Un
saluto a tutti i lettori che (spero) siano riusciti ad apprezzare il
primo capitolo di "Torna da me...Tesoruccio".
Immagino
che molti di voi abbiano trovato alcune parti del primo capitolo un po'
confuse e senza senso, ma queste parti sono solo i primi sintomi del
distacco dalla realtà che i protagonisti stanno per subire. Da
qui
in poi, i nostri quattro eroi
inizieranno a saltare da una situazione irreale all'altra, ma per darvi
una dritta, sappiate che gli episodi che risiedono nella realtà sono
quasi tutti contenuti nei paragrafi chiamati "Il Carnevale Estivo di
Tomobiki, Parte n°...". Comunque non preoccupatevi, negli ultimi
capitoli, che per la cronaca sono otto in tutto, verrà data una
spiegazione a tutto. Una precisazione: a causa di un piccolo errore di
traduzione da adesso in poi (ho già modificato l'errore nel capitolo
precedente) la giostra sulla quale vuole andare Lamù si chiamerà
"carosello" mentre utilizzerò il termine giostra in modo generico per
indicare le diverse attrazioni del carnevale estivo.
Di nuovo, buon
proseguimento!
Episodio
2: Lo Spettacolo di Magia, Sottotitolo: (Verità, Seconda Parte: Il
Problema di Sapere)
Il
Carnevale Estivo di Tomobiki, Parte Terza (Versione Originale)
"Certo
che improvvisamente fa un gran caldo," brontolò Ataru mentre, tirando
ripetutamente
il colletto della propria maglietta, cercò di farsi aria. Non
raggiungendo lo scopo, corrugò la fronte, seccato
dall'intenso calore.
"Beh,
è estate Tesoruccio; è normale che faccia
caldo," gli ricordò Lamù esibendo un gran sorriso. "Io adoro
l'estate!" esclamò poi alzando gli occhi al cielo azzurro e splendente.
"E' tutto così piacevolmente caldo e luminoso!"
"Devo
confessare che è la mia stagione preferita, Lamù," concordò Shutaro con
un sorriso compiaciuto.
Shinobu
annuì ed aggiunse, "Luglio è il migliore; ad Agosto fa già troppo
caldo." Improvvisamente, un getto d'acqua fredda le bagnò la schiena
e Shinobu strillò. "Ehi!" Il viso le si fece rosso sia per la
rabbia sia per l'imbarazzo di avere ormai il retro della maglietta
tutto
bagnato.
Uno spruzzo
d'acqua raggiunse anche la schiena di Shutaro ed
il suono delle risate di Ataru si levò a sovrastare la musica del
carnevale. Irritato, Shutaro si voltò di scatto e vide Ataru
ridacchiare
vicino al bancone di uno dei tipici giochetti del carnevale, tenendo in
mano una pistola ad acqua del medesimo gioco. "Moroboshi!" imprecò lui,
ma
Ataru si limitò a ridere più forte e Shutaro ringhiò con sdegno,
incrociando le braccia e guardando altrove disgustato.
"Ehi, Mendo!
La vuoi fare una partita contro di me?" gli chiese Ataru continuando a
ridere.
"E
per quale motivo dovrei voler giocare con un idiota come te?" Shutaro
sbottò caustico, guardando in maniera sprezzante Ataru con la
coda dell'occhio.
Ataru fece
spallucce e volse lo sguardo,
concentrando tutta la sua attenzione sul suo gioco e puntando la
pistola
ad acqua, pronto a mirare il bersaglio. "Fa un po' come ti pare,"
replicò lui noncurante, neanche l'ombra di un sorriso sul suo volto.
"In ogni caso
avresti perso comunque."
Shutaro
strinse gli occhi con rabbia, il
suo orgoglio prevalse su di lui come al solito, e iniziò a marciare
verso la
bancarella di gara di tiro a bersaglio acquatico mentre Shinobu
protestò, "No, aspetta! Shutaro..." la frase le morì in gola,
sapendo che era fiato sprecato, ed osservò Ataru e Shutaro prepararsi
per la partita mentre alcuni bambini si precipitarono alla
bancarella per partecipare anche loro al gioco.
Una
volta che tutte e otto le pistole ad acqua furono puntate, il
gestore
della bancarella esclamò, "Pronti! Al posto! Via!" Una luce verde si
accese ed il gioco ebbe inizio, ogni giocatore cercò di prendere la
mira e sparare con la sua pistola ad acqua al centro del bersaglio
designato.
Shinobu
sospirò scuotendo la testa, osservando i due
ragazzi adolescenti gareggiare con fervore con sei bambini, nessuno dei
quali sembrasse avere più di dieci anni. Mormorò tra sè e sè, "Perchè i
ragazzi devono essere sempre così immaturi...? Non lo vedono che è un
gioco per bambini...?" Poi, notando che i bambini ridevano contenti
mentre
giocavano, aggiunse, "Beh, almeno i bambini si stanno divertendo,"
notando seccata le espressioni di accanimento di Ataru e Shutaro.
"Guardate!
Laggiù!" Lamù chiamò verso Shinobu, considerando Ataru e Shutaro
troppo coinvolti nel loro gioco per importargliene qualcosa, mentre
spiccò il volo e puntò alla sua destra. "Il carosello!"
Non essendo
molto interessata al carosello, Shinobu guardò altrove con fare
indifferente e, prestandole a malapena attenzione, commentò "Non pensi
anche tu che siamo un po' troppo grandi per andare
sui caroselli, Lamù? Ci sono un sacco di altre giostre molto più da
adulti. Come la Ruota Panoramica per esempio..."
"Ruota
Panoramica?" chiese Ataru, cogliendo le parole di Shinobu e sbirciando
oltre la sua spalla, continuando però a sparare
con la pistola ad acqua sul suo bersaglio.
"Andiamo su
quella dopo?"
Shinobu gli
diede un'alzata di spalle, "Non lo so, forse dovremmo..."
Ataru
si corrucciò in disappunto, "Ma la Ruota Panoramica è noiosa; non
possiamo andare sulle montagne russe invece?" le chiese voltandosi,
realizzando che Shutaro lo aveva superato e che doveva
recuperare, socchiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.
"Ma
Tesoruccio, non vuoi venire sul carosello con me?" intervenne Lamù,
volando da lui con disperata speranza negli occhi. "E' così bello! E ho
pensato che potremmo-"
"Ma il
carosello è così lento! E poi adesso sono impegnato!" Ataru ritornò a
prestare totale attenzione al suo gioco.
"Tesoruccio!"
strillò arrabbiata Lamù. Ma realizzando che Ataru non la stava più
ascoltando, la sua rabbia svanì e fu sostituita dalla delusione. Allora
guardò verso Shutaro. "Shutaro, vuoi venire sul carosello con me?"
"Sarò
da te tra un attimo Lamù..." rispose frettolosamente Shutaro, troppo
coinvolto nella sua competizione con Ataru per aver sentito cosa lei
gli avesse chiesto.
"Uomini!"
esclamò Shinobu sbuffando stizzita,
incrociando le braccia e volgendo gli occhi altrove, sentendosi sempre
più in imbarazzo mentre i due si trastullavano con il gioco
carnevalesco e Lamù, ardente di rabbia, concordò con lei.
