Phinor
Wake
me up at
Midnight
Phil
sospirò pesantemente mentre sistemava un tronco
all’interno del camino. Era stremato, sentiva gli arti
talmente intorpiditi che
temeva di mollare la presa su ogni oggetto che gli capitava di
afferrare.
L’aereo
che aveva riportato a casa i Nothing But Thieves
dopo un lungo e frenetico tour era atterrato a Londra soltanto da
qualche ora e
lui si sentiva ancora spaesato, dopo le decine di viaggi e fusi orari
che si
erano susseguiti negli ultimi mesi. Non avrebbe nemmeno saputo dire in
quale
periodo dell’anno si trovassero, non fosse per le decorazioni
natalizie che
avevano inondato le vie della città.
“Ehi…
ti serve una mano d’aiuto?” La voce flebile e
strascicata di Conor spezzò il silenzio.
Phil si
voltò a osservarlo: il cantante si era accomodato
sul divano e, avvolto in una coperta blu notte che Phil gli aveva dato
poco
prima, lo osservava con un lieve sorriso e le palpebre pesanti.
Nell’appartamento
del bassista l’aria era gelida e umida:
il riscaldamento era rimasto spento per tutto l’autunno e le
rigide temperature
inglesi avevano impregnato ogni angolo. E, se Phil non soffriva
particolarmente
il freddo, Conor era stato scosso dai brividi non appena ci aveva messo
piede.
“No,
sto per finire. Questo bastardo sembra dare segni di
vita, finalmente” commentò il moro, voltandosi
verso il camino e constatando
che una fiamma aveva cominciato a guizzare attorno a uno dei tronchi e
si innalzava
sempre più.
Si rimise in
piedi a fatica, per poi ricadere stancamente
nel posto vuoto accanto a Conor. Quest’ultimo, il volto
pallido e
un’espressione stralunata, si strofinava gli occhi e nel
mentre tentava di
trattenere uno sbadiglio.
Phil si
ritrovò a osservarlo: un bozzolo blu notte da cui
sbucava solo un visetto arrotondato, coi capelli biondi arruffati e gli
occhi
cerchiati per via della stanchezza. Da quando erano entrati nella
dimora del
bassista, era stato chiaro a entrambi che non avrebbe potuto affrontare
un
altro viaggio per giungere a casa sua e che avrebbe passato la notte
lì. Un
tacito accordo, come spesso accadeva tra loro.
“Sono
soltanto le dieci e mezza” constatò Conor,
lanciando uno sguardo all’orologio da parete. “Dai,
non ci possiamo davvero
addormentare così presto!”
“E
perché no?” replicò Phil, abbandonando
il capo contro
la spalliera del divano.
“Perché
tra un’ora e mezza scatterà la mezzanotte,
sarà
Natale… e io voglio darti il mio regalo.” Conor si
voltò a guardarlo, un sorriso
debole ma sincero sulle labbra, e nelle sue iridi scure scintillava un
pizzico
di affaticato entusiasmo.
Phil
inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Regalo?”
“Certo,
io ci ho pensato anche se eravamo in tour! Quando
eravamo in Germania ti ho preso una cosetta che ti piacerà
un sacco!” spiegò il
biondo, strascicando di tanto in tanto qualche parola.
“Ma
tu sei fuori di testa…” Phil sorrise, spiazzato e
intenerito allo stesso tempo.
“Non
vedo l’ora di dartelo!” Conor socchiuse le palpebre
e si fece più vicino al moro, posando la testa sulla sua
spalla. “Quindi
rimaniamo svegli fino a mezzanotte.”
“Ma
se sei tanto impaziente, perché non me lo consegni
adesso?” propose Phil. Era parecchio curioso, doveva
ammetterlo.
“Non
si possono scartare i regali di Natale prima della
mezzanotte, si perde tutta la magia” obiettò il
cantante, sbadigliando e
perdendo lo sguardo tra le fiamme che danzavano davanti a
sé. “E poi questo
cos’era, un tentativo di anticipare i tempi? Ti ho
incuriosito, eh?”
Phil
ridacchiò. “Beh, ci ho provato.”
“Quindi…
mi prometti che mi terrai sveglio fino a
mezzanotte? E se mi addormento, mi svegli a
quell’ora?” mormorò Conor,
stringendosi ancora di più nella coperta. Nonostante il
camino fosse acceso,
lui sentiva ancora freddo.
“Non
so nemmeno se ci arriverò con gli occhi aperti, a
mezzanotte” ribatté Phil con una risatina.
