Chapter 16
Chapter 16
Un anno e nove mesi prima
"E' davvero assurdo che tu sia ancora qua, non è..."
"Una cosa fattibile? Concordo, eppure guarda. Lui come loro,
è
riuscito a usare la carta della colpa, i cavolo di sensi di
colpa, per convincermi. E ha pure
pretese...."
Lia rispose ad Alaric, di fronte a lei, nel tavolo di quella che doveva
esser una sala mensa. Ma sembrava un posto squallido e mal curato.
La risposta di Jd, quando si sedette accanto a lei, fu che Milan non
girava mai per l'edificio, non mangiava con loro e controllava le
condizioni
di certe parti dello Chateau. Una cosa che lei non comprendeva. Aveva
scoperto che l'edificio era stato rinnovato, ma nessuno puliva e il
tempo, i fumi e lo sporco si attaccavano all'intonaco mutandolo in
beige e poi più scuro, col tempo. I pavimenti neanche a
dirlo.
Lubo rispose che da quando iniziarono a inseguire quei tipi per tutto
il paese, Il Leader non aveva più prestato attenzione a loro
e
dove vivevano. Le altre aree di nuova costruzione non lo vedevano da
tempo, la zona cucina e spazi come quella sala, non venivano da lui
controllate perchè di fatto abitava piani sopra, luoghi dove
invece vi era pulizia, ordine e gusto. E come mangiava? La cucina era
parzialmente utilizzata da quella donna che aveva conosciuto. Tra le
mansioni, era le a preparare i suoi pasti e quelli di Milan, ma sono
con attrezzi e stoviglie di suo utilizzo.
Perchè allora, chiese, se
siete militari e vivete con le regole di disciplina e organizzazione,
sembrava un ritrovo di tossici e malavitosi di quart'ordine? Semplice,
disse Jd. Ammise che la colpa era anche loro, dei Capitani,
perchè chiedevano rispetto degli orari e le
attività
quotidiane, ma avevano voglia rasente lo zero di interessarsi
al
resto, se non per i propri spazi.
Loro pulivano e tenevano in ordine i
loro alloggi, distanti da quelli degli altri, ma per il resto si era
accocolati sugli allori. L'importante era che vi fosse disciplina e
correttezza nel lavoro. Lubo pose fine al discorso di Jd in quel modo.
Bene, rispose lei, quindi vi va bene quelle scene e questo squallore,
oltre che inutilizzo e poca pulizia.
Ma fare il proprio
dovere di militari non è un obbligo? E non vi sentite uno
schifo
addosso, dopo l'esservi seduti su quei posti, quei tavoli, camminato in
quegi ambienti così sporchi da far paura? Con batuffoloni di
polvere aggrappati a qualunque superficie e che svolazzano sui
pavimenti, così grossi e sporchi da competere per dimensione
ai
gatti? La disciplina la mettete solo per queste cose? I militari non
era quelli così pignoli da far paura alla peggior massaia,
madre
tiranna del mondo per pulizia, ordine, attenzione a ogni minima cosa e
pulizia personale e degli ambienti?
POse quella domanda attenta a non
toccare molto, chiedendosi quali malattie esistenti potessero esserci
in quelle tazze, posate in metallo contro i piatti di plastica usa e
getta. Non era mai stata in vita sua in un posto così
deprimente
e triste, indicando menefreghismo.
"Cosa hai, sempre quella fobia dello sporco?" strafottente, mentre
beveva da una bottiglia di birra
"Sei simpatico come un'unghia incarnita. La mia non è fobia,
semplice prevenzione..."
"Non hai detto che in macchina con quel tipo hai avuto un litigio
proprio per i germi e sporcizia?"
Lia sospirò e scuotendo la testa, si guardò
intorno. Ma
poteva anche non farlo, quasi nessuno da quello che sapeva andava in
quegli ambienti, il concetto di mensa e cucina non era contemplato.
Raramente alcuni lo usavano per avere un posto tranquillo dove parlare
liberamente, e lei lo trovò ancora più squallido.
Ognuno
cucinava per se o in piccoli gruppetti, in piccoli cucini nelle stanze
come le celle di una prigione, o consumavano pasti
preconfezionati militari. NOn a veva voluto assaggiarli, odiava
già abbastanza la non cucina della sua famiglia che, a
parere
suo, non sapeva nenahce mangiare, vivendo in una regione famosa per il
cibo meraviglioso dall'antipasto ai dolci. Eppure lei non ne mangiava
mai. Sempre roba pronta, sugo in barattolo, roba surgelata e altre
schifezze che non amava. Tranne se aveva cioccolato, allora quello non
era male.
"Non so come facciate a bere e mangiare qui dentro, figuriamoci
cucinare. Non voglio sapere nemmeno come è ridotta la cucina
senza utilizzo. Cosa siete, carcerati che avete cucina e frigo nelle
camere? Guarda questa stanza... " indicando l'ampio ambiente suddiviso
da tavoli e panche "e state lì a scartabellare cibo precotto
che
già a guardarlo fa venire la nausea. Se non fosse stato per
quelle barrette al caramello, frutta secca o fresca, avrei
patito la fame...."
"Che vuoi, siamo in pochi a usare lavastoviglie e piatti e
posate. Siamo civili, vedi?" indicando il piatto con dentro le posate
alla rinfusa e intorno carte e involucri del cibo militare.
Stava pensando ad altro ma lasciò perdere, quando era
arrabbiata usava le parolacce per indicare meglio il suo scontento e a
quanto pare a JD non piaceva sentirle.
"Si, siete chef! Resta il fatto che qui è un porcilaio e mi
chiedo se vivete così anche quando tornate in famiglia..."
"Credi che altrove sia diverso? Ragazza, tu non sai là fuori
come è stato vivere in tende o posti come questo,
perchè
dovevo stare là, dividendo i pochi bagni con centinaia di
altri,
una cuccetta ta tante in una stanza con più persone, zero
intimità e mostrare uniforme e tutto l'equipaggiamento
sempre
pulito mentre a turno bisognava pulire e sistemare controvoglia,
sapendo che dopo pochi minuti il turno che andava in pausa risporcava
tutto."
"Quindi perchè eri abituati a vivere allo stesso modo, non
vuoi stare meglio e sentirti meglio cambiando le cose?"
"A me non piacciono le pulizie di casa in generale, al
massimo lo
faccio fare a qualche altro previo pagamento. Insomma, mi godo la mia
carica facendo fare agli altri, credono di guadagnarci, e godendomi il
tempo libero. Il resto... che s ela vedano loro. Io sto bene dove
sto..."
"Che bel modo di pensare. Come l'altra gente là fuori ed
ecco
che tutto va da schifo. Per la gente con un cervello... sono loro a
soffrirne poi. Ma seriamente " guardando Lubo e Jd "a voi due va bene
questo? POssibile che non ci sia nessuno che..."
"E di nuovo. Te l'ho già detto. Tutti noi veniamo da
addestramenti e lavoro per questo o quel gruppo, che sia governativo
o per nostra richiesta in privati. Ma vuoi sapere una
cosa? Milan resta nel suo orticello di belle cose, ben puliti, con
abiti di ottimo prezzo... mentre noi siamo un pò stanchi di
una
vita dove dobbiamo sempre dare e non riceviamo niente. Mi pagano per
cosa so fare, dò quanto devo perchè riceva i
soldi...
Basta. Se non lo avessi ancora capito, noi siamo un'accozzaglia di
gente da tutto il mondo, che è stata assunta qua per un
progetto che non
sappiamo neanche se riusciremo mai a mettere in cantiere. Si, il Leader
è un grande ed è riuscito dove altri hanno
fallito, ma
siamo sinceri. Nessuno sa di noi, nessuno lascerà un
monumento o
altro con i nostri nomi, nessuno ci ringrazierà uno ad uno
per
cosa abbiamo fatto. Eppure io come altri ho rischiato la pelle e l'osso
del collo in zone di guerra e finite nel cesso, dove vivevamo male,
non come qui, ma ci stiam momento un pò di pace.
Andavamo avanti con cosa avevamo, ci davano, sperando che non fosse
l'ultimo giorno di sole. NOn puoi immaginare cosa ho visto, quanta
gente morta in modi orribili e che nessuno sa nemmeno fosse
là,
per aiutare e scacciare quella merda che ancora..."
"Alaric, per favore..." si intromise Jd "quello che vuole dire
è che siamo un
pò sottotono, come hai giustamente detto nella Sala delle
pianificazioni e prima, quando ci siamo incontrati. Siamo demotivati,
ecco. Milan ci ha dato e
fornito tutto ciò di cui avevamo bisogno, ma stava a noi
gestirlo e provvedere al resto. Come ha detto Lubo, non controlla o
visiona nulla. Sa che non esiste la mensa, serivizi di pulizia e
manutenzione. Ma lo capisco anche, è più quotato
in
politica e relazioni sociali, per questo impegno gravoso che si
è
preso da trovare difficile la gestione di tutto questo. E non
ne è bravo. E così
lascia tutto in mano a noi. Siamo colpevoli lo so, ma come hai capito
anche noi andiamo in giro o siamo impegnati. Abbiamo un gruppo di
addestramento, un altro per..."
"Ok, basta. QUindi mi state dicendo che lui ha una sorta di segretaria,
i piani superiori solamente suoi e gestiti in una certa maniera, mentre
il piano inferiore dove siamo, del corpo principale, e gli altri sono
lasciati... agli occupanti. Nessun controllo, gestione, regole di
condotta oltre quelle normali trovabili ovunque ma...
"e non vi pesa vivere come rifugiati trasandati e alla
buona?"
"invece di parlare di queste cose, dicci!" INiziò ALaric
furibondo "parlaci di quando ti vedremo di nuovo percorrere il
sentiero fino al cancello per andartene. Era questo che
volevi fare,
no? Già ti vedevo allontanarti, eri un puntino...!"
"Si, anche io non sono contenta, ma per Milan devo ricambiare cosa
è stato fatto. E comunque tranquillo, se quell'uomo non
riesce,
non mi vedrai più per davvero. Potrai crogiolarti nel tuo
letame
dove ti senti a casa, e morire incrostato di schifo e stronzaggine. Mi
domando
però come facciano le donne che frequenti a non avere da
dire..." con un sorriso beffardo, sistemandosi sulla sedia con una
gamba accavallata sull'altra.
"Cosa! Tu che ne sai..."
"Ma se ne parlano tutti!" disse lei fissandolo malamente "Alaric, forse
non te ne frega, ma passando con Milan e Jd per i corriodio o i luoghi
che considerate casa, ma sono lerci peggio di una casa di senzatetto,
poveretti loro, ho sentito discorsi allucinanti. E, se sono abituati a
parlarne mentre io, un'estranea, guarda in giro, immagina normalmente.
Però davvero, non so come facciate ad avere una vita
sessuale e
sociale per come siete combinati. Davvero tutti voi frequentate certe
donne?"
"ha parlato quella che ha litigato con l'unico che se la poteva fare,
perchè i sedili della macchina erano sporchi, quindi non se
ne
parla..." ridendo di gusto mentre lei mutava il viso in rabbia e
sguardo duro come se vedesse qualcosa di schifoso
"Alaric, i discorsi che abbiamo fatto, dovrebbero essere personali.
Come
tu odi che si parli della tua sfera privata, per favore non urlare
certe cose, di altri, come fossimo al mercato"
"Seriamente? Mi fai la paternale, JD? Questa ha chiesto come mai ci
fossero signorine in giro, le ho risposto e ne è nato un
dibattito. Qualè il problema?"
"le uniche donne, tra l'altro" velenosa e assumendo un'espressione di
disprezzo
"Che tu hai il vizio di parlare a tutti per vantarti di cose che
dovresti tenere per te, e
lo sai. Più di un volta qualcosa
è uscita dalla tua bocca, mentre ti divertivi ad avere
consensi
degli uomini del tuo gruppo..." intervenne Jd, mentre Lia scuoteva la
testa con aria
schifata facendo dei tik tik con la lingua per disapprovazione
"Vi siete coalizzati contro di me, tutti e due!" si
incavolò Alaric, sbattendo la bottiglia sul tavolo mentre Jd
e Lia
si guardavano ridendo, come però se prendessero in giro un
bambino
"Oh, Alaric. Se il Dio in cui credi, qualunuque sia, ti ha fatto
mediocre
come militare quanto basta per guadagnare, si è risparmiato
su
altre cose. Sia prima, nella discussione con Milan che pochi istanti
fa,
hai detto che io non potevo capire cosa hai visto, sopportato, lasciato
alle spalle che non augureresti a nessuno. Benissimo! Primo, quelle
signorine come le chiami tu sono esseri umani. POssono essere come tu
le vuoi, ma come te odia e vorrebebreo di meglio. Secondo. Come dice il
detto degli Inuit, non puoi capire cosa prova e sente l'altro, come
è quello che ha affrontato per lui, se non hai
provato a metterti nei suoi
stivaletti. Significato simile a quello che ho detto io. Si
può
cercare di comprendere, ma non si può capire se non si
è
provato quello ha passato un altro e come lui lo vive. Esattamente come
me. Cè gente spocchiosa, ma ci sarebbe altro da dire, che
afferma che ciò che io desidero sia da deboli, inutili,
incapaci di vivere. Conigli. Schifosi. Che noi, mi riferisco a quelli
come me che tanto
hanno fatto e di più, eppure hanno deciso, ripeto deciso e non
una cosa all'ultimo secondo, che
lasciano volentieri la gente in quello che gli va bene. Per noi non
cè sconfitta, non siamo conigli che fuggono in quel modo
dalla
vita. Noi abbiamo affrontato la vita e la gente di merda,
perchè
questo è, a testa alta e come potevamo. Ma il dolore e la
sopportazione sono stati così tanti, e talmente distruttivi,
che
vogliamo solo andarcene come vogliamo noi, con dignità e
l'ultima cosa che noi
decidiamo. Essere noi a decidere. Semplicemente perchè a
causa della società e
di altri i nostri sforzi, più di quella gentaglia stessa,
non
sono serviti ad altro che farci finire sempre più nelle
sabbie
mobili nere. Come le defnisco io. Eppure, se chiediamo solo di
andarcene
come essere umani, con la consapevolezza che cè un
mondo
bellissimo e merita di esser visto e vissuto, ma per noi era
impossibile
causa terzi... e non iniziate con i buonismi sulla speranza, ch e
cè
qualcosa di buono per tutti perchè non è vero.
