20
(Un altro po’di
chiacchiere)
«M-mi…
mi dispiace… mi dispiace…»
La
visuale di Spectra era piuttosto
confusa ma era riuscita comunque a riconoscere Tarn, che in modo fermo
ma
delicato stava stringendo la mano con cui lei l’aveva
accarezzato tenendola
ancora poggiata sulla maschera.
Le parve di sentire un “Non sforzarti” in risposta,
poi di
vedere dei sensori ottici azzurri e stanchi e delle manine piccole che
riuscì
in qualche modo a ricondurre a Nickel.
Non era particolarmente lucida e si sentiva come se una
schiacciasassi le fosse passata sopra dieci volte, ma
continuò a ripetere “Mi
dispiace, mi dispiace”, o almeno a provare a farlo con quel
filo di voce che
riusciva a far uscire. A un certo punto ebbe l’impressione di
non star
emettendo alcun suono ma continuò a dirlo lo stesso, decisa
a far intendere
quel suo messaggio e sperare che in futuro sarebbe riuscita a farlo
arrivare a
tutti, anche a Soundwave e anche a…
Dov’era Dreadwing?
Continuò a ripetere “Mi dispiace”
finché la stanchezza la
trascinò nel buio caldo e avvolgente della ricarica.
Aveva proprio bisogno di dormire.
Dopo vari minuti di tensione, Tarn
permise a se stesso di rilassarsi almeno
un po’.
«Prognosi?» domandò a Nickel.
«Il fatto che si sia svegliata significa che non
andrà
offline per un altro crollo improvviso. Al momento è in una
fase di comune
ricarica» rispose la minicon, indicando gli schermi di certi
macchinari «Il che
è normale. Inoltre ha parlato, il fatto che le sue
condizioni mentali non
sembrino causarle afasia è positivo anch’esso. Non
sono sicura che sapesse dove
si trova e con chi…»
«Mi ha riconosciuto» disse rapidamente Tarn
«Prima che ti
svegliassi. Ha detto il mio nome e mi ha toccato il viso, o meglio, la
maschera».
«Anche questo è un buon segno»
annuì Nickel, tornando a
guardare Spectra «Però non significa che sia tutto
a posto, immagino che te ne
renda conto. Dovrò informare il suo compagno di vita che non
ho la minima
intenzione di farle lasciare questa astronave in tempi brevi, anche se
si è
svegliata: era vicinissima a finire offline solo poche ore fa, bisogna
continuare
a seguirla da vicino e in modo costante. Mi auguro per lui che arrivi a
capirlo».
«Se non ci riuscirà da solo darò il mio
contributo perché lo
faccia» replicò Tarn «Puoi contare su
questo».
“Non ne dubitavo guarda” pensò Nickel.
«E il colpo che ha
preso ha danneggiato parecchio il suo regolatore di temperatura, ho
dovuto
mettergliene uno nuovo ma ci vorrà un
po’perché si installi a dovere. Quando in
futuro potrà uscire almeno dall’infermeria
consiglierei che lo faccia avvolta
in una coperta termica o qualcosa di simile, così che resti
più costante».
«Sarà fatto. Altro?»
«Il mio pensiero non va solo alle sue condizioni fisiche,
penso che tu lo sappia già. Eravamo lì tutti e
due quando ha cercato di farsi
uccidere, perché è di questo che si è
trattato, e non vorrei che cerchi di fare
il bis» disse la prioniana, schietta come suo solito
«Quindi va tenuta d’occhio,
ma in tutto questo bisogna cercare di non farla sentire
un’invalida pazza senza
speranza: peggiorerebbe la situazione. Bisognerebbe anche capire di
preciso
perché ha fatto quel che ha fatto, sperando che ne voglia o
ne riesca a
parlare, e partendo da quello cercare di darle dei “punti
fermi”. Forse il suo
compagno di vita riuscirà ad avere risposte da lei
più facilmente?...»
«Il compagno di vita dal quale aveva così tanta
voglia di
tornare da preferire l’idea di correre rischi maggiori
restando in qualsiasi luogo
non fosse la Nemesis?» commentò Tarn «Si
può provare, ma ho qualche dubbio in
proposito».
