Epilogo
La Tana,
Ottery St. Catchpole, 25 dicembre 2015
“Buon
Natale!”
Nonna
Molly e nonno Arthur accoglievano figli, generi, nuore e nipoti uno dopo
l’altro. La nonna, in particolare, riservava a ciascuno di loro un abbraccio
stritolante che sapeva di calore e Natale.
James
era entrato insieme ad Albus e Lily e si era lasciato abbracciare dalla nonna,
felicissimo di rivederla.
“Nonna,
così mi fai male!” protestò Albus mentre cercava di divincolarsi. James
sorrise. Dopo i fatti di ottobre, che avevano procurato una lunghissima
punizione a Teddy, James aveva iniziato a contare i giorni per il Natale.
Hogwarts gli piaceva tantissimo e in quel momento persino Andrew gli mancava,
ma aveva sentito il bisogno di avere accanto a sé i suoi fratelli e i suoi
genitori.
Non
riusciva nemmeno a immaginare quanto si dovesse sentire triste Teddy ogni
Natale, pensando ai suoi genitori che non c’erano più. Alzò lo sguardo verso
suo padre e lo vide prendere sulle spalle Lily. Era il Prescelto, colui che
avrebbe dovuto morire per mano di quel pazzo di Tu-Sai-Chi, no, Voldemort, suo
padre ci teneva ancora moltissimo che lo si chiamasse per nome, anche se zio
Ron e i nonni trasalivano un po’ nel sentire quel nome.
“Buon
Natale, James,” gli sussurrò Teddy stringendolo a sé. “Togli quello sguardo
triste, è Natale.”
“Stavo
pensando…” provò a dire.
“Lo so a
cosa stavi pensando, ma non ha senso, me l’ha detto la mamma, ricordi? Dobbiamo
guardare avanti e vivere in pieno il mondo che ci hanno lasciato.” Teddy gli
sorrideva e sembrava che quei mesi di punizione gli fossero serviti ad
accettare la sua condizione. James si strinse a lui e gli disse: “Ti voglio
bene, Teddy.”
“Anch’io,
James!”
“Ehi,
voi due! Devo per caso ingelosirmi?” La voce di Victoire li richiamò al
presente. Teddy si sporse verso di lei per darle un bacio e James notò il modo
in cui Teddy avesse controllato che Bill non guardasse. Zio Charlie, invece,
aveva fatto un occhiolino complice mentre beveva una tazza di zabaione corretto
con il liquore di zio Ron.
Intorno
al camino, zia Hermione e zio Percy avevano trascinato il papà e il nonno in
una conversazione su qualcosa riguardante il Ministero della Magia. Da quando
zia Hermione era diventata il capo dell’Ufficio Applicazione Legge Magica non
si faceva che parlare di cosa avrebbe dovuto fare il Ministero per modernizzare
il mondo magico.
“Hermione,
non puoi buttare all’aria secoli di tradizioni magiche,” gli obiettava zio
Percy. Secondo papà, lo zio non era contrario alle idee di Hermione, era solo
spaventato dalla mole di leggi e procedure che avrebbe dovuto riorganizzare.
Sembrava che ogni volta che si toccasse una regola, ne saltassero sempre di più
antiche e peggiori, pronte a tornare in vigore.
“Certo
che posso, anzi, devo, se sono il preludio della barbarie! A quest’ora avremmo
gli elfi domestici ancora in schiavitù! Dobby sarebbe contento di vedere i suoi
simili così liberi. Prima o poi, riuscirò a dar loro la libertà che meritano!”
“James!”
la voce di Louis lo distrasse da quella noiosa discussione. Si ritrovarono dopo
ben tre giorni in cui non si erano visti e sentiti. Era strano dopo tre mesi in
cui avevano condiviso il dormitorio di Grifondoro e, durante il mese di
ottobre, persino il letto quando James aveva accettato di farlo dormire con lui
dopo l’incontro con il fantasma di Greyback.
“Andiamo
a giocare a Sparaschiocco con Albus e Lily! Ci sono anche Rose e Hugo di là.
Sembra che Fred voglia convincere Hugo a liberare la Trombetta Starnazzante che
ha modificato appositamente per Natale,” esclamò James facendo l’occhiolino al
cugino.
“Cosa
dovrebbe fare?”
“Secondo
i piani di Fred dovrebbe inseguire zia Fleur cantando la canzone preferita di
nonna Molly, quella Celestina Warbeck, su un calderone pieno di amore, una cosa
del genere.”
Louis si
tappò la bocca per nascondere le risate
“Spero
proprio che lo faccia! La mamma odia le canzoni di Celestina. Ogni anno, prima
di venire dai nonni, dice a papà che spera che la nonna si dimentichi di
quell’orrore e quando torniamo a casa si lamenta dicendo che ogni anno
quell’esibizione peggiora!”