Sono
realista e so di cosa parlo. Ho conosciuto o sentito parlare di persone
anche vicine di casa che hanno avuto solo schifo, finendo peggio di
come
eravamo noi. Se ce la si faceva a fine mese stringendo sempre, anche se
una pizza oqualcosa di buono ogni tanto poteva starci visto i tagli su
tutto, so di gente che non riusciva a pagare le bollette e, roba vera,
non mi invento nulla, chiedevano al prete della chiesa candele
perchè non avevano corrente elettrica. Si arrangiavano per
cucinare con le bombole quando le avevano, ma stavano senza acqua calda
e luce sopratutto in inverno. E parlo di questi giorni giorni, non dopo
la guerra! Perchè o pagano una bolletta o
l'altra. E questo raccontato dalle mie zie che stavano sempre in chiesa
e sentivano e sapevano tutto. Donne lasciate sole dai mariti con figli,
dovevano andarsene fuori regione per un lavoro, lasciando alla madre
sola anch'essa, i pargoli e queste con le loro età e
problemi,
dovevano badare ai nipoti come potevano. Anche con i pochi soldi
mandati dalla figlia. Io non ho mai avuto problemi con sacrifici e
periodi un pò neri, anche perchè ne ho fatti
tanti e ne
ho avuti di più, ma ho sempre avuto la convinzione
che la
tenacia, volontà e il continuare, erano la cosa gisuta da
fare per giungere a cosa si voleva.
Eppure eccomi, guardami, e dimmi se una come me può
accettare lo
schifo che le hanno versato addosso. Perchè io non lo
accetto.
Ho desiderato tanto e chiesto a tutti gli dei conosciuti una sola cosa.
Dare il mio corpo a qualcuno morto o che stava morendo
perchè
avesse una vita migliore di quella patita. Avesse, quella eprsona,
l'opportunità che non poteva avere e io semplicemente
svanire.
Anzi no, desideravo andare da quello schifo di esseri che si definivano
umani e tormentarli uno ad uno fino alla pazzia. Ma qualcuno che era
morto o doveva morire, meritava di continuare con quello che avevo,per
lui sarebbe stata una vita che gli andava bene. Perchè ci
sono, ma non è vita per me, quella che ho lasciato. Un
pò come la gente che è sicura di esistere prr
figliare e vederli sposati e continuare il ciclo, vivendo come
portatori di geni. E quanti ne ho conosciuti, ci ho anche vissuto e
pretendevano che io dessi discendenti a loro. p Prima una vita a dirmi
che se avessi fatto qualcosa con qualcuno, prima del matrimonio, mi
avrebbero rotto le ossa, non mi invento niente, e hanno giudicato altre
mie coetanee o poco più grandi o piccole come buttane per
questo. Perchè l'ho sentito, ho visto le loro reazioni a
vedere
quelle ragazzine con la carrozzina. E io no n capivo perchè
giudicare una persona, solo perchè aveva preso la decisione
di
vivere. Così come prositute. Io provo pena per loro, ma
nello stesso tempo le rispetto e considero molto. Perchè
loro sonostate forti e capaci di fare ciè che io non farei
mai. Morire con le mie mani che dare la mia parte materiale a schifosi,
che considerano le persone come oggetti per i loro divertimenti. Quelle
donne, quelle la gente normale
giudica negativamente, non vede o non vuole capire il perchè,
lo ha dovuto fare. Ogni volta che sentivo in film, notiziari o la gente
intorno a me sputare sentenze o dire >ma è una
prosistuta> come se fosse la fogna che sono invece loro...
provavo odio per la società. Viene più
considerato chi ha soldi, si è fatto facendo cadere gli
altri, trattando gli altri come spazzatura e guadagnando e prendendo
posizione nascondendo lo schifo fatto. Mentre chi arriva a fare quel
mestiere per disperazione, soldi, necessità,
perchè la società non a tutto da le
opportunità, è solo feccia. Che bello questo
mondo... E ancora a dirmi che dovevo trovare un fidanzato
ricco , senza sapere che io sono diversa dalle altre
già di
mio. Quanto ne ho viste e subite perchè io non seguo la
lista
della spesa della vita, dove si deve nascere, crescere come dice Dio,
ci
si sposa e si figlia e la tua vita la passi per questo. Cè
gente
che esiste solo per questo, fare figli e morire pensando che fosse
questo lo scopo del loro nascere. Sacrificano cosa vogliono fare, cosa
sono, come vorrebbero vivere veramente e magari chi sono veramente, per
far felici gli altri, morendo con mille rimpianti. Io non voglio
arrivare ai quaranta anni, peggiorando sempre di più
già
di mio per la mia malattia, rimpiangendo il doppio di quello per cui
già mi dolgo. Quindi, vuoi sapere cosa voglio dirti?"
"Ok, spara, perchè ho da dirti una cosa io"
"Benissimo. Hai detto che non posso capire te e cosa ti porta a
fregartene di alcune cose, basta che hai il tuo piccolo... Senti me,
adesso. Io non son ouna vigliacca, non voglio andarmene
perchè
ho paura del mondo o non sono capace di stargli appresso.
Perchè
non scherzo, nella mia città io ero la più
giovane che
trattava l'informatica e tutto ciò che abbiamo oggi in
anticipo
sui tempi. Quando ho fatto il mio primo corso dopo il diploma, ero
l'unica da quel corso in poi, a sapere dagli undici anni a far
qualcosa non avevo bisogno di lezioni.Le seguovo, ma sapevo
già tutto. La gente ancora non sa dove mettere mano al pc,
adesso, pensa questi n
nuovi telefoni per loro alieni come gli smarthphone e come usarli.
Già no nsanno usare i tablet. Ebbene, io ragionavo e pensavo
diversamente dagli altri fin da piccolina, eppure ero vista come
sbagliata per questo. Adesso guarda, mi si diceva che usare un pc era
fonte di
malattie, problemi, faceva male, non portava a niente e invece adesso?
Perfino voi avete apparecchiature che non ho mai visto, ho qualifiche
che mi pongono al di sopra di altri non per il pezzo di carta,
perchè quelli mi sono serviti solo per attestare seriamente
cosa
potessi fare. Ma quello che so fare. Eppure cosa me ne è
venuto? Gente che mi guarda e
non crede che sia in grado di creare pagine web dal codice da zero
compresa la grafica, che possa contrllare e riparare un pc, benche meno
costrutirlo io da zero scegliendo i pezzi. Sapendo cosa facevo e come
comprendere i dati. Poi arrivava tizia o tizio X che avevano il mio
stesso attestato o lauera ma sapevano solo chattare e
smanettare il poco sul pc,
che mi fregavano posto e meriti perchè più capaci
a intortare
e farsi amare dalle persone. Ma erano serpi dentro. Ho subito
tanto dalla gente solo perchè superficiale di merda a
considerava l'aspetto o modo di porsi, e io alla fine non ho fatto
altro che
fingere di apparire come loro e... non ci riesco. Perchè non
sono
capace e adatta a mettermi una maschera come loro. Le prese in giro e
sberleffi anche con gente che non consocevo ma sapevano tutti di me,
perchè amavo i minerali e cristalli e li collezionavo come
potevo, perchè non erano roba da femmine e mi prendevano per
lesbica o matta. Per le mie collezioni. I pennini o dip pen, di vetro o
legno e metalli o altre cose che mi paicevano. Le risate,
perchè adoro scrivere a mano invece
che in programmi al pc, con inchiostri tanninici e pennini in vetro.
Loro che non sanno neanche scrivere due righe, io che sono
stata elogiata davanti a tutti
all'esame di maturità, prendendo il massimo e discorsi
positivi
al presidente di commissione. Ma gli altri? muti?Quando mai. Ho
dovuto far parte, per i miei, di un gruppo di volontariato e lascia
perdere lo schifo, non consiglio mai di farvi parte anche se non serve
a niente. Gente della peggior risma, l'unica seria e che considerava
comunque il volontariato qualcosa di importante... ero io. Ci andavano
per
la diaria della benzina che la facevano diventare un guadagno, roba
gratis perchè ne facevano parte, cose sottobanco e
vergognose
che io vedevo, ma ero corretta e trattata da schifo. Con le
mie qualiiche ero diventat segretaria e assitente del presidente
facendo di tutto, dal preparare documenti alla riparazione delle
apparecchiature informatiche. Mai una volta che mi avessero detto
grazie, almeno quello... ma mi hanno fatta sballare perchè
due
stronze, che i colleghi dicevano se la facevano con il presidente, si
sono prese il mio posto, mi hanno buttata a fare lavoro vergognoso
mentre loro, ogni volta che entravo in quell'ufficio, che facevano?
Chattavano. Si sentiva dalle casse il rumore dei messagi in
arrivo e sapevano tutti che non sapevano neanche quasi
mandare
una email. Finito lì, questo capitolo? No, perchè
mi hanno
messa a controllare la gentaglia della città come
sorveglianza,
facevo il mio lavoro come potevo per la malattia e molti colleghi
maschi mi consideravano e salutavano alla fine con piacere, parlavano
del servizio e dei loro problemi per fare quel lavoro, mi rispettavano,
almeno quello. ma proprio perchè io facevo! Tanto che
anche i guardiani dei parchi o luoghi dove svolgevamo il compito,
venivano a dirmi che erano lieti che ci fossi io di turno. Eppure
peggioravo, e quando andavo in ufficio, vedevo la stronza
più vecchia
parlottare con l'altra con le gambe sopra la scrivania, con la sedia
pendente, facendosi i fatti loro. Ed erano le stesse che mi
rimproverarono più volte e ho scoperto per altro da quei
colleghi,
sparlavano, del fatto che io quando avevo finito tutto prendevo il
libro dell'università e studiavo alla scrivania in attesa di
altro lavoro. Questo al presidente e a loro
non andò giù, non ero come quelle due e quindi
buttata
fuori. Io che studiavo! Mentre loro facevano le mammine faciline. Ed
è inutile dirti tutto quello che tentarono di fare per
avere la scusa di buttarmi fuori con disonore, ALla fine me nen sono
andata io a testa alta, anche se stavo malissimo. Ma perchè,
non mi amavano? Perchè, oltre la solita
superficialità, i miei mi obbligarono a dire solo
determinate ore, determinate giornate disponibili, questo non farlo,
quell'altro no, facendoli incazzare di più. E questo
è
solo un racconto. Ne ho centinaia. Ma non è questo il punto.
So bene che non è paragonabile a cosa hai visto per il tuo
lavoro ma sto parlando sia come altra voce, che come persone che voi
definite donna biologica"
Fece una pausa voltandosi verso la sala per vedere se cèra
qualcuno, poi tornò a guarda Alaric e continuare.
"Io non posso capire, comprendere come ti sentivi quando sono accadute
certe cose e che impatto hanno avuto per te per essere...
così.
Tuttavia anche tu non puoi comprendere ed essere capace di empatia per
come sono e sento, e affronto le cose. Io non accetto, non permetto,
non
abbozzo a niente. Se me ne voglio andare non è come altri.
per una minima cosa lo fanno, creando problemi a noi che veramente
loconsideriamo come un'ultima decisione, non una fuga. Mi sono stufata,
mi rotta cosa non ho, la considero l'unica decisione mia totale contro
la volontà altrui. Quelli fuggono,
io voglio andarmene alle mie condizioni, come voglio e quando voglio,
dicendo agli altri vaffanculo. Ma tornando al discorso di poco fa,
perchè io devo soffrire per le decisioni di altri? Si, ho
trovato strano che vi fossero solo, come donne, le vostre amichette, ma
non sono una persona come i frustrati di merda, che rimangono turbati
dalle scene di sesso perché hanno
mentalità malate o
tanto odio per l'altro sesso, che hanno vissuto venti, trent' anni
senza
rendersi conto che esistesse il sesso nella vita. Perchè
incapaci..."
"Sbaglio o tu rientri proprio in quella categoria?"
"Tu sei un idiota" rispose acidamente lei, fissandolo, " parlo degli
incel, religiosi e gli stressati dalla vita che sono dei babbioni
così
tanto da pensare che tutto gli sia dovuto, che loro debbano avere
qualcuno che li consideri e che devono fare sesso. O Che non si debba
fare se non procreare. Che l'essere umano, perchè
un t esto del cavolo di pastori ignoranti e bogotti che hanno pure
cambiando i testi originali, chiamati testi apocrifi, per
diffondere il loro,
di messaggio. Infatti si dice Cristiano o Cattolico. Ma il Punto
èche non è
il mio caso. Cè gente che dice che è una delle
cose
più belle del mondo. Chissà. Io non sono tipo da
frenare
le proprie reazioni o risentimento, quindi posso capire in parte il
tuo discorso. Ma appunto, non puoi comrpendere me e come sento certe
cose, perchè sei un uomo e perchè non ti
sarà mai
capitato. Sempre che tu non sia gay, allora forse potresti. Tu non hai
subito fin da piccolo il processo della società per cui ti
imprimono nella testa cosa devi essere, se non hai un carattere o
personalità
come il mio, per cui devi esser in questo modo e fare quest'altro.
