Cap
V
Mattina
Shisui
atterrò davanti al tempio Naka circospetto.
Nella sua ronda al distretto aveva percepito qualcuno lì
dentro. Poteva
trattarsi di un qualsiasi Uchiha, ma da un po’ era stato
imposto che dopo la
mezzanotte nessuno entrasse nel tempio. Chiunque si fosse introdotto
doveva
essere allontanato.
Il suo istinto
gli suggeriva di muoversi circospetto e
Shisui, senza ben sapere perché, si ritrovò ad
assecondarlo. Entrò silenzioso
come un gatto, sopprimendo la propria presenza e respirando senza far
rumore.
Dentro erano state accese delle fiaccole, che lanciavano coni di luce
sul
pavimento. Nella penombra vide una figura avvolta in un pesante
mantello nero,
la maschera che indossava lo mise subito in allarme. Sguainò
la sua spada corta
e si mise in posa difensiva.
“Chi
sei?”
Il suo ringhio
echeggiò tra le pareti del tempio, ma
la figura sconosciuta non sussultò. Lentamente si
voltò a fronteggiarlo, c’era
solo un foro sulla maschera e l’occhio che rivelava aveva un
iride che Shisui
conosceva molto bene.
“Sei
un Uchiha” considerò. “Chi sei? Che ci
fai qui?”
Era pronto a non
ricevere risposta, ma lo sconosciuto
parlò.
“Chi
sono non ha importanza. Per quanto concerne la
mia presenza… Sono qui per prendere atto di una grande
menzogna”.
La voce
dell’uomo era pesante, Shisui era certo di non
averla mai sentita. Ma conosceva tutti gli Uchiha che avevano
sviluppato lo
sharingan, era impossibile che non riuscisse a identificarlo.
Ignorò
le sue enigmatiche parole, il sudore freddo gli
colò sul retro del collo mentre realizzava di avere
probabilmente un nuniken
davanti a sé.
“Non
sei del Villaggio, vero?”
“No”
ammise lo sconosciuto come se non fosse un
problema rivelarlo. “L’ho lasciato molto tempo
fa”.
Cazzo, questo lo
rendeva davvero un traditore. Ma era
impossibile: da generazioni non esistevano nukenin Uchiha. Il clan era
così
geloso della propria linea di sangue da assicurarsi che non ci fossero
Uchiha
outsider a Konoha.
In tutta la
storia, ne era esistito solo uno.
Deglutì.
“Sei Uchiha Madara?”
Ci fu un lungo
silenzio da parte dell’uomo, forse era
riuscito a sorprenderlo. Poi lo sentì emettere un suono
strano, come un rantolo
soffocato. Si rese conto che stava ridendo amaramente.
“Ciò
che resta della sua volontà” ammise.
Shisui
cercò di non permettere alla sorpresa di
paralizzarlo. Anche se Madara avrebbe dovuto morire anni fa, era
comunque uno
dei più grandi shinobi della storia, insuperabile da
chiunque. Non era assurdo
che le sue capacità gli avessero impedito di invecchiare.
Ma, cazzo,
Uchiha Madara al villaggio. Non era una
buona notizia. Il panico iniziò a circolargli nelle vene.
“Sei
il nipote di Uchiha Kagami, vero? Ho sentito
parlare di te. Ti considerano l’Uchiha più dotato
di questa generazione”.
Shisui fu
riportato alla realtà dalle parole di
Madara, aumentò la presa sull’elsa e si
sforzò di muoversi per attaccare.
Madara dovette intuire le sue intenzioni.
“In
circostanze diverse mi sarei misurato con te
volentieri. Ma non sono qui per combattere, rilassati”.
Shisui non si
rilassò affatto.
“Allora
che cosa ci fai qui?” domandò aspro.
“Sono
qui per la conoscenza” disse e voltò la testa.
Shisui
seguì la direzione del suo sguardo e vide le
tavolette degli Uchiha, quelle che contenevano la conoscenza secolare
del suo
clan, ogni segreto dello sharingan. Le aveva lette quando aveva
sbloccato la
propria arte oculare.
“Che
cosa c’è che Uchiha Madara non conosce dello
sharingan?” chiese genuinamente confuso.
Madara rise
ancora. “Non mi interessa la superficie,
ma quello che ci sta sotto. Quello che solo certi occhi possono
vedere”.