«Non sei il solo. A meno che l’altro-»
«È stata insieme a
“l’altro” per oltre un mese, ormai, e il
risultato ce l’hai davanti. Di sicuro non è stato
utile» sentenziò il
Decepticon «E in ogni caso la persona in questione
è nella nostra Lista. Inoltre…
se quando ci siamo incontrati
giorni fa non fosse stato così svelto a portarla via, ci
sarebbero state meno
probabilità che lei riuscisse a farsi ridurre in questo
modo».
«Non dai per scontato che non sarebbe successo».
Tarn scosse la testa. «Non si finisce ad avere certi
pensieri di punto in bianco, forse nella sua mente quel
“qualcosa” sarebbe
scattato lo stesso, però avrebbe avuto meno occasioni di
provarci».
Nickel si chiese se anche il suo comandante fosse stato vittima
degli stessi “demoni” anche in situazioni dove altri non avevano cercato di proposito di portarlo a un simile stato. Ricordava le immagini che
Bustin le aveva mostrato e
anche quello che aveva visto di persona, e non era raro che le vittime
di una
barbarie come l’empurata -non solo menomate, ma anche
trattate come appestate
indegne di appartenere alla società o al cosmo stesso-
fossero state soggette
anche a depressione e tendenze suicide; si poteva dire che ne avessero
ben
donde. Aver subito una cosa simile spiegava in parte anche la
teatralità di
Tarn in determinati contesti, mostrando a se stesso e al mondo il
cambiamento
che aveva fatto, di certo grazie a Megatron. Ecco: quello avrebbe
spiegato da
cosa derivava davvero
così tanta
devozione, non solo da un ideale in cui rispecchiarsi ma da qualcosa di
molto
più personale, alias il pensiero di dovere la propria vita a
un singolo individuo…
che lo vedeva come fumo negli occhi.
Era una cosa triste quanto pericolosa, ancor più pensando
che non era già venuta a galla era solo per qualcosa di
molto simile a un
favore personale fatto a lei.
«Capisco, mi sembra sensato» disse la minicon
«Ascolta, tu
prima mi hai detto che Kaon si era stabilizzato subito, giusto? Lo
è abbastanza
da essere trasferito qui? Dato che lei ora è messa
così posso e voglio
occuparmi anche di lui».
«Chiederò conferme a riguardo ma penso che sia
fattibile. A
petto, braccia, mani e antenne hanno già lavorato».
«Alias quel che gli serve per sopravvivere stando almeno
seduto dritto e per gli attacchi elettrici, quando si
sveglierà».
Tarn non negò. «Naturalmente bisogna lavorare
anche al resto
ma quelle sono le due cose più fondamentali in questo
momento».
Nickel fece un breve sospiro. «Anche questo ha
senso».
«Hai detto che non dovrebbe avere altri crolli che
potrebbero ucciderla, giusto? Se è così, se ne
sei sicura, allora forse è il
caso che tu torni a riposare qualche altra ora, o potresti finire ad
aver
bisogno del medico a tua volta, Nickel» la avvertì
il Decepticon «Ho notato che
gli orari in cui si fa vivo il suo compagno sono sempre quelli, tu
avresti modo
di essere presente quando arriverà».
«Dici di me, ma tu quanto tempo di ricarica hai fatto da
quando lei è qui dentro, se sei
mai
andato in ricarica -cosa di cui mi permetto di dubitare? Tu sei stato
qui
davanti per tutto il tempo, se ti sei mosso è stato solo per
andare a
controllare le condizioni di Kaon» disse Nickel, guardandolo
severamente
«Ammettilo».
«In realtà non è esattamente
così, mi sono mosso anche per
andare a prendere questo» replicò Tarn, tirando
fuori un datapad da uno
scomparto «L’amministrazione non poteva restare
indietro, dunque tra un crollo
e l’altro, tra una visita a Kaon e la successiva, ho cercato
di stare in pari.
Credo che continuerò anche adesso».
