Jia
The day my dreams fade away
(it’ll never come)
Il confusionario frastuono della città rimbombava ovattato e
lontano tra le pareti del palaghiaccio, che pareva quasi una bolla staccata
dalla realtà, un luogo fatto di quiete.
Jia quel giorno, al termine della lezione di pattinaggio, si
era attardata là dentro e, dopo essersi sfilata i pattini e aver raccattato le
sue cose, si era avvicinata al bordo pista ed era rimasta immobile a osservare
la lastra di ghiaccio graffiata dalle lame, su cui si rifletteva la luce
biancastra dei faretti appesi al soffitto.
Sul suo viso dai tratti orientali si era dipinta
un’espressione imperscrutabile e un po’ truce, quella che nessuno riusciva mai
a decifrare. In effetti nemmeno lei riusciva a mettere ordine nel caos che le
era scoppiato dentro poco prima di uscire di casa, un misto di rabbia,
disperazione e paura. Non era certo la prima volta che discuteva con suo padre,
ma quella volta era stato diverso.
E ora stava facendo una fatica incredibile a lasciare il
palaghiaccio; in parte perché non aveva nessuna voglia di tornare a casa e avere
a che fare con i suoi genitori, in parte perché temeva che quella sarebbe stata
l’ultima volta.
Se affinava l’udito, poteva sentire il leggero fruscio dei
fogli proveniente dal ventre dell’edificio; al termine della lezione Celia, la
sua allenatrice, si era recata presso gli spogliatoi annunciando che aveva
diversi documenti da compilare. Probabilmente la donna era convinta che tutte
le sue allieve fossero andate via, dal momento che Jia non si era fatta
scoprire.
Sospirò appena e si domandò se avrebbe dovuto salutare per
sempre anche lei nei prossimi giorni.
Ah, ma ci stava davvero riflettendo? Suo padre era riuscito
seriamente a metterle paura con le sue minacce e le sue parole? Jia scosse la
testa: avrebbe lottato con le unghie e con i denti, non gli avrebbe mai
permesso di portarle via l’unica cosa al mondo che la facesse stare bene.
Lanciò un’altra occhiata alla distesa lucida davanti a sé,
si soffermò sui riflessi di luce che andavano a incastrarsi tra le scheggiature
del ghiaccio e si disse che avrebbe dato la vita pur di salire ancora sui suoi
pattini.
Era talmente presa dalle sue riflessioni che si accorse
troppo tardi di una presenza alle sue spalle, avvicinatasi di soppiatto.
Un improvviso grido la fece sobbalzare, ma prima che potesse
reagire in qualsiasi modo qualcosa la colpì in pieno viso; Jia non seppe
classificarlo in un primo momento, ma non le fece male, era leggero e morbido
come la carta.
Solo quando riaprì gli occhi si accorse di averli chiusi e
di aver sollevato le mani in aria, come a volersi riparare da quell’attacco.
“Randy!” ringhiò subito quando mise a fuoco il volto
divertito del ragazzo.
“Dolcetto o scherzetto?” ribatté lui in tono innocente, con
un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Continuando a trucidarlo con lo sguardo, Jia si passò le
mani tra i lunghi capelli e le sue dita si impigliarono in alcune striscioline
di carta. Lanciò una breve occhiata verso il basso: i suoi vestiti, le sue
scarpe, il pavimento… era tutto ricoperto di stelle filanti nere e arancioni.
“Ma come cazzo ti saltano in mente certe cose?” strillò, spintonando
Randy all’indietro e allontanandosi di qualche passo, i pugni stretti e la
rabbia che non faceva che moltiplicarsi dentro di lei. Era già una pessima
giornata, ci mancava solo quell’idiota a peggiorare ulteriormente le cose.
Randy riusciva a essere tremendamente inopportuno quando ci
si metteva; Jia certe volte si domandava come potessero essere amici.
Lo erano davvero, poi?
“E dai, Jia, perché prendi sempre così male gli scherzi che
ti faccio?” esclamò lui senza perdere la sua consueta allegria, accostandosi e
piazzandosi di fronte a lei per tentare di incrociare il suo sguardo.
“Perché sono tutti di pessimo gusto” ribatté lei in
tono rabbioso, strofinandosi i palmi sui vestiti per scacciare le stelle
filanti che le si erano appiccicate addosso.
“Ma tu non sorridi nemmeno oggi che è Halloween?”