Nel dirlo, lo
sharingan visibile dal foro della
maschera roteò su se stesso fino a
cambiare in una nuova figura geometrica. Shisui
fissò il Mangekyo di
Madara e, prima che se ne rendesse conto, anche i suoi occhi si erano
illuminati nel mostrare il suo Mangekyo Sharingan.
“Oh”
commentò lievemente impressionato Madara. “Le
voci sul tuo conto sono esatte. Sei davvero dotato”.
Shisui
disattivò lo sharingan e si maledì per aver
permesso che succedesse, non aveva intenzione di mostrare la sua arma
segreta.
Semplicemente qualcosa in lui aveva reagito d’istinto.
“Quindi
hai letto cosa nascondono le tavole” continuò
Madara.
“No”
rispose. “Gli anziani lo hanno vietato”.
Madara rise con
sprezzo. “Vedo che continuano a essere
vecchi sciocchi. Non importa, troveresti scritto soltanto il
più intricato e
antico inganno del mondo shinobi: l’illusione della
pace”.
Un campanello di
allarme suonò nella testa di Shisui e
la sola prospettiva lo fece sbiancare.
“Sei
qui per il colpo di stato?” soffiò.
Era impossibile
decifrare Madara con quella stupida
maschera.
“No.
Non ho più interesse nel clan o in questo stupido
villaggio”.
“E
allora cosa vuoi?” sbottò.
Madara si
fermò, come se fosse stato davvero colpito
da quella domanda. Il silenzio durò solo qualche secondo, ma
fu così pesante da
opprimere Shisui.
“Non
lo so” disse infine. “Ormai non
c’è più nulla,
tutto è solo una bugia. Non c’è
più modo di redimere questo mondo”.
Quelle parole
sembravano il preludio a una distruzione
e una realizzazione folgorò Shisui.
“Sei
stato tu, otto anni fa. Tu hai… liberato il
Kyūbi” balbettò.
Nonostante la
maschera ebbe quasi il sospetto che
Madara stesse sorridendo beffardo sotto di essa.
“Non
dire a nessuno che mi hai incontrato, Uchiha
Shisui” disse. “Se lo farai, ucciderò
personalmente tutti quelli che ami”
minacciò.
Il secondo dopo
sparì, come inghiottito nell’aria,
come un fantasma che non era mai stato lì. Solo quando fu
solo, Shisui si ricordò
di nuovo di respirare.
Mantenne il
segreto. Tanto nessuno gli avrebbe creduto
comunque.
**
Il sole
era
già sorto, ma per via delle alte montagne che circondavano
il rifugio non si
vedeva da nessuna parte. Il cielo era ancora nero quando Deidara
atterrò con il
suo gigante uccello d’argilla.
“Bene,
credo sia giusto dirvi che non sono dell’umore”
iniziò subito il bombarolo
incrociando le braccia al petto. “Kakuzo non vuole darmi i
soldi per comprare
altra argilla, quindi sono piuttosto arrabbiato. Tobi, per favore, ho
bisogno
di essere lasciato in pace, non iniziare a fare il
coglion…”
Obito lo
superò senza dire nemmeno una parola. Indossava la maschera
arancione, quindi
era per lo più impossibile capire quale fosse la sua
espressione, ma il
linguaggio del suo corpo teso, secco e curvo era abbastanza
comprensibile.
Obito era incazzato e non aveva voglia di scherzare nelle sembianze di
Tobi.
Deidara
lo
guardò incredulo – e anche un po’ offeso
– che l’Uchiha non si fosse messo a
chiamarlo senpai, a gridare,
supplicare per avere più dettagli sul suo cattivo umore per
poi insultare
insieme Kakuzo. Invece andò a sedersi in un punto in
disparte dello spazio da
viaggio che aveva creato per il volo.
Guardò
Konan, in cerca di spiegazioni. “Che ha?”
La donna
scrollò le spalle. “Ci sono state
complicazioni”.
“Almeno
abbiamo quella pergamena?”
“È
stata
recuperata” garantì.
Il terzo
e
ultimo a salire fu Naruto, l’espressione molto assonnata. Non
andò, come
sarebbe stato prevedibile, a sedersi al fianco di Tobi, per appoggiare
la
testolina su di lui e riprendere a dormire. Si mise invece dalla parte
opposta,
dando le spalle all’adulto.
“Le
complicazioni… cioè hanno litigato?”
domandò Deidara curioso.
Da
quando
era nella squadra – be’, da appena un anno in
realtà – aveva visto i due andare
solo d’amore e d’accordo, erano quasi disgustosi da
quanto si volevano bene.