«Non credo di voler commentare questa cosa».
«Negli ultimi tempi non sono mai riuscito a fare
più di due
ore continue di ricarica, non fa granché
differenza» ribatté
Tarn «E in ogni caso sai già che di
mio non
dormo granché. L’ultima volta in cui sono riuscito
a fare sei ore filate di
ricarica è stato...» diede una breve occhiata a
Spectra «Qualche vorn or sono».
«Ecco un motivo per cui volevi ritrovarla, ti concilia il
sonno... basta che poi non debba svegliarvi io di nuovo!
D’accordo» cedette
Nickel, prima che lui potesse rispondere «Non
andrò in ricarica perché non
credo sia il momento, ma l’idea di poter fare almeno una
breve doccia calda mi
andrebbe a genio. Farò presto e ora che dorme non dovrebbe
capitare niente, ma
se tu vedessi qualcosa che non va-»
«Ti chiamerei. Ovvio».
Dopo un’ultima occhiata a Spectra, a Tarn e al datapad con
la burocrazia, Nickel uscì e in pochi passi raggiunse la
propria stanza e poi
il bagno. Toltasi tutte le parti di armatura che era possibile
rimuovere,
accolse il getto di olio caldo della doccia con un lungo sospiro di
sollievo.
“Spero davvero che si riprendano entrambi”
pensò riferendosi
a Kaon e Spectra “Se penso che quando Tarn ha deciso di
venire qui eravamo
tutti convinti che sarebbe stato facile… invece da quando
abbiamo fatto rotta
verso questo pianeta siamo finiti in un disastro dopo
l’altro: prima non
riuscivamo ad andare via da Pettinathia, poi abbiamo rischiato di
restare
intrappolati per sempre dalla strega, e ora ci si è messo
quella bestia di
Specter maschio… e Bustin”.
Forse un giorno sarebbe riuscita a sentirsi indifferente nei
confronti dell’altro minicon, invece che arrabbiata e
confusa, ma non era
quello il giorno. Anche con tutti i pensieri che aveva e con la
prospettiva del
doversi occupare di due pazienti, non riusciva a impedire che una parte
del suo
processore andasse a lui, non in senso positivo. Magari non riusciva
ancora ad
accettare l’idea di essere stata la fidanzata di un testa di
cazzo, perché per fare
ciò che aveva fatto e stava facendo doveva esserlo per forza.
“Magari è diventato così dopo la
distruzione della nostra
colonia e quando stava con me non… aaah, ma chi voglio
prendere in giro?! Mi ha
detto in faccia di avermi abbandonata, e Prion in quel momento non era
ancora
distrutta, se questo non è un comportamento da testa di
cazzo non so cosa possa
esserlo! Ricordando quel che è successo nella foresta forse
è vero che non
toccherebbe me, anche in Antartide
avrebbe potuto spararmi e non l’ha fatto, ma non cambia il
resto”.
Certi incubi che aveva fatto -alcuni dei quali ancora
perfettamente impressi nella sua memoria dopo vorn e vorn-
probabilmente
avevano cercato di dirle qualcosa, segno che forse in qualche recondito
meandro
della sua coscienza aveva sempre saputo di cos’era innamorata
ma aveva scelto
di non vederlo per vari motivi, in primis che con lei si fosse sempre
comportato a meraviglia. Con la sua attuale
“famiglia” di assassini più o meno
cannibali in fin dei conti stava facendo lo stesso: evidentemente aveva
quella
tendenza.
Finita la doccia e rindossati i pezzi di armatura, tornò ad
accantonare -ma non a far sparire, ahilei- immediatamente le sue
faccende
personali: c’erano dei pazienti che avevano bisogno di lei e
che in quanto
membri del gruppo avevano la precedenza su qualsiasi altra cosa, sempre
e
comunque.
***
La lucidità di Spectrus non era al cento per cento in quel
momento, e tantomeno la salute, sebbene si sentisse decisamente meglio
rispetto
a prima - un “prima” che ora il suo orologio
interno suggeriva essere collocato
negli ultimi due giorni.