“Ma
che cazzo! Dai, allora facciamo qualcosa di
divertente, che ci tenga attivi ancora un po’.”
Phil gli
lanciò un’occhiata, per quanto la posizione in
cui si trovavano glielo permettesse, e si domandò se potesse
davvero esistere
una persona tanto speciale.
Tra i cinque
componenti della band, Conor era senza
dubbio colui che aveva risentito maggiormente del lungo tour: quando
stavano
lontano da casa per così tanto tempo, diventava ansioso e
cominciava a soffrire
d’insonnia. Per lui era davvero pesante non riuscire a
riposare bene,
accumulava tanta stanchezza che finiva per abbatterglisi addosso una
volta a
casa – come in quell’occasione.
E nonostante
ciò Conor non aveva perso l’entusiasmo,
voleva provare a vivere e fargli vivere una bella vigilia di Natale, e
avrebbe
posticipato ancora il suo sonno pur di consegnargli il regalo.
D’istinto
gli circondò le spalle con un braccio e lo
attirò ancora più a sé.
“Avremmo
potuto accendere il televisore e cercare qualche
film di Natale idiota, giusto per fare un po’ di
atmosfera” osservò il
cantante, accoccolandosi meglio contro l’altro.
“E
chi ne ha voglia adesso di alzarsi per prendere il
telecomando?” borbottò Phil.
“Io
no di certo.”
“Nemmeno
io.”
“Peccato.
Probabilmente ci stiamo perdendo la
seicentocinquantaseiesima replica di Mamma, ho perso
l’aereo” ironizzò
Conor.
“Ah,
tu lo saprai sicuramente a memoria, visto che ci hai
recitato” lo sbeffeggiò Phil, facendo accenno a un
aneddoto per cui ormai tutti
i suoi compagni di band lo prendevano in giro.
Quando,
durante i primi anni della loro amicizia, Conor
aveva invitato i ragazzi a casa sua per un compleanno, era saltato
fuori un
album di foto che ritraevano il cantante in diversi momenti della sua
infanzia.
Dopo averne sfogliato qualche pagina, Dom era scoppiato a ridere e
aveva
commentato che il Conor bambino fosse identico al
protagonista di Mamma,
ho perso l’aereo, trovando l’appoggio
degli altri tre.
“Che
stronzo” si finse offeso Conor, ma aveva il sorriso
nella voce.
“Se
devo essere sincero, quest’anno ho lo spirito
natalizio di una sdraio” commentò Phil. Forse
dipendeva dal fatto che non si
era potuto godere l’atmosfera pre-festiva, o forse era
perché non aveva potuto
appendere nemmeno un addobbo per casa e ora il suo appartamento
sembrava così
spoglio.
“E
vogliamo parlare del pranzo di famiglia che ci attende
domani?” gli ricordò Conor.
“Ti
prego, non rigirare il coltello nella piaga…”
Il biondo
ridacchiò e si sistemò meglio la coperta sulle
gambe.
Phil gli
lanciò un’occhiata apprensiva: le guance del
cantante, complice il calore del camino acceso, avevano ripreso un
colorito più
roseo, ma continuava a tenere il piumone ben avvolto attorno al corpo.
“Hai
ancora freddo?” gli chiese in tono gentile.
“Solo
un po’” ribatté lui, sorridendogli
complice.
Phil lo
attirò ancora più vicino a sé. Se non
fossero
bastate due fiamme e una coperta, ci avrebbe pensato lui a scacciare
via il
freddo.
Conor
sorrise e socchiuse gli occhi, abbandonandosi a
quell’abbraccio così familiare che non avrebbe mai
smesso di inebriarlo.
Era come se
tutta la fatica del passato e le
preoccupazioni del futuro scomparissero lì, tra le braccia
di Phil.
Le fiamme
guizzavano e strepitavano al centro del camino,
proiettando suggestivi giochi di luce sui volti dei due ragazzi. Il
crepitio e
lo scoppiettio della brace erano gli unici suoni percepibili
all’interno della
stanza, insieme ai loro respiri e il pesante ticchettio di un orologio
da
parete.
La
mezzanotte doveva essere scoccata già da un po’
–
forse addirittura da un paio d’ore – ma Phil,
nonostante la stanchezza gli
fosse penetrata fin nelle ossa, non aveva ancora accennato a serrare le
palpebre e lasciarsi andare al sonno, rapito da uno spettacolo troppo
bello per
essere ignorato.
