Sì,
in dieci anni sono diventata più rapida.
Un
piccolo avvertimento: i capitoli avranno una maggior lunghezza man
mano che andranno avanti. Prendente questi primi due capitoli come
una sorta di prologhi, uno da parte di Russia e l’altro dalla
parte
di Lituania. Dopotutto, spiegano le origini del loro incontro.
Buona lettura!
La
sconfitta al di là del confine
Nei
ricordi di Lituania, la memoria di quel bambino visto nella neve non
era mai sparita del tutto. Era sempre rimasta lì, a riposare
in un
angolo della sua mente, come in attesa di una voce o
un’immagine
che la richiamassero alla vita.
Come
in attesa di qualcosa che doveva accadere.
Non
era stato lui a rivederlo per primo, ma le sue truppe. I superstiti
riferirono della comparsa a Novgorod di un ragazzo alto e pallido,
dagli occhi d’ametista così innocenti da non farlo
sembrare fatto
di violenza e inverno; “Sembrava un bambino crudele, con in
mano la
forza di schiacciarci tutti”, aveva detto uno di loro.
Nonostante
l’altezza, erano sicuri che il ragazzo fosse piuttosto
giovane,
tanto che ogni tanto Ivan III lo teneva per la mano, come a
rassicurarlo che tutto il sangue per terra fosse normale, fosse
giusto persino. Tra tutti i Principi, Ivan III era stato
l’unico ad
accorgersi dell’importanza della giovane nazione, e a
decidere di
tenerla dunque con sé.
Il
giovane Russia l’aveva ricambiato schiacciando gli avversari
per
lui.
«Eeeeh?
Abbiamo tipo perso?» Polonia non era sembrato eccessivamente
preoccupato a quella notizia, solo perplesso, ma Lituania aveva
sentito un brivido freddo percorrerlo. «Che noia. Gli daremo
le
risorse che chiede, e se non vuole più essere nostro alleato
pazienza… chi lo vuole, dopotutto?»
Di
nuovo un presagio, la sensazione di star aspettando qualcosa che,
inevitabilmente, prima o poi sarebbe accaduto.
Era
però vero che molti altri più forti paesi erano
al mondo in quel
momento, e con loro combattevano e si alleavano. L’unione
stessa
con la Polonia era un patto solido; eppure Lituania rimaneva
angustiato proprio dal pensiero di quegli occhi color ametista.
Dovettero
presto incontrarlo, con i tartari ormai scacciati e i Principi
riuniti, Russia in poco tempo crebbe ulteriormente. Ancora giovane, a
suo confronto, non lo era nell’aspetto, e anche se un tempo
avevano
avuto la stessa altezza ora Lituania si ritrovava a dover alzare la
testa per guardarlo.
Per
prima, però, l’attenzione di Lituania era stata
attratta delle sue
mani: c’erano dei guanti adesso a coprirle, anche se il flash
della
pelle arrossata dal freddo gli attraversò la mente per un
attimo,
sovrapponendosi alla realtà.
«Che
bello rivederti», gli aveva detto Russia, come se si fossero
salutati solo pochi giorni prima. Sorrideva, ed era davvero il
sorriso candido più adatto a un bambino che a un adulto; nei
suoi
occhi d’ametista c’era però uno
scintillio particolare, una
malizia che sembrava dirgli “Ho vinto, hai visto? Sono
diventato
forte”.
Lituania
poteva ben vedere che l’altro fosse diventato forte, seppur
il
corpo coperto da pellicce e abiti pesanti non ne rivelasse le
fattezze; la sensazione che gli pizzicava sulla pelle era ancora una
volta quella del pericolo, un tipo di sentimento a cui Polonia,
imbronciato al suo fianco, sembrava immune.
A
quel tempo, Lituania era ancora capace di far fronte ai pericoli, non
importava quanto possente sembrasse ora l’altra nazione.
Quando
Ivan fu portato via dal proprio Principe, ci fu uno sguardo di
delusione tutto per lui. Forse quello per una promessa non ancora
mantenuta?
Creature
diventano più forti, creature diventano più
deboli, un destino che
toccò anche a Lituania che iniziò un giorno a
sentire come la spada
che portava fosse diventata troppo pesante, e i suoi colpi meno
accurati.
Era
lui, oppure erano gli altri a essere diventati più brutali?
Il
vento dell’inverno imminente gli frustava il viso, riuscendo
ad
arrossarlo nonostante il pallore dato dal sangue perso.
Di
sangue ce n’era ovunque, attorno a lui. Un altra guerra,
un’incursione inaspettata, un altra giornata in cui
però le cose
non erano andate bene.
«Polonia!
Polonia!!!» ma era stato inutile chiamarlo, lo sapeva. Svezia
l’aveva messo a terra con un ultimo colpo, e Lituania si era
ritrovato a sputare una boccata di sangue.
Da
dov’era atterrato poteva vedere stivali scuri, e una sciarpa
lunghissima che quasi sfiorava la terra. Incontrò ancora una
volta
occhi color ametista, seppur Russia si tenesse in disparte, e fu
forse quello a dargli la forza di rialzarsi.
Anche
se la lama della sua spada pesava sempre di più si disse che
non
poteva lasciarla andare. Noon ancora, non era ancora il momento.
Lituania
aveva resistito, per un altro po’, costringendo addirittura
Svezia
a firmare una pace; Lituania aveva stretto i denti per il braccio
rotto, che usò lo stesso per apporre la sua firma. Era
ancora
dbbastanza
forte,
non era così? Ma il braccio doleva, e i lividi quasi non si
contavano più. Quando si guardava, non era altro che ferite
nere e
rosse che non riuscivano ad avere il tempo di guarire, nonostante la
sua natura non umana.
