Ultima
connessione
Il sapore amaro del caffè liofilizzato
gli graffiò la gola riarsa. Tre settimane, in cui aveva lasciato il pilota
automatico al Pet Company 3000, in modo da sviare i sospetti.
Quando accendeva la videocamera,
il Pet Comapny inquadrava solo una porta chiusa, qualche detersivo e un’aspirapolvere.
Prigioniero in uno sgabuzzino, Naruto evitava di controllare quanto il più
possibile gli schermi e quel panorama desolato in cui Sasuke Uchiha l’aveva
relegato. Ogni tanto, scorgeva un barlume di luce e riconosceva i piedi del
padrone di casa o di Hinata che prelevavano qualcosa dallo stanzino e lo
richiudevano dentro. In quella perenne cecità e isolamento, i suoni della casa
erano diventati intollerabili.
Urla femminili di dolore, porte
che sbattevano, dialoghi privi di senso e di
volto. Naruto registrava e sperava di non dover sentire più nulla. Lo stato
febbrile in cui imperversava da quando Sasuke lo aveva scoperto – perché era
certo che avesse capito tutto. Cazzo, quello sguardo… quello sguardo di
consapevolezza lo perseguitava durante il suo sonno frammentato – lo aveva
trasformato nell’ombra del brillante Osservatore che era stato. Il suo cubicolo
puzzava di stantio, di pasti precotti non consumati e lasciati a marcire, di Art
Beer rovesciata e del suo stesso sudore. Faticava a dormire e, quando
crollava, l’audio di ciò che succedeva in casa Uchiha lo scuoteva di
soprassalto dal suo stato larvale. E allora pigiava tasti, smuoveva il Pet
Company per farsi liberare, quasi che il prigioniero fosse lui, Naruto, e non
il macchinario di sorveglianza. Poi si rinchiudeva di nuovo in un sonno inquieto,
non ristoratore, tormentato da occhi scuri, urla e deformi volti mutanti che lo
inseguivano. Lui cercava di scappare, le gambe non lo supportavano. Erano
pesanti, inceppate di sabbia e ruggine. E lui non era lui, ma era una volpe meccanica
che veniva presa, svitata, smembrata e l’olio per motori si confondeva col
sangue, e…
Allarme.
Allarme.
La voce di Kurama lo fece
sobbalzare. Il battito cardiaco accelerò sotto la spinta dell’adrenalina e la
scossa fece cadere un po’ di caffè sul pavimento. Imprecò e accese le
videocamere, per capire il motivo dell’agitazione dell’I.A. Ai suoi occhi si
presentò di nuovo l’oscurità dello sgabuzzino. Attivò la modalità infrarossi e
il mondo acquisì dei contorni confusi. Nelle orecchie, rimbombò il suono di passi
frettolosi. Con stupore, vide la porta spalancarsi e la sagoma di Sasuke Uchiha
stagliarsi in controluce. L’improvviso passaggio gli ferì gli occhi arrossati,
ma cercò di far scattare il Pet Company in avanti per riuscirci. Non fu
abbastanza rapido. Le ruote girarono a vuoto mentre Uchiha lo sollevava e se lo
portava ad altezza del volto. Naruto si stupì di quanto tre settimane lo
avessero cambiato: il volto era scarno, scuro di barba non fatta, e gli occhi
neri sembravano precipitare furibondi e incassati nelle arcate occipitali,
gonfi di sonno mancato e di rabbia.
«Vieni con me». Le parole
graffiarono le orecchie di Naruto, mentre con malagrazia Sasuke lo trascinava fuori
dallo sgabuzzino, lungo il salotto immerso nella penombra e infine nella sua
camera, dentro un armadio, per una scala…
Naruto deglutì. Il cuore batteva
a mille mentre scendevano, e scendevano. Sasuke Uchiha stava consapevolmente firmando
la sua condanna – e di conseguenza la sua promozione. Ma perché?
Una luce al neon illuminò la
fine delle scale. Naruto riuscì a ruotare la telecamera abbastanza in fretta da
scorgere una piccola libreria, un frigobar e un fornello per cucinare, prima di
essere attorniato da bende sporche, bisturi e disinfettanti.
«Guarda!» ordinò Sasuke, posando
il Pet Company su un rialzo adeguato «Volevi guardare? Bene, ora guarda! Guarda
cosa cazzo fanno i tuoi amici. Guarda!»
Naruto guardò. La sua visuale
incrociò prima la schiena di Hinata, china su un lettino; risalì lungo la
colonna vertebrale fino a incrociare lo chignon disordinato in cui erano
acconciati i capelli scuri. Le dita sottili stringevano una mano scheletrica
che spuntava fuori da un lenzuolo. Sembrava pulito, forse appena cambiato, ma
il bordo del materasso presentava macchie di sangue e tintura di iodio.
Deglutì e fu tentato dallo
spegnere la telecamera. Riaccendere il pilota automatico, salvare il video e
inviare tutto a chi di dovere. Il suo lavoro era finito. Quella stanza segreta era
abbastanza per consentire un blitz. Scoprire altro materiale compromettente era
compito delle autorità, non suo. Poteva smettere, intascare la sua gratifica e
andare in vacanza fino al prossimo incarico. Pensò alle forme conturbanti dei
C-SX-4000, all’alcol prelibato, al cibo vero – vero! – che si sarebbe potuto
concedere, prima di ricominciare a spiare un altro detrattore governativo, di entrare
di nuovo, giorno e notte, nella vita di qualcun altro… Magari, se lo avessero
pagato abbastanza, avrebbe perfino potuto smettere. Forse si sarebbe potuto
fare una vita propria, trovarsi una bella donna con cui sistemarsi, avere
figli, condurre un’esistenza ordinata e gradevole. Sì, doveva spegnere. Lo
avrebbe fatto.
