Anime & Manga > Lamù
Segui la storia  |       
Autore: Ferngully    22/08/2009    2 recensioni
Lamù, Ataru, Shinobu e Mendo compiono un viaggio surreale che nessuno di loro si rende conto di aver iniziato, un viaggio che ha inizio un giorno al Carnevale Estivo di Tomobiki. Ma dove li condurrà questa via, e di quali verità verranno a conoscenza?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Atarù Moroboshi, Lamù, Miyake Shinobu
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Un saluto a tutti i lettori che (spero) siano riusciti ad apprezzare il primo capitolo di "Torna da me...Tesoruccio".
Immagino che molti di voi abbiano trovato alcune parti del primo capitolo un po' confuse e senza senso, ma queste parti sono solo i primi sintomi del distacco dalla realtà che i protagonisti stanno per subire. Da qui in poi, i nostri quattro eroi inizieranno a saltare da una situazione irreale all'altra, ma per darvi una dritta, sappiate che gli episodi che risiedono nella realtà sono quasi tutti contenuti nei paragrafi chiamati "Il Carnevale Estivo di Tomobiki, Parte n°...". Comunque non preoccupatevi, negli ultimi capitoli, che per la cronaca sono otto in tutto, verrà data una spiegazione a tutto. Una precisazione: a causa di un piccolo errore di traduzione da adesso in poi (ho già modificato l'errore nel capitolo precedente) la giostra sulla quale vuole andare Lamù si chiamerà "carosello" mentre utilizzerò il termine giostra in modo generico per indicare le diverse attrazioni del carnevale estivo.
Di nuovo, buon proseguimento!


Episodio 2: Lo Spettacolo di Magia, Sottotitolo: (Verità, Seconda Parte: Il Problema di Sapere)

Il Carnevale Estivo di Tomobiki, Parte Terza (Versione Originale)

"Certo che improvvisamente fa un gran caldo," brontolò Ataru mentre, tirando ripetutamente  il colletto della propria maglietta, cercò di farsi aria. Non raggiungendo lo scopo, corrugò la fronte, seccato dall'intenso calore.
"Beh, è estate Tesoruccio; è normale che faccia caldo," gli ricordò Lamù esibendo un gran sorriso. "Io adoro l'estate!" esclamò poi alzando gli occhi al cielo azzurro e splendente. "E' tutto così piacevolmente caldo e luminoso!"
"Devo confessare che è la mia stagione preferita, Lamù," concordò Shutaro con un sorriso compiaciuto.
Shinobu annuì ed aggiunse, "Luglio è il migliore; ad Agosto fa già troppo caldo." Improvvisamente, un getto d'acqua fredda le bagnò la schiena e  Shinobu strillò. "Ehi!" Il viso le si fece rosso sia per la rabbia sia per l'imbarazzo di avere ormai il retro della maglietta tutto bagnato.
Uno spruzzo d'acqua raggiunse anche la schiena di Shutaro ed il suono delle risate di Ataru si levò a sovrastare la musica del carnevale. Irritato, Shutaro si voltò di scatto e vide Ataru ridacchiare vicino al bancone di uno dei tipici giochetti del carnevale, tenendo in mano una pistola ad acqua del medesimo gioco. "Moroboshi!" imprecò lui, ma Ataru si limitò a ridere più forte e Shutaro ringhiò con sdegno, incrociando le braccia e guardando altrove disgustato.
"Ehi, Mendo! La vuoi fare una partita contro di me?" gli chiese Ataru continuando a ridere.
"E per quale motivo dovrei voler giocare con un idiota come te?" Shutaro sbottò caustico, guardando in maniera sprezzante Ataru con la coda dell'occhio.
Ataru fece spallucce e volse lo sguardo, concentrando tutta la sua attenzione sul suo gioco e puntando la pistola ad acqua, pronto a mirare il bersaglio. "Fa un po' come ti pare," replicò lui noncurante, neanche l'ombra di un sorriso sul suo volto. "In ogni caso avresti perso comunque."
Shutaro strinse gli occhi con rabbia, il suo orgoglio prevalse su di lui come al solito, e iniziò a marciare verso la bancarella di gara di tiro a bersaglio acquatico mentre Shinobu protestò, "No, aspetta! Shutaro..." la frase le morì in gola, sapendo che era fiato sprecato, ed osservò Ataru e Shutaro prepararsi per la partita mentre alcuni bambini si precipitarono alla bancarella per partecipare anche loro al gioco.
Una volta che tutte e otto le pistole ad acqua furono puntate, il gestore della bancarella esclamò, "Pronti! Al posto! Via!" Una luce verde si accese ed il gioco ebbe inizio, ogni giocatore cercò di prendere la mira e sparare con la sua pistola ad acqua al centro del bersaglio designato.
Shinobu sospirò scuotendo la testa, osservando i due ragazzi adolescenti gareggiare con fervore con sei bambini, nessuno dei quali sembrasse avere più di dieci anni. Mormorò tra sè e sè, "Perchè i ragazzi devono essere sempre così immaturi...? Non lo vedono che è un gioco per bambini...?" Poi, notando che i bambini ridevano contenti mentre giocavano, aggiunse, "Beh, almeno i bambini si stanno divertendo," notando seccata le espressioni di accanimento di Ataru e Shutaro.
"Guardate! Laggiù!" Lamù chiamò verso Shinobu, considerando Ataru e Shutaro troppo coinvolti nel loro gioco per importargliene qualcosa, mentre spiccò il volo e puntò alla sua destra. "Il carosello!"
Non essendo molto interessata al carosello, Shinobu guardò altrove con fare indifferente e, prestandole a malapena attenzione, commentò "Non pensi anche tu che siamo un po' troppo grandi per andare sui caroselli, Lamù? Ci sono un sacco di altre giostre molto più da adulti. Come la Ruota Panoramica per esempio..."
"Ruota Panoramica?" chiese Ataru, cogliendo le parole di Shinobu e sbirciando oltre la sua spalla, continuando però a sparare con la pistola ad acqua sul suo bersaglio.
"Andiamo su quella dopo?"
Shinobu gli diede un'alzata di spalle, "Non lo so, forse dovremmo..."
Ataru si corrucciò in disappunto, "Ma la Ruota Panoramica è noiosa; non possiamo andare sulle montagne russe invece?" le chiese voltandosi, realizzando che Shutaro lo aveva superato e che doveva recuperare, socchiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.
"Ma Tesoruccio, non vuoi venire sul carosello con me?" intervenne Lamù, volando da lui con disperata speranza negli occhi. "E' così bello! E ho pensato che potremmo-"
"Ma il carosello è così lento! E poi adesso sono impegnato!" Ataru ritornò a prestare totale attenzione al suo gioco.
"Tesoruccio!" strillò arrabbiata Lamù. Ma realizzando che Ataru non la stava più ascoltando, la sua rabbia svanì e fu sostituita dalla delusione. Allora guardò verso Shutaro. "Shutaro, vuoi venire sul carosello con me?"
"Sarò da te tra un attimo Lamù..." rispose frettolosamente Shutaro, troppo coinvolto nella sua competizione con Ataru per aver sentito cosa lei gli avesse chiesto.