In quel
momento la campanella suonò, segnalando la fine del gioco. Sia Ataru
che Shutaro furono esterrefatti nel constatare che nessuno di
loro due aveva vinto. In compenso, a vincere era stato un bimbo di a
malapena
sette o otto anni di fianco a loro, che
ora rideva eccitato e batteva le manine in lode a sè stesso. Vedendo
ciò, Ataru e Shutaro abbassarono lo sguardo per la vergogna mentre il
gestore della bancarella consegnò al bimbo sorridente un
enorme
animale di peluches, un pesce rosso per la precisione, sentendosi di
colpo veramente sciocchi. Tuttavia non erano sicuri se sentirsi tali
perchè
avevano perso contro un bimbetto o per avere, in primo luogo,
partecipato ad uno stupido gioco per bambini.
"Ehi,
guardate; vendono amuleti laggiù," Shinobu indicò all'improvviso, e
Lamù, Ataru, e Shutaro portarono l'attenzione su di lei.
"Davvero?
Dove?" chiese Ataru senza eccessivo interesse.
"Proprio là,
guarda," ripetè Shinobu puntando il dito verso la bancarella che
vendeva gli amuleti.
"Ooh!"
esclamò gioiosamente Lamù fluttuando vicino agli altri tre, scordandosi
del carosello per un momento, e posando i piedi al suolo.
"Scommetto che
vendono amuleti che portano fortuna!"
"E forse anche
amuleti d'amore," aggiunse Shinobu mentre un sorriso iniziò lentamente
ad illuminarle il viso.
"Tesoruccio,
una volta non avevi comprato anche tu un amuleto portafortuna?
chiese poi Lamù ad Ataru, ma questi scosse la testa.
"Non me lo
ricordo," rispose sinceramente lui.
Lamù aggrottò
le sopracciglia "Neanch'io."
"Di
sicuro ad Ataru ne servirebbe uno, però," Shinobu lo stuzzicò con
una risatina, ed Ataru incrociò le braccia indispettito.
"Quanto
mi piacerebbe comprare uno di quei magici amuleti," confidò loro Lamù.
"Ovviamente ne prenderei uno anche per Tesoruccio."
"E
a me piacerebbe prendere un amuleto d'amore o uno di bellezza..."
Shinobu si disse a bassa voce, abbassando lo sguardo con un sorriso
sognante.
"E magari
hanno anche amuleti che potrebbero farmi avere decine di donne!"
esclamò Ataru con un sorriso perverso e
l'espressione di Lamù si fece feroce per la collera.
"Tesoruccio!"
sbraitò furiosamente lei.
Fu allora che
Shutaro incominciò a ridere, gli altri tre si scambiarono un'occhiata e
lo fissarono perplessi.
"Che c'è da
ridere, Shutaro?" gli domandò Shinobu con curiosità.
"Voi
tre non crederete mica che quegli amuleti funzionino sul serio,
vero?" domandò loro Shutaro iniziando a ridere più forte mentre le
facce di Ataru, Lamù, e Shinobu si colorarono di un rosa acceso. "Non
avete imparato niente dal nostro piccolo incontro con quella presunta
'premonitrice, di mestiere'? E' un assoluto spreco di denaro!"
"Ma
Shutaro...sarebbe carino comprarne uno..." cercò debolmente di
convincerlo Shinobu.
"Voi
tre sapete perfettamente che quegli amuleti non servono a niente,
è tutta una truffa," polemizzò lui con fermezza e i tre
guardarono per terra amareggiati, sapendo bene che Shutaro aveva,
sfortunatamente, ragione.
"E dato che
sembra che io sia l'unico a
pagare per ogni cosa in questa uscita, di sicuro non andrò a buttar via
i miei soldi per dei finti portafortuna. Piuttosto che niente,
preferirei di gran lunga comprare
a voi due ragazze un ciondolo od un anello che valga dieci volte tanto,
invece di regalarvi uno di quegli amuleti fasulli."
"Ehi,
e per quanto riguarda me?" Ataru chiese con un sorriso e Shutaro gli
lanciò un'occhiata carica di disprezzo.
"
A TE non avrei comprato un bel niente, in ogni
caso," gli rispose Shutaro in tono gelido e Ataru roteò gli occhi. "Per
farvi
un esempio," continuò poi, " E' come andare ad uno spettacolo di magia;
è tutta finzione. Sono solo un mucchio di trucchetti che, per
vederli, finireste solo con lo sprecare i vostri soldi senza
rendervene conto. Ma io me ne rendo conto eccome, ed è per questo che
non
sprecherò del denaro comprando ridicoli amuleti non
funzionanti
quando posso invece acquistare a voi ragazze qualcosa di molto più
concreto. Ora venite. Adiamo a vedere su quali altre giostre possiamo
andare."
Shutaro
incominciò a fare loro strada e gli altri tre lo seguirono con
riluttanza, Lamù e Shinobu avevano ancora gli occhi malinconicamente
fissi sugli amuleti mentre Ataru si infilò le mani in tasca con
un'espressione torva e borbottò sarcasticamente, "Già, ma uno
spettacolo di magia è ancora divertente, se non decidi di rovinartelo
cercando di capire a tutti i costi quali ne siano i trucchi."
Domanda
Numero Uno: Dipende tutto dal Midollo Allungato?
Shutaro
era in piedi a sovrastare la piccola aula scolastica di fronte alla
lavagna, aveva una lunga bacchetta in mano e la precisa
raffigurazione di un cervello, suddivisa in tre sezioni
dettagliatamente
specificate, era stata disegnata con del gesso bianco sullo sfondo
nero. Oltre alla grossa cattedra da insegnante di Shutaro,
c'erano all'incirca altri quindici banchi nell'aula, dei quali
solamente
tre erano occupati, uno da Ataru, uno da Lamù, e uno da
Shinobu, tutti disposti in prima fila con Ataru al centro,
Lamù vicino alla finestra, e Shinobu presso la porta. Fuori, il sole
aveva iniziato a tramontare mentre Ataru sbadigliava, Lamù guardava
fuori dalla finestra, Shinobu aveva un'espressione corrucciata, e
Shutaro sorrideva compiaciuto, preparandosi a parlare.
"Dunque, il
cervello è diviso in tre parti" iniziò la sua lezione Shutaro. "Il
cerebro," disse, poggiando la punta della sua bacchetta contro il
cerebro sul suo diagramma del cervello rappresentato sulla lavagna, "Il
cervelletto," disse poi loro, indicando il cervelletto, "E il midollo
allungato," indicando infine il midollo allungato. Dopo di che, impugnò
la bacchetta con entrambe le mani e li interrogò. "Ora ditemi, tra
queste tre, quale parte del cervello scegliereste di preservare
maggiormente e perchè? Lamù sorrise e alzò la mano. Shutaro le sorrise
gradevolmente, "Si, Lamù?"
"Il cerebro,
così posso conservare tutti i miei ricordi di Tesoruccio," spiegò
entusiasta Lamù.
Shutaro,
comunque, corrugò la fronte. "Mi dispiace, Lamù, ma temo che non sia
corretto." E Lamù, delusa, tornò ad accasciarsi sulla sua sedia.
"Qualcun altro?" Ataru alzò la mano.
Riluttante, Shutaro, gli diede la parola, "Si, Moroboshi?"
"Il
cervelletto, così posso continuare a correre dietro alle belle
ragazze," rispose Ataru e Shutaro scosse la testa con disgusto mentre
Lamù gli ringhiò minacciosamente contro, follemente gelosa.