«Guarda».
Come se avesse intuito il suo
tentennare, la voce di Sasuke lo spronò. Naruto lasciò la mano sospesa sul
pulsante di disattivazione e osservò. Il volto della donna stesa sul lettino
era deturpato dalle ferite. Ciuffi di capelli rosa, identificativi della natura
mutante, spuntavano da sotto le bende che le circondavano il capo. Solo un
occhio smeraldino era visibile da sotto il bendaggio. Guardava il nulla, mentre
il corpo sotto il lenzuolo era scosso da spasmi improvvisi, ma a Naruto sembrò consapevole
della presenza estranea ed ebbe l’orribile sensazione che quell’iride verdastra
fosse puntata verso di lui, contro di lui.
Sakura
Haruno
29
anni
Professione:
pediatra, attualmente disoccupata
Stato
sociale: non pervenuto
Precedenti
penali: partecipazione a iniziative ProMut, portavoce del movimento ProMut.
Arrestata 15 volte e rilasciata su cauzione, pagata da anonimi. Latitante in
seguito alla manifestazione ProMut del 14 ottobre, dove è stata accusata di aggressione
a pubblico ufficiale.
Kurama sciorinò i dati a sua
disposizione. Naruto rabbrividì. Sasuke Uchiha nascondeva una terrorista, un
elemento pericoloso per la quiete pubblica. Eppure quel corpo esamine non
sembrava in grado di nuocere a nessuno. Quasi rispondendo a un ordine non
scritto, Hinata scostò la coperta e si allontanò quanto necessario per lasciare
libera la visuale al Pet Company.
Naruto vomitò. Caffè, rigurgiti
di cibo poco masticato e bile si riversarono sul pavimento, presto coperti
dagli spruzzi disinfettanti di Kurama. L’odore gli dette alla nausea e sentì un
secondo conato raggiungerlo, assieme alle parole di Sasuke.
«I poliziotti hanno sparato
sulla folla e hanno preso la sua compagna. Lei ha reagito per difenderla e
hanno preso anche lei. L’hanno picchiata, torturata, stuprata e quando l’hanno
creduta morta l’hanno gettata in un angolo. La sua compagna non ce l’ha fatta».
I tubi per il drenaggio che
uscivano dal corpo martoriato della donna ondeggiavano a ogni doloroso spasmo.
Naruto desiderò con tutto se stesso spegnere la telecamera, spegnere l’audio,
spegnere tutto e annegare nell’oblio della Art Beer o di una dose di Felix
per endovena. Non ci riuscì e lo scuotersi del corpo di Sakura Haruno sembrò andare
a tempo con le parole di Sasuke. Il gesto gentile di Hinata di ricoprire la
donna per preservarla dal suo sguardo morboso fu più doloroso e accusatorio di
qualsiasi altra cosa.
«Lavorava in oncologia
pediatrica, prima della legge contro il MutWork, prima che pensassero che fosse
contagiosa. Ha salvato più vite di quante tu ne abbia spezzate e ora sta
lottando per la propria» Sasuke afferrò il Pet Company 3000 e lo fissò negli
occhi di vetro «Ora puoi finire il tuo lavoro, o decidere di fare qualcosa di
giusto».
L’animale meccanico fu posato a
terra. L’ultima immagine che la videocamera registrò, fu quella di un martello diretto
sulla testa di volpe.
***
Non aveva mai badato allo sbalzo
tra il mondo esterno e il suo cubicolo, ma quella sera sembrava più pungente e
fresca del solito. Lo attribuì ai mesi di aria viziata trascorsi, ma qualcosa gliela
faceva percepire come più pulita. O forse era solo lui a sentirsi
meglio.
Gli mancava solo una cosa da
fare.
«Kurama, procedura 0492».
La voce metallica risuonò negli
auricolari wireless.
Sicuro?
«Sì».
Attivata
procedura di autodistruzione del sistema. Cancellazione definitiva tra quindici
secondi
Naruto sorrise, malinconico.
È
stato un piacere lavorare con te, Naruto Uzumaki
«Anche per me, Kurama».
Mentre dietro di lui la stanza
in cui aveva vissuto esplodeva cancellando dati, informazioni e video duramente
raccolti, si rigirò tra le mani l’indirizzo di Sasuke Uchiha.
Niente androidi del sesso,
niente vita di lusso, niente. Tutto era stato spazzato via. Il suo passato, il
suo presente…
Aveva solo un foglietto con un nome
segnato. Forse, avrebbe potuto fare qualcosa. Qualcosa di buono.
L’ex Osservatore Naruto Uzumaki,
numero di registrazione governativa 0410199, si rincalcò nella giacca e si
diresse verso il futuro.
N/A: Non
pensavo di riuscire ad aggiornare, né di arrivare, finalmente, alla fine della
storia. Ma ce l’ho fatta. Spero che sia piaciuta alla destinataria (un anno ci
ho messo a finirla), nonostante il finale aperto. Molto aperto. Tanto aperto.
E nulla, finisce così. Addio e
grazie per il pesce.