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Autore: Nephertiti    15/10/2020    1 recensioni
*SEQUEL DI GIRL OF LIFE*
Molte cose sono cambiate dalla prima volta in cui Mitsuko ha messo piede in villa Sakamaki.
E adesso può affermare di essere parte della famiglia.
Ma con il suo diciottesimo compleanno alle porte, il destino sembra avere in serbo altri piani per lei.
***
Estratto da un capitolo:
“All’improvviso, a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada e, man mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio fianco, sembrava ignorare la sua presenza.
Urlai a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il piede nel freno: la limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere contro il finestrino.
Un’auto dietro di noi ci tamponò.
Quando sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo non v’era traccia.
Tuttavia, ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma svanisse nel nulla, erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
***
Per poter leggere questa storia avrete bisogno di conoscere “Girl of Light” e “Girl of Life”, quindi correte a recuperare!
La fan fiction prende alcuni spunti dal videogioco, ma la trama sarà ben diversa.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki Mukami, Shuu Sakamaki, Sorpresa, Subaru Sakamaki
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares -

 

 

 

 

 

Il letto si abbassò sotto il peso di un corpo.
Faticavo a prendere sonno, quindi me ne accorsi immediatamente.
Sapevo di chi si trattava: non era la prima volta che io e Shu dormivamo assieme.

Probabilmente la questione “Yuma” ci aveva unito, perché trascorrevamo molto più tempo insieme.
Ma non era un mistero che avessi un legame particolare con lui, avevamo una sorta di tacito accordo, secondo il quale l’uno non avrebbe mentito all’altro, e se in passato era accaduto, ero certa che adesso potevo fidarmi.

Quindi gli chiesi cosa si erano detti, lui e Reiji, per assicurarmi che fosse ancora degno di fiducia.
“Niente di importante.”, eclissò.
Ruotai il busto, trovandomi il vampiro di fronte, con gli occhi chiusi ed un’espressione serena sul viso.
“Non credi mi riguardi?”, domandai.
“No.”
La sua risposta secca m’irritò e feci una cosa decisamente pericolosa: gli sfilai una cuffietta.
Il vampiro dai capelli biondi mi bloccò il polso e mi fissò severo.
“Ho la tua attenzione adesso?”, chiesi, ma Shu mi strappò dalle mani l’auricolare.
“Non farlo mai più.”
Era decisamente una minaccia.
Infilò la cuffietta e chiuse gli occhi.

Tornai a dargli le spalle, certa che non avrei chiuso occhio: ero stufa di sentirmi costantemente in balìa degli eventi, senza sapere come potermi comportare, accompagnata da uno stato d’angoscia perenne.

Ne avevo passate fin troppe, non avrei retto l’ennesimo colpo.

Ero stata portata con l’inganno dai Sakamaki, ero stata morsa, maltrattata, avevo rischiato di morire a causa di una vampira psicopatica.
Ero stata nuovamente rapita, poi minacciata e quasi uccisa dai Cacciatori.
In più avevo perso…
Non riuscivo a pronunciare il suo nome neppure nei miei pensieri, faceva ancora troppo male.

Provai a ricacciare indietro le lacrime, Shu era ancora accanto a me e, nonostante sembrasse già nel mondo dei sogni, ero sicura che mi avrebbe sentita piangere: non volevo che mi credesse debole, non volevo che nessuno di loro vedesse la mia parte fragile.

Lo avevo permesso solo a Subaru e a Ruki, ma con loro era diverso.

“Pensiamo che Karl Heinz non rinuncerà al suo progetto di creare una nuova razza. -, annunciò Shu all’improvviso – probabilmente voleva spaventarti, oggi.”
Tornai a guardare il vampiro al mio fianco.
“Beh, non c’è riuscito.”

Mi ero spaventata solo perché temevo avremmo investito un uomo innocente, sbucato dal nulla, se fossi stata certa che si era trattato di Karl Heinz, avrei chiesto a George di accelerare.

“Ma ci proverà di nuovo, - continuò Shu, socchiudendo gli occhi – non rinuncerà mai al progetto che porta avanti da secoli.”
“Tu sì che sai come rassicurare le persone.”, dichiarai.
Un mezzo sorriso increspò le labbra del biondo.
“Mitsuko, ricordi la nostra conversazione, sulle scale?”