"No, quella
NON è la
risposta giusta," tuonò Shutaro e Ataru si fece minuscolo. Emettendo un
sospiro esasperato, Shutaro finalmente disse, "La risposta corretta è
il midollo
allungato." puntando nuovamente con la punta della sua bacchetta il
midollo allungato sulla lavagna. "Il midollo allungato è quella parte
del cervello che
fa in modo che il vostro cuore batta e che i vostri polmoni respirino;
senza di quello, voi non potete vivere. Potete vivere senza pensiero,"
e indicò il cerebro, "e potete vivere senza movimento,"
indicando poi il cervelletto, "ma non potete vivere senza, insomma,
vita," e
indicò per l'ennesima volta il midollo allungato. Tuttavia, i tre
studenti apparvero confusi.
"Ma,
Shutaro,con solo il midollo
allungato, si vivrebbe come dei vegetali," cercò di contestare
Shinobu, ma Shutaro si limitò a fare una risatina.
"Si,
ma è
questo il punto, no?" chiese retorico "Così, voi STATE vivendo,
anche se solo come vegetali." Detto ciò, appoggiò la sua bacchetta
sulla sua cattedra e prese invece un pezzo di gessetto bianco,
iniziando a scrivere sulla lavagna a sinistra del disegno del cervello.
"Perciò, senza midollo allungato, voi non state vivendo e non vivere
equivale alla morte e questa, insomma, non è mai una buona cosa." Finì
di scrivere e arretrò dalla lavagna rivelando con un
sorriso
orgoglioso un "Non
Vivere = Morte" scritto in bianco su
di
essa.
Lamù, Ataru, e
Shinobu , leggendo quelle parole, si demoralizzarono. "E' molto
deprimente," fece notare Ataru.
"Ho
paura di si," concesse Shutaro. "Ma nessuno ha mai detto che la
conoscenza sia confortante; perchè pensi che si dica 'l'ignoranza è
una beatitudine' altrimenti?"
"Ma non
sarebbe meglio morire, piuttosto
che vivere una vita senza nemmeno essere in grado di ricordare chi si
è?"
domandò Lamù, ma Shutaro scosse la testa.
"No, no, no,"
rispose lui
tornando di nuovo a scrivere sulla lavagna. Quando ebbe finito, sulla
lavagna vi era scritto "Morte
= ignoto" e, più in sotto, "Vita
=
noto".
"Vedete,"
incominciò a parlare Shutaro con un sorriso, "Noi
non sappiamo cosa succede dopo la morte che perciò, è
considerata un male. Ma in
compenso sappiamo che cos'è la vita, che è quindi considerata un bene.
Perchè
pensate che la gente non voglia morire, se no?"
"Sai, Mendo,
tutto questo è incredibilmente macabro," rimarcò Ataru con un lieve
tremito e Shinobu annuì.
"Dobbiamo
proprio continuare a parlare di queste cose?" aggiunse poi lei,
muovendosi a disagio sulla sua sedia.
"Sfortunatamente
si, perchè ne siamo ormai a conoscenza," le spiegò Shutaro.
"Beh,
io continuo a dire che preferirei morire piuttosto che non sapere chi
sia Tesoruccio," si oppose ostinatamente Lamù, incrociando le braccia.
"Inoltre, se non sapere è uguale alla morte, allora anche non
sapere chi sia Tesoruccio lo è."
"Una morte
figurata, insomma," affermò Shinobu corrucciata. "Ma immagino che ogni
genere di morte sia brutta..."
"Beh...uhm..."lo
stesso Shutaro si fece perplesso e aggrottò le sopracciglia. "Ammetto
di non averci mai pensato sotto questo punto di vista..." Dopo un
momento passato a rifletterci su, scosse la testa ed iniziò ad
innervosirsi. "Questo è ridicolo! Nessuno vuole morire. Vivere è meglio
di morire; è stato accertato."
"No, non è
vero," disse Ataru con un espressione confusa.
"Sta' zitto,
Moroboshi!" sbottò Shutaro.
"Io
penso che tu abbia solo paura dalla morte," Ataru rispose noncurante,
chiudendo gli occhi e sollevando la testa con risolutezza.
"Non
è
vero!" ruggì Shutaro sulla difensiva e gli altri tre sussultarono, poco
convinti. A quel punto, la faccia di Shutaro diventò rossa, il ragazzo
fece una goffa risata sfregandosi la nuca e cercò di
calmarsi, "Non è che abbia PROPRIO paura..." disse guardando verso il
soffitto mentre Ataru prese a ridacchiare. Shutaro ringhiò e li fulminò
tutti con uno sguardo inferocito, "Beh, comunque sia nessuno di voi può
dire non
aver paura dalla morte!"
Sentendo
questo, tutti e tre
abbassarono la testa arrossendo pesantemente, sapendo che era vero.
Shinobu, tuttavia, cercò di sorridere e rispose più ottimisticamente
che le riuscì, "E' vero, ma tutti hanno paura di morire, quindi non è
così brutto."
A queste
parole, Shutaro riguadagnò vigore e con un sorriso
esclamò, "Questa è un eccellente osservazione, Shinobu! E perchè
questo? Perchè non sapere genera paura."
"Ma anche
sapere fa paura,"
protestò Lamù. "Come il fatto di sapere che tutti noi dovremo morire
prima o poi.
Non sarebbe meglio non saperlo affatto?"
"Beh, suppongo
che
se non sapessimo che siamo tutti destinati a morire un giorno, a
quest'ora non saremmo qui a fare questa snervante
conversazione..." commentò Shinobu abbassando solennemente lo sguardo
sul suo banco.
"Già,
e così potremmo vivere serenamente invece di
star qui a preoccuparci del nostro stupido midollo allungato,
Mendo," borbottò Ataru sarcasticamente mentre si appoggiò allo
schienale della sua sedia e incrociò le braccia. "Ad ogni modo, per
quale motivo hai
dovuto farci ricordare tutto questo? Era una cosa che eravamo quasi
riusciti a dimenticare."
"Te ne
dimentichi per davvero se non ci pensi su troppo," concordò Shinobu,
sollevando il capo e annuendo sorridente.
"Si,
ma quand'è stato esattamente il momento in cui abbiamo iniziato a
dimenticarcene?" domandò
allora Lamù. "Deve esserci stato un periodo nel quale non ne
eravamo a conoscenza per niente, se no non ci sarebbe motivo per dover
dimenticare."
Tutti
loro guardarono Shutaro in attesa di una
risposta, e questi aggrottò le sopracciglia costernato. "Beh...io credo
sia solo una fase del processo di
crescita," rispose lui coerentemente. "State semplicemente iniziando a
venire a conoscenza di cose che non avreste mai voluto sapere."
"Ma allora
cos'è meglio? Sapere o non sapere?" domandò Shinobu e Shutaro esitò.
"E' molto
meglio sapere," decise Lamù con risolutezza.
"Io invece
certe cose preferirei non saperle," rispose Shinobu.
"Penso che
entrambi abbiano i loro lati positivi..." ipotizzò debolmente Shutaro.
Ed Ataru si
limitò a grugnire, mormorando, "Io penso che facciano schifo tutti e
due."