“Sai quanto me ne frega, di Halloween? E lasciami in pace”
lo liquidò, allontanandosi nuovamente. Quel giorno non poteva davvero
sopportare il suo sorrisone entusiasta, la sua voglia perenne di scherzare, e
perfino le stupide striscioline nere e arancioni che le erano rimaste
impigliate nelle scarpe le mettevano voglia di piangere dalla rabbia e spaccare
tutto.
Randy era sempre felice, non gli succedeva mai niente di
brutto.
Se ne sarebbe potuta andare dal palaghiaccio, ma la verità
era che non ne aveva nessuna voglia. Andò a sedersi su una panchina e sperò
quasi che Celia giungesse in quell’esatto momento: avrebbe dato di matto non
appena si fosse accorta del casino che suo figlio aveva fatto con le stelle
filanti.
“Jia, guarda che l’ho fatto per tirarti su di morale.” Randy
le si accomodò a fianco.
“Non ho bisogno che qualcuno mi tiri su” mentì lei in tono piatto.
Qualunque altra persona ci avrebbe creduto, ma non Randy.
Lui la conosceva meglio di chiunque altro e, anche se Jia provava a eludere le
sue domande e fregarlo, non ci riusciva mai.
Infatti lui scosse il capo e alcuni riccioli ramati gli
piovvero sulla fronte. “Hai una faccia tremenda oggi, me ne sono accorto dal
momento in cui sei entrata al palaghiaccio. Non che tu in genere abbia una
faccia allegra, ma oggi sembra che tu voglia uccidere qualcuno. Cos’è
successo?”
Magari voglio davvero uccidere qualcuno, pensò Jia
con una punta di ironia, ma evitò di esprimerlo ad alta voce e si limitò a
stringersi nelle spalle. “Niente.”
“Non è vero” obiettò subito Randy.
La ragazza sbuffò. “Vattene e lasciami in pace.”
“Ho ragione a dire che sei più nervosa del solito!” esclamò
lui.
“Sono nervosa da quando sono nata.”
“Dai, Jia…”
Lei incrociò le braccia al petto. Stava cominciando a
prendere in considerazione l’idea di dirglielo, giusto per farlo stare zitto;
sapeva già che non l’avrebbe lasciata in pace tanto facilmente, lui era fatto
così. E in fondo non era un grande segreto: Randy conosceva bene la situazione
che lei viveva ogni giorno a casa sua, negli anni precedenti l’aveva portata
gradualmente ad aprirsi – sfinendola e tempestandola di domande – e ora era uno
dei pochi a sapere ciò che viveva e provava.
Per quanto certe volte sentisse di detestarlo, era l’unico
in grado di ascoltarla e accettarla così com’era. E sotto sotto, anche se non
l’avrebbe mai ammesso, anche lei stava cominciando a convivere col suo
carattere esplosivo e perfino ad apprezzarlo.
“Mio padre” disse infine, tenendo lo sguardo basso e
scalciando via alcune stelle filanti che aveva tra i piedi.
“Cos’ha combinato stavolta?” chiese il ragazzino dopo
qualche istante di pausa.
“Ha minacciato di non farmi più venire a pattinaggio.” E,
mentre parlava, la rabbia ricominciò a montare dentro di lei.
“Ma ti minaccia sempre e non l’ha mai fatto” le fece notare
Randy in tono rassicurante.
“Ma stavolta è diverso.” Jia prese un profondo respiro e
cominciò a torcersi nervosamente le dita. Non aveva tanta voglia di parlarne. “Finché
vado bene a scuola, a lui non importa cosa faccio nel mio tempo libero. Non è
mai stato d’accordo sul pattinaggio, me l’ha sempre fatto pesare, ma io non gli
ho mai creduto quando ha detto che me l’avrebbe impedito.”
“Quindi tu ora hai preso un brutto voto e lui si è
arrabbiato?”
Jia si mise in piedi, le mani tremanti per la rabbia. Si
avvicinò a bordo pista e ancora una volta si rese conto che non ne avrebbe mai potuto
fare a meno. “Non è che ho preso un brutto voto. Semplicemente non sono
stata brillante come al solito, non ho preso il massimo, e lui ha cominciato a
sbraitare che era colpa di questo inutile sport, che dovrei spendere più
energie per il mio futuro e la mia carriera da donna d’affari… ma cosa ne sa
lui della carriera che voglio io?”