Riportai alla memoria il dialogo che avevamo avuto tempo addietro, immaginai si riferisse al fatto che, per loro, ero molto più di una semplice sacca di sangue ambulante.
“Lo ricordo.”
“Penso che sia sufficiente allora.”

Shu chiuse gli occhi, sebbene avrei voluto replicare che no, non era abbastanza.

Sapevo bene che i Sakamaki mi avrebbero difesa, se il loro padre avesse provato ad uccidermi.
D’altro canto, se avesse voluto, Karl Heinz avrebbe potuto togliermi la vita quella sera stessa, mentre rientravo dalla spiaggia: nessuno dei suoi figli a difendermi, solo un maggiordomo anziano a scortarmi.

Anziano, ma con i riflessi rapidi e scattanti di un giovane sedicenne, pensai fra me e me.
Probabilmente Karl Heinz aveva altri piani in mente.

Mi imposi di non pensarci per le restanti sette ore, avevo bisogno di riposare.
“Shu?”, chiamai invece.
Il vampiro brontolò qualcosa, certamente esasperato dal mio continuo blaterare.
“Ogni tanto potresti parlare con Yuma, sai?”
L’altro rimase in silenzio.
“Non penserai che possa ricordarsi di te, guardandoti dormire per ore sul suo divano.”
“Cosa dovrei dirgli?”, borbottò.

Ci pensai su qualche istante, non poteva di certo esordire con “ehy Yuma, ti ricordi di me? Eravamo migliori amici finché mio fratello ha appiccato un incendio nel tuo villaggio!”.

“Immagino qualcosa di semplice, potreste parlare del tempo, forse?”
Shu aprì solo un occhio, per osservarmi, e inarcò un sopracciglio, come a voler dire “fai sul serio?”.
Capii che forse non era un granché come argomento, decisi che avrei improvvisato io stessa al momento.
“Dormi Mitsuko.”, ordinò con tono perentorio.
Chiusi gli occhi e un piccolo sorriso affiorò sul mio volto: mi sentivo già più serena.

***

“Bitch-chan.”
Quella voce… la conosco.
“Bitch-chaan!”
Mi guardo intorno, il buio sommerge ogni cosa, non ho la più pallida idea da dove provenga la voce, ma devo trovarla a tutti i costi.
Corro alla cieca, tutto ciò che riesco a distinguere è il mio corpo, come una torcia nell’oscurità.

E poi lo vedo.
Sosta in piedi a qualche metro di distanza.
È la luce in quel tunnel buio e spaventoso.
Lo raggiungo a passo svelto, indossa il solito cappello alla Michael Jackson e l’uniforme della scuola.
Gli sfioro il braccio, si volta.

“Finalmente Bitch-chan.”
Le sue iridi smeraldine si posano su di me, mi rivolge la solita occhiata maliziosa, mentre mi afferra per i fianchi e mi tira a sé.
Lo abbraccio, non posso credere di poterlo stringere nuovamente.

Ma lui mi solleva il mento e mi bacia.
Le mie mani salgono sulle spalle e gli avvolgono il collo, eppure c’è qualcosa di strano in quel bacio.
 Non è come il primo bacio che ci siamo scambiati, è come se fosse un’altra persona a baciarmi.
Apro gli occhi, per controllare che sia lui, e mi allontano bruscamente: i suoi occhi sono completamente neri e del sangue gli macchia le labbra.
Mi porto le dita sulla bocca e un liquido le bagna: osservo con orrore indice e medio, sporchi del mio sangue.
“Bitch-chan…”, sussurra lui, con una voce che non gli appartiene, poi si avventa su di me e il buio avvolge ogni cosa.

***

Balzai sul letto, urlando con quanto fiato avevo in gola.
La paura mi scuoteva il corpo, avevo la bocca asciutta: d’istinto mi portai una mano sulle labbra, per controllare che non stessi sanguinando realmente.

 Quando realizzai che era stato solo un sogno, tirai un sospiro di sollievo.
Sembrava così reale…
Impiegai qualche minuto per calmarmi, il cuore batteva all’impazzata.
Notai che Shu non era più nel letto.

Mentre facevo vagare lo sguardo nella camera semi-buia, una figura nell’ombra mi causò un secondo infarto.

