Capitolo
6 - Night
Talks and Nightmares -
Il
letto si abbassò sotto il peso di un corpo.
Faticavo
a prendere sonno, quindi me ne accorsi immediatamente.
Sapevo
di chi si trattava: non era la prima volta che io e Shu dormivamo
assieme.
Probabilmente
la questione “Yuma” ci aveva unito,
perché trascorrevamo molto più tempo
insieme.
Ma
non era un mistero che avessi un legame particolare
con lui, avevamo una sorta di tacito accordo, secondo il quale
l’uno non
avrebbe mentito all’altro, e se in passato era accaduto, ero
certa che adesso
potevo fidarmi.
Quindi
gli chiesi cosa si erano detti, lui e Reiji, per assicurarmi che fosse
ancora
degno di fiducia.
“Niente
di importante.”, eclissò.
Ruotai
il busto, trovandomi il vampiro di fronte, con gli occhi chiusi ed
un’espressione serena sul viso.
“Non
credi mi riguardi?”, domandai.
“No.”
La
sua risposta secca m’irritò e feci una cosa
decisamente pericolosa: gli sfilai
una cuffietta.
Il
vampiro dai capelli biondi mi bloccò il polso e mi
fissò severo.
“Ho
la tua attenzione adesso?”, chiesi, ma Shu mi
strappò dalle mani l’auricolare.
“Non
farlo mai più.”
Era
decisamente una minaccia.
Infilò
la cuffietta e chiuse gli occhi.
Tornai
a dargli le spalle, certa che non avrei chiuso occhio: ero stufa di
sentirmi
costantemente in balìa degli eventi, senza sapere come
potermi comportare,
accompagnata da uno stato d’angoscia perenne.
Ne
avevo passate fin troppe, non avrei retto l’ennesimo colpo.
Ero
stata portata con l’inganno dai Sakamaki, ero stata morsa,
maltrattata, avevo
rischiato di morire a causa di una vampira psicopatica.
Ero
stata nuovamente rapita, poi minacciata e quasi uccisa dai Cacciatori.
In
più avevo perso…
Non
riuscivo a pronunciare il suo nome
neppure nei miei pensieri, faceva ancora troppo male.
Provai
a ricacciare indietro le lacrime, Shu era ancora accanto a me e,
nonostante
sembrasse già nel mondo dei sogni, ero sicura che mi avrebbe
sentita piangere:
non volevo che mi credesse debole, non volevo che nessuno di loro
vedesse la
mia parte fragile.
Lo
avevo permesso solo a Subaru e a Ruki, ma con loro era diverso.
“Pensiamo
che Karl Heinz non rinuncerà al suo progetto di creare una
nuova razza. -,
annunciò Shu all’improvviso –
probabilmente voleva spaventarti, oggi.”
Tornai
a guardare il vampiro al mio fianco.
“Beh,
non c’è riuscito.”
Mi
ero spaventata solo perché temevo avremmo investito un uomo
innocente, sbucato
dal nulla, se fossi stata certa che si era trattato di Karl Heinz,
avrei
chiesto a George di accelerare.
“Ma
ci proverà di nuovo, - continuò Shu, socchiudendo
gli occhi – non rinuncerà mai
al progetto che porta avanti da secoli.”
“Tu
sì che sai come rassicurare le persone.”,
dichiarai.
Un
mezzo sorriso increspò le labbra del biondo.
“Mitsuko,
ricordi la nostra conversazione, sulle scale?”
Riportai
alla memoria il dialogo che avevamo avuto tempo addietro, immaginai si
riferisse al fatto che, per loro, ero molto più di una
semplice sacca di sangue
ambulante.
“Lo
ricordo.”
“Penso
che sia sufficiente allora.”
Shu
chiuse gli occhi, sebbene avrei voluto replicare che no, non era
abbastanza.
Sapevo
bene che i Sakamaki mi avrebbero difesa, se il loro padre avesse
provato ad
uccidermi.
D’altro
canto, se avesse voluto, Karl Heinz avrebbe potuto togliermi la vita
quella
sera stessa, mentre rientravo dalla spiaggia: nessuno dei suoi figli a
difendermi, solo un maggiordomo anziano a scortarmi.