Aveva iniziato a perdere il senso del tempo poco dopo che
Bustin, in seguito alle cure che gli aveva prestato seguendo le sue
indicazioni, aveva provato a montare il braccio di Wheeljack. Poco dopo
aver
iniziato, Spectrus aveva iniziato a sentirsi in un modo che definire
“poco
bene” era un eufemismo. Se fosse stato una persona meno
razionale avrebbe
pensato che Wheeljack gli avesse mandato una maledizione
dall’aldilà ma, dato
che invece era razionale, aveva concluso che tutto ciò fosse
imputabile a una
qualche infezione.
Di quanto era accaduto in seguito non riusciva a ricordare
granché, aveva solo sprazzi di memorie miste ad
allucinazioni più o meno lunghe
e definite. Inizialmente erano state deliranti, fatte di elefanti rosa
con la
testa di Bustin che suonavano la tromba, poi erano diventate perfino
gradevoli
quando aveva sognato di un… matrimonio
aperto?... con una nobile, giovane, bella e ricca seeker mai
vista prima di
nome Redwing, ma poi il tutto aveva preso un’altra piega
quando era comparso
suo padre.
Ricordava solo alcune parole qui e là…
“Figlio-”
“Errore-”
“… stringere alleanze,
tu invece-… nemici su nemici-”
“Fallimento!”
Ma ricordava anche di aver risposto con qualcosa sulla
falsariga di “Sei morto, chi se ne frega di te”.
O forse aveva risposto proprio in quella maniera molto
sentita e del tutto onesta rivolta a un
genitore per il quale da tempo aveva smesso di nutrire il
benché minimo sentimento,
e naturalmente non aveva ricominciato ad averne quando aveva saputo che
il
massacro della sua famiglia non era stato ordinato da Megatron.
Quando aveva rincontrato Starscream per la seconda volta e
aveva cercato di farlo fuori gli aveva detto “Per mio padre,
per mia madre, per
tutta la mia famiglia, ma soprattutto per la MIA
vita rovinata a causa TUA”,
ma lo sapeva per certo: in quella frase aveva incluso il padre per una
questione di rispetto verso il “sangue” -nobile- in
comune, non di lui come
persona, né tantomeno per una questione d’affetto.
Il sangue era la stessa ragione per cui aveva deciso di non
abbandonare Spectra in un cassonetto come avrebbe dovuto fare, in fin
dei
conti.
A proposito di Spectra, ora che riusciva a formulare
pensieri sensati e compiuti poteva constatare di trovare fastidioso il
modo in
cui il suo destino e quello della sua cara sorella si erano legati
anche in
quell’occasione: forse l’aveva uccisa, di quello
non aveva ancora la conferma, ma
anche lui era andato un po’troppo vicino a fare la stessa
fine.
Era stato sincero anche quando le aveva detto che
condivideva l’idea di non voler avere niente in comune -oltre
a quel che
purtroppo si ritrovavano a condividere geneticamente- con
un’imbecille simile,
e anche su tutto il resto, dal giudicarla quale un’egoista
ingrata che si
fingeva meglio di quel che era al ritenerla una codarda per aver deciso
di
rinunciare alla vita. A dirla tutta aveva trovato seccante che nel
darle quel
che secondo lui meritava avesse fatto quello che lei
aveva voluto.
Avvertendo un movimento alla sua destra voltò la testa in
quella direzione.
“Dori me
Interimo, adapare
Dori me
Ameno Ameno
Latire…”
Due Bustin quasi sovrapposti erano vicino a lui, avevano un
mantello color nero e oro col cappuccio e lo stavano fissando mentre
“Ameno”
veniva riprodotta in sottofondo.
“Latiremo
Dori me
Ameno!”
Riguardo la presenza di un gemello di Bustin aveva qualche
dubbio ma non credeva che il resto fosse un’allucinazione
considerando che si
era trovato davanti quella scena, identica, almeno un paio di volte
mentre si
trovavano in Messico.
Rigorosamente in piena notte.