Come
poteva guarire quando gli attacchi non finivano mai?
La
sua vita era diventata cercare di avere mille occhi e mille sensi,
per provare a parare le frecce di Prussia prima che piovessero su di
lui, per controllare che Austria non gli infilasse un coltello tra le
scapole, per anticipare la marcia delle truppe svedesi… in
tutto
quello c’erano sempre quegli occhi color ametista che su ogni
campo
di battaglia, a ogni pace, vittoria o sconfitta, sembravano
ricordargli di star aspettando che cadesse.
Lituania
ricordava che, infine, il giorno in cui la spada gli cadde davvero di
mano fu lontano da tutti. Si era spinto troppo in là, nel
caos della
battaglia, superando gli alberi e trascinando con sé una
piccola
scia di orme insanguinate.
Nella
sua mente, se fossero riusciti a sconfiggere almeno Russia, forse le
truppe nemiche si sarebbero ritirate, o sarebbero state abbastanza
deboli, abbastanza confuse…
Polonia
l’aveva seguito, forse per semplice istinto, facendo quel che
poteva per confrontare assieme a lui il russo.
C’era
quasi silenzio lì, i suoni attenuati dalla neve. Il bordo
del
cappotto di Russia era sporco di sangue, esattamente come le loro
scarpe, e i loro vestiti.
Russia
aveva sorriso, prima di muoversi verso di loro, ed era stato come
essere investiti da una valanga.
Sì,
in quel momento, lontano da tutti, il fiato venne portato via dal
corpo di Polonia, che ricadde facilmente riverso a terra, tossendo.
La spada era molle nella mano di Lituania, che rimase a tenere
terreno fino a quando riuscì – ma la lama sembrava
non riuscire
neppure a sfiorare il russo, che gliela strappò di mano e si
avventò
ancora su di lui, gettandolo a terra, accanto all’amico
biondo.
Lituania
non era il tipo da farsi illusioni, e la stretta improvvisa allo
stomaco fu solo la paura che precede un destino che ben si conosce.
Russia
decretò infatti la sua fine, trascinandolo via, oltre il
confine.
Era stato così semplice usare la forza, Lituania sentiva
come se il
proprio polso fosse diventato incredibilmente sottile, il corpo
debole e incapace di opporsi alla presa ferrea del russo.
«Ehi,
Russia, dannato non puoi decidere come ti pare!»
Fu
Prussia a intervenire per lui, non certo per affetto e di sicuro
troppo tardi. Prussia, un vecchio nemico, antico più o meno
quanto
lui, aveva superato il confine come se nulla fosse – e lo
sguardo
di Russia era diventato più freddo della neve.
«Mi
porterò via Lituania, come da accordi, così da
potermene prendere
cura, da?»
sorrise comunque Russia.
«Accordi?!
Guarda che non puoi prendere e fare come vuoi, se non fosse stato per
me e Austria avresti perso questo tuo piccolo premio, tu
non…!»
Nonostante
Prussia fosse una nazione più antica, si ritrovò
ad arrancare nella
neve quando cercò di seguire Russia per raggiungere lui e
Lituania.
Sembrava che l’inverno non toccasse Russia, ma che si
opponesse
fermamente alla presenza del prussiano. Il vento iniziò a
spirare
più forte, soffiando su di loro fiocchi di neve, proprio
mentre
Russia si voltava a fronteggiare il presunto alleato.
«Potete
avere il resto, quello che volete», Russia era davanti a lui,
come
a difenderlo da una minaccia. Alzando lo sguardo Lituania si
ritrovò
a percepirne il potere, come scritto sulla schiena tanto ampia.
Di
nuovo nella neve, ma così diverso da un tempo.
«Lui
però è mio da adesso», la voce di
Russia risuonò oltre il soffio
del vento, e le urla più lontane degli ultimi soldati che
cadevano.
“Mi
impegnerò a diventare una nazione forte!”
E
mentre Prussia rimaneva immobile, pur senza arretrare, senza tentare
di seguirli ancora… Lituania pensò che Russia ci
fosse decisamente
riuscito.
Note
storiche:
1) Novgorod è stato un posto… un
qualcosa… l’avevo letto poco
fa ma sono troppo stanca per cercarlo di nuovo. Comunque, Lituania e
Polonia hanno perso qui.
2)
Nel 1655 la Lituania era già stata indebolita dalla Russia,
ma
arrivò anche Svezia a peggiorare le cose. La Lituania dunque
perse
la guerra e la Svezia prese a reclamare e depredare il territorio, ma
intense rivolte esplosero ovunque, tanto da costringere la Svezia a
firmare successivamente una pace.
3)
Austria, Prussia, e Russia, si allearono per distruggere
l’unione
Lituano-Polacca, approfittando della debolezza nella quale questa
versava a causa delle numerose lotte e pressioni con i territori
esterni. Il territorio della Lituania cadde poi quasi del tutto sotto
il dominio della Russia, tranne per una piccola parte che
andò alla
Prussia.
Note
di fine capitolo:
Dal
prossimo capitolo Lituania e Russia cominceranno dunque a vivere
insieme, da soli, inizialmente. Cercherò di mostrare
l’inizio di
questa simpatica convivenza meglio che posso.
Potrebbero
cominciare contenuti, come dire, più spinti già
dal prossimo
capitolo, ma non ne sono certa. Vedremo cosa ci riserverà il
futuro.
Le
recensioni sono ben gradite, anche per sapere se esiste ancora
qualcosa che ama questa coppia, amore che io ho riscoperto da poco.
Un tempo EFP era così vivo! Ora è
anch’esso sepolto sotto una
coltre di nevoso silenzio?
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