Gridai, lanciando la prima cosa che mi trovai tra le mani: l’abat-jour si infranse contro il muro e Subaru la evitò per un soffio.
“Sei impazzita?”, commentò, guardando i pezzi di porcellana ai suoi piedi.
“E tu vuoi farmi venire un colpo?”
Ero sicura che la convivenza con quei vampiri mi avrebbe portato ad avere un infarto precoce.
L’albino grugnì qualcosa, iniziando a raccogliere i cocci della lampada, sparpagliati sul pavimento.
Mi avvicinai, per aiutarlo, e nel farlo inciampai su un piccolo rametto ai miei piedi.

“Si può sapere che ti è preso?”
Ignorai quel dettaglio, avvicinandomi al vampiro.
“Mi hai spaventata, non ti avevo visto! Dovreste imparare a bussare. - , colpii il pavimento con un pugno, simulando il bussare sulle porte – hai presente?”
“Non mi riferivo a quando hai tentato di ammazzarmi. Perché urlavi nel sonno?”
Rimasi con un pezzo di porcellana sospeso fra le dita.
“Oh… mi hai sentita.”
“Tutti ti hanno sentita.”
Arrossii per l’imbarazzo.
“Ho avuto un incubo.”
Depositammo i frammenti dell’abat-jour sul mio comodino, e pensai che Reiji non ne sarebbe stato contento.

“Vuoi… parlarne?”

Riportare il sogno alla memoria non mi sembrava una buona idea, scossi il capo.
“È a causa di mio padre? Se è per lui-”
“Non è per lui – lo interruppi – non ho sognato lui.”

Subaru mi osservò, probabilmente aspettando che aggiungessi altre informazioni, ma non volevo nominare il defunto fratellastro, non volevo dirgli come, nel sogno, aveva tentato di azzannarmi.

Per fortuna, o sfortuna, mi resi conto che lo sguardo color rubino del vampiro era fisso sulla mia mano e realizzai di essermi tagliata, poiché del sangue fuoriusciva dal palmo.
I miei occhi corsero a Subaru, che, lo capii immediatamente, faticava a mantenere il controllo.
Non mi mordeva da parecchi giorni, come se volesse punirsi per qualcosa.
O forse perché avevo perso il ragazzo che amavo.

Mi strappò un lembo della maglietta che indossavo e sussultai, ma usò la stoffa per avvolgere la ferita.
“Devi disinfettarla.”, annunciò con tono incolore.
Assentii, mentre lui si avviava fuori dalla stanza.

Abitare in quella villa doveva avermi bruciato tutti i neuroni, perché lo fermai.
“Subaru! –, srotolai il bendaggio improvvisato e allungai la mano verso di lui – puoi farlo.”
Ero certa che l’altro avesse capito a cosa mi riferissi.
Lo vidi esitare un istante e stringere le mani in un pugno, come se stesse combattendo contro sé stesso.

Poi mi fu addosso.
Mi sentii circondare la vita con un braccio, mentre con l’altra mano mi afferrava il polso.
Lo addentò con forza e soffocai un gemito.

Brava, te le vai pure a cercare!
Rimproverò la voce della mia coscienza.
D’altronde, non trovavo giusto che rinnegasse la sua natura perché ero in lutto.
I suoi fratelli continuavano ad attingere dal mio sangue indisturbati, un morso in più o in meno non avrebbe fatto la differenza.
E a Subaru cedevo ben volentieri il mio sangue.

Tuttavia non accennava a fermarsi, le zanne bruciavano sulla pelle, e se avesse continuato così, avrei perso tutte le energie.
“S- subaru…”, mormorai, mi iniziava a girare la testa.

Il vampiro sollevò i suoi occhi rosso cremisi ed incrociò i miei.
Si decise ad estrarre i canini e leccò i buchi che mi aveva procurato, poi passò al taglio che avevo sul palmo della mano.

Nonostante ciò, non ritrasse il braccio intorno alla mia vita, ma continuò ad osservarmi in silenzio, e immaginai cosa gli passasse per la testa.
Non lo respinsi, probabilmente perché volevo dimenticare quell’orribile sensazione che mi aveva lasciato l’incubo avuto e, tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro.
Non dissi nulla, semplicemente lo fissai di rimando.

Ma lui si allontanò repentinamente.
Borbottò delle scuse e scomparve nel nulla.
Meglio così, forse…

   
 
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