Anziano,
ma con i riflessi rapidi e
scattanti di un giovane sedicenne,
pensai fra me e me.
Probabilmente
Karl Heinz aveva altri piani in mente.
Mi
imposi di non pensarci per le restanti sette ore, avevo bisogno di
riposare.
“Shu?”,
chiamai invece.
Il
vampiro brontolò qualcosa, certamente esasperato dal mio
continuo blaterare.
“Ogni
tanto potresti parlare con Yuma, sai?”
L’altro
rimase in silenzio.
“Non
penserai che possa ricordarsi di te, guardandoti dormire per ore sul
suo
divano.”
“Cosa
dovrei dirgli?”, borbottò.
Ci
pensai su qualche istante, non poteva di certo esordire con “ehy Yuma, ti ricordi di me? Eravamo migliori
amici finché mio fratello ha appiccato un incendio nel tuo
villaggio!”.
“Immagino
qualcosa di semplice, potreste parlare del tempo, forse?”
Shu
aprì solo un occhio, per osservarmi, e inarcò un
sopracciglio, come a voler
dire “fai sul serio?”.
Capii
che forse non era un granché come argomento, decisi che
avrei improvvisato
io stessa al momento.
“Dormi
Mitsuko.”, ordinò con tono perentorio.
Chiusi
gli occhi e un piccolo sorriso affiorò sul mio volto: mi
sentivo già più
serena.
***
“Bitch-chan.”
Quella voce… la conosco.
“Bitch-chaan!”
Mi guardo intorno, il buio sommerge
ogni cosa, non ho la più pallida idea da dove provenga la
voce, ma devo trovarla
a tutti i costi.
Corro alla cieca, tutto ciò che
riesco a distinguere è il mio corpo, come una torcia
nell’oscurità.
E
poi lo vedo.
Sosta in piedi a qualche metro di
distanza.
È la luce in quel tunnel buio e
spaventoso.
Lo raggiungo a passo svelto,
indossa il solito cappello alla Michael Jackson e l’uniforme
della scuola.
Gli sfioro il braccio, si volta.
“Finalmente
Bitch-chan.”
Le sue iridi smeraldine si posano
su di me, mi rivolge la solita occhiata maliziosa, mentre mi afferra
per i
fianchi e mi tira a sé.
Lo abbraccio, non posso credere di
poterlo stringere nuovamente.
Ma
lui mi solleva il mento e mi
bacia.
Le mie mani salgono sulle spalle e
gli avvolgono il collo, eppure c’è qualcosa di
strano in quel bacio.
Non è
come il primo bacio che ci siamo
scambiati, è come se fosse un’altra persona a
baciarmi.
Apro gli occhi, per controllare che
sia lui, e mi allontano bruscamente: i suoi occhi sono completamente
neri e del
sangue gli macchia le labbra.
Mi porto le dita sulla bocca e un
liquido le bagna: osservo con orrore indice e medio, sporchi del mio
sangue.
“Bitch-chan…”, sussurra lui, con
una voce che non gli appartiene, poi si avventa su di me e il buio
avvolge ogni
cosa.
***
Balzai
sul letto, urlando con quanto fiato avevo in gola.
La
paura mi scuoteva il corpo, avevo la bocca asciutta:
d’istinto mi portai una
mano sulle labbra, per controllare che non stessi sanguinando realmente.
Quando
realizzai che era stato solo un sogno, tirai un sospiro di sollievo.
Sembrava
così reale…
Impiegai
qualche minuto per calmarmi, il cuore batteva all’impazzata.
Notai
che Shu non era più nel letto.
Mentre
facevo vagare lo sguardo nella camera semi-buia, una figura
nell’ombra mi causò
un secondo infarto.
Gridai,
lanciando la prima cosa che mi trovai tra le mani:
l’abat-jour si infranse
contro il muro e Subaru la evitò per un soffio.
“Sei
impazzita?”, commentò, guardando i pezzi di
porcellana ai suoi piedi.
“E
tu vuoi farmi venire un colpo?”
Ero
sicura che la convivenza con quei vampiri mi avrebbe portato ad avere
un
infarto precoce.