Conor,
cullato dal calore del focolare, dormiva
profondamente col capo abbandonato sul petto dell’altro
ragazzo; il suo viso
dai lineamenti delicati, baciato dalla penombra, assumeva una nota
ancora più
dolce, complice anche qualche ciocca bionda che gli ricadeva sulla
fronte. Tra
le dita della mano destra stringeva il bordo di una manica della felpa
di Phil,
con cui aveva giocherellato distrattamente fino al momento in cui si
era
assopito.
Avevano
chiacchierato per un po’, avevano rammentato
momenti divertenti e magici del tour appena trascorso, ma alla fine
Conor aveva
ceduto alla stanchezza. E, anche se gli aveva promesso che
l’avrebbe svegliato
all’inizio del nuovo giorno, Phil non ne aveva avuto il
coraggio: per la prima
volta dopo mesi, il biondo stava riposando per davvero e sembrava
finalmente
sereno.
Il moro,
attento a non fare movimenti troppo bruschi che
potessero svegliarlo, allungò il braccio libero per
sistemare un lembo del
piumone; voleva assicurarsi che Conor non sentisse freddo.
Quella era
in assoluto la vigilia di Natale più bizzarra
che gli fosse mai capitato di vivere: non stava festeggiando con gli
amici o la
famiglia, nell’angolo vicino alla finestra non torreggiava il
solito albero
colmo di lucine e palline rosse, e aveva ancora i bagagli da disfare
accalcati
nell’ingresso.
Eppure
c’era qualcosa in quel momento – forse nel fuoco
che si rifletteva nelle sue iridi, forse nel calore del corpo di Conor
contro
il suo – che gli donava un senso di completezza; non riusciva
a pensare a un
modo migliore di quello per trascorrere la notte di Natale: sul divano
e con
Conor accoccolato al petto.
Lo
osservò e si sorprese ancora una volta di quanto la
semplicità di quel ragazzo potesse essere stupenda e
disarmante. Quando posava
gli occhi sul suo viso gli veniva voglia di accarezzarlo, di
prendersene cura.
Gli veniva
una voglia immensa di amare Conor, di dargli
tutto ciò che possedeva e non possedeva, di mettersi in
gioco solo per lui, di
proteggerlo e riempirlo di dolci attenzioni.
Voleva
ricambiarlo, almeno in parte, di tutto il bene che
quel tenero e vivace biondino aveva portato nella sua vita.
Con un
piccolo sorriso di cui nemmeno lui era
consapevole, Phil prese a carezzargli piano la fronte per poi far
scorrere i
polpastrelli sulla sua guancia; seguì con delicatezza il
contorno delle sue
palpebre chiuse e delle ciglia morbide, tracciò la mandibola
e infine tuffò le
dita tra i suoi capelli chiari, giocandoci piano. Non si sarebbe mai
stancato
di sfiorare Conor con la pelle e con lo sguardo, di bearsi della sua
genuinità.
Non sarebbe
mai riuscito a dirglielo a parole, ma avrebbe
voluto ringraziarlo per essere rimasto quella notte. Perché,
dopo averlo avuto
accanto per mesi durante il tour, l’idea di separarsene lo
rattristava.
Conor si
mosse appena sotto il tocco di Phil e un piccolo
mugolio gli sfuggì dalle labbra.
Il moro
allora ritrasse le dita; non avrebbe voluto
svegliarlo, per una volta in cui sembrava riposare serenamente.
Tuttavia il
cantante, dopo qualche secondo di confusione,
schiuse le palpebre e si rigirò il tanto che gli bastava per
guardare il volto
di Phil, senza tuttavia spostare il capo dal suo petto. “Ehi,
ma… dove…?”
Phil gli
sorrise e gli lasciò un’altra carezza tra i
capelli, tuffando gli occhi in quelli appannati dal sonno di Conor.
“Shh,
tranquillo” lo rassicurò.
“Ma…
che ore sono?”
Il moro ci
rifletté un po’ su; da quell’angolazione
non
riusciva a vedere l’orologio appeso alla parete.
“Più o meno le due e mezza del
mattino… credo.”
Il biondo
sgranò gli occhi. “Ma… io mi sono
addormentato
e non ho fatto in tempo a… ti avevo detto di tenermi sveglio
fino a mezzanotte,
volevo darti il mio regalo” farfugliò deluso e
fece per mettersi seduto, ma
Phil lo trattenne stringendolo un po’ più a
sé e ridacchiando appena.
“Ma…
me l’avevi promesso, l’accordo era che a mezzanotte
ti avrei dato il mio pacchetto” tentò di
protestare Conor.