"Uomini!" esclamò Shinobu sbuffando stizzita, incrociando le braccia e volgendo gli occhi altrove, sentendosi sempre più in imbarazzo mentre i due si trastullavano con il gioco carnevalesco e Lamù, ardente di rabbia, concordò con lei.
In quel momento la campanella suonò, segnalando la fine del gioco. Sia Ataru che Shutaro furono esterrefatti nel constatare che nessuno di loro due aveva vinto. In compenso, a vincere era stato un bimbo di a malapena sette o otto anni di fianco a loro, che ora rideva eccitato e batteva le manine in lode a sè stesso. Vedendo ciò, Ataru e Shutaro abbassarono lo sguardo per la vergogna mentre il gestore della bancarella consegnò  al bimbo sorridente un enorme animale di peluches, un pesce rosso per la precisione, sentendosi di colpo veramente sciocchi. Tuttavia non erano sicuri se sentirsi tali perchè avevano perso contro un bimbetto o per avere, in primo luogo, partecipato ad uno stupido gioco per bambini.
"Ehi, guardate; vendono amuleti laggiù," Shinobu indicò all'improvviso, e Lamù, Ataru, e Shutaro portarono l'attenzione su di lei.
"Davvero? Dove?" chiese Ataru senza eccessivo interesse.
"Proprio là, guarda," ripetè Shinobu puntando il dito verso la bancarella che vendeva gli amuleti.
"Ooh!" esclamò gioiosamente Lamù fluttuando vicino agli altri tre, scordandosi del carosello per un momento, e posando i piedi al suolo.
"Scommetto che vendono amuleti che portano fortuna!"
"E forse anche amuleti d'amore," aggiunse Shinobu mentre un sorriso iniziò lentamente ad illuminarle il viso.
"Tesoruccio, una volta non avevi comprato anche tu un amuleto portafortuna? chiese poi Lamù ad Ataru, ma questi scosse la testa.
"Non me lo ricordo," rispose sinceramente lui.
Lamù aggrottò le sopracciglia "Neanch'io."
"Di sicuro ad Ataru ne servirebbe uno, però," Shinobu lo stuzzicò con una risatina, ed Ataru incrociò le braccia indispettito.
"Quanto mi piacerebbe comprare uno di quei magici amuleti," confidò loro Lamù. "Ovviamente ne prenderei uno anche per Tesoruccio."
"E a me piacerebbe prendere un amuleto d'amore o uno di bellezza..." Shinobu si disse a bassa voce, abbassando lo sguardo con un sorriso sognante.
"E magari hanno anche amuleti che potrebbero farmi avere decine di donne!" esclamò Ataru con un sorriso perverso e l'espressione di Lamù si fece feroce per la collera.
"Tesoruccio!" sbraitò furiosamente lei.
Fu allora che Shutaro incominciò a ridere, gli altri tre si scambiarono un'occhiata e lo fissarono perplessi.
"Che c'è da ridere, Shutaro?" gli domandò Shinobu con curiosità.
"Voi tre non crederete mica che quegli amuleti funzionino sul serio, vero?" domandò loro Shutaro iniziando a ridere più forte mentre le facce di Ataru, Lamù, e Shinobu si colorarono di un rosa acceso. "Non avete imparato niente dal nostro piccolo incontro con quella presunta 'premonitrice, di mestiere'? E' un assoluto spreco di denaro!"
"Ma Shutaro...sarebbe carino comprarne uno..." cercò debolmente di convincerlo Shinobu.
"Voi tre sapete perfettamente che quegli amuleti non servono a niente, è tutta una truffa," polemizzò lui con fermezza e i tre guardarono per terra amareggiati, sapendo bene che Shutaro aveva, sfortunatamente, ragione.
"E dato che sembra che io sia l'unico a pagare per ogni cosa in questa uscita, di sicuro non andrò a buttar via i miei soldi per dei finti portafortuna. Piuttosto che niente, preferirei di gran lunga comprare a voi due ragazze un ciondolo od un anello che valga dieci volte tanto, invece di regalarvi uno di quegli amuleti fasulli."
 "Ehi, e per quanto riguarda me?" Ataru chiese con un sorriso e Shutaro gli lanciò un'occhiata carica di disprezzo.
" A TE non avrei comprato un bel niente, in ogni caso," gli rispose Shutaro in tono gelido e Ataru roteò gli occhi. "Per farvi un esempio," continuò poi, " E' come andare ad uno spettacolo di magia; è tutta finzione. Sono solo un mucchio di trucchetti che, per vederli,  finireste solo con lo sprecare i vostri soldi senza rendervene conto. Ma io me ne rendo conto eccome, ed è per questo che non sprecherò del denaro comprando ridicoli  amuleti non funzionanti quando posso invece acquistare a voi ragazze qualcosa di molto più concreto. Ora venite. Adiamo a vedere su quali altre giostre possiamo andare."
Shutaro incominciò a fare loro strada e gli altri tre lo seguirono con riluttanza, Lamù e Shinobu avevano ancora gli occhi malinconicamente fissi sugli amuleti mentre Ataru si infilò le mani in tasca con un'espressione torva e borbottò sarcasticamente, "Già, ma uno spettacolo di magia è ancora divertente, se non decidi di rovinartelo cercando di capire a tutti i costi quali ne siano i trucchi."

Domanda Numero Uno: Dipende tutto dal Midollo Allungato?

Shutaro era in piedi a sovrastare la piccola aula scolastica di fronte alla lavagna, aveva una lunga bacchetta in mano e  la precisa raffigurazione di un cervello, suddivisa in tre sezioni dettagliatamente specificate, era stata disegnata con del gesso bianco sullo sfondo nero. Oltre alla grossa cattedra da insegnante di Shutaro, c'erano all'incirca altri quindici banchi nell'aula, dei quali solamente tre erano occupati, uno da Ataru, uno da Lamù, e uno da Shinobu, tutti disposti in prima fila con Ataru al centro, Lamù vicino alla finestra, e Shinobu presso la porta. Fuori, il sole aveva iniziato a tramontare mentre Ataru sbadigliava, Lamù guardava fuori dalla finestra, Shinobu aveva un'espressione corrucciata, e Shutaro sorrideva compiaciuto, preparandosi a parlare.
"Dunque, il cervello è diviso in tre parti" iniziò la sua lezione Shutaro. "Il cerebro," disse, poggiando la punta della sua bacchetta contro il cerebro sul suo diagramma del cervello rappresentato sulla lavagna, "Il cervelletto," disse poi loro, indicando il cervelletto, "E il midollo allungato," indicando infine il midollo allungato. Dopo di che, impugnò la bacchetta con entrambe le mani e li interrogò. "Ora ditemi, tra queste tre, quale parte del cervello scegliereste di preservare maggiormente e perchè? Lamù sorrise e alzò la mano. Shutaro le sorrise gradevolmente, "Si, Lamù?"
"Il cerebro, così posso conservare tutti i miei ricordi di Tesoruccio," spiegò entusiasta Lamù.