Il
Carnevale Estivo di Tomobiki, Parte quarta (Il Cielo che Va in Alto
Tanto Quanto una Ruota Panoramica)
I
quattro si sistemarono all'interno di una delle cabine della ruota
panoramica, Lamù e Ataru da un lato e Shinobu e Shutaro dall'altro.
Rimasero tranquillamente seduti mentre, lentamente, la ruota panoramica
iniziò a portarli su in alto, sollevando la cabina verso il
cielo;
Lamù, Shinobu, e Ataru erano ancora leggermente delusi dal fatto di non
aver potuto acquistare neanche uno degli amuleti della bancarella.
Tuttavia,
quando la cabina fu circa a metà dell'altezza della ruota panoramica,
un sorriso incominciò a formarsi sul viso di Shinobu mentre osservò il
carnevale sottostante. "Guardate! Sembra tutto così piccolo da quassù!"
esclamò.
"Sono lieto
che ti piaccia, Shinobu," le disse Shutaro con
un sorriso smagliante e anche Shinobu sorrise, avvertendo che le sue
guance si
erano colorate di rosa. Dopo di che Shutaro guardò Lamù, che stava nel
frattempo osservando fuori dalla finestrella con un'espressione delusa.
"Cosa c'è che non va, Lamù?"
"Mmh?" Lamù si
girò verso di lui e fece
del suo meglio per sorridergli, grattandosi la nuca in imbarazzo. "Oh,
non è niente, davvero!" Il suo sorriso comunque diminuì e aggiunse,"E'
solo che mi sembra che questa ruota panoramica non vada molto in
alto..."
"Beh, questo
perchè tu puoi volare,"disse Shinobu. "Tu puoi
andare in alto quanto vuoi; non è colpa nostra se questa è l'altezza
alla quale noi umani possiamo andare."
L'espressione
di Lamù si fece
acida. "Non era questo quello che intendevo," mormorò aspramente
incrociando le braccia e lasciandosi ricadere seccata sullo schienale
del suo sedile.
Sbadigliando
rumorosamente, Ataru si lamentò, "Che
noia..." dunque incrociò le braccia dietro la testa, si appoggiò allo
schienale e chiuse gli occhi, "Svegliatemi quando staremo per fare
qualcosa di più interessante, come andare sulle montagne russe..."
Shutaro gli
lanciò un'occhiataccia. "Non sei in grado di apprezzare proprio niente,
Moroboshi?" gli domandò e Ataru si limitò a scrollare le spalle con
noncuranza, facendo sospirare Shutaro in esasperazione.
"Il panorama
è magnifico," aggiunse Shinobu mentre il suo sguardo si mosse verso il
cielo, la loro cabina aveva intanto raggiunto la cima della ruota
panoramica. "Guardate il cielo!"
Anche Lamù
volse lo sguardo verso
il cielo, ma subito aggrottò le sopracciglia a quella vista. "Non è
quel gran che; specialmente quando si sa a che altezza vada realmente."
Adirata,
Shinobu distolse lo sguardo e rispose altezzosamente, "Beh, sono sicura
che sia meglio del carosello."
Rabbiosa,
Lamù tornò a distendersi al suo posto. Dopo un momento, però, i suoi
occhi incontrarono quelli chiusi di Ataru e sorrise. Dopo di che chiuse
anche lei gli occhi e gli si accoccolò accanto. Ma Ataru li riaprì
immediatamente e si ritrasse da lei, esclamando, "Andiamo, Lamù! Ti ho
già detto che non siamo ad un appuntamento!"
Lamù ringhiò,
essendo
già stata seriamente irritata da Shinobu, socchiudendo gli occhi e
guardandolo furiosamente. "TESORUCCIO!" gridò a squarciagola, prima di
spedire un'enorme scarica elettrica attraverso la cabina, facendo
urlare tutti e tre ed illuminando la cima della ruota panoramica come
se fosse una stella.
Un
Tributo al Defunto Pesce Rosso Parlante con le Ali
Ataru
e Shutaro erano quasi in cima alla lunga fila di partecipanti alla
veglia che si stava tenendo nel tempio di oro e marmo bianco. Shutaro
era in piedi d'innanzi ad Ataru e a braccia conserte attendeva
impazientemente in fila, mentre Ataru se ne stava accasciato dietro di
lui, sbadigliando e dando l'impressione di essere piuttosto annoiato.
"Non capisco cosa ci stiamo facendo qui," brontolò Ataru. "Non sappiamo
neanche chi sia questo tizio."
Shutaro
sospirò esasperato. "PERCHE',
Moroboshi, siamo già in fila; sarebbe scortese da parte nostra
andarcene senza rendere l'ultimo omaggio."
"Già, ma per
quanto ne
sappiamo, il tizio per il quale si sta svolgendo la veglia potrebbe
essere stato una persona orribile," contestò Ataru.
"E che
importa?" rispose Shutaro "Non è questo il punto, comunque."
"E allora
qual' E' il punto, Mendo?" chiese Ataru, anche lui esasperato.
"
Il punto è che non importa per CHI sia la veglia; siamo qui a rendere
l'ultimo omaggio perchè è questo che si fa alle veglie - è
semplicemente una cosa che si deve fare," spiegò Shutaro.
"Beh, è
una ragione stupida per dover pregare per un tizio morto che non
conosciamo nemmeno," borbottò Ataru e Shutaro ringhiò sommessamente.
"Non
ho chiesto la tua opinione," sbottò Shutaro bisbigliando gelidamente
prima di volgere lo sguardo di scatto via da Ataru. "Inoltre," continuò
poi, "Neanch'io vorrei essere qui, se lo vuoi sapere. Importa solamente
che la gente PENSI che io voglia essere qui. E starebbe male se non ci
inginocchiassimo e non pregassimo. Si chiamano buone maniere, qualcosa
di
cui TU sei indubbiamente privo." e fissò Moroboshi con disgusto.
"Perchè
ti importa di cosa pensi questa gente, ad ogni modo?" Non sai neanche
chi siano queste persone," continuò a discutere Ataru. Poi lanciò
un'occhiata oltre la sua spalla osservando la lunga fila e commentò
sorpreso "Cavoli, certo che ce ne è di gente qui..."
"Si, beh..."
si
smorzò Shutaro, guardando d'innanzi a sè. Borbottò poi ad Ataru,
"Limitiamoci a fare qualche veloce preghiera generica così da potercene
andare il prima possibile." Ataru, per una volta, non ebbe ragioni per
obiettare.
Dopo qualche
altro minuto, Ataru e Shutaro raggiunsero il
principio della fila e, frettolosamente e nervosamente, si
inginocchiarono insieme di fronte alla grande e dorata bara chiusa di
quell'uomo deceduto di cui non conoscevano neanche il nome. Ataru
corrugò la fronte, guardando goffamente in basso verso la bara, incerto
su cosa avrebbe dovuto fare e incerto se gliene importava qualcosa del
fatto che non era sicuro su cosa avrebbe dovuto fare. Shutaro, intanto,
serrò gli occhi unendo insieme le mani in preghiera e portandole sopra
la testa. Inspirò profondamente e disse velocemente espirando, "Che
possa la tua anima trovare la pace." Subito dopo aprì gli occhi e si
rialzò in piedi, tirando Ataru per un braccio, "Andiamo, Moroboshi."