Randy era rimasto al suo posto, ad ascoltare le parole della
sua amica che si facevano man mano più irate. Per l’ennesima volta si ritrovò a
pensare a quanto fosse paradossale: lui, che non aspirava a fare strada nel
mondo del pattinaggio, era il figlio di un’allenatrice, mentre Jia voleva
diventare un’agonista ed era nata in una famiglia che si opponeva a quella sua
passione. Poco importava che la situazione economica e sociale della ragazza
fosse migliore: lei stava male e – Randy lo sapeva – sarebbe stata disposta a
vivere in un monolocale e morire di fame pur di inseguire il suo sogno.
“Ma, scusa… non è tua madre a pagare le tue lezioni di
pattinaggio? Cosa c’entra lui?” le chiese.
“Ricordati che il signor Huang ottiene sempre quello
che vuole” sputò Jia in tono sprezzante, poi si voltò nuovamente verso il suo
amico, ma senza trovare il coraggio per incrociare il suo sguardo. Quando doveva
parlare di sé, di ciò che le accadeva e dei suoi sentimenti – soprattutto delle
sue debolezze – Jia perdeva tutta la sua sfrontatezza. “Tanto a mia madre non
importa niente, e se lui le chiederà di smetterla di mandarmi a pattinaggio,
lei eseguirà senza farsi domande. Lei paga l’abbonamento, ma non perché sia
dalla mia parte.”
Dietro quella corazza di rabbia e risentimento, Randy
riconobbe tanta tristezza, paura e disperazione. La sua migliore amica si
mostrava sempre così fredda e scontrosa, ma la verità era che aveva tanta paura
di affrontare da sola quella battaglia.
Era soltanto una ragazzina che non aveva nemmeno compiuto
quattordici anni.
Fu Jia a rompere nuovamente il silenzio: “Certe volte mi
chiedo come posso essere figlia di un tizio talmente stronzo da volermi togliere
l’unica cosa che mi fa felice”.
Randy si mise in piedi e si passò una mano tra i capelli
ricci e scarmigliati. Lui non era di sicuro la persona più adatta a parlare di
argomenti così complicati e dare consigli, ma cercava sempre di fare del suo
meglio quelle poche volte in cui Jia si confidava.
“Hai mai provato a spiegargli che per te è importante?”
Lei annuì appena. “Dice che è solo un capriccio e che prima
o poi passerà, quindi non è il caso di buttare tutto all’aria per un motivo
così stupido. Capito? Io, i giorni in cui vengo ad allenarmi qui, studio di
notte pur di prendere buoni voti e farlo contento… cos’altro vuole che faccia?”
Il suo tono di voce non era più così arrabbiato, ma colmo di stanchezza e
rassegnazione.
“Ma questo è il tuo sogno, Jia. Lui non te lo può portare
via, dico bene?” ribatté prontamente Randy, col cuore in gola e la voce piena
di speranza. Non avrebbe mai sopportato che la sua amica si arrendesse, proprio
lei che non si lasciava mai scoraggiare da niente e nessuno.
Jia scosse il capo, come a volersi riscuotere: si era aperta
decisamente troppo per quel giorno, non avrebbe aggiunto altro. Nonostante si
trovasse sola con Randy, con cui ormai non aveva quasi segreti, aveva bisogno
di scacciare quella bruttissima sensazione che sentiva addosso tutte le volte
che si sentiva debole.
Non avrebbe più parlato, del resto suo padre non meritava di
essere nominato ancora. Si sarebbe chiusa nuovamente in se stessa, sarebbe
tornata la Jia glaciale di sempre e avrebbe finto che andasse tutto bene.
Sollevò lo sguardo e, per la prima volta da quando era
cominciata quella conversazione, incrociò gli occhi verde bottiglia di Randy
che erano sempre così calmi, luminosi e pieni di speranza. Quel ragazzino era
una delle poche persone che credeva davvero in lei – Jia non era nemmeno certa
di meritarlo – e, con quel viso arrotondato, pieno di lentiggini e dai tratti
ancora infantili, le ricordava ogni giorno come si viveva.
Mise su un un’espressione sicura e annuì. “Nessuno,
tanto meno lui, mi impedirà di diventare una pattinatrice agonista. Non gli
darò mai questa soddisfazione.”
Randy si aprì in un sorriso soddisfatto e raggiante. “Anche
se non ti manderà più al palaghiaccio. A costo di riempire la vasca da bagno di
acqua fredda, farla congelare e pattinare lì!”
“Sì, che idea brillante…” tentò di ironizzare lei, ma come
al solito il tentativo fallì per colpa della serietà sul suo volto e nella sua
voce.