Shutaro, comunque, corrugò la fronte. "Mi dispiace, Lamù, ma temo che non sia corretto." E Lamù, delusa, tornò ad accasciarsi sulla sua sedia. "Qualcun altro?" Ataru alzò la mano. Riluttante, Shutaro, gli diede la parola, "Si, Moroboshi?"
"Il cervelletto, così posso continuare a correre dietro alle belle ragazze," rispose Ataru e Shutaro scosse la testa con disgusto mentre Lamù gli ringhiò minacciosamente contro, follemente gelosa.
"No, quella NON è la risposta giusta," tuonò Shutaro e Ataru si fece minuscolo. Emettendo un sospiro esasperato, Shutaro finalmente disse, "La risposta corretta è il midollo allungato." puntando nuovamente con la punta della sua bacchetta il midollo allungato sulla lavagna. "Il midollo allungato è quella parte del cervello che fa in modo che il vostro cuore batta e che i vostri polmoni respirino; senza di quello, voi non potete vivere. Potete vivere senza pensiero," e indicò il cerebro, "e potete vivere senza movimento," indicando poi il cervelletto, "ma non potete vivere senza, insomma, vita," e indicò per l'ennesima volta il midollo allungato. Tuttavia, i tre studenti apparvero confusi.
"Ma, Shutaro,con solo il midollo allungato, si vivrebbe come dei vegetali," cercò di contestare Shinobu, ma Shutaro si limitò a fare una risatina.
"Si, ma è questo il punto, no?" chiese retorico "Così, voi STATE vivendo, anche se solo come vegetali." Detto ciò, appoggiò la sua bacchetta sulla sua cattedra e prese invece un pezzo di gessetto bianco, iniziando a scrivere sulla lavagna a sinistra del disegno del cervello. "Perciò, senza midollo allungato, voi non state vivendo e non vivere equivale alla morte e questa, insomma, non è mai una buona cosa." Finì di scrivere e arretrò dalla lavagna rivelando con un sorriso orgoglioso un "Non Vivere = Morte" scritto in bianco su di essa.
Lamù, Ataru, e Shinobu , leggendo quelle parole, si demoralizzarono. "E' molto deprimente," fece notare Ataru.
"Ho paura di si," concesse Shutaro. "Ma nessuno ha mai detto che la conoscenza sia confortante; perchè pensi che si dica 'l'ignoranza è una beatitudine' altrimenti?"
"Ma non sarebbe meglio morire, piuttosto che vivere una vita senza nemmeno essere in grado di ricordare chi si è?" domandò Lamù, ma Shutaro scosse la testa.
"No, no, no," rispose lui tornando di nuovo a scrivere sulla lavagna. Quando ebbe finito, sulla lavagna vi era scritto "Morte =  ignoto" e, più in sotto, "Vita = noto".
"Vedete," incominciò a parlare Shutaro con un sorriso, "Noi non sappiamo cosa succede dopo la morte che perciò, è  considerata un male. Ma in compenso sappiamo che cos'è la vita, che è quindi considerata un bene. Perchè pensate che la gente non voglia morire, se no?"
"Sai, Mendo, tutto questo è incredibilmente macabro," rimarcò Ataru con un lieve tremito e Shinobu annuì.
"Dobbiamo proprio continuare a parlare di queste cose?" aggiunse poi lei, muovendosi a disagio sulla sua sedia.
"Sfortunatamente si, perchè ne siamo ormai a conoscenza," le spiegò Shutaro.
"Beh, io continuo a dire che preferirei morire piuttosto che non sapere chi sia Tesoruccio," si oppose ostinatamente Lamù, incrociando le braccia. "Inoltre, se non sapere è uguale alla morte, allora anche non sapere chi sia Tesoruccio lo è."
"Una morte figurata, insomma," affermò Shinobu corrucciata. "Ma immagino che ogni genere di morte sia brutta..."
"Beh...uhm..."lo stesso Shutaro si fece perplesso e aggrottò le sopracciglia. "Ammetto di non averci mai pensato sotto questo punto di vista..." Dopo un momento passato a rifletterci su, scosse la testa ed iniziò ad innervosirsi. "Questo è ridicolo! Nessuno vuole morire. Vivere è meglio di morire; è stato accertato."
"No, non è vero," disse Ataru con un espressione confusa.
"Sta' zitto, Moroboshi!" sbottò Shutaro.
"Io penso che tu abbia solo paura dalla morte," Ataru rispose noncurante, chiudendo gli occhi e sollevando la testa con risolutezza.
"Non è vero!" ruggì Shutaro sulla difensiva e gli altri tre sussultarono, poco convinti. A quel punto, la faccia di Shutaro diventò rossa, il ragazzo fece una goffa risata sfregandosi la nuca e cercò di calmarsi, "Non è che abbia PROPRIO paura..." disse guardando verso il soffitto mentre Ataru prese a ridacchiare. Shutaro ringhiò e li fulminò tutti con uno sguardo inferocito, "Beh, comunque sia nessuno di voi può dire non aver paura dalla morte!"
Sentendo questo, tutti e tre abbassarono la testa arrossendo pesantemente, sapendo che era vero. Shinobu, tuttavia, cercò di sorridere e rispose più ottimisticamente che le riuscì, "E' vero, ma tutti hanno paura di morire, quindi non è così brutto."
A queste parole, Shutaro riguadagnò vigore e con un sorriso esclamò, "Questa è un eccellente osservazione, Shinobu! E perchè questo? Perchè non sapere genera paura."
"Ma anche sapere fa paura," protestò Lamù. "Come il fatto di sapere che tutti noi dovremo morire prima o poi. Non sarebbe meglio non saperlo affatto?"
"Beh, suppongo che se non sapessimo che siamo tutti destinati a morire un giorno, a quest'ora non saremmo qui a fare questa snervante conversazione..." commentò Shinobu abbassando solennemente lo sguardo sul suo banco.
"Già, e così potremmo vivere serenamente invece di star qui a preoccuparci del nostro stupido midollo allungato, Mendo," borbottò Ataru sarcasticamente mentre si appoggiò allo schienale della sua sedia e incrociò le braccia. "Ad ogni modo, per quale motivo hai dovuto farci ricordare tutto questo? Era una cosa che eravamo quasi riusciti a dimenticare."
"Te ne dimentichi per davvero se non ci pensi su troppo," concordò Shinobu, sollevando il capo e annuendo sorridente.
"Si, ma quand'è stato esattamente il momento in cui abbiamo iniziato a dimenticarcene?" domandò allora Lamù. "Deve esserci stato un periodo nel quale non ne eravamo a conoscenza per niente, se no non ci sarebbe motivo per dover dimenticare."
Tutti loro guardarono Shutaro in attesa di una risposta, e questi aggrottò le sopracciglia costernato. "Beh...io credo sia solo una fase del processo di crescita," rispose lui coerentemente. "State semplicemente iniziando a venire a conoscenza di cose che non avreste mai voluto sapere."
"Ma allora cos'è meglio? Sapere o non sapere?" domandò Shinobu e Shutaro esitò.
"E' molto meglio sapere," decise Lamù con risolutezza.
"Io invece certe cose preferirei non saperle," rispose Shinobu.