Altrimenti sei sbagliato. L'avevo detto a Jd, ma te lo spiego,
così mettiamo fine a questa cosa. Dagli undici anni non ho
fatto
altro che subire bombardamenti continui da tutti, familiari prima e poi
scuola e società dopo, per cui io dovevo essere donna,
religiosa, moglie e madre. La donna lavora solo se cè
bisogno di
altri soldi a casa. Poi la mia famiglia non è molto bella,
nel
senso che pensa queste cose ma è chiusa come non puoi
capire, se
non vi vivi dentro. Per tutta la mia vita ci sono stati solo loro con i
miei nonni e massimo zii. Le persone al di fuori sono cattive,
negative, schifose, da tenere alla larga. Nessun amico tranne un paio
da sentire solo per telefono ma negli ultimi tempi, tutto solo
famiglia. Non mi mandavano
neanche al mare con i miei zii perchè quelli poi guardavano
tutto
ciò che fai, dici e hai e giudicano e sparlano con altri.
Sempre
e solo a casa, soli, con loro. la sera mai uscire tranne feste
religiose. Mi sono dovuta fare due giorni senza dormire appresso a
queste feste del cavolo finchè ho detto basta,
perchè per loro era importante. QUindi io ero sola, contro i
compagni a
scuola e contro gente con cui non avevo esperienza perchè
ero
già diversa di mio e di abitudini. E sola ancora
perchè,
pena botte e punizioni, dovevo essere come volevano. Una santa senza
parlare, rispondere, zitta anche se mi sfottevano o mi dicevano il
peggio davanti, educata e con la testa sempre china a terra. Sorridere
e
apparire una principessa insomma. Eppure non lo sono e la mia vita
è stata un inferno in casa come fuori. Tutti si aspettavano
una
copia conforme alle altre, peccato solo che le altre erano schifo, che
manifestavano mentre gli adulti erano distratti o lontani. Ho odiato la
scuola, l'essere piccola e non sapere niente, la mia paura e terrore di
urla, punizioni e di essere picchiata perchè finivo sempre
la
colpevole di tutto. Se facevo una cosa nella mia ignoranza di bambina
era tremendo e punita senza spiegazioni. Se le merde dicevano ai grandi
che ero io, senza sentire altro, ero una brutta persona. Sempre io,
anche se non vi rientravo o no avevo detto o fatto niente. Quante cose
spiacevoli ed è pure poco cosa sono stati per me, che ho
subito.
Ma il peggio era il sentir loro dirmi che tutti facevano schifo e
dovevo stare lontana dalla gente, poi dagli undici anni a ritepermi che
dovevo avere il fidanzatino e, passati gli anni, a ridere e schernirmi
tutti perchè non lo avessi. Eppure guardavo quelle che lo
avevano fatto per far contenti gli adulti, e per seguire lui,
perchè anche i maschi nonsono messi meglio, e hanno fatto
roba,
finendo per essere marchiate a vita. Si, dicevano così,
marchiate. Come cavalle. E vuoi sapere una
cosa? So bene di avere problemi legati alla paura viscerale e
terrore di essere giudicata, e marchiata come le altre. nato da loro.
NOn hai idea
quanti sacrifici e rinunce ho fatto per non essere etichettata, e ho
perso anni ed esperienze della mia vita. Non ho mai avuto un amico
perchè non risucivo a fingere, e come ero non piaceva alle
persone. Sono una persona di merda? Si, ma dopo anni e maturando
disprezzo, inimicizia, risentimento, astio, rifiuto,
intolleranza, e tutto ciò che vuoi appiopparmi anche tu. Ma
nessuno in uttta la mia vita mi ha ascoltata, si è fermata e
ha
fatto le domande fondamentali, per capire le situzioni o le
motivazioni.
Cosa provassi, cosa comportavano per me tutte quelle cose, alla lunga.
Ho sofferto come non saprei nenache descrivere, perchè le
sole
parole non basterebbero... eppure ho continuato a testa alta,
affrontando
tutto. E sono sempre caduta, sempre più giù, non
per causa mia. Tutte le
paure, i terrori mi hanno condizionata in ogni cosa, impedendomi di
essere tanto e in tante cose. Quella è la mia colpa. Aver
permesso alla paura di farmi diventare vuota. Se fin da piccola ero
aperta e sempre
felice, perchè scoprivo e vivevo ogni cosa come una
meraviglia,
dalle medie sono diventata cosa vedi. Ho odiato tutte le frasi contro
il sesso che ho dovuto sentire in famiglia, eppure orgogliosi e pronti
a dirmi che il ciclo fosse una cosa preziosa e importante. Per me
è stato solo un ulteriore legaccio che mi ha rovinata anni.
Costretta a dolori terrificanti per cui non vi erano antidolorifici,
perchè non ascoltandomi non capivano quanto soffrissi. E
niente medicinali. Cosi che
mi obbgligavano ad usare, per risparmiare , cose così grosse
e fastisiode che se avessi preso una
maglietta ripiegata al loro posto, stavo meglio. Tu non puoi capire,
per
ridire le tue parole, cosa significa per una come me il ciclo, e quale
limitazione sia. io che fin da piccola non comprendo perchè
dovrei essere un essere umano figliando, essere una donna se non mi
definisco tale e tante stronzate che sono l'opposto di me. Il
fatto stesso che io, essere umano, non posso
decidere per me e il mio corpo, ma sono gli ltri a farlo, mi fa
incazzare. perchè non cè modo di fermare il ciclo
se siamo esseri umani e sopra il livello istintivo degli
animali? Una come me deve essere obbligata a subirlo? Per la natura
devo subire questo schifo per una
cosa che non voglio, non desidero, non accetto. Eppure sono un'essere
umana, tutti dicono che siamo sopra e diversi dagli animali. Sono
peggiorata con gli
altri, anche per la paura delle loro reazioni. I miei persone in casa,
non ne volevano, mai, e la gente mi considerava matta per
colpa loro per le cose che pensavano. E poi
cèrano i maschi. Puoi tu capire cosa significhi essere
palpati
sul seno, ogni volta, perchè per essere
bulli di merda, se
la ridevano con la classe perchè io rispetto alle altre le
avevo
morbide? bello anche questo, eh Alaric? Considerata sbagliata
perchè non avevo il fidanzato, come se fosse obbligo ma
senza
farci niente, perchè altrimenti tu, non lui, sei una
vergogna. I maschi che non facevano altro che guardarti come una vagina
che cammina
e basta. E io non provando niente, per nessuno, vedendomi sbaglaita
anche in questo. Come se non avesse desiderio o sdilingurmi per
qualsiasi uomo che pssasse per la tv o in giro fosse da malati. Fin da
piccola mi chiedevo perchè
dovessi
chiamare mamma e papà, o nonni o zii persone per cui non
provavo
niente...."
"...."
"Sono uno schifo di persona? Sicuro, Perchè normalmente se
ti
muoiono i nonni dovresti sentirsi disperato, come se ti mancasse una
parte di te o altre cose del genere, come amano dire tutti. Ma io... li
ho visti morire, nell'attimo in cui non vi era niente in loro, come
pensano in molti, e l'unica cosa che pensavo per uno era
. Uno
è
morto in un modo che mi ha portata a capire come la famiglia fosse la
tua tomba, già da prima. Sempre forte come un toro, senza un
raffreddore, è peggiorato in poche settimane senza una
motivazione, diventando di fatto incapace di muoversi. Ricordo l'ultima
volta che lo vidi prima del giorno della morte, tutti a rompere le
palle a mettergli flebo, a fare di tutto per tenerlo in vita, in quel
modo miserevole. COn i muscoli di anziano andati del tutto per le
ultime settimane, con il pannolone, secco secco, la faccia lascia
perdere... e pieno di tubi e medicinali sul comodino, da far paura. E
che
urla, urlava cavolo, di lasciarlo andare e mettergli un
cuscino
sulla faccia perchè no nsoffrisse più. Questo
urlava. Uno come lui, che
non l'avevo mai visto malato o altro ma sempre anzi spavaldo e con
battute pronte, ridotto a chiedere un gesto de genere. E mi raggelai a
sentire le risposte. Gli dissero di finirla e stare zitto, che doveva
fare le flebo per stare bene. Ma ciò non accadde. Quando lo
vidi
morto da pochi minuti, come era ridotto e quanto avevano martoriato il
suo corpo per tenerselo in vita loro,
facendolo soffrire, facendolo
morire nel sonno per soffocametno come si scoprì, mi fece
male
per me, e per tutti quelli obbligati a cure e mantenimenti, in vita in
quel modo. Capìì anche dalla mia malattia che
sarebbe
finita così per me, che non erano capace di dire addio e
auguare
a chi dicevano di voler bene, un modo dignitoso e più umano
di
andarsene. L'ho visto urlare dal letto
e chiedere di trattarlo da umano, ma morì devastato
più
dall'agire di chi avev aintorno che dalla vecchiaia improvvisa. Io non
provavo cosa doveva provare una persona normale, come dicevan che
doveva essere. E l'ho visto, come gli altri, come coinquilinio con cui dovevo
vivere. Faccio schifo, sono merdosa,
lo so e lo comprendo. Non ho
provato cosa avevo visto da compagni, a cui erano morti i nonni anni
prima, e si disperavano in classe e piangevano. E io non sapevo se
fossi
sbagliata. E poi l'altro, morto di colpo per un'arteria scoppiata,
provai solo contentezza che non avesse subito quello che avvenne
sull'altro. Anzi, ricordo che tornai a casa e mi sedetti in cucina, ero
allegra e tranquilla perchè non aveva sofferto,
non avevo
davanti quelle scene deliranti e supplichevoli. E poi... Io,
già stando male per la malattia, iniziai a star male dentro.
Quale sorte mi sarebbe toccata? Se da sempre fino a poche ore fa, erano
loro a decidere tutto della mia vita, dal cibo agli abiti, a quanti
soldi avere in mano o tenerli loro conservati... cosa sarebbe accaduto
per gli anni a venire? Mi hanno sempre rimrpoverata nell'ultimo
tempo,perchè non accettavo più le cavolo di
medicine e terapie che
mi avevano peggiorata seriamente. Mi davano la colpa di stare
così e non fare niente, quando ho subtio anni non hai idea,
per fare
cosa volevano sul mio corpo, per guarirlo a loro dire. Senza sapere
cosa ne pensavo e cosa volessi. Rispetto chi
vuole guarire e prova di tutto, ma nessuno là fuori ha
rispettato e considerato cosa volessi io o intendessi fare o meno.
Dimmi,
quindi Alaric, sono io malata mentale come pensavano tutti?"
"...."
"Già certo, non hai niente da dire... allora
continuerò
con l'ultimo punto. Tu non puoi capire quando non provi ninete per
nessuno eppure desideri avere qualcuno vicino, perchè l'uomo
è un essere sociale. Ma alla gente io non sono piaciuta mai,
sia
come ero veramente prima di tutto questo, sia dopo. Non cè
stata
nessuna persona amica, perchè alla fine chi pensavo
meritevole e
che mi vedesse diversamente, era stronza o peggio. Vedi esempio
all'università cosa hanno fatto, mentre io stavo malissimo,
alle
mie spalle, anche. Ma il fatto è che non provavo niente per
nessun maschio e la gente, famiglia e altri, pensavano fossi qualcosa
che per la società è sbagliato. Contro natura.
Gisutamente, senza dialogo ne niente non ti interessa parlare con
quella persona e capire, ma giudichi subito senza problemi. E poi
conobbi Rò. Era stato sia l'unica persona con cui fu
naturale
avvicinarmi, sia l'unico maschio che non mi dava fastidio avere
vicino,
o da cui farmi toccare. Cosa puoi capire tu, dopo una vita ad essere
sola, me,
pensando di aver davanti una persona che forse poteva essere importante
per me come amico e fidandomi? E intendo nessuna paura, nessun timore
di essere me stessa, libertà di parlare e direla mia
veramnete,
non le solite frasi clichè che dicono tutti
perchè
è così, di avvicinarmi a qualcuno. Il problema
è che io desideravo avere al fianco qualcuno con cui
parlare, condividere le cose, avere vicino per
ogni momento della vita ed esperienze... lui alla fine si
rivelò
come gli altri. Se all'inizio mi sentìì
desiderosa di
essere me stessa, mi accorsi pian piano che qualcosa non andava.
Tranne che al corso, non voleva fare una cosa che desideravo
tanto. Uscire di casa, e fianalmente con qualcuno vicino a me. Andare
al cinema, vedere posti interessanti, musei o anche solo negozi. Mi
è sempre piaciuto guaradre in un negozio, anche
solo scoprire la
merce, così come un bambino al negozio di giocattoli che
vuole
vedere tutto dall'inizio alla fine, come vedesse cose nuove e
straordinarie. Hai mai visto Mamma ho perso l'aereo a New York? Quel
negozio di giocattoli? Da vedere tutto?