“Omenare imperavi
ameno
Dimere, dimere matiro…”
In quelle occasioni ricordava di aver guardato il suo
coinquilino, aver commentato con un “Bah” ed essere
tornato in ricarica senza
prestargli ulteriore attenzione, stavolta però nonostante la
stanchezza non
poteva permettersi un lusso simile.
«Tu e il tuo gemello dovete piantarla»
sbuffò.
«Ti pare il modo di trattare tua moglie e tuo
cognato?»
sospirò Bustin. «Ieri mi hai scambiato per una
femme di taglia normale e ho
dovuto nascondermi nell’impianto di aerazione, sappilo.
Più che altro mi chiedo
se davvero sia utile raccontartelo visto che non so come sei
messo… quanto fa
due più due?»
«Quattro. E mi rifiuto di credere di averti scambiato per
una femme» aggiunse Spectrus, che avrebbe tanto voluto
massaggiarsi la fronte
ma, sfortuna sua, senza braccia non poteva farlo «Tantomeno
di taglia normale,
per diventare alto anche solo come l’ingrata invalida
aspirante suicida dovresti
crescere di oltre… un te stesso e mezzo…»
borbottò, cercando di mettersi almeno a
sedere.
«Vacci piano, non so se te ne sei accorto ma non sei messo
bene» lo avvertì il minicon «Anche se
adesso ci sei con la testa… gemello a
parte s’intende. Bene, cominciavo a pensare che le medicine
non sarebbero
bastate, invece stai migliorando».
«Che mi sono perso?» domandò il mech,
debole a livello
fisico ma sempre fermo nella sua volontà di stare al passo.
«Niente di nuovo né dai Decepticon né
dagli Autobots» disse
il minicon, volando a sedersi sulla sua spalla destra
«È vero che i Decepticon
stanno cercando di costruire un Omega Lock ma non è qualcosa
che si faccia in
un giorno, né in due o tre, né in una settimana
se è per questo. L’unica cosa
nuova è che ho capito perché il tentativo di
metterti il braccio di Wheeljack
ha fatto questo effetto: ho trovato dei residui di colla di valvola che
non
avevamo pulito! Sono riuscito a fare un paio di analisi».
«La DJD allora è passata da Pettinathia una volta
o più prima
di venire qui» commentò Spectrus
«Perché ad appiccicare Wheeljack alla montagna
sono stati loro e so per certo che quella roba non è in
vendita sul sito di
Extranet».
«Non sarai al cento per cento ma stai riprendendo a capirmi
al volo, potrei commuovermi marito mio!»
«Se non la pianti con questa faccenda di marito e moglie e
soprattutto di strusciare la testa sulla mia guancia ti prendo a sberle
anche
se non ho le braccia!»
«E se in quel posto magico che è la Florida un
uomo senza
braccia è riuscito a pugnalare un turista, non stento a
credere che possa
riuscire anche tu a fare altrettanto» replicò
Bustin.
Specter alzò gli occhi al soffitto ma non si curò
di
rispondere, anche perché il nano era effettivamente tornato
a stare fermo e
composto. «Dici che quella città è
ancora in piedi?»
«Lo è senz’altro: nel caso abbia bisogno
ha un buon sistema
di difesa e una
famiglia a dare un po’di
sostegno. A proposito di famiglia, cosa mi dici riguardo la
tua?»
«Morta, se il colpo è andato a segno».
«Metti che invece non sia così e che tua sorella
sia ancora
viva» ipotizzò il minicon «In
considerazione dell’averla definita “aspirante
suicida”, proveresti ad aiutarla ancora una volta?»
Al mech non piacque il termine “aiutarla”, che
sembrava
ricalcare il pensiero avuto poco prima. «Presumo di
sì».
«“Presumi”?» ripeté
Bustin.
Spectrus rimase in silenzio per qualche secondo. «Non ho
esitato a infilzarla» disse «Era quel che volevo
fare da un pezzo e quindi ho
colto l’occasione, sarebbe stato stupido non farlo».
«Ma?...»