"Penso che entrambi abbiano i loro lati positivi..." ipotizzò debolmente Shutaro.
Ed Ataru si limitò a grugnire, mormorando, "Io penso che facciano schifo tutti e due."

Il Carnevale Estivo di Tomobiki, Parte quarta (Il Cielo che Va in Alto Tanto Quanto una Ruota Panoramica)

I quattro si sistemarono all'interno di una delle cabine della ruota panoramica, Lamù e Ataru da un lato e Shinobu e Shutaro dall'altro. Rimasero tranquillamente seduti mentre, lentamente, la ruota panoramica iniziò a portarli su in alto, sollevando la cabina verso il cielo; Lamù, Shinobu, e Ataru erano ancora leggermente delusi dal fatto di non aver potuto acquistare neanche uno degli amuleti della bancarella.
Tuttavia, quando la cabina fu circa a metà dell'altezza della ruota panoramica, un sorriso incominciò a formarsi sul viso di Shinobu mentre osservò il carnevale sottostante. "Guardate! Sembra tutto così piccolo da quassù!" esclamò.
"Sono lieto che ti piaccia, Shinobu," le disse Shutaro con un sorriso smagliante e anche Shinobu sorrise, avvertendo che le sue guance si erano colorate di rosa. Dopo di che Shutaro guardò Lamù, che stava nel frattempo osservando fuori dalla finestrella con un'espressione delusa. "Cosa c'è che non va, Lamù?"
"Mmh?" Lamù si girò verso di lui e fece del suo meglio per sorridergli, grattandosi la nuca in imbarazzo. "Oh, non è niente, davvero!" Il suo sorriso comunque diminuì e aggiunse,"E' solo che mi sembra che questa ruota panoramica non vada molto in alto..."
"Beh, questo perchè tu puoi volare,"disse Shinobu. "Tu puoi andare in alto quanto vuoi; non è colpa nostra se questa è l'altezza alla quale noi umani possiamo andare."
L'espressione di Lamù si fece acida. "Non era questo quello che intendevo," mormorò aspramente incrociando le braccia e lasciandosi ricadere seccata sullo schienale del suo sedile.
Sbadigliando rumorosamente, Ataru si lamentò, "Che noia..." dunque incrociò le braccia dietro la testa, si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi, "Svegliatemi quando staremo per fare qualcosa di più interessante, come andare sulle montagne russe..."
Shutaro gli lanciò un'occhiataccia. "Non sei in grado di apprezzare proprio niente, Moroboshi?" gli domandò e Ataru si limitò a scrollare le spalle con noncuranza, facendo sospirare Shutaro in esasperazione.
"Il panorama è magnifico," aggiunse Shinobu mentre il suo sguardo si mosse verso il cielo, la loro cabina aveva intanto raggiunto la cima della ruota panoramica. "Guardate il cielo!"
Anche Lamù volse lo sguardo verso il cielo, ma subito aggrottò le sopracciglia a quella vista. "Non è quel gran che; specialmente quando si sa a che altezza vada realmente."
Adirata, Shinobu distolse lo sguardo e rispose altezzosamente, "Beh, sono sicura che sia meglio del carosello."
Rabbiosa, Lamù tornò a distendersi al suo posto. Dopo un momento, però, i suoi occhi incontrarono quelli chiusi di Ataru e sorrise. Dopo di che chiuse anche lei gli occhi e gli si accoccolò accanto. Ma Ataru li riaprì immediatamente e si ritrasse da lei, esclamando, "Andiamo, Lamù! Ti ho già detto che non siamo ad un appuntamento!"
Lamù ringhiò, essendo già stata seriamente irritata da Shinobu, socchiudendo gli occhi e guardandolo furiosamente. "TESORUCCIO!" gridò a squarciagola, prima di spedire un'enorme scarica elettrica attraverso la cabina, facendo urlare tutti e tre ed illuminando la cima della ruota panoramica come se fosse una stella.

Un Tributo al Defunto Pesce Rosso Parlante con le Ali   

Ataru e Shutaro erano quasi in cima alla lunga fila di partecipanti alla veglia che si stava tenendo nel tempio di oro e marmo bianco. Shutaro era in piedi d'innanzi ad Ataru e a braccia conserte attendeva impazientemente in fila, mentre Ataru se ne stava accasciato dietro di lui, sbadigliando e dando l'impressione di essere piuttosto annoiato. "Non capisco cosa ci stiamo facendo qui," brontolò Ataru. "Non sappiamo neanche chi sia questo tizio."
Shutaro sospirò esasperato. "PERCHE', Moroboshi, siamo già in fila; sarebbe scortese da parte nostra andarcene senza rendere l'ultimo omaggio."
"Già, ma per quanto ne sappiamo, il tizio per il quale si sta svolgendo la veglia potrebbe essere stato una persona orribile," contestò Ataru.
"E che importa?" rispose Shutaro "Non è questo il punto, comunque."
"E allora qual' E' il punto, Mendo?" chiese Ataru, anche lui esasperato.
" Il punto è che non importa per CHI sia la veglia; siamo qui a rendere l'ultimo omaggio perchè è questo che si fa alle veglie - è semplicemente una cosa che si deve fare," spiegò Shutaro.
"Beh, è una ragione stupida per dover pregare per un tizio morto che non conosciamo nemmeno," borbottò Ataru e Shutaro ringhiò sommessamente.
"Non ho chiesto la tua opinione," sbottò Shutaro bisbigliando gelidamente prima di volgere lo sguardo di scatto via da Ataru. "Inoltre," continuò poi, "Neanch'io vorrei essere qui, se lo vuoi sapere. Importa solamente che la gente PENSI che io voglia essere qui. E starebbe male se non ci inginocchiassimo e non pregassimo. Si chiamano buone maniere, qualcosa di cui TU sei indubbiamente privo." e fissò Moroboshi con disgusto.
"Perchè ti importa di cosa pensi questa gente, ad ogni modo?" Non sai neanche chi siano queste persone," continuò a discutere Ataru. Poi lanciò un'occhiata oltre la sua spalla osservando la lunga fila e commentò sorpreso "Cavoli, certo che ce ne è di gente qui..."
"Si, beh..." si smorzò Shutaro, guardando d'innanzi a sè. Borbottò poi ad Ataru, "Limitiamoci a fare qualche veloce preghiera generica così da potercene andare il prima possibile." Ataru, per una volta, non ebbe ragioni per obiettare.
Dopo qualche altro minuto, Ataru e Shutaro raggiunsero il principio della fila e, frettolosamente e nervosamente, si inginocchiarono insieme di fronte alla grande e dorata bara chiusa di quell'uomo deceduto di cui non conoscevano neanche il nome. Ataru corrugò la fronte, guardando goffamente in basso verso la bara, incerto su cosa avrebbe dovuto fare e incerto se gliene importava qualcosa del fatto che non era sicuro su cosa avrebbe dovuto fare. Shutaro, intanto, serrò gli occhi unendo insieme le mani in preghiera e portandole sopra la testa. Inspirò profondamente e disse velocemente espirando, "Che possa la tua anima trovare la pace." Subito dopo aprì gli occhi e si rialzò in piedi, tirando Ataru per un braccio, "Andiamo, Moroboshi."