Ecco... Invece ero sempre
rimasta a casa, tranne dove dovevo
andare per la musica. Ah, la musica. Anche quello, qualcosa che mi ha
portato via pezzi di me. Il punto è che iniziò a
dire di
no, meglio di no. Ci sentivamo online per lo più, e poi
scoprì perchè. Era stato fidanzato e si era
lasciato dopo
casini perchè per la sua ragazza non era al livello che
voleva.
Insomma non era ambizioso e voglioso di soldi, come voleva lei. Anche
se
non stavano più insieme, erano in stallo e la
famiglia di
lei non accettava come lei, una persona con una lavoro banale,
così creava problemi. Lei si vergognava di uscire con lui e
passare del tempo con gli amici, perchè ogni vlta si
chiedeva tra tutto e lei non voleva dire che era meno. E mi venne a
dire che non usciva con altri
perchè aveva paura che la famiglia di lei lo vedesse, in
giro, con
altre persone e montasse un casino, dopo anni di fidanzamento e tutto.
Sai la cosa divertente? Mi disse però che nel caso, se
volevo
diventare più amici in quel senso, non cèrano
problemi ad
incontrarsi, da qualche parte, in segreto. Io ovviamente non la presi
bene per tante ragioni, ma era l'unica persona per cui non provavo
fastidio e nervosismo, andavamo d'accordo. Gli dissi solo amici, poi si
vedeva. Poi una volta ci incontrammo ad un corso, dove venne per
vedermi lontano dalla strada. Prima mi abbracciò dicendo che
era
felice di vedermi, e io anche se non sicura di cosa provassi, e del
fatto che non mi dava fastidio, accettai. Venne altre volte ma le cose
cambiarono quando scoprì che alcuni che frequantavano quel
posto lo conoscevano e iniziì a diventare nervoso e
irascibile, dicendomi che mi comportavo da bambina se scherzavo o ero
me stessa. E poi un giorno... Ricordo che cèra un
bagno per le ragazze, e vicino una stanzetta mai usata e mi chiese di
parlare lì. Io non sono tipo da nascondermi, così
che la
gente non mi veda. Se mi piace stare in un posto per
tranquillità e perchè va a me, ok, ma non mi
sentivo a
mio agio di nascosto. Perchè avevo un sentore... Ebbene, mi
chiese, indovina di fargli cosa?
INiziammo a discutere e lui mi disse che se davvero gli volevo bene,
dovevo
dimostrarglielo. Puoi immaginare la mia perplessità per
un concetto del genere. io, sola da schifo da sempre, arriva la prima
persona concui non mi sento in negatività come con gli
altri, ho il mio modo di essere e conosci... e chiedi con
instistenza questo! E mi rimproverò anche, una
delle tante volte, lamentandosi sempre del
fatto che mi diceva sempre , ma io no, solo ti voglio bene. Il problema è
che io
stessa glielo dicevo ma col dubbio, perchè non ho mai capito
cosa bisognasse provare e come capirlo. Anzi, si lamentava sempre anche
di questo. Le altre questo, le altre così, le altre fanno,
dicono, dimostrano. Diceva che era impossibile che io non capissi se e
cosa provassi, che se mi abbracciava questo, se tentava di baciarmi
quell'altro. ma io non sapevo cosa rispondere a me stessa, pensa a lui.
E c'erano loro, la mia famiglia e chi mi chiedeva sempre
perchè non
ero con il fidanzato, perchè non cèra nessuno,
che
intenzioni avessi. Non è che cè rischio che
diventi come
sua zia, chiedevano tutti a mia madre anche se ero lì e
potevano
rigirarla a me. Ho una zia mai sposata per fatti suoi, e tutta la
famiglia e chiunque, a dirsi preoccupati e increduli per questo. E che
anche io potessi <fare quella
fine>. Dopo il diploma i miei, che
rompevano perchè a quell'età erano molti quasi
sposati mentre
io non mi ero arrisicata a interessarmi a nessuno, meglio se ben messo
economicamente. Vedi tizia, caia e sempronia? Sono già
sposate e
con figli. Quando ci dai dei nipoti. Quando. E poi le colleghe
all'università, che stufa di sentirmi chiedere quando lo
avessi
fatto la prima volta e quante volte, dissi alla fine che non era mai
successo e
non mi interessava. Come finì? Che dopo aver detto
questa
cosa a tre, quelle con cui credevo fossi amica stretta, l'han saputo
tutto il gruppo in generale ,ed è inutile dire tutte le
frasi che
ne risultarono, no? Come si fa gente, che sfotte le religiose e
perbenine, prendere in giro una persona solo perchè
diversamente da loro non si son passate mezza città. E per
alcune era così. Invece di chiedere ma come mai... Cosa
è successo... con amicizia, non saprei! No, risate e presa
in giro. Mi presero per scema, per pazza per essere ancora
così, incredule perchè pensavano che scherzassi,
iniziarono a sfottermi sul fatto che era strano che non mi piacesse
nessuno, neanche un cantante o attore, e non mi venissero le voglie che
divevano di avere. Ma io realmente non provavo e sentivo niente
e
non mi interessava. Ero stata sempre sola e avevo terrore della mia
famiglia e del giudizio per qualunque cosa avessi decido di fare in
generale. Questo mi limitò parecchio, troppo, ma
per loro ero strana, per tutti gli altri o ero lesbica
o avevo qualche problema. Non cèra altro. Ricordo
che me
ne andai pensando solo una cosa, il giorno che dissi stufa la
verità a quelle tre. Che la mia famiglia aveva fatto di
tutto per inculcarmi che la gente faceva schifo, non cèra
niente
di buono nel mondo se non nella famiglia o nei fatti prorpi, che non
bisognasse dire o far sapere niente alla gente. E che dovevo esser come
la società e la gente voleva. Io credevo nel mondo, quello
che mi
faceva brillare gli occhi per ogni cosa che vedessi e che aveva sapito
creare prima di me, e volessi scoprire,
eppure questo mondo non fece niente per sbugiardare quegli stereotipi,
affermare che non era tutto così negativo come pensavano.
Farmi vedere che cèra una faccia, oltre quella dell'odio e
distanziamento. E
invece..."
"Che è accaduto poi" chiese Lubo, mentre lei si incupiva e i
lsuo sguardo era perso da qualche parte
"Semplicemente, dopo una di quelle giornate di festa in cui si deve
stare in famiglia, in cui mi bombardarono di paragoni tra me e altre,
cosa avevano fatto loro della lista della spesa e cosa io no,
manifestando timore che potessi diventare come quella zia e sofferente
di mio per la malattia e l'università. che non andava
più
come avevo cercato di mantenere, non riuscì a reggere anche
a
Rò. Pressava per vederci per fare roba, voleva fatto questo
e
quello, rabbia perchè non dimostravo l'affetto che
cèra
per lui, e mi comportavo in maniera strana. Il problema è io
ero persa in una vita non mia, una... e poi, non
ero io ad esser diventata strana, semplicemente soffrivo per
esser costretta da tutti a fare cosa volevano, a subire
pressioni per
qualcosa per cui non ero incline. E così... per disperazione
alla fine gli dissi si. Non ce la facevo più a sentire tutti
con le loro richieste, se contrario a cosa
tu vuoi,
le colleghe di università che invece di ascoltarmi e vedere
che
stavo male e aiutarmi, mi sfottevano sempre e si infuriavano se io
dicevo qualcosa sui loro fidanzati... virtuali. Si, perchè
queste
grandi signore, erano tutte fidanzate con gente che abitavano altrove,
conosciuti in chat mentre si divertivano con altri in
città. Questo l'ho scoperto quei giorni in cui, invece di
studiare come chiedevo, erano diventate così amiche da dirsi
tutto. Ora, una di queste aveva come me una malattia, la
sua le aveva portato a malformazioni delle gambe e camminava male e si
vedeva che qualcosa no andava. E lì io la capisco, se
la gente non la considerava per l'aspetto fisico passi il
fatto che cerchi altrove qualcuno che no vi badi. Anche se anche questa
ne ha combinate da far impallidire. E' arrivata a spedire a questo
tizio orologi da polso, cibo nostro tradizionale e altro in pacchi non
assicurati e, siccome li comprava con me quando facevamo due passi
vicino tra le lezioni o le ore nostro di studio, ero presente. E sudavo
se non arrivavano, perchè questa aveva anche come me
problemi di
denaro e i soldi glieli davano i genitori, malati come lei, sperando
che quel tipo la accettasse davvero e si sistemasse. E poi sfotteva me
per l'amicizia con Rò, dicendo che non è normale
che un
maschio sia il migliore amico... comunque mettete queste cose insieme,
aggiungeteci lui che invece di parlare e fare qualcosa per distrarci
dai casini personali, rompeva che voleva una foto intima, questo e
quello... Un giorno mi dice che i suoi genitori erano tornati a casa
accompagnati da un parente, perchè si erano sentiti poco
bene
nella casa in campagna e la macchina del padre era rimasta
là. E
doveva riprenderla. Con la sua semi ex si parlava ma non da chiederle
questa cosa e quinid... alla fine gli dico ok. All'epoca ancora guidavo
un poco e mi aveva detto che mi faceva vedere la famosa casa della sua
infanzia, che amava, e nel mentre lo aiutavo a riportare la macchina in
città. Mi venne a prendere e andammo là... il
tempo di
farmi vedere la sala da pranzo che cominciava a strofinarsi su di me.
L'unica cosa che provavo era voglia di uccidere qualcuno, ma dopo una
discussione dove di nuovo anche lui mi diceva che sono una donna, e
come tale ci sono cose che devo
fare... in quel momento lui disse che bisognava approfittare delle
occasioni, e ho
sbroccato. Gli ho detto che non sentivo niente e non provavo niente, ma
lui sordo. Mi disse di seguirlo e mi condusse nella cameretta dove
ormai andava solo per dormire, quando stava con i suoi in estate ma
stop,
era ancora come l'aveva sistemata da ragazzino. E simpaticamente disse
che era qui che portava le fidanzate prima dell'ultima. E
già
non ero in vena prima, mi spiace dirlo ma mi venne lo sgutter, ossia lo
schifo a pensare a ciò. E si, inutile che fai quella
faccia..."
disse ad Alaric
"Stavo solo pensando..."
"Si, al fatto della macchina. Quella volta che mi disse di salire in
macchina, alla fine del corso, che mi dava in passaggio. Mi
portò
invece in un post isolato e mi disse che finalmente eravamo soli ed ero
tutta sua. Mi disse anche che in quel posto onn ci abitava nessuno e se
volevo potevo, come disse lui tranquillamente, cavalcare senza paura di
esser visti. Simpatico, vero? Ennesima discussione, perchè
io
primo non volevo, non mi andava. Secondo, voleva che mi spogliassi per
fare almeno roba meno grossa e io ribattei che eravamo in una macchina,
senza qualcosa per proteggere la pelle dai sedili. Apriti cielo, cosa
accadde... inveì contro di me perchè riteneva
impensabile
questo mio pensiero. Era assurdo, urlava, che io pensassi a qualcosa di
così stupido, invece di fare roba e terminò con
. Fu in quel momento, quell'incessante, di tutti,
paragonarmi ad altre e lo mandai a quel paese. E quella volta, tempo
dopo, in
quella casa, non reggevo più a ninete e gli dissi va bene,
vediamo sta cosa. Ricordo ancora il lettino con il copriletto
chissl con quanta polvere e roba di sopra, e mi disse mentre
apriva la finestra .
Così, come un
ordine dato a un cane. Non capì neanche quando lo guardai
storto e dopo
il cantilenio di altre frasi uguali accettai controvoglia.
Non si
degnò neanche di togliere il copriletto... " si
fermò arrabbiata, mordendo con rabbia il labbro inferiore
"Non cè bisogno che spieghi tutto" disse Jd
"Ah, io non ho nulla da vergognarmi, se è questo che pensi.
Così come per la tua storia non ne hai tu. Non è
quello... è solo che pensarci fa male... NOn dirò
oltre il basico. Ma non fece niente di
particolare, ne io, non quello, ma quando vide che
non facevo altro che guardare i muri, dopo un pò, si
alzò
e disse prima di uscire di sistemarmi e raggiungerlo. Mi sistemai e
rimasi seduta sul letto, senza sapere cosa dovevo mostrare. Il suo tono
e il modo in cui se ne andò,con un
tono come deluso o non so che altro. Sapevo solo che volevo distrutgere
tutto e sfogare cosa provavo in una volta sola. Lui non aveva fatto
niente di particolare,
eppure oltre i dolori, guardando il muro opposto, non risucivo a
pensare che a una cosa, Anzi due. Che fossi rigidissima e nervosa, che
al confornto un baccalà sotto sale era elasticissimo e due,
che
mi sentivo con lui come con tutti gli altri, solo un qualcosa per cosa
gli interessava. I miei e famiglia in generale, non facevano altro che
dire che mi amavano, che cosa dicevano e facevano era amore, senza
però mai chiedermi o parlare con della cosa, quali fossero i
miei desideri e cosa odiassi.Non li sapevano. NOn capivano il dolore
che procuravano
alla mia psiche con i confronti, dicendo che altri padri, madri, nonni
si vantavano con loro di figli e nipoti e loro non potevano farlo. Come
se, nonotante i miei voti e successi sudatissimi, per la mia malattia
che mi limitava, non meritassi qualcosa. La società voleva
come
la famiglia che io rispettassi gli imperativi obbligatori di donna e
poi lui, la persona che credevo avessi vicina e con cui all'inizio mi
sentivo a mio agio, a parlare e che mi rendeva contenta
perchè
cèra, mi aveva fatta sentire in meno di mezz'ora un niente.