James si
tappò la bocca per evitare di scoppiare a ridere. In quel momento, il pensiero
di zia Fleur inseguita da una Trombetta che cantava le canzoni di Celestina era
diventata la prospettiva più allettante di quel Natale con i cugini.
Sgaiattolarono al piano di sopra, stando attenti a non salire sulle assi
scricchiolanti e raggiunsero i cugini.
Fred
guardava Hugo porgendogli la Trombetta: “Lo devi fare tu che sei il più
piccolo. Solo tu puoi arrivare vicino zia Fleur senza destare sospetti.”
“No, la
mamma se ne accorgerebbe subito e non voglio finire in punizione!” esclamò
Hugo. James si disse che probabilmente suo cugino avesse ragione. A zia
Hermione non sfuggiva assolutamente nulla. Persino quando era impegnata ad
aiutare nonna Molly in cucina riusciva a controllare che Rose non si
allontanasse o Hugo salisse sulle sedie in modo non appropriato.
“Dove
deve essere messa?” domandò Louis.
“Il più
possibile vicino a zia Fleur. Vicino l’albero di Natale sarebbe perfetto,”
disse Fred.
Louis
lanciò a James quello che Harry avrebbe definito lo sguardo Malandrino. “Vieni
in missione con me?” Non se lo fece ripetere due volte. Louis gli disse:
“Coprimi. Cammina avanti a me e parliamo dell’albero di Natale.”
Arrivarono
in soggiorno. Louis nascondeva la Trombetta Starnazzante di Fred sotto il
maglione. James era davanti per impedire che gli adulti vedessero il
rigonfiamento. Dovevano parlare dell’albero di Natale. “Vieni, Louis, ti faccio
vedere le palline che ho decorato per la nonna quando ero piccolo,” disse
fingendo indifferenza. Arrivarono all’albero e iniziarono a cercare le palline.
James sapeva perfettamente dove fosse la prima pallina, ma se l’avesse notata
subito non avrebbero avuto l’occasione di piegarsi e guardare sui rami più
bassi dell’albero.
“Non la
trovo…” mormorò tra sé e sé per dare maggiore credibilità alla sua recita.
“È
inutile che vi avvicinate in quel modo ai regali, signorini!” esclamò zia
Hermione, “Li troverete domattina come tutti i vostri cugini sotto l’albero.”
Pensavano
di essere stati scoperti. James e Louis videro Fred dalla cima delle scale far
segno che la posizione era perfetta. Così Louis si abbassò e lasciò la
Trombetta vicino i regali, nascosta dietro un grosso pacco per Lily.
“Ci hai
scoperti, zia!” ammisero fingendo di essere stati colti in flagranza. Si
allontanarono rapidamente dall’albero.
“Raggiungete
i vostri cugini!” disse zia Hermione.
“Sì,
zia!” esclamarono in coro con il tono da bambini innocenti. La mamma li osservava
con gli occhi socchiusi e l’aria sospettosa. James si disse che erano appena
finiti nei guai. In realtà, Fred fu bravissimo ad attendere che loro due si
allontanassero e che gli adulti riprendessero a parlare con le solite
chiacchiere del Ministero della Magia.
“Fate
finta di giocare,” disse sottovoce Fred ai cuginetti.
Albus si
lamentò: “Lily però non puoi vincere sempre tu a Sparaschiocco! Fammi giocare
con Hugo!”
“No,
Albus, Lily è più brava di te,” disse Rose.
Fred
fece loro l’occhiolino e poi agitò la bacchetta e la Trombetta Starnazzante
entrò in funzione.
“Santo
scielo!” esclamò zia Fleur, “Cos’è questo strassio? Mais c’est torment n’est
pas plus tard?” domandava a zio Bill mentre la Trombetta la seguiva. Dalle
scale, una serie di teste più o meno rosse osservava la scena ridacchiando.
La mamma
e zio George si scambiarono un’occhiata complice e scoppiarono a ridere, mentre
Fleur si spostava da una stanza all’altra inseguita da quella Trombetta che suonava
a tutto volume la canzone di Celestina Warbeck.”
“Vieni,
mescola il mio calderone e, se con passione ti riuscirà, il mio forte amor
bollente questa notte ti scalderà.”
La nonna
si era ravvivata nell’ascoltare quella canzone. Guardò il nonno e lo abbracciò
mentre cantava quella canzone.
“Santo
scielo!” esclamava zia Fleur, “C’est un incubo!”
I cugini
ridevano. Teddy li osservò e poi disse: “Lo scherzo è bello quando dura poco!
Accio Trombetta!”
“No!”
gridò zio George.
Teddy
venne colpito da una decina di Trombette Starnazzanti che erano nascoste nei
più disparati angoli della Tana. James osservò il modo in cui Teddy evocò un
incantesimo Scudo per ripararsi da quella pioggia di Trombette che avevano
iniziato a fare un baccano incredibile.