"Aspetta, tutto lì?" disse Ataru, sbattendo le palpebre in sorpresa e confusione mentre fu tirato in piedi da Shutaro. Realizzando che era quella la sua risposta, commentò, "Beh, in effetti era veloce..."
I due uscirono dal tempio o dalla chiesa o da qualsiasi cosa fosse - nessuno dei due ragazzi si era disturbato a chiederselo - e scesero la larga scalinata di marmo bianco che riconduceva alla strada, la luce del sole brillava splendente su di loro. Entrambi inspirarono profondamente l'aria fresca ed espirarono all'unisono, sorridendo e crogiolandosi nella bella giornata.
"Certo che è bello qui," notò Ataru mentre osservava intorno a lui tutti gli sfavillanti edifici in bianco e oro che si abbinavano al tempio da cui erano appena usciti.
Shutaro annuì, la luce del sole splendeva sui bianchi e luccicanti edifici proprio come questi ultimi brillavano nei suoi affascinanti occhi. "Devo dire che lo è davvero." I due si presero ancora qualche rilassante momento mentre i loro occhi scrutarono la via di quella linda città, fiancheggiata da alberi di un verde fulgido, un cielo scintillava sopra di essi, e perfino la scalinata di marmo sulla quale stavano in piedi, era bianca e luminosa.
"Quindi...che si fa?" chiese Ataru, rompendo il silenzio, e Shutaro diede un'alzata di spalle.
"Non lo so...cosa vuoi fare?" chiese a sua volta.
"Io ho abbastanza fame; forse potremmo andare a mangiare qualcosa."
"D'accordo," concordò Shutaro facendo un passo avanti, ma si fermò con aria perplessa. "Ehi, Moroboshi, tu sai se ci sono posti dove poter mangiare, qua attorno? Ataru corrugò le sopracciglia e scosse la testa. Shutaro sospirò. "Beh, suppongo che dovremmo dare un'occhiata in giro..."
Ataru si limitò a fare spallucce e i due ragazzi passeggiarono distrattamente giù dalla scalinata di marmo fino al marciapiede. Mentre incominciarono a incamminarsi lungo la via, un suono di tamburi giunse alle loro orecchie. Ataru fu il primo a sentirlo e smise di camminare, con le orecchie tese in ascolto. "Ehi, Mendo."
"Mmh?" Shutaro si fermò e si girò a guardare Ataru. "Che c'è, Moroboshi?"
"Lo senti anche tu?" chiese Ataru. "Sembra musica..."
"Io non sento niente," rispose Shutaro senza neanche provare ad ascoltare e fece per tornare a voltarsi. Ciò nonostante, si bloccò, notando qualcosa con la coda dell'occhio, e fronteggiò un'altra volta Ataru, tuttavia guardando dietro di lui e lungo la strada. "Ehi, forse proviene da lì," disse puntando l'indice e Ataru guardò oltre la sua spalla per vedere una sgargiante parata, giusto a pochi isolati di distanza, che marciava lungo la strada perpendicolare a quella che ora stavano percorrendo loro.
"E' una parata," disse Ataru, un po' sconcertato.
"Ovviamente," rimarcò Shutaro con un sorrisetto patrocinante e Ataru gli fece un lieve ghigno sarcastico.
"Andiamo a vedere per cosa si festeggia," disse Ataru a Shutaro mentre iniziò a camminare nella direzione opposta, dirigendosi verso la parata.
"Pensavo che saremmo andati a prenderci qualcosa da mangiare, Moroboshi," iniziò a lamentarsi Shutaro, una sensazione di fame gli crebbe nello stomaco.
"Ci vorrà solo un momento," sostenne Ataru. "Dai, andiamo!" e incominciò a correre verso la parata.
"Ma, aspetta!" lo richiamò Shutaro ma, realizzando che era tutto inutile, sospirò in esasperata sconfitta. Scuotendo la testa e serrando i pugni con un espressione torva in volto, seguì con riluttanza Ataru, brontolando, "Di tutti gli immaturi, viziati, incompetenti idioti..." fino pronunciare vere e proprie blasfemie che borbottò sottovoce.
"Caspita!" esclamò Ataru con la bocca aperta in soggezione mentre i suoi occhi si posarono sui magnifici carri della parata, poi prese posto in mezzo all'immensa folla di esultanti spettatori tutti abbigliati con abiti dai colori più vivaci, che erano accorsi per vedere la festosa parata. Come un bambino lui rimase lì a guardare, i suoi occhi spenti all'improvviso si illuminarono, come se l'arcobaleno di colori che si diffondeva attraverso i carri, i coriandoli volanti, e i fuochi d'artificio che illuminava il già sfavillante cielo vi si riflettesse in essi. La banda marciante giunse alle sue orecchie e Ataru voltò la testa per vederli marciare, vestiti di rosa, porpora e blu smaglianti, con bianche e luminescenti penne sui loro cappelli e scintillanti strumenti musicali così nuovi e puliti da sembrare d'oro, suonando una gioiosa melodia e Ataru non potè fare altro che iniziare ad acclamare anche lui, unendosi agli altri.
Shutaro, ancora parecchio irritato, finalmente raggiunse la parata, e torvo in volto, cercò in qualche modo di spingersi fino al fronte della folla dove si trovava un esultante, benchè dimentico Ataru. "Moroboshi!" lo sgridò Shutaro incrociando le braccia e battendo il piede con impazienza, tuttavia Ataru non potè sentirlo a causa della forte musica e degli esuberanti applausi della folla."Moroboshi!" gridò di nuovo Shutaro, ma Ataru continuò ad ignorarlo. Sbuffando irritato, Shutaro diede ad Ataru un forte spintone sulla spalla, urlando, "Moroboshi, pezzo di idiota! Cosa diamine stai facendo?!"
Ataru si voltò con un'espressione acida sul viso e strofinandosi la spalla. "Sto guardando la parata!" urlò di rimando e Shutaro roteò gli occhi.
"Questo lo SO," disse lui ad alta voce, cercando di parlare oltre il vociare della folla "Ma perchè stai-"
"Cappellini di plastica e trombette!" una voce gridò al di sopra del clamore della folla, un sorridente uomo di mezza età camminava lungo il marciapiede con una vasta scelta di cappellini colorati e altri articoli che affioravano da uno scintillante carretto dorato che spingeva d'innanzi a lui.
"Ne voglio qualcuno!" esclamò Ataru con eccitazione.
"Stupido Moroboshi; non hai soldi per comprarli," gli disse Shutaro. "E di sicuro non li pago io, specialmente non per te."
"Non preoccuparti, giovanotto!" disse con un generoso sorriso l'uomo con i cappellini e ..., avendoli ora raggiunti. " E' tutto gratis! Dopo tutto, questa è una festa!" Egli emise allora una chiassosa risata prima di estrarre un cappellino di plastica rossa e di piazzarlo sulla testa di Ataru. Poi gli consegnò una trombetta più due raganelle e Ataru sorrise con estasi.
"Grazie signore!" esclamò lui prima di roteare le raganelle in entrambe le mani e soffiare sonoramente nella trombetta.