"Aspetta,
tutto lì?" disse Ataru, sbattendo le palpebre in sorpresa e confusione
mentre fu tirato in piedi da Shutaro. Realizzando che era quella la sua
risposta, commentò, "Beh, in effetti era veloce..."
I due uscirono
dal tempio o dalla chiesa o da qualsiasi cosa fosse - nessuno
dei
due ragazzi si era disturbato a chiederselo - e scesero la larga
scalinata di marmo bianco che riconduceva alla strada, la luce del sole
brillava splendente su di loro. Entrambi inspirarono profondamente
l'aria fresca ed espirarono all'unisono, sorridendo e crogiolandosi
nella bella giornata.
"Certo che è
bello qui," notò Ataru mentre
osservava intorno a lui tutti gli sfavillanti edifici in bianco e oro
che
si abbinavano al tempio da cui erano appena usciti.
Shutaro
annuì, la luce del sole splendeva sui bianchi e luccicanti edifici
proprio come questi ultimi brillavano nei suoi affascinanti occhi.
"Devo dire che lo è davvero." I due si presero ancora qualche
rilassante momento mentre i loro occhi scrutarono la via di quella
linda città, fiancheggiata da alberi di un verde fulgido, un cielo
scintillava sopra di essi, e perfino la scalinata di marmo sulla quale
stavano in piedi, era bianca e luminosa.
"Quindi...che
si fa?" chiese Ataru, rompendo il silenzio, e Shutaro diede un'alzata
di spalle.
"Non lo
so...cosa vuoi fare?" chiese a sua volta.
"Io ho
abbastanza fame; forse potremmo andare a mangiare qualcosa."
"D'accordo,"
concordò Shutaro facendo un passo avanti, ma si fermò con aria
perplessa. "Ehi, Moroboshi, tu sai se ci sono posti dove poter
mangiare, qua attorno? Ataru corrugò le sopracciglia e scosse la testa.
Shutaro sospirò. "Beh, suppongo che dovremmo dare un'occhiata in
giro..."
Ataru si
limitò a fare spallucce e i due ragazzi
passeggiarono distrattamente giù dalla scalinata di marmo fino al
marciapiede. Mentre incominciarono a incamminarsi lungo la via, un
suono di tamburi giunse alle loro orecchie. Ataru fu il primo a
sentirlo e smise di camminare, con le orecchie tese in ascolto. "Ehi,
Mendo."
"Mmh?" Shutaro
si fermò e si girò a guardare Ataru. "Che c'è, Moroboshi?"
"Lo senti
anche tu?" chiese Ataru. "Sembra musica..."
"Io
non sento niente," rispose Shutaro senza neanche provare ad ascoltare e
fece per tornare a voltarsi. Ciò nonostante, si bloccò, notando
qualcosa
con la coda dell'occhio, e fronteggiò un'altra volta Ataru, tuttavia
guardando dietro di lui e lungo la strada. "Ehi, forse proviene da lì,"
disse puntando l'indice e Ataru guardò oltre la sua spalla per vedere
una sgargiante parata, giusto a pochi isolati di distanza, che marciava
lungo la strada perpendicolare a quella che ora stavano percorrendo
loro.
"E' una
parata," disse Ataru, un po' sconcertato.
"Ovviamente,"
rimarcò Shutaro con un sorrisetto patrocinante e Ataru gli fece un
lieve ghigno sarcastico.
"Andiamo a
vedere per cosa si festeggia," disse Ataru a Shutaro mentre
iniziò a camminare nella direzione opposta, dirigendosi verso la parata.
"Pensavo
che saremmo andati a prenderci qualcosa da mangiare, Moroboshi," iniziò
a lamentarsi Shutaro, una sensazione di fame gli crebbe nello stomaco.
"Ci vorrà solo
un momento," sostenne Ataru. "Dai, andiamo!" e incominciò a correre
verso la parata.
"Ma,
aspetta!" lo richiamò Shutaro ma, realizzando che era tutto inutile,
sospirò in esasperata sconfitta. Scuotendo la testa e serrando i pugni
con un espressione torva in volto, seguì con riluttanza Ataru,
brontolando, "Di tutti gli immaturi, viziati, incompetenti idioti..."
fino pronunciare vere e proprie blasfemie che borbottò sottovoce.
"Caspita!"
esclamò Ataru con la bocca aperta in soggezione mentre i suoi occhi si
posarono sui magnifici carri della parata, poi prese posto in mezzo
all'immensa folla di esultanti spettatori tutti abbigliati con
abiti
dai colori più vivaci, che erano accorsi per vedere la festosa parata.
Come un bambino lui rimase lì a guardare, i suoi occhi spenti
all'improvviso si illuminarono, come se l'arcobaleno di colori che si
diffondeva attraverso i carri, i coriandoli volanti, e i fuochi
d'artificio che illuminava il già sfavillante cielo vi si riflettesse
in essi. La banda marciante giunse alle sue orecchie e Ataru voltò la
testa per vederli marciare, vestiti di rosa, porpora e blu smaglianti,
con bianche e luminescenti penne sui loro cappelli e scintillanti
strumenti musicali così nuovi e puliti da sembrare d'oro, suonando una
gioiosa melodia e Ataru non potè fare altro che iniziare ad acclamare
anche lui, unendosi agli altri.
Shutaro,
ancora parecchio irritato, finalmente raggiunse la parata, e torvo in
volto, cercò in qualche modo di spingersi fino al fronte della
folla dove si trovava un esultante, benchè dimentico Ataru.
"Moroboshi!" lo sgridò Shutaro incrociando le braccia e battendo il
piede con impazienza, tuttavia Ataru non potè sentirlo a causa della
forte musica e degli esuberanti applausi della folla."Moroboshi!" gridò
di nuovo Shutaro, ma Ataru continuò ad ignorarlo. Sbuffando irritato,
Shutaro diede ad Ataru un forte spintone sulla spalla, urlando,
"Moroboshi, pezzo di idiota! Cosa diamine stai facendo?!"
Ataru si
voltò con un'espressione acida sul viso e strofinandosi la
spalla.
"Sto guardando la parata!" urlò di rimando e Shutaro roteò gli occhi.
"Questo lo
SO," disse lui ad alta voce, cercando di parlare oltre il vociare della
folla "Ma perchè stai-"
"Cappellini
di plastica e trombette!" una voce gridò al di sopra del clamore della
folla, un
sorridente uomo di mezza età camminava lungo il marciapiede con una
vasta scelta di cappellini colorati e altri articoli che affioravano da
uno
scintillante carretto dorato che spingeva d'innanzi a lui.
"Ne voglio
qualcuno!" esclamò Ataru con eccitazione.
"Stupido
Moroboshi; non hai soldi per comprarli," gli disse Shutaro. "E di
sicuro non li pago io, specialmente non per te."
"Non
preoccuparti, giovanotto!" disse con un generoso sorriso l'uomo con i
cappellini e ..., avendoli ora raggiunti. " E' tutto gratis! Dopo
tutto, questa è una festa!" Egli emise allora una chiassosa risata
prima di estrarre un cappellino di plastica rossa e di piazzarlo sulla
testa di Ataru. Poi gli consegnò una trombetta più due raganelle e
Ataru sorrise con estasi.
"Grazie
signore!" esclamò lui prima di roteare le raganelle in entrambe le mani
e soffiare sonoramente nella trombetta.
Shutaro si
limitò a
gemere, scuotendo la testa e ponendosi una mano sulla fronte.