Ma il ragazzo capì anche quella volta e ridacchiò. “Sai Jia,
non posso proprio pensare a te e al pattinaggio come due cose separate.
Altrimenti non saresti tu.”
Lei si strinse nelle spalle e le venne quasi da sorridere,
più per il fatto che lei e Randy stessero riuscendo ad avere una conversazione
civile che per le parole in sé. Litigavano sempre loro due, erano come il
bianco e il nero, come l’estate e l’inverno.
“Senti, mi è venuta un’idea che potrebbe tirarti su di
morale” si illuminò a un certo punto il ragazzino, piazzandosi di fronte a Jia
con il suo solito sorrisone sbilenco.
Lei indietreggiò istintivamente di un passo e lo fulminò con
lo sguardo. “Non avrai mica un altro pacco di quelle maledette stelle filanti!”
Lui scoppiò a ridere. “No, e anche se lo avessi non lo
userei, mi sono reso conto che quello scherzo non è andato proprio a buon
fine…”
“Ma va’? E non potevi accorgertene prima di farlo?”
“Che noiosa che sei certe volte!” la sbeffeggiò, scalciando
alcune stelle filanti nella sua direzione. Ormai si erano sparse ovunque sul
pavimento, le avevano trascinate loro stessi.
“Non stavi per proporre qualcosa?” gli ricordò lei con fare
disinteressato, ma in realtà Randy era riuscito a instillarle un pizzico di
curiosità.
Lui allora le si avvicinò e prese a parlare a bassa voce. “Sono
le sette e un quarto, è Halloween, la città è in festa e tu hai bisogno di
distrarti… perché non usciamo?”
“Non abbiamo il permesso. Io ora dovrei tornare a casa mia.”
“E chi se ne importa?”
Jia inarcò le sopracciglia. “Vuoi andartene in giro senza
dirlo a tua madre?”
Lui si strinse nelle spalle, come fosse la cosa più ovvia
del mondo. “Tu non vuoi vedere i tuoi genitori, io non voglio sorbirmi
l’ennesima maratona di CSI New York insieme a mia madre… non ci succederà
niente di grave. E poi voglio vedere la gente in maschera e comprare le
castagne arrosto!” si entusiasmò.
“A me non piace Halloween.”
“A te non piace niente, Jia Huang.”
“E poi non siamo travestiti.”
Randy le strizzò l’occhio. “Vestita di nero e con quella
faccia da morta vivente, in realtà tu ti intoni benissimo all’atmosfera!”
“Pensa a te e ai tuoi terribili capelli rossi” ribatté la
ragazzina, piccata.
“Non sono rossi, sono castani con dei riflessi
ramati” precisò lui.
Jia sospirò, si avvicinò alla panchina su cui aveva
abbandonato la sua borsa e se la mise in spalla. “E va bene, andiamo a fare
questa passeggiata…”
Randy lanciò un grido vittorioso e la seguì verso l’uscita
del palaghiaccio, non prima di essersi assicurato che Celia non avesse sentito
nulla e non se ne accorgesse.
“Non gridare, altrimenti ti mollo là fuori da solo” lo
minacciò Jia.
“Meglio, vorrà dire che mangerò pane alla zucca anche da
parte tua.”
“Vendono anche il pane alla zucca?”
“Certo! E se ti togli quel broncio dalla faccia, te lo offro
io!”
“Ho i soldi per comprarlo.”
“Che antipatica che sei, Jia Huang!”
“Che palla al piede che sei, Randy Baker!”
Con qualche stella filante ancora incastrata tra i lacci
delle scarpe, una ragazzina dai tratti orientali e l’aria annoiata e un
ragazzino di quasi tredici anni con la faccia da bimbo facevano la fila in un
botteghino che vendeva diverse leccornie a tema Halloween, battibeccando tra
loro. Tutt’attorno era un tripudio di persone dalle più disparate età
travestite da zombie, mummie, vampiri, streghe e diavoli; nell’aria risuonavano
voci e risate, colonne sonore di celebri film horror e tormentoni del periodo.
Quando arrivò il loro turno, Jia si rivolse al venditore
ambulante: “Due pagnotte alla zucca, grazie”.
“Ehi, non mi hai nemmeno chiesto cosa volevo!” protestò
Randy, esibendosi in un adorabile broncio.
“Stai zitto.”
“E se la zucca mi facesse schifo?”