Shutaro si limitò a gemere, scuotendo la testa e ponendosi una mano sulla fronte. "Grandioso," brontolò, "Ora ha anche una scusa per essere ancor più un odioso e rumoroso cretino." Poi, con sua sorpresa, sentì un cappello a cilindro di plastica venirgli appoggiato contro spalla e sollevò lo sguardo per vedere l'uomo di mezza età con i cappellini sorridergli. Shutaro immediatamente si scostò, dicendo, "Oh, uhm, la ringrazio signore, ma non voglio-"
"Insisto che tu lo prenda!" lo esortò l'uomo. Poi si sporse in avanti e pose una mano sulla spalla di Shutaro, bisbigliandogli, "Sai, dovresti rallegrarti un po', piccolino; questa è una parata, dopo tutto." L'uomo allora gli fece l'occhiolino allargando il suo sorriso, e proseguì per la sua spensierata strada,  regalando generosamente cappellini e trombette al resto della grande folla.
"Piccolino?!" Shutaro sbottò allibito, ma l'uomo dei cappellini si era ormai allontanato troppo per poterlo sentire. Realizzandolo, e notando la gente che esultava gioiosamente attorno a lui, con cappellini e tutto, Shutaro si corrucciò goffamente e abbassò lo sguardo sul suo cilindro luccicante, sentendosi improvvisamente parecchio fuori posto in mezzo alla folla.
Comunque, dopo un momento,  Ataru afferrò il braccio di Shutaro e lo tirò in avanti, sputando fuori la trombetta ed esclamando "Guarda là!"
Shutaro alzò lo sguardo sulla parata e vide un gruppo di un centinaio di ragazze danzanti, vestite con abiti di lustrini sfolgoranti, tutti di differenti e vivaci colori, che si esibivano liberamente lungo la parata. Nessuna di loro eseguiva la stessa danza, ma nell'insieme erano tutti dei balli meravigliosi. Shutaro ora sorrideva pure lui mentre osservava le belle fanciulle, mentre Ataru cominciò a sorridere e sbavare loro dietro. Allora gli occhi di Shutaro si illuminarono osservando il cielo pieno di fuochi artificiali, non una scia di fumo rimaneva dietro di essi, e il suo sorriso si allargò. "Questa è davvero una parata straordinaria. Un vero peccato che Lamù e Shinobu non siano qui per vederla..."  Poi però corrugò la fronte in lieve confusione. "Mmh...mi chiedo per cosa si festeggi, tuttavia..." Shutaro guardò Ataru e sul suo viso crebbe il panico mentre notò che questi si stava dirigendo verso le fanciulle danzanti a braccia spalancate e con un sorriso di perversione sulla sua faccia da fesso. "Moroboshi!" lo richiamò e  facendo velocemente presa sul retro del suo colletto lo strattonò indietro giusto in tempo, Ataru cadde pesantemente sul suo didietro e Shutaro disse, "Controllati, idiota!"
Ataru  gemette massaggiandosi il sedere e sollevò lo sguardo. In quel momento trasalì, alzando un dito e puntandolo alle spalle di Shutaro. "Cristo Santo!"
"E ORA che c'è, Moroboshi?" interrogò Shutaro.
"Dietro di te!"
Shutaro allora si voltò a guardare. Anche lui rimase improvvisamente senza fiato e arrancò all'indietro di qualche passo mentre Ataru si alzò in piedi di fianco a lui. "Quello è...un..." balbettò Shutaro.
"Castello?" concluse per lui Ataru e Shutaro annuì. A pochi isolati da lì, dove la parata sembrava che si stesse dirigendo, era situato un immenso castello bianco e oro, immerso nella luce del sole che ne trasformava il bianco in oro e ne faceva risplendere l'oro fino a farlo sembrar bianco. Fuochi d'artificio si innalzavano tutt'intorno ad esso e alle sue eleganti torri che giungevano al cielo mentre bellissime statue di marmo bianco erano allineate sui suoi tetti e terrazzi. Le sue finestre erano enormi e create con il più lustro dei vetri, splendendo come il diamante,  e nessun cancello o muraglia circondava il palazzo; era come se fosse aperto a chiunque.
"E' un castello davvero gigantesco," disse Ataru, ancora sbalordito e impressionato mentre fissava l'imponente costruzione, dovendo sollevare la testa all'indietro fino a che non gli fece male il collo per attentare di vederla tutta, e ciò nonostante, i suoi occhi non poterono raggiungerne la cima.
"Dico anch'io," concordò Shutaro.
"E' come se fosse uscito da una fiaba o qualcosa di simile..." mormorò Ataru.
"Shutaro annuì e ripetè, "Dico anch'io."
"Mi chiedo a chi appartenga," disse Ataru  e Shutaro diede un'alzata di spalle.
"Suppongo a chiunque sia dedicata questa parata, non pensi?" suggerì Shutaro, subito dopo inquadrò uno dei membri della gioiosa folla. "Mi scusi, signora?" chiese allora Shutaro, all'indirizzo di una donna sulla quarantina o la cinquantina.  "Sa per caso a chi sia dedicata questa parata e a chi appartenga esattamente quel castello?"
La donna gli fece un sorriso. "Ma come, questa parata è per il nostro re, il Pesce Rosso Parlante con le Ali! Quello laggiù è il suo castello," spiegò lei indicando il castello davanti al quale Ataru e Shutaro erano rimasti imbambolati solo qualche momento prima.
Ataru e Shutaro si scambiarono uno sguardo di preoccupata perplessità, poi Ataru tornò a rivolgersi alla donna e domandò, "Pesce Rosso Parlante...con le Ali?"
La donna annuì e gli occhi le si illuminarono come se fosse ancora una ragazzina. "Si; il più grande re che abbia mai regnato su questa e altre terre! Lui ci ha salvato da un tiranno - un uomo dal cuore crudele - venticinque anni fa. Ricordo quanto orribili erano i tempi allora; ma ora, beh, lui ricostruì ogni cosa di questa città, usando il suo stesso oro per rivestire ogni singolo edificio, e ci portò l'educazione e così tanti meravigliosi libri da leggere, e diede vita a questa usanza di tenere la più grande delle feste anche solo per la più piccola buona azione che ogni cittadino compia, oh, e molte altre belle, bellissime cose. Nei suoi primi anni di governo, quando i tempi erano ancora duri dopo il tiranno, lui si assicurò che tutti i suoi sudditi avessero il miglior cibo prima di inghiottire una singola briciola, e fece abbattere le mura attorno al castello per accogliervi tutti noi - chiunque può entrarvi adesso. Io lo incontrai solo poche volte - lui si assicurava di conoscere ogni singolo suddito almeno una volta, e , sempre, di ricordare ognuno dei loro nomi - ed è stata la più buona, la più gentile, la più umile e la più onesta di tutte le creatura che io abbia mai conosciuto!"
"Perbacco," commentò Ataru, "sembra essere un grand'uomo," e si corresse, "o meglio, pesce rosso parlante...con le ali."
"E specialmente per un re, " notò Shutaro.