Insapore per cambiare parola. Mi aveva obbligata a fare cose che non
sentivo e volevo,
che non venivano da me, dicendo che non era normale, mi aveva spinta a
permettergli di toccarmi senza niente, senza altro. Finchè
non si incavolò e se ne
andò. LAsciandomi così, senza parlare, senza
chiarimenti,
senza vedere e capire che ero nervosa, non a mio agio, in preda ai
terrori di quella paura che mi ha sempre accompagnato. E mi chiesi se
non fossi davvero sbagliata nel credere che a qualcuno importasse di
cosa volessi e cosa provassi. La prova era lì,
perchè mi
ero bloccata, rigida come un bastone solo perchè mi toccava
e non
lo guardavo, automaticamente si era offeso o che altro e non gli andava
più bene. Chissenefrega se magari cè qualcosa che
non va.
Quella fu la cosa più devastante sul sesso che ha peggiorato
i
miei rapporti con quella paura. Paura e incapacità a reggere
tutto, il concetto del sesso ecosa dovevo essere per gli altri contro
me stessa. Sentito come obbligatorio da sposati,
imperativo per fare figli per gli altri, mentre vietato e mal giudicata
tu se pensi anche solo di fare qualcosa. Solo scoprire della mammine
pancine e cosa scrivevano mi facevano stare peggio. I doveri. Lo stare
con gli occhi chiuse, mute, oggetti inanimati fra le mani di altri...
DOpo la scuola media mi venne
il terrore del giudizio degli altri, perchè i miei
continuavano
a urlare che dovevo apparire così, vestita in quel modo, non
dire e non rispondere mai a nessuno a davanti ad altri, sorridere e
mostrarmi sempre affabile, educazione non onnormale ma ai massimi
livelli
e mai, mai atteggiament equivoci. Dopo le insegnanti e compagni delle
medie, iniziai a soffrire la vicinanza con gli altri, da rifugiarmi
smepre più in me stessa. Sempre sola, sempre così
dispiaciuta. Nessun amico o qualcuno con cui capire le vicinanze, le
affezioni e cosa significava e se cèra da provare qualcosa,
con
la vicinanza fisica. Se non provavo fastidio con lui, mi dissi che
forse significava qualcosa. Invece quel giorno è rimasto
come un
incubo, sempre sull'attenti quando un maschio si avvicinava o capire le
sue intenzioni. Sempre fredda e sempre distante, questo ero prima e
peggio dopo. L'ultima volta che lo vidi fu quando decisi di troncare
tutto.
Quel giorno mi ritrovai al piano di sotto con lui, che chiudeva
tutto e come se neinte fosse mi disse di montare in macchina e tornare
a casa sua. Lasciai l'auto sotto casa, mi ringraziò e saluto
dopo che mi riaccompagnò e
tornai a casa. I nostri discorsi per lui dovevano virare sempre su
quello, senza mai, mai, accennare a quanto accaduto e cosa
comportò per me. Io stessa non ho mai capito l'unica cosa
che
provai da quel giorno in poi. Un dolore nel petto da mancare il
respiro, un disagio e tremore assurdo, al sol pensare a lui e come mi
sonosentiva, come un niente, là... il vuoto e il respiro
tremante perchè non volevo, e poi l'aver visto lasciarmi
sola .
Di nuovo sola, di nuovo niente. Quell'ultima volta, qualche settimana
dopo, perchè avevo mandato a quel paese le colleghe di
università, fu la fine. Anche loro, invece di aiutarmi o che
altro, come
vedevo fare a tutti gli altri ma per me mai nessuno, mai verso di me,
mi denigravano e
dicevano di non credere che stessi male, nonstante camminassi male e mi
venisse una nausea paurosa per i dolori. Così, per
disperazone
perchè i miei volevano risultati, gli dissi di aiutarmi, e
accettò. Avevo una sorta di stanza da basso che era di mio
nonno,
facente parte della casa originale, la parte di
sotto rimasta a lui, Morendo è andata a noi, ma non la
usavamo
mai, quindi cèra stanzetta con tavolo, letto e bagno.
Cè da
dirvi forse come finì?"
"avete litigato" rispose Jd
"eh... " sorridendo amarmente" neanche il tempo di entrare e sederci
che, notato, il letto, cercò in tutti i modi di farmi
spogliare
per fare roba. Arrivò a spingermi, mentre io arretravo
provando
quella senzazione per quella volta, e togliermi i vestiti. Proprio
cercò di togliermeli. Quando colpì la parete con
la schiena, mi resi conto
di come annaspavo terrorizzata e l'ho spinto via, tremando. E' accaduto
così, a ricordarlo non so neanche io esattamente come si
sentissi in quei pochi momenti. Volevo urlare, andar via, anche
piagere. Mi sentivo disperata. Discutemmo, tanto che temetti di esser
udita dalla mia famiglia di sopra, che sapevano di lui e pensavano
chissà cosa da prima. E di nuovo senza parlarmi. Discutemmo
seriamente, lui dicendo di essere deluso
marcio e che ero cambiata, io sempre più sconvolta da cosa
diceva. E di nuovo, non ero io ad essere cambiata...
semplicemente agivo come
me, non come ero abituata con gli altri. Solo
che mi aveva conosciuta all'inziio con quella maschera che tento di
mettere sempre per apparire simile agli altri e pensava seriamente che
fossi una scemetta ingenua, caruccia e solo timida. Anche
dopo
tantissimo tempo, dopo che doveva avermi consociuta davvero in chat, e
nelle poche volte di persona, non ha mai capito che i miei
comportamenti erano genuini e spaventati. Non volevo niente, se una
cosa non viene da me in generale non vogli ofarla e lui invece pensava
fossi solo... non so neanche io cosa. Non parlammo mai davvero della
cosa, perchè quando tentavo di farmi ascoltare, come tutti
gli
altri glissava e si lamentava invece lui. Quella volta volevo
piangere per una cosa. Alla fine tutti, tutti quanti, non facevano
altro che dire che ero una delusione, un fallimento, sbagliata. Lo
mandai via e poi per messaggi nel cell per giorni, mi scrisse di
perdonarlo e di parlare di nuovo.Quelli di cui ti raprlai con cui andai
in Irlanda... Quel viaggio è l'unica cosa che ho sentito
viva e reale, io che cèro, si tutta la mia vita. le uniche
volte in cui ero contenta e mi ricordo con un pò di
rimpianto è quando compravo quacosa che desidaravo o
mangiavo quello che mi piacev dopo secoli. All'epoca parlavo con Zay e
Ric, conosciuti per un interesse comune online e che veramente,
anche rispetto a Rò, sono stati diversi nel considerarmi. Fu
parlando con Zay che capì che non ero io ad essere in
errore,
come mi facevano pensare tutti. Che tutto ciò che... "
scuotendo
la testa "mi parlò delle sue esperienze e degli
uomini in
generale, e del fatto che non era sbagliato il mio rifiuto di non fare
cosa non mi andava. Che io avevo ragione. E Rò considerava
quella mia comprensione come
cambiamento, quando dall'inizio io parlavo, dicevo e niente... come
tutti gli altri, che fossero famiglia o gente che avevo conosciuto.
Furono quel giorno in quella casa, e quell'ultimo incontro nella mia,
che
ne uscì peggio in tutti i sensi ed è da allora
che non ho
contatti con nessuno in generale. E odio la gente, non voglio contatti
o altro. Anche perchè io ero
peggiorata, e anche uscire per qualche ora di casa mi procurava dolori
assurdi, sopratutto camminando. E così, eccomi.
Una
persona che odia i contatti con la gente, il sesso per queste sue
esperienze e, lo dico una volta sola come dissi a Rò che non
voglio fatto niente, non a me, non lo tollero per me. La gente
può fare cosa vuole, basta che non danneggi gli altri, non
lo giudcio se non appunto come ricatto, uso per propri scopi o simili.
Non come quegli idioti là fuori. QUindi
come vedi, no nsono come quelle persone di cui ho parlato prima che
detestano
il sesso e l'altro sesso perchè la gente li ha rifiutati. Io
detesto gli obblighi, di più se legati al sesso. Ma su di
me. E
se Milan è davvero un Signore. serio e manterrà
la
parola, mi fiderò della sua promessa..."
"Ti viene ancora da piangere al pensiero?"?"
"No" rispose a Jd "l'ultima volta che ho pianto davvero, da non
riuscire
a fermarmi o fare altro, standoci male per un pò
ancora, fu quando scrissi una lettera a Zay e Ric.
Furono gli unici a cui raccontai molte cose e che considero amici,
anche perchè li incontrati di persona, e a cui devo rispetto
per
come si sono sempre comportati ocn me. Ma abbiamo litigato per come
ragionavano su cosa volevo e non accettavano, so non veramente,
e... Avevo chiesto aiuto.Non hanno mai compreso, ne sono
sicura, che ho troncato
anche con loro perchè non riuscivo a reggere più
niente.Strisciare a quel modo in questo mondo, non aver mai niente di
cosa desideravo per far contenti gli altri e sentirmi pure rimproverare
di essere una delusione. Ancora oggi i miei non hanno mai compreso le
mie parole e urla, se dovessi farcela, non capiranno mai
perchè
desideravo essere ascoltata e che vedessero la verità. E a
loro, sarò stronza anche se so che facevo tutto per la
prole, appunto i figli in generale e non me, non voglio dire
addio, Voglio adanre da questo mondo a modo mio."
"Ma sono i tuoi genitori..."
"Puoi considerarmi stronza, schifosa, merdosa, indegna e qualsiasi cosa
ti venga in mente. ma fin da piccola non provavo niente per loro. Gli
accadevano cose, non mi sentivo dispiaciuta come lo mostravano gli
altri quando facevano casino intorno a me. SOno arrivata al punto di
trovare disgustoso il loro toccarmi per sbaglio, anche passando...
dovevo pulirmi il braccio per esempio o parte di cosa indossavo.
Dividere il bagno con loro era disgustoso. Non volevo che mi toccassero
il letto per rifarlo o togliere le lenzuola. Se da piccola per me erano
persone con cui dover abitare, fino a ieri erano individui da cui avrei
voluto scappare, ma non riuscivo. Perchè usavano i sensi di
colpa come arma. Ma se glielo dicevi ti dicevano che eri stronza e
altre cose a pensare ciò. Eppure le cose le dicevano, per
poi ritrattare. Sembrava di vivere come le storie dei laureandi con i
coinquilini. Sono legata a loro per il sangue, ma non mente e cuore.
Fammene una colpa..." disse lentamente e con incisione ad Alaric, poi
continulò, sempre guardandolo negli occhi.
"...Sarei stata davvero forte e capace come dicono gli imbecilli contro
chi non vuole più reggere le stronzate, se li avessi
affrontati e fatto davvero come volevo io. Ancora ieri, continuavano a
dire che io avevo fatto sempre cosa volevo, contro il loro parere. Io!
Che non ho mai fatto cosa desideravo e ci ho rimesso. IO! Sarebbero, lo
so, come
altre persone che piangerebbero per il fatto che le hanno abbandonate,
che
sei andato via e li hai lasciati. Cosa ha portato la persona a
quella decisione, cosa è avvenuto perchè
accadesse,
perchè non si fidava di loro e ha preferito fare da
sè...
e tanto altro. Penserebbero solo che eri egoista fancedoli soffrire
come se fosse una ripicca. Tutti i miei tormenti e dolori... si pensa
solo a chi resta che cosa gli è stato tolto, cosa gli serve
per vivere e continuare ma non ha niente. I cretini che non ascoltavano
e vedevano si, loro meritano compresione, tu che eri sull'orlo della
disperazione no. La
gente è così bloccata nei ragionamenti... Ad ogni
modo
quei due lo so che non sono contenti che abbia troncato, ma non
capiranno che le mie paure dei contatti con le persone sono peggiorate,
non risucivo a reggere anche solo parlare con loro. Vedevo loro, come
altri e come
continuavano ad andare avanti e avevano le possibilità per
farlo, che fossero aiuti o i loro meritati sforzi ripagati. Ma io,
dal liceo a cercare di rendermi in qualche modo autonoma e capace, per
andare via di casa e liberarmi di loro... sono riusciti a tenermi a
casa, con loro, come volevano, incatenata senza vedere. Anzi, vedevano
sempre che il mio umore peggiorava, non gli parlavo, non ridevo
più e per le dannate feste con la famiglia mi obbligavano a
rimproveri e parolacce, a fingermi sorridente e felice, con nonni e
tutti
gli altri. E io stavo male. Ma non riuscivo, mi snetivo peggio, stavo
da schifo dentro e mi
rimproveravano tutti quanti perchè rovinavo la festa. E
quella di
batosta di Rò e cosa è nato in me da
quell'esperienza.
Ciechi fino alla fine. Parlando con Zay mi ero pure illusa un
pò che forse, qualcosa per
me cèra, che cèrano persone per me alla fine, che
ci
fosse qualcuno allla fine speciale veramente. Non ho mai avuto vicino
una
persona che mi portasse ad essere felice perche vi fosse, e che fosse felice
che io cèro,,, e che condividesse con me qualsiasi cosa,
stando solo
vicino. Come le amicizie eterne, uniche, indistruttibili. Loro due
erano miei amici e tali rimarranno, ma parlavamo dopo quell'unica volta
di persona, solo online. E io non ce la facevo. A casa sempre peggio,
sempre e sempre e mi sentivo sola sempre di più. Non hanno
compreso che non mi aiutava o bastava, più, solo online
quando potevano. E poi non ce l'ho fatta. Speravo che mi
aiutassero a non soffrire più di quanto non fossi
devastata e sola e invece... Non volevano. Lo capisco, ma quella
rottura alla fine era inevitabile. per una votla che desideravo che
qualcuno facesse qualcosa per me, per mio egoismo se volete metterlo
così..."