“Davvero
ti stai preoccupando per questo?”
Conor mise
su un broncio deluso e Phil non poté fare a
meno di sorridere: era così tenero, col viso arrotondato, le
guance rosse per
via del tepore del focolare e lo sguardo stanco e frastornato.
“Ma
scusa, non sei curioso?” gli domandò il biondo,
sbattendo le ciglia un paio di volte.
Phil gli
accarezzò piano la fronte, scacciando via alcune
ciocche chiare che vi si erano depositate, e lo prese meglio tra le
braccia in
modo che potesse stare comodo contro il suo petto. “Adesso
non ci pensare.
Dormi tranquillo.”
Conor allora
si spalmò contro di lui, come un gattino in
cerca di coccole, e affondò il viso nella sua felpa. Non si
sarebbe mai
stancato di crogiolarsi tra le braccia di quello splendido ragazzo che
non smetteva
mai di coccolarlo e proteggerlo.
Quando le
dita di Phil si intrecciarono nuovamente ai
suoi capelli e presero ad accarezzarli lentamente – proprio
come piaceva a lui
– Conor socchiuse gli occhi. “Phil”
mormorò a un millimetro dal suo petto.
Il suo fiato
caldo attraversò la felpa che il bassista
indossava e gli solleticò la pelle, facendolo rabbrividire.
“Che c’è?”
“Buon
Natale.”
Phil si
aprì in un enorme sorriso e gli lasciò una
carezza sulla guancia. “Buon Natale, Conor.”
E sentii
che, anche senza festeggiamenti, decorazioni
sparse per casa e pacchetti da scartare, quella era veramente la
miglior notte
di Natale che avesse mai vissuto.
♥
♥ ♥
Prompt
per la challenge “Just stop for a minute and
smile”:
39.
"Me l'avevi promesso!"
Mmh,
vediamo… come giustificare questa cosa che avete
appena letto?
Io
MI SCUSO con tutti voi, lo so che è un aborto a
pedali, ma è il meglio che sono riuscita a tirare fuori dal
blocco dello
scrittore che mi ha preso ultimamente XD oltretutto non avete idea di
quante
volte io ho cancellato, riscritto, riformulato e copia-incollato questa
roba,
ci ho messo GIORNI a scrivere poco più di duemila
parole… dove non succede
niente e lo spirito di Natale è pari a quello di una sdraio,
come ha detto Phil
AHAHAHAHAHAHAH!
E
comunque… Sabriel, questa è tutta colpa tua,
SAPPILO!
Non puoi cominciare a shippare la Phinor come se non ci fosse un domani
e
aspettarti che io rimanga indifferente, INSOMMA! Quindi questa la
dedico tutta
a te (anche se non è esattamente la storia migliore da
ricevere come dedica)… e
poi, vabbè, la ship è molto
“fumosa” in realtà, non so nemmeno se
considerarla
una vera e propria coppia XD
Ma
smetto di svarionare e passo a dare qualche
precisazione tecnica ^^
Credo
che la storia sia abbastanza comprensibile anche se
non fa parte di un AU, anche perché la maggior parte delle
cose che ho scritto
qui è comunque inventata. L’unico accenno alla
realtà riguarda il fatto che
Conor soffra duraante i tour: credo che negli anni la cosa si sia
attenuata
parecchio, ma soprattutto nei primi anni risentiva davvero tanto della
lontananza da casa e del carico di responsabilità, era
ansioso e prendeva delle
pastiglie per dormire e combattere l’insonnia. Per fortuna
è riuscito a uscirne
anche e soprattutto grazie all’aiuto dei suoi compagni di
band!
E
soprattutto di Phil eheheheheheh visto che sono sempre
appiccicati questi due… POI COME FACCIO A NON SHIPPARLI???
COME????
*___________*
Per
quanto riguarda l’accenno a Mamma, ho perso
l’aereo… questo è Conor da
piccolo:
…e
questo è il protagonista di Mamma, ho perso
l’aereo:
NON
GLI ASSOMIGLIA??? XD
Non
smetterò mai di ringraziare mia madre per avermi
fatto notare questo interessante dettaglio AHAHAHAHAH saggia donna mia
madre :P
E…
niente, sproloquio finito ahahah! Spero che questa
bazzecola vi sia piaciuta (più di quanto non piaccia a me),
e aspettatevi
presto un mio ritorno in questo fandom, ho un saaaacco di cosucce che
bollono
in pentola ;)
Alla
prossima!!! ♥
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