Roxanne,
Fred e Louis avevano le lacrime agli occhi e osservavano la scena dalle scale,
mentre la nonna, papà, mamma e gli altri adulti cercavano di aiutare il povero
Teddy.
“Arresto
Trombette!” esclamò zio George e la pace tornò nel salotto della Tana. “Chi di
voi due ha avuto l’idea di questo scherzo?” domandò zia Angelina guardando
Roxanne e Fred con un’espressione che faceva paura. “Ora chiedete scusa a zia
Fleur e a Teddy. Immediatamente!”
James e
Louis si accodarono a Roxanne e Fred suscitando gli sguardi carichi di
indignazione e sorpresa di tutti i presenti: “Ci dispiace zia Fleur! Scusa
Teddy…” mormorano in coro.
Zio
George si avvicinò a Fred e gli disse: “Sei stato tu a modificare la Trombetta,
vero? È geniale, ma non dirlo alla mamma. Ci lavoreremo su e poi potremo
metterla in commercio, è uno scherzo interessante! Segue la sua vittima, vero?”
Fred
annuì e sentirono zio George dire: “Adesso raggiungo la mamma prima che metta
in punizione anche me.”
James
stava ridacchiando quando incrociò lo sguardo severo di sua madre. “Io non
riderei se fossi in te… Sei in punizione!”
“Ma
mamma!” protestò, “papà!” provò a mediare. Suo padre lo guardò e gli disse:
“Hai idea del macello che hai fatto? La mamma ha ragione, andrai a dormire subito
dopo cena per tutto il resto delle vacanze.”
James
alzò gli occhi al cielo sospirando sconfitto. Si disse, però, che ne era valsa
la pena e che lui e Louis avrebbero raccontato tutto ad Andrew non appena si
sarebbero rivisti a Hogwarts.
***
“Ehi,
come stai?”
Victoire
lo raggiunse dopo che era uscito in giardino. Aveva bisogno di prendere aria e
sentire un po’ di silenzio intorno a sé, specie dopo essere stato attaccato da
un esercito di Trombette Starnazzanti. Teddy si spostò e fece spazio a Victoire
che gli passò una tazza di tè caldo mentre sedeva al suo fianco.
“Sono
sopravvissuto al mio primo agguato. Credo di avere la stoffa per diventare
Auror. Zio Harry si è complimentato per i riflessi,” le disse allungando il
braccio su di lei. Si scambiarono un sorriso e sentì la testa di Victoire
appoggiarsi contro la sua spalla.
“Se ti
confesso una cosa prometti che non ti arrabbierai e che non mi prenderai in
giro?” domandò Victoire guardandolo con i suoi bellissimi occhi azzurri. Teddy alzò
una mano, mentre l’altra che reggeva la tazza di tè finì vicino il cuore, disse
con tono solenne: “Giuro solennemente…”
“No, non
vale quel giuramento!” esclamò Victoire scoppiando a ridere. Teddy si chinò su
di lei e le posò un bacio: “Puoi dirmi tutto quello che vuoi, non mi arrabbio.”
“Dopo
quello che è successo a scuola ho pensato che potrebbe interessarmi diventare
un Auror.”
“Sul
serio?” esclamò Teddy alzando le sopracciglia. “Dovevo iniziare a praticare le
Arti Oscure per convincerti?” le domandò sarcastico.
Victoire
lo colpì scherzosamente sulla spalla: “Ti avevo chiesto di non prendermi in
giro!”
“E io ti
ho promesso solo che non mi sarei arrabbiato,” le disse ridacchiando, “dovresti
prestare attenzione ai giuramenti!” Sentì Victoire sbuffare. “Sono felice che
tu abbia cambiato idea. Sarà bello fare l’accademia insieme,” le disse
posandole un altro bacio. Teddy non poteva ricevere notizia più bella. Era
uscito da quell’esperienza assurda grazie a Victoire e al modo in cui aveva
saputo controllare la bestia in lui, riportarlo con i piedi per terra e farlo
andare avanti.
“Ho
capito quanto sia un lavoro importante. Quello che è successo a scuola,
l’orrore che è emerso… Insomma, non possiamo permettere che qualcuno ritrascini
il mondo magico lì. Mi ha insegnato ad andare oltre i miei pregiudizi e mi ha
fatto capire quanto sia facile sbagliare…”
“Non
dirlo a me,” borbottò Teddy, “Adesso sono pure in debito con Lestrange…” Il
solo pensiero di non essere stato espulso o avere la carriera scolastica segnata
grazie al “buon cuore” di Roland Lestrange lo innervosiva parecchio. Tuttavia,
era stato lui a sbagliare, ne era consapevole, ed era un bene che quella
lezione gli fosse giunta mentre era uno studente di Hogwarts e non un Auror del
Ministero della Magia.