«Ma che lei per prima fosse arrivata a riconoscersi quale
l’essere inutile che era e a buttarsi via quasi come se nulla
fosse, fa sì che
io non abbia potuto trarre particolare soddisfazione
dall’ucciderla. Anche
adesso all’idea che sia morta penso “Sì,
è offline, ok, benissimo, ma non le ho
tolto niente di cui le importasse”. Se avesse mostrato
più attaccamento alla
vita sarebbe stato perfetto, invece così mi viene in mente
che nelle condizioni
in cui era ridotta le avrei fatto più male lasciandola
vivere che sollevandola
dalle sue miserie come ho fatto. Se ci penso trovo molto più
soddisfacente
averla distrutta e averla quindi fatta arrivare a tal punto per
“paura di fare
del male agli altri e diventare come me” che
l’averla -forse- terminata in sé. Capisci
che intendo?»
«Il destino peggiore per una persona non è sempre
la morte,
se questa persona non capisce il valore di una vita ben vissuta e crede
di non
avere niente da perdere: su questo non ci sono dubbi»
concordò il minicon
«Quindi?»
«Quindi, che sia morta o viva, sarebbe inutile perdere altro
tempo con quella deficiente. Per il momento. Se ne riparlerà
nel caso, oltre a
essere ancora viva, in futuro riesca a essere felice e io venga a
saperlo»
concluse Spectrus, costretto a socchiudere gli occhi per un capogiro
«Io invece
devo iniziare a pensare a qualcosa che alla fine di tutto comprenda una
nave
per noi» continuò Spectrus «Fosse anche
temporanea prima di procurarcene una
nuova. Il modulo per l’iperspazio di questa non è
riparabile, così mi dicevi. Voglio
che colpisca anche più gente possibile, e possibilmente
dev’essere anche
qualcosa che faccia molto male a quel coso
violaceo con i mini Megatron a corrergli nel processore al posto degli
heliocriceti».
Il pensiero di Bustin corse alla registrazione di Megatron
che aveva fatto ascoltare anche a Nickel, e proprio per Nickel scelse
di continuare
a fingere di non possedere nulla del genere.
Se avesse deciso di giocare quella carta sarebbe stato tutto
ridicolmente semplice, perché quel che Spectrus aveva
immaginato qualche tempo
prima si sarebbe avverato quasi di certo: un omicidio
generalizzato/suicidio a
opera di Tarn, con buona pace di tutti -o meglio, con buona pace sua e
di
Spectrus. Il problema era che una cosa simile avrebbe finito per
coinvolgere
anche Nickel, e provare a rapirla prima avrebbe solo generato problemi
obbligandolo a tenere anche lei legata in uno sgabuzzino proprio come
il
compianto Bernie, cosa che Bustin non voleva affatto.
«Io direi di stare a vedere come si mette la situazione e
starcene
buoni fino a quando ti sarai ripreso, avrai di nuovo un nuovo braccio e
avrai
preso dimestichezza con la nuova parte del corpo, Specter,
perché qualunque
cosa tu voglia fare dovrai essere fisicamente a posto… o a
posto per quanto
possibile. Vedi ancora il mio gemello?»
«Ne vedo due, tra un po’avrai più cloni
tu di quanti ne
avesse Cell, e che per colpa tua ormai conosca Dragon Ball Z abbastanza
da
citarlo è preoccupante».
Magari era preoccupante anche il fatto di riuscire ad
ammettere a se stesso, ma soprattutto
davanti a un’altra persona -ossia Bustin- di non essere in
condizioni di fare questa
o quella cosa. Da un lato era meglio per il suo fisico, che in caso
contrario
avrebbe sottoposto a ulteriori stress che in quel momento non
servivano, dall’altro
però avrebbe potuto dargli da pensare: non era sicuro al
cento per cento se
definire la cosa un’evoluzione o un’involuzione.
Forse era meglio non
domandarselo affatto, concluse, perché non valeva nemmeno la
pena. Meglio concentrarsi
su altro, nello specifico sull’aiuto che gli aveva dato e gli
stava dando il miglior
peggior coinquilino mai avuto, che era innegabile.
Fece un lungo sospiro. «Nano?»
«Sì?»
«Perché fai tutto questo?»