Finalmente sembrava essere successo qualcosa di interessante.
Nessuno
gli
rispose, ma il silenzio teso era una chiara risposta affermativa.
Peccato che
nessuno sembrava voler aggiungere qualcosa in più, cosa che
lo infastidì. Il
silenzio prolungato era scomodo, non vedeva l’ora di
ripartire; inoltre era
abbastanza freddino la mattina così presto, specialmente tra
le montagne.
“Shisui
dove sarebbe?” sbraitò Deidara vedendo che dopo
Konan nessun altro stava
salendo sull’uccello di creta.
Finalmente
Tobi prese la parola. Ma il suo tono non era quello di un adolescente
spensierato e goffo, ma molto oscuro e serio. Deidara lo aveva sentito
raramente parlare in quel modo e mai rivolgendosi a lui.
“Il
ragazzo
ha un appuntamento galante” disse sprezzante.
“Partiamo senza di lui, ci
raggiungerà.”
Deidara
non
si mise a discutere e non domandò cosa intendesse. Il tono
definitivo era
abbastanza perché facesse prendere il volo alla sua creatura
di creta e chakra.
**
A
dispetto
delle sue previsioni, la mattina non piovve. Quando un raggio del sole
appena
nato lo colpì al viso, Itachi aprì gli occhi
osservando fuori dalla finestra un
cielo limpido e privo di nuvole. Kakashi era al suo fianco, gli occhi
chiusi e
il fiato regolare. Ma Itachi sapeva che il compagno si era svegliato
nel suo
stesso momento. Kakashi aveva uno dei sonni più leggeri che
conoscesse,
sembrava essere vigile dell’ambiente circostante anche mentre
dormiva.
Pur
sapendo
ciò, si rivestì il più silenziosamente
possibile. Erano comunque le cinque di
mattina, non era il caso di creare troppo chiasso.
Stava
per
andarsene quando avvertì delle dita aggrapparsi alla sua
maglietta. Si voltò,
vedendo Kakashi con gli occhi socchiusi e un sorriso appena
percettibile.
“Torna
vivo” disse l’Hatake con tono assonnato.
Itachi
sorrise. “Ovviamente”.
Il cuore
gli batteva impazzito per quello che stava per fare.
**
Naruto
emise un sospiro di sollievo quando vide la statua dell’uomo-che-faceva-la-linguaccia-a-bocca-aperta
avvicinarsi. Ame
era ormai la sua casa da quattro anni, ma la perenne pioggia era
qualcosa a cui
non si sarebbe abituato mai.
Poco
dopo
entrarono all’interno della statua, atterrando nel grande
spazio coperto. Fu un
sollievo non essere più colpito dalla pioggia, Naruto si
sentiva bagnato fin
dentro le ossa.
Pain li
stava aspettando, gli inquietanti occhi concentrici del rinnegan si
soffermarono su ogni membro che scese dal mezzo volante.
“Dov’è
Shisui?”
“A
un
appuntamento galante” replicò con stizza Obito.
Gli passò al fianco senza
guardarlo o togliersi la maschera. “Abbiamo recuperato il
Rotolo”.
Pain non
batté ciglio, la sua faccia rimase impassibile. La sua
inespressività
inquietava sempre Naruto, era così diverso da…
Nagato. Nagato gli sorrideva
gentile, mentre sospettava che Pain non potesse nemmeno farlo.
Attesero
che Konan li raggiungesse, poi i tre sparirono per analizzare il nuovo
bottino
ottenuto.
Deidara
lì
guardò allontanarsi e tirò su con il naso.
“Grazie
per
l’amorevole benvenuto” disse al nulla, ma poi
scosse la testa rassegnato e
guardò il bambino al suo fianco. Naruto era fradicio come un
pulcino. “Bagno
caldo, suona bene?” propose, anche lui scomodo nei vestiti
gelidi.
“Sì,
per
favore” pigolò Naruto.
“Così
magari mi racconti anche che cosa ha fatto da far incazzare
così tanto Tobi”.
Nonostante
il tono allegro di Deidara, Naruto non era molto entusiasta della
proposta.
**
Sasuke
era
concentrato mentre studiava uno dopo l’altro i vari rotoli.
Aveva passato tutta
la notte sveglio a pensare e ripensare quello che Naruto gli aveva
detto sullo
sharingan. Alla
fine era giunto alla
conclusione che l’unico modo che aveva per risolvere quel
dubbio era vedere
cosa era stato tramandato dal clan.
