
Poi,
ha potuto vedere la primavera sbocciare nel giardino dell’ospedale.
E,
in quel momento, ha compreso.
Per
lui, c’è ancora una speranza.
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