La donna annuì un'altra volta, sempre con quel luccichio negli occhi, e li osservò. "Si, ma voi due dovreste sapere tutto di lui. Tutti sanno di lui qui."
Shutaro aggrottò le sopracciglia. "A dire il vero, questo è il nostro primo giorno qui; non abbiamo mai conosciuto il Pesce Rosso Parlante con le Ali prima d'ora."
Le palpebre della donna sbatterono per la sorpresa. "Volete dire, che voi due siete dei visitatori qui?" entrambi i ragazzi annuirono. "Beh, allora voi due dovete andare al castello!" esclamò lei " E' un usanza, davvero! E specialmente oggi, tra tutti gli altri giorni - questo è quello che vorrebbe il Pesce Rosso Parlante con le Ali - vorrebbe che voi due sedeste nella sala reale per il banchetto! Accogliere i visitatori è molto importante per noi qui; il Pesce Rosso Parlante con le Ali ce lo ha insegnato. Venite, forza!"
Shutaro ed Ataru si guardarono l'un l'altro, ancora parecchio confusi, ma poi Ataru fece spallucce e Shutaro si pose in testa il suo cilindro di plastica, e i due ragazzi seguirono la donna.
Quando raggiunsero il castello, furono vigorosamente salutati con gentili e accoglienti sorrisi, tutte le persone vestivano con bellissimi tessuti lucenti e avevano occhi che brillavano allo stesso modo.
Tutti loro parlvano e facevano domande con grande entusiasmo - più di quanto Ataru e Shutaro ne avessero mai visto prima in vita loro - tutti davvero interessati in cosa Ataru e Shutaro avessero da dire, così com'erano ugualmente eccitati nel lodare il loro buon re, il Pesce Rosso Parlante con le Ali.
Furono poi entusiasticamente condotti alla sala reale del banchetto che si estendeva sulla balconata sospesa sulla  fine della strada, la parata fuori continuò a marciare come se si dovesse trattare di un festeggiamento senza fine. Ad Ataru e Shutaro venne graziosamente offerto un posto in capo al tavolo più grande, il cibo era già stato disposto per loro, mentre la gente danzava e chiacchierava in giro, una grande banda suonava nel castello, non interferendo, tuttavia, in nessun modo con la musica che veniva suonata all'esterno.
Ataru e Shutaro sorrisero osservando tutta quella gente che stava divertendosi e presero a mangiare. "Caspita, questo cibo è davvero squisito, Mendo" disse Ataru masticando e Shutaro inghiottì annuendo.
"E' persino migliore di quello che mangio io solitamente, e io esigo sempre il meglio," aggiunse Shutaro.
"Questo Pesce Rosso Parlante con le Ali dev'essere davvero un grande," Ataru disse allora, prendendo un altro boccone. "Tutti lo adorano qui, e da quanto abbiamo sentito, sembra che sia eccezionalmente buono."
"Tuttavia sono un po' confuso sul come sia potuto diventare re, essendo un pesce rosso e tutto, " rispose Shutaro."Probabilmente è stato per le ali," gli disse Ataru con praticità. "Lo sanno tutti."
Shutaro semplicemente scrollò le spalle e continuò a ponderare, "Tutti questi festeggiamenti  sono probabilmente in onore dei suoi venticinque anni di regno; quella signora ha detto che fu venticinque anni fa che il Pesce Rosso Parlante con le Ali li salvò da quel tiranno." Ataru annuì dandogli ragione.
"Salve a voi," una gentile voce femminile giunse allora alle loro orecchie ed entrambi alzarono lo sguardo per vedere d'innanzi a loro una bellissima donna dai fluenti capelli al profumo di lavanda e con un gentile sorriso sulle labbra, tutti e due i ragazzi esibirono un gran sorriso alla vista della sua bellezza. "Voi due dovete essere i visitatori di cui ho sentito parlare. Io sono la regina di questa terra, e moglie del Pesce Rosso Parlante con le Ali, grande re e adorato marito." Lei estese loro la sua elegante mano eburnea.
"LEI è sposata con il Pesce Rosso Parlante con le Ali?!" domandò scioccato Shutaro fissando la bella dama, sconcertato da come e perchè una donna stupenda come quella potesse restare con un pesce rosso.
Ma prima che lei avesse la possibilità di rispondere, Ataru saltò in piedi e afferrò la mano della regina, portando il corpo della donna vicino a se. "Mia incantevole signora, si dimentichi di suo marito! Scappiamo insieme e facciamo l'amore!"
"Moroboshi!" lo rampognò Shutaro. "Non hai proprio nessun ritegno?"
"E' tutto a posto," disse gentilmente la regina, sempre sorridendo e  lasciandosi sfuggire una lieve risatina mentre i suoi lucenti occhi splendettero come due gocce di rugiada. Prese poi posto a fianco di Ataru, il quale tornò a sedersi, anche se con le braccia ancora saldamente avvolte attorno alla vita della regina, standosene sbavante e ridacchiante in quella posa con un sorriso perverso sul viso. "Vi state godendo la festa?" chiese loro la donna.
Shutaro annuì. "Questa è davvero un'impressionante celebrazione."
"Sono lieta che sia di vostro gradimento."
Shutaro esitò un poco e poi chiese, "Se mi posso permettere, vostra maestà, ma per quale motivo una giovane donna bella come voi sposerebbe un pesce rosso parlante con le ali?"
Il sorriso di lei si ingrandì leggermente mentre gli occhi le si fecero più luminosi e rispose con semplicità, "Perchè - lo amo e lo amerò sempre. Di quali altri migliori motivi dovrei aver bisogno?"
"Beh..." Shutaro aggrottò le sopracciglia, improvvisamente sentendosi in imbarazzo, e seccato dal fatto di sentirsi in imbarazzo, rivolse lo sguardo verso il suo cibo. "Mi sembrava solo strano, tutto qui." poi sollevando la sua forchetta, continuò, "Ma, da quanto ho sentito, è davvero un buon re. Non penso di aver mai conosciuto o sentito parlare di qualcuno di così buono e generoso prima d'ora."
Abbassando gli occhi, la regina quietamente disse con un triste sorriso, "Neanche io."
La baldoria proseguì per parecchio tempo ancora, con musica e danze, mangiando e ridendo. Fu quando un sorridente Shutaro finì di prendere un lungo sorso dal suo calice dopo che tutti ebbero fragorosamente innalzato i loro bicchieri e esultato al loro quindicesimo brindisi della giornata, anche se lo fecero con lo stesso entusiasmo del primo, che finalmente chiese a nessuno in particolare, "A proposito, dov'è il re? Il Pesce Rosso Parlante con le Ali? Mi farebbe davvero piacere conoscerlo." Ataru annuì con foga, tuttavia ancora con la testa premuta contro il petto della regina, le sue braccia avvolte intorno a lei, gli occhi saldamente chiusi, e con un sorriso sognante dipinto sulla bocca.