"E cosa cèntra con le signorine che ci fanno compagnia?"
Lia guardò Alaric come se vedesse qualcosa di ripugnante.
"Perchè lo sto dicendo a voi? Come detto le uniche persone a
cui
avevo detto queste cose, sono quei due. Nella mia vita nessuno ha mai
voluto ascoltarmi, fermarsi e usare i lproprio tempo per darmi ascolto,
attenzione. Quelle persone lo avevano fatto, ma come gli ho scritto, ho
impresso nella carta quello che riuscivo a mettere stando male
parlandone, perchè usaressero anche gli occhi e il
cervello, cèra poco per me, che potesse aiutarmi. Ormai. Io
non sono solo parole al vento, capirmi come per chiunque
altro è qualcosa al di là di quello che si pensa.
Come
per le poesie... che esprimono l'inconscio di una persona. Per
terapie o altro ti dicono ,
è
perchè nelle parole le persone riescono a imprimere se
stessi e
cosa provano. Specchio dell'incoscio, del cuore, interiore profondo
della persona. E ti vengono le domande per capire mentre leggi, cosa ha
portato
quella persona a scivere quello che il foglio custodisce. E chi sa
leggerle, comprende senza bisogno di incontri. Ed ecco
anche perchè la carta, la penna, l'inchiostro sono per me
elementi materiali della mente di chi li usa.
Ma adesso, qui, l'ho detto perchè mi ricollegavo a quel
discorso
nella Sala che hai fatto. Su quelle donne. Possono mostrarsi carine,
dolci, coccolose, caruccette... tutto ciò che ti piace. Loro
possono apparire, apparire
non essere, come tu le vuoi.... ma sono
persone. E così, come poco fa tu ne hai parlato, per te
estesso,
io ho detto il mio lato, il mio punto di vista, l'altra faccia
dell'essere umano, come tu lo intendersti, femminile. Io tra
non molto
no ci sarò più, è un dato di fatto,
perchè
non mi fermo. Non accadrà come per altri che,
perchè
qualcuno arriva e regala un tipo di vita che alla fine non fa schifo,
sono felici e dicono di essere rinati e comprendono il
perchè e
percome della vita. Di storie così ce ne sono molte. Ma io
non
sono quel tipo.Io so, ne sono consapevole, ho ben chiaro quali sono i
miei problemi, traumi, paure, dolori e profondo odio. Che non ho
sperato e non può accadere, ancora adesso parlando, mi
vengono i timori e paure dell'esser giudicata. Il mio passato non mi
lascerà mai. Mai. E adesso, temo il vostro giudizio ma non
posso lasciarti dire che quelle persone sono solo passatempi o
trastulli... QUi avete alcune
cose che mi hanno interessato nella mia vita e non ho potuto avere, ma
questo non significa che schiocco le dita e urlò
.... No! Da
ciò che sono e sono diventata, non può nascere
niente di
buono perchè non
cè nietne di buono. Anche adesso,
vedendo quelle cose, per come sono adesso, non cè nessun
desiderio di approfittarne e accettarle. Perchè non ho
niente da
desiderare ora, sperare, voler vivere. Altri ne avrebbero approfittato
e
sarebbero anche riusciti a trovarsi uno squarcio di
tranquillità
per ripartire, ma non per come sono rotta. Per questo Milan
può
pensare cosa vuole, Zay e Ric possono vedere cose pucciose e
cuoricinose per come sono, e pensavano che andassero come epr altri. Ci
sono cose e persone, per loro speranze che possono ripartire dal
ninete, come un seme nato in un buco della strada, e attecchisce. Ma
non da un qualcosa
fracassata come me. Di certo, potete cercare di
riparare un sado di
fiori con tutte le colle che volete. Ma perderà sempre
acqua,
diventando solo utilizzabile come ornamento alla meglio. E basta.Come
quel giorno a casa sua, è come essere vuoti, un contenitore,
come voi vedete le donne. Non ho nula in questo mondo, non
cè nulla per me in questo mondo, il mondo non mi vuole.
Perchè farmi tirare dai desideri degli altri,
ancora una volta,
perchè vogliono che io viva... mi colpevolizzo di
tutto , sono
la colpevole di cosa sono diventata, nonostante siano stati gli atlri,
gli artefici della mia disperazione, e io gliel'ho permesso. Eppure,
nonostante la maschera che mi viene maturale. per paura, usare con
altri, non
riesco ad essere omologata al gruppo sociale e... quindi,
perchè
dovrei rincorrere un mondo che non mi vuole? E ora, incacapce di far
qualcosa, dovrei fare cosa?
No, Milan può pensarla come vuole, ma deve
arrivare a dove sono
ora io, per comprendere che non cè nulla da salvare,
risanare,
riparare... quello che volete.
Le persone possono solo provare. SOlo. Provare. NOn riuscirci. Ma deve
esserci il tempo e la possibilità. Che per me sono finiti.
Si, è un senso di arrendevolezza e negatività.
Come tutto,
ne sono consapevole. E per questo che io sono insanabile. Io, inquanto,
Lia, non ho motivo di andare avanti perchè sarebbe solo
strisciare per il mondo mentre gl i altri camminano, danzano, saltano,
corrono... ma io sono sempre là, in fondo, nel basso a
guardare
l'altezza degli altri. Rispetto a me."
"ma perchè ti lamenti tanto!" iniziò a sbraitare
Alaric stringendo nella mano la bottiglia che sbatteva sul tavolo
nell'enfasi del discorso "Quelle donne fanno quel lavoro, noi le
paghiamo. A loro piacciono i soldi, a noi i loro lavoretti. Non credo
che le donne possano essere brave o migliori noi nel nostro lavoro, se
è così dimostratemelo. Altrimenti smettila di
lagnarti, il mondo è pieno così di storie come la
tua, e domani arriverà qualcuno che avrà vissuto
peggio, eppure vede positivo. NOn so perchè, anche dopo le
discussioni nella Sala, il motivo per il Leader ti ha voluta. Stavi
andandotene! Eppure sei qui, hai tutto ciò che avresti
voluto disposizione. Approfittane e zitta. Come a noi va bene, anche tu
puoi almeno fare cosa desideravi, e non ti hanno fatto fare. E magari
trovi almeno uno tra noi con cui dimenticcare quel tipo che ti voglia
fare. Approfittane, sarà facile..."
Lia restò in silenzio, profondo mutismo, a guardarlo. La sua
espressione era sempre più calamitata su di lui. GLi occhi
che si allargavano a ogni frase, le sopracciglia che scendevano come la
testa. Mentre gli occhi mutavano quell'aspetto, notò Jd
suadando, inziava ad arrabbiarsi seriamente. Affilati,
taglienti, grandi eppure feroci come un lupo. Le labbra strette,
immutate da prima, eppure si notava che era rigida. Quando
arrivò all'ultima frase non terminata, schiuse le labbra
guardando questa volta Lubo in modo strano, alzò il mento, e
voltandosi ancora sulla sedia col busto, alzandosi se ne
andò sbottando "Ma
Vaffanculo, Va..."
"Ma veramente?!?" disse Jd alzanndosi, allargando le braccia, guardando
l'amico pieno di birra e contrariato, aggrappato alla bottiglia
"l'ho
sempre detto,
misantropia...." borbottò Alaric chinandosi con i gomiti
sulla tavola
"perchè sei così scemo..." disse Lubo
Jd
corse dietro a lei, che se ne andava in un'andatura che sembrava
militare e rabbiosa, non sapendo come proseguì Lubo
all'altro, lasciandoli là.
Un anno e sei mesi prima
Kianta si ritrovò sulla soglia dell'ospedale, indecisa su
cosa
fare. dove andare. Voleva dare un'occhio al luogo, vederlo.
Il dottor Gorman le aveva chiesto di restare ancora un pò,
almeno fino a sera, per capire se stava bene e si era ripresa. Ma lei
sentiva qualcosa di fastidioso nel ritrovarsi là, nel letto,
immobile in attesa del controllo dell'infermiera o del dottore stesso.
Per quanto la stanza fosse una delle due speciali, destinata solo ed
escluivamente al Leader, comandante ed ospiti, senza
destinarla
mai agli uomini, non riusciva a restare senza far niente, nonostante le
possiiblità di passare il tempo previste nell'arredamento.
Dormire per
lei era negativo, e non voleva più avere medici intorno.
Jd, Alaric anche se controvoglia, Lubo, e Bryden erano andati a vedere
come stava e gli aveva parlato, ma dopo quella visita in tandem, aveva
ancora più voglia di uscire. E così, dopo essersi
vestita
e aver dovuto ordinare all'infermiera di calmarsi, che tutti i
controlli erano andati bene e se si sarebbe sentita poco bene avrebbe
chiamato o sarebbe tornata, salutò anche il dottore nel
corridoio e uscì. Fuori.
L'aria buona e odorosa la investì, ben diversa da quella che
entrava dalla finestra, più lieve. Lì, con un
viale a
più corsie contornanti da zone verdi, con alberi alti e
ricchi di
chioma verde, con alla base composizioni artistiche, panchine o
cespugli o agglomerati di fiori, si sentì
più
leggera, perdendo la pesantezza che le mura bianche e i corridoi lucidi
le davano.
Nonostante vi fossero molte persone che camminavano, parlavano, si
muovevano ovunque guardasse, svolgendo attività di vario
tipi o
solo restando in gruppo, non vi era confusione. Le voci le giungevano,
alcune lievi come sussurri, altre forti come urla, ma sempre gioiosi,
con risa e complicità, senza infastidire.
Si voltò ad osservare l'edificio che stava lasciando. La
facciata sembrava di un edificio antico, con decori in rilievo di
pietra o
legno. La porta stessa era un rettangolo ampio a due ante, resa in
legno chiaro e vetro, per non stonare con l'edificio, con un ernome
arco spesso che scendeva fino a terra a contornare la porta e
nascondere il meccanismo scorrevole. Le aveva spiegato tutto
l'infermiera che, anche in tensione, l'aveva accompagnata fino
all'esterno e le aveva spiegato la stranezza di quell'entrata. La porta
originaria era quella con i battenti aperti completamente verso
l'interno, in legno massiccio a cassettoni e parti in metallo a
decorazione che veniva chiuso e sigillato al bisogno. Mentre per
l'entrata facilitata era stato costriuto un meccanismo in ferro
mascherato. Le porte ad apertura automatica che rientravano
ai lati erano si, in le gno e vetro, ma la zona di apertura era una
sezione
aggiunta all'originale. Che dava all'esterno un aspetto di porta che
usciva fuori, data dall'arco largo e e decori esterni ad esso, che
mascheravano l'aggiunta. In pratica emulava le vecchie case antiche con
i portoni massicci e imponenti, ma all'esterno le porte a scomparsa si
attivavano con il laser con la presenza di qualcuno sulle scale,
contornate da decorazioni appplicate successivamente. Gli scalini
avevano dei rialzi centrali per permettere a lettini e lettighe
di esser portati con facilità dentro.
Tirò fuori dalla tasca la lettera che aveva letto e riletto
e la
dispiegò, osservò la calligrafia fina e corsiva,
con le sue
rotondità ma incisiva, non leggera o femminile. Si notava
sulla
carta il punto in cui finita la frase, l'inchiostro avev lasciato un
puntino in più alla lettera, segno che chi l'aveva vergata
non aveva usato
una penna normale. La carta non era quella sottile e trasparente delle
stampanti o fax, ma più corposa al tatto. Anche l'odore che
emanava solo leggendola era particolare, come l'odore dell'inchiostro.
Osservò le parole ancora per lei da capire in toto, per
decidere cosa fare veramente.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.
Sfarfalli e brillii, una lampada ilcui cono protegge zona calma
togliendo il freddo e buio, sei come lei
Caldo e tenue rilassato tempo, mentre attorno infuria il freddo scorrere
Osservi e guardi, parli ma non puoi niente
spettro e fantasma significa questo,
rassegnata, la sua parte va perduta nell'infinito del tempo e del niente
entità effimera sfuggevole
la luce si spegnerà come le lampadine, l'accadimento
è dovuto
condannata, spenta la luce, spenta l'essenza
Davvero l'uomo può solo provare?
Improvviso, un lampo
echi della compagna della disperazione
E, da vuoto e nulla, tremolio e vibrio,
pensieri e parole si fanno carne e ossa
Un urlo nel silenzio, dopo si spegne ma il suo eco rimane nella mente
fino a quando non si può fare a meno di ricordarlo
e così l'urlo diviene eterno.
Tangibile e vita
E la luce non danza più
P.S. Spero che tu stia bene. Ci incontreremo d'innanzi il cuore
pulsante dell'oceano, baciati e schiariti da luce e funghi,
che ci scaldano di dorato e pace. Immergiti
Kianta restò qualche attimo a riguardarla, solo quello,
sapeva
già il testo. Incurante degli uomini e donne che formicavano
intorno, che la guardavano e basta, scorrendo.
Jd lo aveva letto prima di posarlo sul comodino, dicendo dopo
averlo scorto che non capiva il significato alla fine, ma il testo lo
comprendeva. Eccome. E rispecchiava l'autore. Le descrisse anche il
significato, per quella lettera ricevuta quando si era sentita meglio,
proprio dall'amico Jd.