"Grandioso," brontolò, "Ora ha anche una scusa per essere ancor più
un odioso e rumoroso cretino." Poi, con sua sorpresa, sentì un cappello
a cilindro di plastica venirgli appoggiato contro spalla e sollevò lo
sguardo per vedere l'uomo di mezza età con i cappellini sorridergli.
Shutaro immediatamente si scostò, dicendo, "Oh, uhm, la ringrazio
signore, ma non voglio-"
"Insisto
che tu lo prenda!" lo esortò l'uomo. Poi si sporse in avanti e pose
una mano sulla spalla di Shutaro, bisbigliandogli, "Sai, dovresti
rallegrarti un po', piccolino; questa è una parata, dopo tutto." L'uomo
allora gli fece l'occhiolino allargando il suo sorriso, e proseguì per
la sua spensierata strada, regalando generosamente cappellini
e
trombette al resto della grande folla.
"Piccolino?!"
Shutaro sbottò
allibito, ma l'uomo dei cappellini si era ormai allontanato troppo per
poterlo sentire. Realizzandolo, e notando la gente che esultava
gioiosamente attorno a lui, con cappellini e tutto, Shutaro si
corrucciò goffamente e abbassò lo sguardo sul suo cilindro
luccicante, sentendosi improvvisamente parecchio fuori posto in mezzo
alla folla.
Comunque, dopo
un momento, Ataru afferrò
il braccio di Shutaro e lo tirò in avanti, sputando fuori la trombetta
ed esclamando "Guarda là!"
Shutaro alzò
lo sguardo sulla parata e
vide un gruppo di un centinaio di ragazze danzanti, vestite con abiti
di lustrini sfolgoranti, tutti di differenti e vivaci colori, che si
esibivano liberamente lungo la parata. Nessuna di loro eseguiva la
stessa danza, ma nell'insieme erano tutti dei balli meravigliosi.
Shutaro ora sorrideva pure lui mentre osservava le belle fanciulle,
mentre Ataru cominciò a sorridere e sbavare loro dietro. Allora gli
occhi di Shutaro si illuminarono osservando il cielo pieno di fuochi
artificiali, non una scia di fumo rimaneva dietro di essi, e il suo
sorriso si allargò. "Questa è davvero una parata straordinaria. Un vero
peccato che Lamù e Shinobu non siano qui per vederla..." Poi
però
corrugò la fronte in lieve confusione. "Mmh...mi chiedo per cosa si
festeggi, tuttavia..." Shutaro guardò Ataru e sul suo viso crebbe il
panico mentre notò che questi si stava dirigendo verso le fanciulle
danzanti a braccia spalancate e con un sorriso di perversione sulla sua
faccia da fesso. "Moroboshi!" lo richiamò e facendo
velocemente
presa sul retro del suo colletto lo strattonò indietro giusto in tempo,
Ataru cadde pesantemente sul suo didietro e Shutaro disse,
"Controllati, idiota!"
Ataru
gemette massaggiandosi il sedere e
sollevò lo sguardo. In quel momento trasalì, alzando un dito e
puntandolo alle spalle di Shutaro. "Cristo Santo!"
"E ORA
che c'è, Moroboshi?" interrogò Shutaro.
"Dietro di te!"
Shutaro
allora si voltò a guardare. Anche lui rimase improvvisamente senza
fiato e arrancò all'indietro di qualche passo mentre Ataru si alzò in
piedi di fianco a lui. "Quello è...un..." balbettò Shutaro.
"Castello?"
concluse per lui Ataru e Shutaro annuì. A pochi isolati da lì, dove la
parata sembrava che si stesse dirigendo, era situato un immenso
castello bianco
e oro, immerso nella luce del sole che ne trasformava il bianco in oro
e ne faceva risplendere l'oro fino a farlo sembrar bianco. Fuochi
d'artificio si innalzavano tutt'intorno ad esso e alle sue eleganti
torri che giungevano al cielo mentre bellissime statue di marmo bianco
erano
allineate sui suoi tetti e terrazzi. Le sue finestre erano enormi e
create con il più lustro dei vetri, splendendo come il diamante,
e nessun cancello o muraglia circondava il palazzo; era come
se
fosse aperto a chiunque.
"E'
un castello davvero gigantesco," disse Ataru, ancora sbalordito e
impressionato mentre fissava l'imponente costruzione, dovendo sollevare
la testa all'indietro fino a che non gli fece male il collo per
attentare di vederla tutta, e ciò nonostante, i suoi occhi non poterono
raggiungerne la cima.
"Dico
anch'io," concordò Shutaro.
"E' come se
fosse uscito da una fiaba o qualcosa di simile..." mormorò Ataru.
"Shutaro annuì
e ripetè, "Dico anch'io."
"Mi chiedo a
chi appartenga," disse Ataru e Shutaro diede un'alzata
di spalle.
"Suppongo
a chiunque sia dedicata questa parata, non pensi?" suggerì Shutaro,
subito dopo inquadrò uno dei membri della gioiosa folla. "Mi scusi,
signora?" chiese allora Shutaro, all'indirizzo di una donna sulla
quarantina o la cinquantina. "Sa per caso a chi sia dedicata
questa parata e a chi appartenga esattamente quel castello?"
La
donna gli fece un sorriso. "Ma come, questa parata è per il nostro re,
il Pesce Rosso Parlante con le Ali! Quello laggiù è il suo castello,"
spiegò lei indicando il castello davanti al quale Ataru e Shutaro erano
rimasti imbambolati solo qualche momento prima.
Ataru e
Shutaro si
scambiarono uno sguardo di preoccupata perplessità, poi Ataru tornò a
rivolgersi alla donna e domandò, "Pesce Rosso Parlante...con le Ali?"
La
donna annuì e gli occhi le si illuminarono come se fosse ancora una
ragazzina. "Si; il più grande re che abbia mai regnato su questa e
altre terre! Lui ci ha salvato da un tiranno - un uomo dal cuore
crudele - venticinque anni fa. Ricordo quanto orribili erano i tempi
allora; ma
ora, beh, lui ricostruì ogni cosa di questa città, usando il suo stesso
oro per rivestire ogni singolo edificio, e ci portò l'educazione e così
tanti meravigliosi libri da leggere, e diede vita a questa usanza di
tenere la più grande delle feste anche solo per la più piccola buona
azione che ogni cittadino compia, oh, e molte altre belle, bellissime
cose. Nei suoi primi anni di governo, quando i tempi erano ancora duri
dopo il tiranno, lui si assicurò che tutti i suoi sudditi avessero il
miglior cibo prima di inghiottire una singola briciola, e fece
abbattere le mura attorno al castello per accogliervi tutti noi -
chiunque può entrarvi adesso. Io lo incontrai solo poche volte - lui si
assicurava di conoscere ogni singolo suddito almeno una volta, e ,
sempre, di ricordare ognuno dei loro nomi - ed è stata la più buona, la
più gentile, la più umile e la più onesta di tutte le creatura che io
abbia mai conosciuto!"
"Perbacco,"
commentò Ataru, "sembra essere un grand'uomo," e si corresse, "o
meglio, pesce rosso parlante...con le ali."
"E
specialmente per un re, " notò Shutaro.
La
donna annuì un'altra volta, sempre con quel luccichio negli occhi, e li
osservò. "Si, ma voi due dovreste sapere tutto di lui. Tutti sanno di
lui qui."