Appena
sveglio era sgattaiolato nello studio personale di suo padre e aveva
cercato
all’interno dell’archivio, sapeva che lì
dentro era tenuti tutti i segreti del
clan, compreso lo sharingan. Sapeva anche che potevano essere letti
solo da chi
possedeva l’arte oculare, ma ormai quello non era
più un problema.
A quel
pensiero si passò le dita all’angolo di un occhio,
pensieroso. Faticava ancora
a relazionarsi con il pensiero che finalmente aveva risvegliato lo
sharingan,
ma era stato così veloce, inaspettato…
“Sasuke,
cosa ci fai qui?”
Il
bambino
sussultò quasi facendo cadere la pergamena che aveva in
mano. Era inginocchiato
sull’ultimo cassetto di un grande armadio, i rotoli sparsi
attorno a lui come
testimonianza della sua malafatta.
Si
voltò
vedendo suo padre sulla soglia, era stato così concentrato
nella sua ricerca da
dimenticare quello che lo stava circondando. Che stupido errore da
principiante!
Abbassò
gli
occhi colpevole. Non sapeva se aveva o meno disubbidito a una regola,
ma il
semplice fatto che fosse lì senza permesso gli sembrava un
motivo sufficiente
per sentirsi in colpa.
“Io…
cercavo informazioni sullo sharingan” ammise.
Si
aspettava che suo padre lo rimproverasse, invece lo vide scuotere
soltanto la
testa con un misto di esasperazione. Gli andò al fianco e
raccolse le pergamene
che aveva lasciato in giro, rimettendo ognuna al suo posto.
“Ogni
buon
shinobi sa cercare da solo le informazioni che cerca,” disse
seccato, “ma in
questo caso avresti potuto rivolgerti a me. Cosa vuoi sapere di
specifico?”
Sasuke
non
aveva nessuna intenzione di sprecare quell’occasione.
“Come
si
sviluppa lo sharingan? Deve accadere qualcosa in particolare, o
avviene…
casualmente?”
Suo
padre
non lo guardò, continuò a rimettere ogni cosa a
suo posto mentre rispondeva.
“Raramente
qualcosa succede per caso nel mondo shinobi. Un Uchiha è in
grado di
risvegliare lo sharingan solo dopo aver raggiunto una forza sufficiente
a
padroneggiarlo. Soprattutto deve possedere abbastanza controllo sul
chakra da
bilanciare il suo utilizzo senza prosciugarsi all’istante.
Per questo motivo
non c’è un’età precisa in cui
si può svilupparlo e non tutti gli Uchiha lo
possiedono, dipende dalla forza del singolo”.
Sasuke
annuì fra sé. Questo era esattamente quello che
gli era stato insegnato per
tutta la vita, quello che aveva sempre saputo. Ma le parole di Naruto e
quello
che era successo il giorno prima davano un’altra spiegazione.
Sasuke sapeva di
non avere ancora un controllo sul suo chakra perfetto, doveva ancora
imparare
ad arrampicarsi correttamente sugli alberi senza usare le mani. Eppure
aveva
risvegliato lo sharingan.
“Molti
dicono di aver risvegliato il proprio in un momento in cui hanno dovuto
forzare
i propri limiti. Probabilmente è questo il fattore causante,
lo sforzo che
porta al risveglio” concluse suo padre.
Si morse
le
labbra, pensandoci su. Effettivamente aveva fatto uno sforzo a cui non
era abituato
per controllare il chakra incontrando Naruto, che lo aveva costretto a
saltare
sui tetti delle case. Aveva imparato a farlo in modo stabile solo in
quel
momento. E anche il piccolo scontro con Shisui, forse
l’adrenalina in circolo
aveva spinto il suo corpo oltre il limiti a cui era abituato.
“Mi
sembri
confuso”.
La
domanda
implicita di suo padre lo riscosse. Si morse le labbra, non sapendo
come spiegarsi
senza sbilanciarsi troppo, soprattutto senza rivelare troppo.
“Mi
è stato
detto che lo sharingan si sviluppa solo dopo un forte
dolore… emotivo”.
Quando
lo
disse non si aspettava di ricevere una reazione così
violenta. Fugaku chiuse di
colpo le ante dei cassetti, sbattendoli così forte che il
suono si sovrappose
con le sue parole.
“Dove
l’hai
sentito?” domandò gelido.