“Lo so benissimo che ti piace. E se così non fosse, ti
toglierei il saluto.” Jia si sporse sul bancone per porgere all’uomo dall’altra
parte una banconota, poi afferrò il sacchetto con gli acquisti e trascinò via
Randy. Da quando le aveva proposto di comprare il pane alla zucca, lei aveva
già deciso di pagare e così era stato.
“Ehi, ma dovevo offrire io questa volta!” protestò il ragazzo
mentre si dirigevano verso un’aiuola posta al centro dell’ampio marciapiede.
“Non rompere” ribatté Jia evasiva, ripulendo il basso
muretto dal mantello di foglie secche che vi si era depositato sopra.
I due si accomodarono sul bordo dell’aiuola e presero una pagnotta
alla zucca a testa.
Randy non poté trattenersi dal ridacchiare nel vedere la sua
amica divorare il suo pasto con insolita voracità.
“Che hai da guardare?” si indispettì subito lei, aggrottando
le sopracciglia.
“Possibile che questa roba ti piaccia così tanto da togliermi
il saluto se mi facesse schifo?”
Lei si strinse nelle spalle e continuò a masticare il suo
boccone.
Randy piegò appena la testa di lato. “Almeno so già cosa
regalarti per il compleanno.”
“Compleanno?!”
“Non fare la finta tonta: tra una settimana compi gli anni!”
Ah già, il 7 novembre stava nuovamente per arrivare.
“Ma io non voglio nessun regalo.”
“E perché?”
“Perché non è una cosa importante.”
“Sì che lo è invece! Ti farò trovare una zucca gigante sui
pattini al palaghiaccio!”
Jia si batté una mano sulla fronte mentre il suo amico
scoppiava a ridere per la sua reazione. “Ma perché io ti sto ancora a sentire?”
Eppure, con le strepitanti chiacchiere di Randy a riempirle
le orecchie, il pane alla zucca ancora caldo stretto tra le dita e l’atmosfera
festiva e allegra tutto intorno, Jia ebbe l’impressione che quella sera i suoi
problemi fossero scomparsi.
♠ ♠
♠
AUGURI JIAAAAAAAA *______________* LA MIA BIMBETTA DIFETTOSA!!!!!!!!!!!
Ventiquattro anni, ma ci pensate? :’3
Oooookaaaaaay… questa storia è brutta al limite del raccapricciante,
mi fa schifo la trama, mi fa schifo come l’ho scritta, mi fa schifo come ho sviluppato
il pacchetto del contest, ma oggi sono davvero a pezzi, i miei neuroni sono in
condizioni pietose e se non avessi riletto questa storia prima di pubblicarla
avreste potuto trovare errori grammaticali di ogni genere tipo “ha un c’erto
punto”…
MA PER I COMPLEANNI DEI MIEI PERSONAGGI SONO DISPOSTA A
PIANGERE SANGUE SUL PC SE NECESSARIO U.U i miei adorati figlioletti! Ecco
perché ho fatto l’enorme sacrificio di concludere e pubblicare questa storia
oggi, ci tenevo troppo a festeggiare la mia piccola *-*
Perché sì, sarà anche una dinosaura antipatica, scontrosa,
acida e scorbutica (non per niente è nata sotto il segno dello Scorpione AHAHAHAHA),
io voglio un mondo di bene a Jia, è anche lei una mia creaturina e io la amo
così com’è *_________*
E poi vabbè, Randy ♥
In realtà stavolta non ho tanto da spiegare, scrivo queste
NdA solo per lamentarmi fare gli auguri a Jia XD e, dato che ci sono,
aggiungo anche qualche noticina per la giudice e per chi non conosce la serie!
Faccio accenno ai tratti orientali della protagonista perché
Jia (come forse avrete intuito da nome e cognome) ha origini cinesi. La sua
famiglia è benestante e agiata, suo padre è un uomo d’affari mentre sua madre è
un avvocato, dunque sperano che la figlia segua le loro orme.
Per quanto riguarda Randy, mi sembra che nella storia si
capisca abbastanza, ma comunque: oltre a essere il migliore (unico) amico di Jia,
è anche il figlio di Celia, l’allenatrice della ragazza; è praticamente cresciuto
al palaghiaccio ed è lì che i due si sono incontrati per la prima volta.
Bene, non mi dilungherò oltre ^^ ringrazio chiunque abbia
avuto il coraggio di arrivare fin qui, ringrazio fantaysytrash per la
bellissima iniziativa e ANCORA TANTISSIMI AUGURI ALLA MIA JIA *_______*
Alla prossima, ora me ne vado a letto e spero di svegliarmi
dopodomani XD
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