Shutaro
aggrottò le sopracciglia. "A dire il vero, questo
è il nostro primo giorno qui; non abbiamo mai conosciuto il Pesce Rosso
Parlante con le Ali prima d'ora."
Le palpebre
della donna sbatterono
per la sorpresa. "Volete dire, che voi due siete dei visitatori qui?"
entrambi i ragazzi annuirono. "Beh, allora voi due dovete andare al
castello!" esclamò lei " E' un usanza, davvero! E specialmente oggi,
tra tutti gli altri giorni - questo è quello che vorrebbe il
Pesce
Rosso Parlante con le Ali - vorrebbe che voi due sedeste nella sala
reale
per il banchetto! Accogliere i visitatori è molto importante per noi
qui; il Pesce Rosso Parlante con le Ali ce lo ha insegnato. Venite,
forza!"
Shutaro ed
Ataru si guardarono l'un l'altro, ancora
parecchio confusi, ma poi Ataru fece spallucce e Shutaro si pose in
testa il suo cilindro di plastica, e i due ragazzi seguirono la donna.
Quando
raggiunsero il castello, furono vigorosamente salutati con gentili e
accoglienti sorrisi, tutte le persone vestivano con bellissimi tessuti
lucenti e avevano occhi che brillavano allo stesso modo.
Tutti loro
parlvano e facevano domande con grande entusiasmo - più di quanto
Ataru e Shutaro ne avessero mai visto prima in vita loro - tutti
davvero interessati in cosa Ataru e Shutaro avessero da dire, così
com'erano ugualmente eccitati nel lodare il loro buon re, il Pesce
Rosso Parlante con le Ali.
Furono poi
entusiasticamente condotti
alla sala reale del banchetto che si estendeva sulla balconata sospesa
sulla fine della strada, la parata fuori continuò a marciare
come
se si dovesse trattare di un festeggiamento senza fine. Ad Ataru e
Shutaro venne graziosamente offerto un posto in capo al tavolo più
grande, il cibo era già stato disposto per loro, mentre la
gente
danzava e chiacchierava in giro, una grande banda suonava nel castello,
non interferendo, tuttavia, in nessun modo con la musica che veniva
suonata all'esterno.
Ataru e
Shutaro sorrisero osservando tutta
quella gente che stava divertendosi e presero a mangiare. "Caspita,
questo cibo è davvero squisito, Mendo" disse Ataru masticando e Shutaro
inghiottì annuendo.
"E' persino
migliore di quello che mangio io solitamente, e io esigo sempre il
meglio," aggiunse Shutaro.
"Questo
Pesce Rosso Parlante con le Ali dev'essere davvero un grande," Ataru
disse allora, prendendo un altro boccone. "Tutti lo adorano qui, e da
quanto abbiamo sentito, sembra che sia eccezionalmente
buono."
"Tuttavia sono
un po' confuso sul come sia potuto diventare
re, essendo un pesce rosso e tutto, " rispose Shutaro."Probabilmente è
stato per le ali," gli disse Ataru con praticità. "Lo sanno tutti."
Shutaro
semplicemente scrollò le spalle e continuò a ponderare, "Tutti questi
festeggiamenti sono probabilmente in onore dei suoi
venticinque
anni di regno; quella signora ha detto che fu venticinque anni fa che
il Pesce Rosso Parlante con le Ali li salvò da quel tiranno." Ataru
annuì dandogli ragione.
"Salve
a voi," una gentile voce femminile giunse allora alle loro orecchie ed
entrambi alzarono lo sguardo per vedere d'innanzi a loro una bellissima
donna dai fluenti capelli al profumo di lavanda e con un gentile
sorriso sulle labbra,
tutti e due i ragazzi esibirono un gran sorriso alla vista della sua
bellezza. "Voi due dovete essere i visitatori di cui ho sentito
parlare. Io sono la regina di questa terra, e moglie del Pesce Rosso
Parlante con le Ali, grande re e adorato marito." Lei estese loro la
sua elegante mano eburnea.
"LEI è sposata
con il Pesce Rosso
Parlante con le Ali?!" domandò scioccato Shutaro fissando la bella
dama, sconcertato da come e perchè una donna stupenda come quella
potesse
restare con un pesce rosso.
Ma prima che
lei avesse la possibilità
di rispondere, Ataru saltò in piedi e afferrò la mano della regina,
portando il corpo della donna vicino a se. "Mia incantevole signora, si
dimentichi di suo marito! Scappiamo insieme e facciamo l'amore!"
"Moroboshi!"
lo rampognò Shutaro. "Non hai proprio nessun ritegno?"
"E'
tutto a posto," disse gentilmente la regina, sempre sorridendo
e
lasciandosi sfuggire una lieve risatina mentre i suoi lucenti occhi
splendettero come due gocce di rugiada. Prese poi posto a fianco di
Ataru, il quale tornò a sedersi, anche se con le braccia ancora
saldamente avvolte attorno alla vita della regina, standosene sbavante
e ridacchiante in quella posa con un sorriso perverso sul viso. "Vi
state godendo la festa?" chiese loro la donna.
Shutaro annuì.
"Questa è davvero un'impressionante celebrazione."
"Sono lieta
che sia di vostro gradimento."
Shutaro
esitò un poco e poi chiese, "Se mi posso permettere, vostra maestà, ma
per quale motivo una giovane donna bella come voi sposerebbe un pesce
rosso parlante con le ali?"
Il sorriso di
lei si ingrandì
leggermente mentre gli occhi le si fecero più luminosi e rispose con
semplicità, "Perchè - lo amo e lo amerò sempre. Di quali altri migliori
motivi dovrei aver bisogno?"
"Beh..."
Shutaro aggrottò le
sopracciglia, improvvisamente sentendosi in imbarazzo, e seccato dal
fatto di sentirsi in imbarazzo, rivolse lo sguardo verso il suo cibo.
"Mi sembrava solo strano, tutto qui." poi sollevando la sua forchetta,
continuò, "Ma, da quanto ho sentito, è davvero un buon re. Non penso di
aver mai conosciuto o sentito parlare di qualcuno di così buono e
generoso prima d'ora."
Abbassando gli
occhi, la regina quietamente disse con un triste sorriso, "Neanche io."
La
baldoria proseguì per parecchio tempo ancora, con musica e danze,
mangiando e ridendo. Fu quando un sorridente Shutaro finì di prendere
un lungo sorso dal suo calice dopo che tutti ebbero fragorosamente
innalzato i loro bicchieri e esultato al loro quindicesimo brindisi
della giornata, anche se lo fecero con lo stesso
entusiasmo del primo, che finalmente chiese a nessuno in particolare,
"A proposito, dov'è il re? Il Pesce Rosso Parlante con le Ali? Mi
farebbe davvero piacere conoscerlo." Ataru annuì con foga, tuttavia
ancora con la testa premuta contro il petto della regina, le sue
braccia avvolte intorno a lei, gli occhi saldamente chiusi, e con un
sorriso sognante dipinto sulla bocca.