Sasuke
capì
immediatamente che non poteva dire la verità.
“Ehm…
credo
lo avesse detto qualche insegnante
dell’Accademia…”
L’espressione
di Fugaku si inasprì ancor di più, la fronte
aggrottata e le sopracciglia
strette fino a toccarsi.
“Dovrò
parlarne con il Sandaime. È inammissibile che permetti che
certe false
speculazioni girino ancora.”
“Non
è
vero?”
“No,
assolutamente. Questa era solo la teoria del Nindaime, era convinto che
il
nostro potere nascesse da eventi traumatici e per questo
fossimo… pazzi”.
Sasuke
sgranò gli occhi, incredulo. “Nindaime-sama
pensava questo di noi?”
Si
sentì
tagliare in due dallo sguardo che suo padre gli rivolse.
“Tobirama-sama
ci temeva e detestava. Aveva pregiudizi su di noi per via delle guerre
che
precedono la costruzione di Konoha”.
A quella
scoperta Sasuke si sentì annichilirsi, il proprio cuore
soffrirne. Il Secondo
Hokage, uno dei suoi eroi, una delle persona che cercava di imitare,
aveva
disprezzato il suo clan…
Fugaku
addolcì lo sguardo all’espressione dolorante di
Sasuke.
“Lo
sharingan non è una maledizione, gli Uchiha non sono
maledetti. Non permettere
a nessuno di fartelo credere”.
Il
ragazzino annuì, non sapendo come altro reagire. Si chiese
se fosse questo il
motivo per cui il suo clan sembrava incutere così paura nei
civili, paura che
spesso si era trasformata in disprezzo. Era perché un Hokage
li aveva
disprezzati?
Strinse
le
mani a pugno. Promise a se stesso che una volta diventato Hokage
avrebbe
dimostrato a tutti il loro errore.
“Oh,
papà”
chiamò corrucciando l’espressione.
“C’è
altro?”
Strinse
le
mani a pugno, cercando la sua determinazioni. Si sentiva in ansia a
porre
quella domanda, l’avvertimento dell’Hokage lo aveva
spaventato.
“Tu…
hai
un’ambizione?” chiese deglutendo.
Fugaku
non
batté ciglio. “Ogni bravo shinobi ha un
obiettivo”.
“Qual
è il
tuo?”
Si
aspettava che suo padre non rispondesse, invece la sua espressione si
fece più
solenne.
“Il
bene
del Clan Uchiha. Come capoclan mi è stato affidato il
destino di ogni Uchiha, è
mio dovere proteggerli e guidarli verso un futuro prospero. Non ho
altra
ambizione che questa”.
Era
sensato, perciò Sasuke annuì. Dalle parole di
Shisui aveva temuto che suo padre
avesse obiettivi pericolosi, ma era ovvio che Shisui si sbagliasse. Suo
padre
era una persona d’onore che si prendeva cura del proprio
clan, non c’era niente
di sbagliato in questo.
“Capisco,
padre” rispose con altrettanta solennità e lo
guardò con ammirazione. Suo padre
era incredibile.
Fece un
inchino pronto ad andarsene, non aveva altro da chiedergli. Ma quando
fu alla
porta sentì Fugaku richiamarlo.
“E
tu hai
già trovato la tua strada?”
Sasuke
pensò subito al proprio volto scolpito sulla montagna degli
Hokage, ma poi
l’immagine venne sostituita da un’altra.
Pensò a un bambino biondo che un tempo
portava i vestiti stracciati indossare ora l’uniforme di
Konoha.
Strinse
i
pugni.
“Sì,
ho un
obiettivo” garantì determinato.
Il suo
tono
deciso fece sorridere compiaciuto Fugaku, che annuì in segno
di rispetto.
“Tienilo
sempre a mente e non tentennare mai. Finché il tuo cuore
sarà saldo nella tua
scelta, la strada sarà quella giusta”.
Sasuke
si
ritrovò a sorridere, il suo stomaco caldo davanti
all’approvazione del genitore
che ammirava tanto. Ora più che mai si sentiva determinato a
raggiungere il suo
obiettivo.
Avrebbe
riportato a casa Naruto e solo una volta riuscitoci sarebbe diventato
Hokage.
Scusate
il
ritardo ;__;
Prometto
che a breve aggiornerò le altre fan fiction ma la vita mi
sta davvero asciugando
tutto il mio tempo T_T
Vi
ringrazio per aver aspettato e per essere ancora qui <3
Hatta.
|