Fu allora che tutti si zittirono, la musica e le danze cessarono all'improvviso così come cessò il ridere ed il mangiare; persino la musica che proveniva dalla parata all'esterno sembrò diminuire, come se tutta la città avesse in qualche modo avvertito la malinconia che aveva inaspettatamente pervaso la sala e la gente al suo interno. Fatta eccezione per Ataru e Shutaro, che si sentirono ora davvero confusi mentre i loro occhi vagarono per la stanza alla ricerca di una sorta di risposta - o, perlomeno, una domanda che portasse loro una risposta.
"Temo...che...non potrete incontrarlo," parlò infine la regina, le parole le uscirono lentamente.
"Perchè no?" chiese Ataru distrattamente, sollevando un po' la testa per guardarla.
"Non vedo perchè non potremmo," dissentì ostinatamente Shutaro. "Dopo tutto, questa festa è per lui, giusto? Non dovrebbe partecipare ai suoi stessi festeggiamenti?" i suoi occhi iniziarono allora a scrutare la sala reale del banchetto, come a pensare di aver mancato di vederlo in mezzo alla grande folla, tuttavia fallì, considerando il fatto che un pesce rosso parlante con le ali difficilmente sarebbe passato inosservato, indifferentemente da quanto fosse stata grande la folla. Corrugò allora la fronte con disappunto, e  sentendosi anche un po' seccato, domandò, "Per quale motivo non è alla sua stessa festa, ditemi."
"Già, se è vero che tutti lo amano così tanto, ci si aspetterebbe che lo volessero qui," aggiunse Ataru. Seguì un lungo silenzio, i partecipanti  fissavano tutti il pavimento con una sorta di colpevolezza nei loro occhi, colpevolezza alla quale ne Ataru ne Shutaro avevano mai assistito prima d'ora e che non furono in grado di spiegare.
Finalmente, la regina fece un profondo respiro e alzò temerariamente il capo per parlare. "Io...mio marito - il mio meraviglioso sposo - il Pesce Rosso Parlante con le Ali, sovrano adorato e padre di tutta la sua gente..." la voce le si spense per un momento, ma solo per un momento, come se fosse imperativo per lei trovare le parole giuste, "...è passato a miglior vita ieri notte, per andare a riposare in un posto persino migliore di questa meravigliosa città che ha creato per noi." Poi aggiunse con una dolce, ironica risata, "Anche se non riesco a immaginare un posto più grandioso di quello che ha costruito per tutti noi."
Sentendo questo, entrambi i ragazzi impallidirono di colpo, come se lo spirito allegro che possedevano solo pochi minuti prima non fosse mai stato presente , i loro occhi si fecero spenti e scuri, l'inspiegabile colpevolezza presente negli occhi dei partecipanti rimpiazzò la loro fanciullesca gaiezza e causò una fitta di dolore nello stomaco e nella gola di tutti e due. Persino i loro una volta brillanti cappellini di plastica, quello di Ataru rosso e quello di Shutaro blu, che indossavano sulla testa sembrarono perdere il loro splendore, quello di Ataru ora sembrava più color ruggine e quello di Shutaro color piombo. Ataru lentamente e pacatamente svolse le braccia dalla bella donna - la gentile regina che gli aveva permesso di restarle avvinghiato per l'ultimo paio d'ore senza un lamento - e si ritirò, spingendosi via completamente dalla regina e abbassando i suoi occhi da quelli tristi di lei con un senso di colpevolezza e di vergogna.
Ma la regina continuò, facendo del suo meglio per sorridere, "Ma il mio sposo mi disse - lo disse a tutta la sua gente - di portare lutto solo per un momento. Disse che oggi avrebbe voluto una grande festa, non solo per celebrare la sua lunga, felice vita, ma anche per celebrare la continuazione delle nostre stesse vite così come la nuova vita che avrà lui ora, qualunque essa sia. Lui ci fece promettere tutti che l'avremmo fatto - che saremmo stati felici anche dopo che se ne fosse andato; disse che la sua vita sarebbe stata priva di significato, altrimenti, se la sua gente non sarebbe stata capace di rimanere felice dopo il suo trapasso. E così oggi festeggiamo, come ci aveva chiesto di fare, dopo essere andati a portar lutto solo per un momento al tempio dorato dove ora giace il suo corpo, solo a pochi isolati dalla parata - il tempio che ha fatto costruire per tutti noi, come tutto il resto di questa città - e, dopo quel momento, recitare una lieta preghiera di gratitudine e andare a goderci i festeggiamenti alla parata. Dovrebbero esserci rimaste solo un paio di centinaia di persone ad aspettare al tempio; e presto, appena avranno terminato, si uniranno anche loro a noi e festeggeremo tutti insieme, in suo onore e in onore di noi stessi, proprio come avrebbe voluto che facessimo. Questo fu il suo ultimo desiderio - le sue ultime parole - prima di chiudere gli occhi e di addormentarsi l'ultima volta, per non svegliarsi mai più."
Fu allora che entrambi i ragazzi realizzarono che lo scintillio dei suoi occhi erano in realtà le sue lacrime, luccicanti come diamanti nei suoi solenni e bellissimi occhi, che in qualche modo era riuscita a mantenere felici solo per la pace del defunto Pesce Rosso Parlante con le Ali ed in onore del suo amore per lui. Shutaro semplicemente annuì, deglutendo sonoramente, e Ataru continuò a fissare in basso, guardando il suo cibo con aria mortificata. La regina, con triste allegria negli occhi, sollevò il suo bicchiere di vino e allora disse, "Ma basta parlare di questo, dobbiamo continuare i festeggiamenti." Dopo di che fece un discreto cenno del capo al conduttore della banda che le rispose con un compassionevole sorriso prima di tornare di nuovo a condurre, e presto tutti tornarono a danzare e a ridere nuovamente; anche la parata all'esterno sembrò in qualche modo esplodere di rinnovata vitalità mentre la sua energica musica e gioiosità ritornarono a diffondersi nella sala reale del banchetto, che si illuminò così come il cielo che tornò a essere illuminato dai fuochi d'artificio, sparati da tutt'intorno al castello.
Tuttavia ne Ataru ne Shutaro furono più in grado di godersi i festeggiamenti. Al contrario, stettero a fissare con malinconici occhi i loro piatti di cibo mangiato a metà, una pacata depressione aleggiava tra di loro mentre aggrottarono le sopracciglia, senza dirsi una parola l'un l'altro,  ma con gli stessi pensieri che attraversarono le loro menti mentre cercarono di capire come potessero tutti festeggiare sapendo che il loro re era morto; di certo loro non se la sentirono di essere felici ora che avevano appreso la verità. Ormai si erano distaccati dalla gente felice del regno del Pesce Rosso Parlante con le Ali, essendo le uniche due persone tristi in tutta la città, e mentre i cittadini erano legati tra di loro in inspiegabili e gioiosi festeggiamenti, i due ragazzi erano legati tra di loro dalla colpevolezza e dal dolore - e dal loro nuovo rimpianto.
Per tutto il tempo desiderarono di non aver mai chiesto dove si trovasse il Pesce Rosso Parlante con le Ali, e di non essere mai venuti a sapere chi ci fosse realmente nella bara davanti alla quale si erano inginocchiati offrendo solo una misera, insignificante preghiera di cinque parole tra tutti e due.


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lamù / Vai alla pagina dell'autore: Ferngully