Gli era stato chiesto e aveva mantenuto l'onere, eppure per tutto il
tempo in cui era rimasto nella stanza con gli altri, aveva mantenuto un
comportamento rigido e preoccupato. Prima per il suo stato, dopo per
quella lettera.
No, si disse, Tutti i discorsi, anche con Alaric e Milan che era venuto
dopo ed era uscito con loro, non dovevano occuparle la mente.
Desiderava capire l'ultima parte e dove recarsi. Doveva andare
nell'oceano? O in un acquario? Cèra un acquario
là,
questo lo ricordava. Ma i funghi? E poi, con la coda dell'occhio,
percepì qualcuno.
Milan era fermo sorridente ad osservarla.
Appariva tranquillo. I capelli legati a coda di cavallo
media, e
chiusi in chignon, con qualche ciuffo caduto davanti. Di solito li
portava sciolti allo Chateau, con onda grande da un lato o riga
laterale o al centro, senza sminuirlo nell'aspetto. Ma quando andava in
giro li
teneva legati in modi diversi. Coda media, coda bassa, chignon, semi
raccolto con uno chignon con una aprte dei capelli e gli altri che
scivolavano sulle spalle.
Indossava un abito, mezzo Tight pareva, mentre per lavoro preferiva
più classico. A tre pezzi, composto da una giacca
in
tessuto broccato con disegni e foglie in varie tonalità di
porpora, che non davano fastidio all'occhio. Con inserti di raso
sui revers della giacca, li usava poco per lavoro, qui erano
presenti. Aveva sei
bottoni solo nella zona alta da entrambi i lati perchè si
portava aperta, con colletto e stile coreana,e . Dello stesso
tessuto, che arrivava a metà pancia,
rispetto agli altri più lunghi più
elaborato con i rivolti superiori angolari. Aveva tre bottoni e
chisura
laterali, rendendolo retto alla fine e non aperto come gl ialtri a V.
Usava
anche quelle a un solo bottone sul petto,
normalmente, mentre al lavoro le classiche, che lasciavano intravedere
la parte media e bassa del gilet sottostante s enon chiudeva i bottoni
superiori. Pantaloni
sempre senza risvolto, grigio perla, ma non lucidi. Come sempre gemelli
e cravatta, questa con stesso design della giacca e gilet ma chiusa a
foulard con un fermo in oro al centro, nascosta alla fine dalla giacca.
Portava come le volte in cui non lavorava tra estranei, anche un
bastone con pomello argento con decori e materiali diversi, in base
alla giornata o i completi.
"Buongiorno, socia..."
"Buon giorno a te..." sorrise caldamente lei
"Ti sei ripresa, vedo. Ero venuto per vederti e sapere i dati clinici.
Ma noto che sei informa, come sempre"
"Nulla è cambiato da quando sei venuto"
"Eh...?" sorpreso e rimasto un attimo incredulo "Mh, si
vero...
QUindi tutto nella norma. Ottimo. Sarei contento di riverti allenare e
lavorare al solito, per sapere come ti sei rimessa. Ma è
meglio
se almeno oggi ti riposi. Domani comincerai la giornata normale..."
"In verità volevo fare un giro di tutto e..."
"Sicura di star bene? Che non ti verranno vertigini o altro? Evita
eccessi, sei appena stata dimessa. Riposati, invece. Vai in camera
tua. Va bene anche rivedere i progetti e lavori che dovevi svolgere, ma
stando sempre attenta a non esagerare. Il dottore non aveva detto che
non ha riscontrato disturbi o problemi? Inoltre in questi giorni
verranno Madame e tuti gli altri per il Disegno. Dovrai essere in forma
per riprendere dove è stato lasciato tutto. E per farlo,
devi
prima controllare tutto il materiale..."
"Si, hai ragione. Meglio documentarmi prima. Se verranno,
sarà meglio che sappia tutto in anticipo. E' solo..."
"Sempre curiosa, sempre imprevedibile" disse ridacchiando "ma
ascolta... Non è stato un incidente, però sei
finita in
uno stato simile al coma per parecchie ore. Ti sei risvegliata senza
problemi, danni o altro e questo è straordinario. Nella tua
situazione, altri sono finiti male. Ma..." alzando il bastone verso di
lei dopo averlo mosso co la mano per i ldiscorso "se tu non ingrani
nella maniera corretta ed eviti scossoni alla testa improvvisi, che
siano fisici o mentali, rischi di tornare non qui dal dottor
Gorman, ma da David. Sono stato chiaro?"
"Capito. Se torno da David rischio di restarci per un pò...e
non lo voglio. Sei stato chiarissimo"
"brava ragazza. Sia io che i veterani ti abbiamo già
illustrato
tutto, dall'inizio al momento del risveglio. Corretto? E questo poche
ore fa... corretto di nuovo?" ponendo ensafi sull'ultima parte
"Esatto, sei ore fa. Era prorpio per questo che volevo guardare e
approfittare della luce rimanente..."
"Non sono un dottore, ma preferire che tu ti riposassi in un ambiente
familiare e tranquillo. Ti farò portare cosa ti piace in
camera, anche se
per fortuna nostra e per voi, il cibo qui non è come negli
ospedali normali. Quindi nessuno muore di fame o di rimpianti. Ma
dovrai mangiare e stare tranquilla, perchè domani possa
svegliarti bene al cento per cento. Non andrai in giro di tua
inziativa,
vanificando tutto?"
"No, ho capito. Credi che io sia così imprevedibile?"
"E' perchè sei tu che questo è avvenuto.
Positivamente,
certo, ma se esageri nel fare come vuoi tu anche per forza, finirai per
ritrovarti davvero da David o ad ottenere un risultato
sbagliato o non voluto. Io, mio fratello e Lia non abbiamo fatto tutto
il lavoro solo per capriccio. Tu sei qui, sai fare cosa è
necessario per migliorare, non peggiorare, ma sii accorta e costante
nei piani. Il tuo essere così non è negativo,
così
come il suo. E perchè sei tu, come per lei, non
metterò
mai qualcuno a controllarti o spiarti. Fiducia tr anoi, ricordi?
Però, se non sei in forma, se esageri tanto da dover
chiamare
David in anticipo dalle turnazioni, ci rendi difficile ogni cosa..."
"Capita la paternale, vado subito in camera, prometto ed eseguo"
"Di nuovo, brava! Adesso vado comunque dal Dottor
Gorman, ma seriamente... riposati. Tutto ciò che hai
è
per metà nostro, ma anche tuo. E sai a cosa intendo..."
"Si, Signore" facendo un saluto militare
Milan rise e la osservò andarsene, finchè non si
fermò e voltò verso di lui, lasciandolo
stupefatto.
"Senti... cè un acquario qui, vero?"
"Certamente, uno nella sala del tempo libero e l'altro..."
"ok, ma... ci sono dei funghi vicino?"
Milan la squadrò incerto, dubbioso. Restò qualche
istante in silenzio, forse riflettendo, poi chiese il motivo.
"Nulla, è solo che mi veniva in mente e volevo sapere dove
li avevo visti"
"Non che io ricordi... non ci sono funghi vicino gli acquari. Che siano
decorazione o altro"
"Capisco, domani vedrò... buona serata" andandosene.
Kianta percorse i corridoi dei piani superiori dello Chateau
principale, trovando la sua camera. La porta di attivò e
sganciò in automatico al suo avvicinamento, senza bisogno di
sbloccarla con il tastierino, metodo secondario alle chiavi. La porta
di legno in stile vittoriano si socchiuse e lei la aprì,
osservando l'interno.
La camera di Kianta presentava un salottino, con un divano
angolare alla sua sinistra che toccava un angolo sporgente del muro, un
tavolino al centro, rivolti verso
lo schermo posizionato sulla parete di fronte ad essi alla destra di
lei, ferma dopo aver chiuso la porta. Di fronte a lei, dopo il
televisore, vi era una grossa finestra con una tenda a pannello, in
voile trasparente e leggero, che cadeva morbido, arricciata
sui
passanti, donando leggerezza all'ambiente.
Il colore era tinta unita color menta. Si, quello er ail nome del
tessuto, lo ricordava. Che si accordava con la tinta alle pareti di un
celestino polvere delicato.La stanza era
tagliata dopo il divano, da una rientranza
senza accesso, stringendo lo spazio e impedendo di proseguire dietro il
divano verso l'altro lato della stanza.
A dividere quella stanza dalla camera da letto vi era un
divisorio particolare, voluto da lei. Pannelli divisori per interni in
un materiale simile al plexiglass, due lastre unite a formare una sorta
di parete scorrevole da ambo i lati opaca. Il meccanismo
però era
più particolare. Un'anima, tra le porte, azionava due
possibilità di utilizzo. A scomparsa da un lato , di solito
quello verso il divano o Rototraslanti
o basculanti. Oltre
la possibilità di renderle come panelli scorrevoli, formando
una parete opaca sull'azzurrino, bloccando una parte di solito
quella che mostrava il letto, bloccandola fissa, vi era una
seconda. Le due
lastre diventavano una, girando su se stesse con un gesto per aprirla
ruotando. Nascondevano o meno la camera
successiva. Il perno si ancorava alla base e in alto, in una
fessura apposita, e i panelli uniti insieme, formavano una porta che
ruotava di novanta gradi alla volta, scattando alla volta un
meccanismo di blocco per passare, per poi farla ruotare di nuovo in
senso orario o antiorario. Qundi come le
porte basculanti, posizionato al centro dell'apertura e si voltava in
linea con i muri o divideva l'ampiezza del passaggio a metà.
In quel momento il pannello era aperto basculante e, toltasi le scarpe
per metterle nell'armadio tra la porta e i pannelli, cambiandole con un
paio vicino la porta, si svestì,
posizionando gli abiti nella parte superiore. Si avviò in
intimo
nella camera da letto. Della stessa dimensione dell'altra, era
semplice.
Si notava a sinistra, di fronte, il letto poco
distante dal muro per scendere anche da quel lato. Una piazza e mezza
e ben curato, con una coperta con tema marino e un cuscino di
lattice con una fodera di seta. Per evitare ai capelli di elettrizzarsi
e la pelle perdere acqua durante la notte, come accadeva per tessuti
come il cotone. Ed eliminava i segni del cuscino.
La parete dove il letto era poco distante, conteneva dellle
illustrazioni in alto e a metà parete delle mensole con
degli
oggetti sopra. Ma Kianta non si soffermò a guardarli. Dopo
il
letto scorrendo verso destra, vi erano un comodino con cassetti sotto e
spazi
per poggiare vare cose. Sopra, pieno di oggetti come lampada, una
sveglia con orario mensile verticale, con info su umiditià,
temperatura e altre opzioni. Degli apparecchi che Kianta
riconobbe come il vassoio per il phonvlet e un multipresa verticale,
piedistallo verticale dotato di slot per le spine degli
apparecchi, prese usb per connettere altri dispositivi per carica o
sola alimentazione per l'utilizzo attivo. E altre cose, ma non vi
badò. Tra comodino e finestra vi era un armadio in legno in
stile antico, ante sorpa e cassetti sotto. Notò una zona
sporgente dopo la finstra , che toglieva spazio
dalla sezione di fronte l'armadio. Una poltroncina si trovava
nell'angolo tra armadio e finestra. Una finestra che
sembrava una window seating, ossia una finestra in stile inglese con un
muretto per sedersi, mettere dei cuscini, appoggiare cose, guardare
fuori o leggere sotto di essa. Molti invece proprio di un muretto
tenevano un mobiletto alto fino alla base della finestra con cassetti e
cuscini sopra, questo invece sembrava una finestra con una base
particolare.
Kianta si avvicinò, il bordo del muretto aveva una sorta di
decorazione che invece, appena l'ebbe presa, si confermò
come
una maniglia che, girata a novanta gradi e si spingeva verso fuori,
azionava un meccanismo che creava un nuovo ambiente verso l'esterno. In
pratica quella che pareva la finestra si alzava diventendo la parte
superiore, laparte della maniglia si modificava al contrario e
diventava la nuova finestra, mentre la parte profonda che sembrava
prima il muretto, faceva da spazio calpestabile. L'effetto era come un
rettangolo di finestre che si proiettava verso l'esterno, pavimento non
trasparente, mentre a vetri davanti, di lato e di sopra.
Restò a
fissare la struttura che sembrava delicata, ma era resistente e del
miglior materiale, mentre i vetri erano resine speciali come per i
ponti cinesi, trasparenti e sospesi nel vuoto ma sicurissimi, e in
grado
di reggere grossi pesi.
Riusciva a vedere come fosse a un balcone, tranne le intellaiature, ma
senza ventoe simili, e avvicinava chi vi restava seduto a terra o in
piedi, all'albero del viale sotto che arrivava fin lì,
rispetto alla posizione
normale. La finestra che compariva nella versone chiusa era aprible, ma
anche quella di fronte, cambiando aria anche con la struttura aperta.
Dopo un pò ad osservare il lavorio degli uomini dalla sua
posizione, indietreggiò e riprese la maniglia, girandola e
andando indietro, richiudendo tutto, riportando il tutto alla v ersione
finestra all'inglese con muretto. Alla sua sinistra vi era la
porta
bagno, piccolo all'apparenza ma, anche con lavabo, wc, bidet in
successione e doccia nel muro di fronte la porta, aveva abbastanza
spazio per contenere dei porta asciugamani pendenti, di fronte il
lavabo. Un mobiletto sotto di esso con due ante e un piccolo mobiletto
di fronte il water, a metà del muro,che si poteva spostare
all'occorrenza per chè fatto in legno. Composto da quattro
tavole di legno spezzo e lucidato, aveva la tavola superiore come
appoggio, due sotto parallele tra loro che si incastravano con il sopra
e l'ultimo al centro di queste due, per poggiare altre cose. la tavola
superiore era più larga dell'ampiezza della "gambe"
così
alzando da quei lati, si metteva dove non dava fastidio. la larghezza,
nonostante il mobiletto, della zona vuota era una persona e mezza.