L’albino
grugnì qualcosa, iniziando a raccogliere i cocci della
lampada, sparpagliati
sul pavimento.
Mi
avvicinai, per aiutarlo, e nel farlo inciampai su un piccolo rametto ai
miei
piedi.
“Si
può sapere che ti è preso?”
Ignorai
quel dettaglio, avvicinandomi al vampiro.
“Mi
hai spaventata, non ti avevo visto! Dovreste imparare a bussare. - ,
colpii il
pavimento con un pugno, simulando il bussare sulle porte –
hai presente?”
“Non
mi riferivo a quando hai tentato di ammazzarmi. Perché
urlavi nel sonno?”
Rimasi
con un pezzo di porcellana sospeso fra le dita.
“Oh…
mi hai sentita.”
“Tutti
ti hanno sentita.”
Arrossii
per l’imbarazzo.
“Ho
avuto un incubo.”
Depositammo
i frammenti dell’abat-jour sul mio comodino, e pensai che
Reiji non ne sarebbe
stato contento.
“Vuoi…
parlarne?”
Riportare
il sogno alla memoria non mi sembrava una buona idea, scossi il capo.
“È
a causa di mio padre? Se è per lui-”
“Non
è per lui – lo interruppi – non ho
sognato lui.”
Subaru
mi osservò, probabilmente aspettando che aggiungessi altre
informazioni, ma non
volevo nominare il defunto fratellastro, non volevo dirgli come, nel
sogno,
aveva tentato di azzannarmi.
Per
fortuna, o sfortuna, mi resi conto che lo sguardo color rubino del
vampiro era
fisso sulla mia mano e realizzai di essermi tagliata, poiché
del sangue
fuoriusciva dal palmo.
I
miei occhi corsero a Subaru, che, lo capii immediatamente, faticava a
mantenere
il controllo.
Non
mi mordeva da parecchi giorni, come se volesse punirsi per qualcosa.
O
forse perché avevo perso il ragazzo che amavo.
Mi
strappò un lembo della maglietta che indossavo e sussultai,
ma usò la stoffa
per avvolgere la ferita.
“Devi
disinfettarla.”, annunciò con tono incolore.
Assentii,
mentre lui si avviava fuori dalla stanza.
Abitare
in quella villa doveva avermi bruciato tutti i neuroni,
perché lo fermai.
“Subaru!
–, srotolai il bendaggio improvvisato e allungai la mano
verso di lui – puoi
farlo.”
Ero
certa che l’altro avesse capito a cosa mi riferissi.
Lo
vidi esitare un istante e stringere le mani in un pugno, come se stesse
combattendo contro sé stesso.
Poi
mi fu addosso.
Mi
sentii circondare la vita con un braccio, mentre con l’altra
mano mi afferrava
il polso.
Lo
addentò con forza e soffocai un gemito.
Brava,
te le vai pure a cercare!
Rimproverò
la voce della mia coscienza.
D’altronde,
non trovavo giusto che rinnegasse la sua natura perché ero
in lutto.
I
suoi fratelli continuavano ad attingere dal mio sangue indisturbati, un
morso
in più o in meno non avrebbe fatto la differenza.
E
a Subaru cedevo ben volentieri il mio sangue.
Tuttavia
non accennava a fermarsi, le zanne bruciavano sulla pelle, e se avesse
continuato così, avrei perso tutte le energie.
“S-
subaru…”, mormorai, mi iniziava a girare la testa.
Il
vampiro sollevò i suoi occhi rosso cremisi ed
incrociò i miei.
Si
decise ad estrarre i canini e leccò i buchi che mi aveva
procurato, poi passò
al taglio che avevo sul palmo della mano.
Nonostante
ciò, non ritrasse il braccio intorno alla mia vita, ma
continuò ad osservarmi
in silenzio, e immaginai cosa gli passasse per la testa.
Non
lo respinsi, probabilmente perché volevo dimenticare
quell’orribile sensazione che
mi aveva lasciato l’incubo avuto e, tra le sue braccia, mi
sentivo al sicuro.
Non
dissi nulla, semplicemente lo fissai di rimando.
Ma
lui si allontanò repentinamente.
Borbottò
delle scuse e scomparve nel nulla.
Meglio
così, forse…
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