Fu allora che
tutti si zittirono, la musica e le danze cessarono
all'improvviso così come
cessò il ridere ed il mangiare; persino la musica che proveniva dalla
parata all'esterno sembrò diminuire, come se tutta la città avesse in
qualche modo avvertito la malinconia che aveva inaspettatamente pervaso
la sala e la gente al suo interno. Fatta eccezione per Ataru e Shutaro,
che si sentirono ora davvero confusi mentre i loro occhi vagarono per
la stanza alla ricerca di una sorta di risposta - o, perlomeno, una
domanda che portasse loro una risposta.
"Temo...che...non
potrete incontrarlo," parlò infine la regina, le parole le uscirono
lentamente.
"Perchè no?"
chiese Ataru distrattamente, sollevando un po' la testa per guardarla.
"Non
vedo perchè non potremmo," dissentì ostinatamente Shutaro. "Dopo tutto,
questa festa è per lui, giusto? Non dovrebbe partecipare ai suoi stessi
festeggiamenti?" i suoi occhi iniziarono allora a scrutare la sala
reale del banchetto, come a pensare di aver mancato di vederlo in mezzo
alla
grande folla, tuttavia fallì, considerando il
fatto che un pesce rosso parlante con le ali difficilmente sarebbe
passato inosservato,
indifferentemente da quanto fosse stata grande la folla. Corrugò allora
la fronte con disappunto, e sentendosi anche un po' seccato,
domandò, "Per quale motivo non è alla sua
stessa festa, ditemi."
"Già, se è
vero che tutti lo amano così tanto, ci si aspetterebbe che lo volessero
qui," aggiunse Ataru. Seguì un lungo silenzio, i partecipanti
fissavano tutti il pavimento con una sorta di colpevolezza nei loro
occhi, colpevolezza alla quale ne Ataru ne Shutaro avevano mai
assistito prima d'ora e che non furono in grado di spiegare.
Finalmente, la
regina fece un profondo respiro e alzò temerariamente il capo per
parlare. "Io...mio marito - il mio meraviglioso sposo - il Pesce Rosso
Parlante con le Ali, sovrano adorato e padre di tutta la sua gente..."
la voce le si spense per un momento, ma solo per un momento, come se
fosse imperativo per lei trovare le parole giuste, "...è passato a
miglior vita ieri notte, per andare a riposare in un posto persino
migliore di questa meravigliosa città che ha creato per noi." Poi
aggiunse con una dolce, ironica risata, "Anche se non riesco a
immaginare un posto più grandioso di quello che ha costruito per tutti
noi."
Sentendo
questo, entrambi i ragazzi impallidirono di colpo, come se lo spirito
allegro che possedevano solo pochi minuti prima non fosse mai stato
presente , i loro occhi si fecero spenti e scuri, l'inspiegabile
colpevolezza presente negli occhi dei partecipanti
rimpiazzò la loro fanciullesca gaiezza e causò una fitta di
dolore nello stomaco e nella gola di tutti e due. Persino i loro una
volta brillanti cappellini di plastica, quello di Ataru rosso e quello
di Shutaro blu, che indossavano sulla testa sembrarono perdere il loro
splendore, quello di Ataru ora sembrava più color ruggine e quello di
Shutaro color piombo. Ataru lentamente e pacatamente svolse le braccia
dalla bella donna - la gentile regina che gli aveva permesso di
restarle avvinghiato per l'ultimo paio d'ore senza un lamento - e si
ritirò, spingendosi via completamente dalla regina e abbassando i suoi
occhi da quelli tristi di lei con un senso di colpevolezza e di
vergogna.
Ma la regina
continuò, facendo del suo meglio per sorridere, "Ma il mio sposo mi
disse - lo disse a tutta la sua gente - di portare lutto solo per un
momento. Disse che oggi avrebbe voluto una grande festa, non solo per
celebrare la sua lunga, felice vita, ma anche per celebrare la
continuazione delle nostre stesse vite così come la nuova vita che avrà
lui ora, qualunque essa sia. Lui ci fece promettere tutti che l'avremmo
fatto - che saremmo stati felici anche dopo che se ne fosse andato;
disse che la sua vita sarebbe stata priva di significato, altrimenti,
se la sua gente non sarebbe stata capace di rimanere felice dopo
il suo trapasso. E così oggi festeggiamo, come ci aveva
chiesto di fare, dopo essere andati a portar lutto solo per un momento
al tempio dorato dove ora giace il suo corpo, solo a pochi isolati
dalla parata - il tempio che ha fatto costruire per tutti noi, come
tutto il resto di questa città - e, dopo quel momento, recitare una
lieta preghiera di gratitudine e andare a goderci i festeggiamenti alla
parata. Dovrebbero esserci rimaste solo un paio di centinaia di persone
ad aspettare al tempio; e presto, appena avranno terminato, si uniranno
anche loro a noi e festeggeremo tutti insieme, in suo onore e in onore
di noi stessi, proprio come avrebbe voluto che facessimo. Questo fu il
suo ultimo desiderio - le sue ultime parole - prima di chiudere gli
occhi e di addormentarsi l'ultima volta, per non svegliarsi mai più."
Fu allora che
entrambi i ragazzi realizzarono che lo scintillio dei suoi occhi erano
in realtà le sue lacrime, luccicanti come diamanti nei suoi solenni e
bellissimi occhi, che in qualche modo era riuscita a mantenere felici
solo per la pace del defunto Pesce Rosso Parlante con le Ali ed in
onore del suo amore per lui. Shutaro semplicemente annuì, deglutendo
sonoramente, e Ataru continuò a fissare in basso, guardando il suo cibo
con aria mortificata. La regina, con triste allegria negli occhi,
sollevò il suo bicchiere di vino e allora disse, "Ma basta parlare di
questo, dobbiamo continuare i festeggiamenti." Dopo di che fece un
discreto cenno del capo al conduttore della banda che le rispose con un
compassionevole sorriso prima di tornare di nuovo a condurre, e presto
tutti tornarono a danzare e a ridere nuovamente; anche la parata
all'esterno sembrò in qualche modo esplodere di rinnovata vitalità
mentre la sua energica musica e gioiosità ritornarono a diffondersi
nella sala reale del banchetto, che si illuminò così come il cielo che
tornò a essere illuminato dai fuochi d'artificio, sparati da
tutt'intorno al castello.
Tuttavia ne
Ataru ne Shutaro furono più in grado di godersi i
festeggiamenti. Al contrario, stettero a fissare con
malinconici occhi i loro piatti di cibo mangiato a metà, una pacata
depressione aleggiava tra di loro mentre aggrottarono le sopracciglia,
senza dirsi una parola l'un l'altro, ma con gli stessi
pensieri che attraversarono le loro menti mentre cercarono di capire
come potessero tutti festeggiare sapendo che il loro re era morto; di
certo loro non se la sentirono di essere felici ora che avevano appreso
la verità. Ormai si erano distaccati dalla gente felice del regno del
Pesce Rosso Parlante con le Ali, essendo le uniche due persone tristi
in tutta la città, e mentre i cittadini erano legati tra di loro in
inspiegabili e gioiosi festeggiamenti, i due ragazzi erano legati tra
di loro dalla colpevolezza e dal dolore - e dal loro nuovo rimpianto.
Per tutto il
tempo desiderarono di non aver mai chiesto dove si trovasse il Pesce
Rosso Parlante con le Ali, e di non essere mai venuti a sapere chi ci
fosse realmente nella bara davanti alla quale si erano inginocchiati
offrendo solo una misera, insignificante preghiera di cinque parole tra
tutti e due.
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