«Istruirti sulla cultura pop di questo pianeta? Tecnicamente
non l’ho fatto io» disse Bustin facendo spallucce
«Hai assorbito le cose per
osmosi o perché ti sei interessato».
«Non mi riferisco a quello e credo che tu lo sappia
benissimo, come sai benissimo di non stare parlando con un
coglione».
«Vero» riconobbe il minicon, tornando ad
appoggiarsi contro
la testa dell’altro transformer e ignorando il suo
conseguente sbuffo «Più che
altro, come mai questa domanda all’improvviso?»
«Finora abbiamo parlato di quel che abbiamo già
fatto e di
possibili progetti futuri, dunque non è una domanda fuori
contesto. Siamo
andati via dal Messico un po’ perché era ora e un
po’ perché aveva iniziato a
scottarti sotto i
piedi, a dir tuo. Sempre
a dir tuo ti faceva comodo “uno grosso”
perché ti saresti potuto difendere
meglio, e hai detto che mi avresti aiutato in cambio di
quest’ultima cosa…»
«Cheee poi è quel che sto facendo» disse
Bustin, senza
scomporsi.
«Non ho detto il contrario, e tutto il resto può
anche
essere vero, ma se hai veramente bisogno di essere difeso allora
perché hai la
tendenza a viaggiare da solo, tra l’altro senza sapere
praticamente nulla di
medicina? Quando si viaggia da soli c’è sempre il
rischio di essere feriti e cose
simili, e da certi rischi non sei immune neanche tu.
Immagino».
«Certo che posso essere ferito come chiunque altro, in caso
contrario non mi sarei nemmeno curato di evitare di farmi sparare da
Ultra
Magnus in Antartide, per dirne una. Per quanto riguarda il resto, tu e
io
abbiamo già avuto una conversazione riguardo il destino,
giusto? Ho pensato che
non fosse un caso se un cybertroniano spuntato in Messico
all’improvviso aveva
intenzione di venire qui insieme a me, e scoprire che Nickel
è viva, sebbene
sia del tutto indifferente nei miei confronti» aggiunse,
mentendo «E non cambi
il fatto che per me il resto della sua squadra può
tranquillamente finire
offline, è stata la prima dimostrazione».
«Quello è stato un colpo di sfortuna, non
“il destino”»
replicò Spectrus «Non credo a questa roba e, per
quanto possa essermi tornato
utile, in futuro non dovresti farlo nemmeno tu. Ammetto
l’esistenza dei colpi
di fortuna e di sfortuna ma al di là di quelli ci si crea la
vita con le
proprie mani».
«E si finisce a perderle!»
Specter, pur barcollando e sentendosi bruciare per via della
temperatura interna troppo elevata, si alzò in piedi.
«Rischi del mestiere»
rispose, deciso a non dare alcuna soddisfazione al suo coinquilino.
«Dove vuoi andare?»
«Fuori. Siamo a terra, no? E ammesso che in questo momento
io sia “fuori servizio” credo che sia il caso di
dare al Team Prime, o quel che
ne resta, la lieta novella riguardo Bernie. Sentirti nominare Ultra
Magnus mi
ha fatto tornare in mente tutta la combriccola».
«E c’è bisogno di andare fuori? Se cadi
non posso tirarti
su, pesi come un roboyeti» gli ricordò Bustin,
aprendo comunque il portello
principale della nave dopo essere volato a prendere un datapad.
«I roboyeti non esistono, nano».
«Eppure ne ho uno davanti a me!»
«Nemmeno ti rispondo…»
Non sarebbe stata mia intenzione concludere il capitolo in
questo modo, tanto più dopo un mese di non aggiornamento
:’D avrei voluto
mostrare il Team Prime qui in fondo e Ratchet in precedenza, ma alla
fine ho
deciso diversamente, complice anche il fatto che il capitolo fosse
già
lunghetto.
Ringrazio come sempre chiunque mi stia seguendo ancora, eee
credo che a MilesRedwing non sia sfuggito il particolare che non doveva
sfuggirle xD alla prossima!
_Cthylla_
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