Aperta la porta, si trovò un ambiente differente dalle altre
stanze. la zona lavabo era un rettangolo in marmo che
iniziava dal muro a sinistra con una zona libera per compiere
operazioni o poggiare sopra i prodotti. Sopra questa zona, proprio
ricavato da spazi scavati nel muro, degli comparti fino al soffitto
divisi tra
loro da divisori in legno, con dei prodotti in ognuno. Il rettangolo
era largo dieci centimentri o più e fino al soffito. Dopo,
il
lavabo, fatto in marmo come una ciotola incassata nel piano, con un
rubinetto vicino il muro dopo la ciotota, a L
semplice come
un tubo a gomito e due pomelli per l'acqua. Sopra il rubinetto sul muro
vi era uno specchio che prendeva metà del mobiletto in marmo
e
alto altrettanto, con una cornice in legno che pareva rustica, delle
piccole assi di legno tra loro a sovrapporre l'altra girando
a
orologio, ma ben lavorati e belli da guardare.
Il mobile era vuoto al centro, invece di altro marmo, di un colore
scuro e luminescente da ogni angolo, e presentava una zona
con
due sportelli sotto il lavabo, mentre l'altra metà, sotto la
zona libera, dei
ripiani per poggiare le cose.
Il wc e il bidet non avevano nulla di particolare, erano molto
arrontondati e carini, non quelli economici.
La doccia, dopo il bidet, in marmo aveva
un piccolo muretto altezza fianchi con un vetro opaco
fino
all'arco che chiudeva la cabina doccia. Uno scalino e prendeva tutta la
parte finale della stanzetta. Infatti le finestre erano spostate
rispetto la stanza originale, una verso il televisore e l'altra
all'tezza della testa del letto, così che dal cuscino si
vedesse fuori, lasciando lo spazio del bagno, non piccolissimo ma
completo. La zona aperta della doccia si chiudeva con una parete
trasparente in vetro che si apriva verso l'altra porta. Nella doccia vi
erano una maniglia di sicurezza, mattonelle in marmo scuro come il
mobiletto, che riluceva in molti colori alla luce in base a dove ci si
metteva, i rubinetti e il phone erano accanto al muretto. Una piccola
finestra a sporgere verso l'esterno si trovava dallo stesso
lato
delle altre più grandi dentro la doccia, mentre un'altra
sulla stessa parete, guardava di fronte wc e lavabo, n el mezzo. che
davano luce ed aria. Ma nella doccia
era comunque presente una aplique poco sporgente tonda.
Prese degli asciugamani da sotto il lavandino, nella zona senza antine,
si fece la doccia, prese i ricambi puliti posti in delle ceste di
vimini intrecciate sul tavolinetto in legno e li indossò.
Aprì l'armadio alto quasi la soffitto e largo, che prendeva
lo spazio tra il comodino e la finestra, senza oscurarla
perchè questa si trovava a metò tra lo spazio
esistente dall'armadio alla rientranza del bagno. Le ante nascondevano
abiti per lo più maschili, di vari tessuti, composti da
pantaloni di vario tipo, camicie di vaerie fogge e alla base magliette
e altro piegati. La zona sotto con i cassetti contenevano divisi in
zone apposite, indumenti intimi, neri per il
giorno e color carne per la notte o lo stare in camera. Come i
reggiseni, medesimi colori per gli stessi usi. Calzini di varie
lunghezze e tipologie stavano in un cassetto sottostante. Nell'ultimo,
il terzo, vi era tutto ciò che non rientrava nelle categorie
sopra, guanti, sciarpe, scaldamuscoli e altro invernale.
Scelse una maglietta semplice, con un corgie stampato, senza capire
perchè ve en fosse una così, e un paio di jeans
morbidi. Dopo essersi vestiva e spenta la luce della stanza per stare
nell'altra, l'occhio le cadde su cosa restava accesso
nell'oscurità alle sue spalle. All'entrata non se ne era
accorta perchè aveva acceso subito tutte le luci per
osservare l'ambiente, ma ferma sul divisorio, attrata da quella luce
strana, si voltò per guardare meglio. Un ventalgio di luce
partiva da qualcosa che era attivato dietro il multipresa
verticale, attaccato nelle prese non visibili perchè
posteriori. Illuminava dal basso quel che era una delle illustrazioni
appese alla parete. Infatti, oltre il muro parallelo al letto, ve ne
erano altre fine all'armadio, tutte con paesaggi marini o scene di
costruzioni umane sottomarine. Invece di guardarle tutte, si
fermò su quella in luce, osservò il multipresa
girandolo ed era una lampada da parete a led, quelle piccole notturne.
una composizione di tre funghi centrali con gambi sottili e
lunghi, con le cappelle in silicone trasparente opaco, e
fogliame e fiori intorno, che irradiavano luce in una zona
ristretta. Il fungo centale cambiava colore della luce ogni tot di
secondi. Senza luce nella stanza il cono creato, indicava un quadro
senza cornice, proprio sopra il comodino, di un ambiente sottomarino a
livello del fondale. Coralli e creazioni organiche dalle fome
particolare coabitavano a stretto contatto, in ampie conche
intervallate da corrugamenti e dorsali che sono molto simili
a piccole catene montuose emerse, ospitanti sopra creazioni
marine vegetali e non, attorniati da pesciolini. Forme coralline o
simili dai vari colori, rocce con colori sgarcianti, strane forme
vegetali che parevano piume ramificate, strani cactus marini dalle
varie forme tondeggianti o quello che pareva un cervello, o elementi
arancioni tubolari in successione... e altre cose che consoceva e la
tennero fissa a osservarli. Ogni elemento presente era qualcosa di
straordinario. Notò anche una stella marina e poi una cosa
strana.
Sopra
di essi, nella parte superiore, vi era una sorta di ponte, corridoio
metallico o altro, che nasceva da due costruzioni appena visibili ai
lati dell'immagine. Era una foto? Reale? E una persona. Si,
cèra qualcuno con una sorta di muta da sub, ma camminava
sopra questo strano ponte, in due colori, ma la lampada a funghi non
permetteva di capire bene.
E poi comprese. La
lettera.
Ma cosa significava, se
intendeva quello, con il termine immergiti?
Toccò con la
mano il vetro seguendo la forma del fondale e osservò
l'altro. Anche in quello, se era davvero una foto, vi era un ambiente
marino ricco di vita variegata e poi una torre o altro, non si capiva,
in fondo a uan sorta di sentiero a gola bassa, con tante luci. Si
spostò di poco per tornare ad osservare l'altro e si accorse
di una cosa.
I quadri erano forse
formato A4, non avevano cornici ma erano semplice base in legno
appendibile dai gancetti con un vetro, nel mezzo le foto. Eppure il
secondo che guardava aveva un aspetto normale, quello sotto il cono di
luce, osservandolo di lato, presentava come uno spazietto tra il vetro
e la foto, e la base in legno.
Kianta prese con
delicatezza il quadro dopo aver acceso la luce. Si, presentava quello
strano difetto.
Tolse allora i gancetti
metallici, il vetro e la foto e, al centro della base in
legno con sopra un foglio bianco, vi era attaccato con dei pezzetti di
scotch sottile qualcosa.
Era una micro sd,
però già inserita nel lettore e adattatore
più grande. Sganciò la scheda dall'adattatore ed
una memoria grande come un'unghia da soli otto gigabyte.
Perchè doveva esserci un lettore così piccolo di
giga, nascosto tra una foto e la base di un quadro, indicato in una
lettera?
E dove doveva metterlo?
Andava guardato?
Controllò il
multipresa a torretta, aveva otto facce, quattro ampie per ospitare le
prese, diverse in base alla nazione, e quattro più piccole
intervellate alle grandi, per inserire usb, in fila per l'altezza. Lo
alzò e trovò sotto la base un foglio incollato,
con la stessa grafia della lettera. Un promemoria?
Dei simboli con accanto
delle descrizioni indicavano voltaggio, potenza, frequenza, tipi di
uscite e le caratteristiche. protezione da sovratensione, da
sovraccarico, evitamento carico opposto, protezione dal corto circuito,
ripristino protezione, da interferenza del campo elettrico, evitamento
cavi incrociati. Dodici prese di corrente di vaerie nazioni, suddivise
per le quattro facciale e varie porte usb, normale, micro e
mini.
niente di utile, non
andava bene per la scheda di memoria.
Mentre si voltava,
notò dall'apertura della porta la tv ampia e collegata al
muro. Sotto vi era un mobiletto con vari apparecchi, tra cui
lettori dvd e blue ray, consolle di videgiochi e altro
visibili dalle ante in vetro.
Doveva accendere uno di
quelli, o andava bene la tv?
Decise di controllare
prima la tv, se non andava bene avrebbe provato qualche apparecchiatura
da basso.
Trovò subito
gli slot sul pannello laterale alla sua destra, mentre controllava
stando di fronte, i codici della tv.
Oled altissima
definizione, cinquatacinque pollici se ricordava la lettura del codice
sulla cornice, sottile, con slot per vari dispositivi collegati. Anche
quello per le schede di memoria.
Lo inserì e
il canale attivato si spense nel bianco.
Kianta non
capì perchè no nvi fosse nulla, non si sentisse
nulla, per qualche momento. Così decise di allungare la mano
e sganciare la scheda, per provare con cosa conteneva il mobiletto
sotto lo schermo.
E poi apparve qualcosa.
Una scheda che riconobbe
come identificativa utilizzata dall'organizzazione, con la sua foto e
le informazioni.
Nome, nomi in codice,
abilità specifiche, conoscenze e poi il video
iniziò a frizzare.
Rettangoli dell'immagine
iniziarono ad apparire, cme se la stessa fosse corrotta con un sonoro
fastidioso cme crack, ftz e poi silenzio.
Kianta
osservò ancora la sua foto sulla scheda che si squadrava...
di quando? E le informazioin che erano comparse riga dopo riga e
riempivano le sezioni di quella scheda a colonne e righe, indicava
anche i dispositivi che indossava.
E una voce
risuonò dal televisore, d'improvviso, mentre leggeva la
sezione tecniche e capacità.
Femminile, ferma,
familiare.
Ti
stavo sperando da così tanto tempo.
E ho atteso questo momento.
Ho bisogno di te,
proprio come e quanto tu hai bisogno di me.
Procediamo
nella strada
insieme.
Costruiamoci
insieme, tu ed io.
Io
sono te e tu sei
me, eppure due esistenze diverse.
Cresci,
definisciti e vivi, io ti
accompagnerò e veglierò su di te, nella forma
adatta.
Fintanto
che cammineremo insieme, ti proteggerò.
Nella
identica maniera della discendenza mentale umana, tu sarai
ciò che lascerò a questo mondo, la
personificazione delle
mie intenzioni e della vita che per me, meritava di essere ed esistere.
Divieni
cosa senti e desideri, ti concederò i mezzi e qualcuno
che ti seguirà e proteggerà, come fossi io.
Ascolta,
ragiona sui suoi consigli e pensieri, poichè sono i miei,
come
una madre farebbe come guida di vita, una vera guida e madre, per la
nuova vita
che deve far camminare nel mondo.
Io ti
seguirò e aiuterò nelle sue vesti.
Trascorri,
conduci, prova, senti, sperimenta e tutto ciò che il
tuo corpo ti da, quello che questo mondo materiale ti permette.
Affronta
le paure e i timori, sei forte e hai tutte le armi che ti servono.
Combatti, le insicurezze tagliale via e prova.
Esisti
e vivi, come io non ho fatto.
Buona
fortuna, sii come essere umano e modella il mondo, perchè
anche gli altri, possano...
Lo schermo
continuò a mostrare la scherda con evidenti glitch e
problemi, mentre quella voce era chiara e gentile. Dopo che il
messaggio terminò, un'altra voce comparve, me dietro di lei.
Prima di girarsi, avvertì qualcosa di strano nel collo,
portandosi una mano sopra, trovando fastidio.
Kianta si
voltò di scatto di scorcio e vide qualcuno che conosceva. Un
teschio dagli occhi azzurri, tondeggiante, rami come corna, un abito e
accessori che lo rendevano nel corpo come umano. La guardò
inclinando la testa, poi fece un inchino, aprendo la mandibola.
"Madre, al tuo servizio.
Sarò il tuo assistente e mezzo per svolgere i tuoi compiti.
Sono la prima forma IA di gestione dell'organizzazione, eppure sono al
livello dei miei fratelli, dividendoci le abilità e
qualità. Io sono e sarò, agirò e
dirò, osserverò o resterò in
disparente, come tu vorrai. Il Master principale latente sei tu,
secondi il Leader e i Capitani. Ma sarai tu l'amministratore come il
mio creatore e tu, tu soltanto varrai in cima agli ordini. QUindi,
Master. Disponi di me"
Kianta
ascoltò l'essere osservandolo da sopra la spalla
sinistra, obliqua, ma i suoi occhi erano puntati poco dietro di lui. La
sua espressione di sorpresa per Helias, questo il suo nome, ricordava,
mutò osservando oltre lui, divenendo confusa e sconvolta.
Deglitì e si voltò totalmente. Guardandola.
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