“Non sei
in debito. Era normale pensare a loro che non hanno mai fatto mistero di
studiare le Arti Oscure.” Victoire lo difendeva e lo sosteneva sempre, era
incredibile la forza e la grinta che era in grado di tirare fuori per difendere
i suoi cari. Teddy sospirò: “Sì, ma non erano loro a praticarle. Era quella
stupida pietra che io pensavo servisse solo per farmi vedere i miei genitori.”
“Questo
dimostra solo quanto siano insidiose le Arti Oscure. Pensa come sarà
importante, da Auror, capire chi è veramente un mago oscuro e chi invece è
vittima. Secondo me tu sei stato vittima di un oggetto troppo potente e troppo
misterioso.”
“Sono
stato superficiale e avventato. Per tutto il mese di ottobre in cui ho avuto
quella pietra tra le mani e non ho mai pensato che potesse essere un oggetto
oscuro. L’unica a capire come mi senta è zia Ginny.”
“Per lo
meno quella pietra non ha tentato di ucciderti,” mormorò Victoire stringendosi
a lui e prendendogli una mano. “Voglio starti vicina e combattere al tuo
fianco, Teddy.”
Teddy
inspirò profondamente il profumo dei capelli di Victoire e annuì. “Sono felice
di saperti al mio fianco, nonostante tutto.”
Le ombre
del passato sembravano diradarsi e se i Lestrange dicevano di aver voltato
pagina, Teddy sapeva che qualcun altro sarebbe caduto vittima del fascino delle
Arti Oscure. Era incredibile il potere che promettevano e ciò che rendevano
possibile. Il tempo avrebbe reso la memoria della guerra meno vivida e altri
maghi ne avrebbero sentito il fascino e sarebbero stati tentati da quelle
promesse.
***
“Il
Natale dai tuoi nonni è sempre così caotico?”
Molly
alzò lo sguardo verso Henry e sorrise annuendo. “Non è sempre così caotico, ma
se sopravvivi a un Natale del genere, sei sulla buona strada per entrare in
famiglia.”
“Ah non
so, credo che tuo padre mi odi.” Henry la guardava con i suoi occhi chiari e le
sorrideva. La luce delle candele illuminava i riflessi biondi dei suoi capelli
e la barba che aveva iniziato a far crescere. Le pose un braccio intorno alle
spalle e l’attirò a sé. “Mi sei mancata, lo sai?”
“Anche
tu,” gli confessò. “Mancano altri due trimestri e poi ci vedremo tutti i
giorni.”
“Mi
sembra un’eternità,” le soffiò sulle labbra mentre Molly si voltava e
rispondeva al bacio. Sentì le braccia di Henry stringerla e i loro corpi avvicinarsi
sempre di più.
“Molly
siamo di là per il dolce!”
La voce
di sua sorella Lucy, oltre la porta, li costrinse a scendere con i piedi per
terra. Si ricomposero, anche se era difficile, ed Henry la guardava in quel
modo che le faceva fare le capriole nello stomaco e venire gli occhi lucidi e il
sorriso da idiota, come Lucy aveva cura di sottolineare ogni volta.
Scesero
in sala e videro Vic e Teddy con la loro stessa espressione, come se avessero
preferito continuare a stare insieme.
“Vorrei
fare un brindisi,” disse Teddy prendendo un calice di vino elfico.
Molly
notò il modo in cui sorrise alla nonna Andromeda e a quella che si era abituato
a chiamare nonna Molly, come se Remus, il papà di Teddy, fosse uno dei tanti
figli adottivi di Molly e Arthur, al pari di zio Harry e zia Hermione.
“Ai
legami che ci aiutano ad affrontare il presente e ci preparano per il futuro.
Alla memoria che ci insegna a onorare il passato, senza restarne ancorati, e
all’amore, di tutti i tipi, che ci aiuta a sopravvivere alle difficoltà e a
perdonare gli errori.”
Zio
Harry annuì orgoglioso, così fece anche suo papà. Molly notò il modo in cui sua
mamma aveva accarezzato la schiena del papà quando Teddy aveva menzionato
l’amore che insegna a perdonare gli errori.
Aveva
capito che zio Fred e nonna Molly avevano perdonato suo papà, che lei non aveva
colpe, e persino zio George, che si commoveva sempre quando si parlava della
memoria, aveva perdonato suo papà, dopo che Roxanne gli aveva raccontato nel
dettaglio il loro incontro con il fantasma di zio Fred. Avevano pianto,
entrambi i fratelli, e si erano abbracciati nel ricordare i giorni tristi dopo
la battaglia di Hogwarts, ma poi guardando la foto di zio Fred si erano detti
che lui avrebbe voluto vederli sorridere e andare d’accordo. Così, i loro
rapporti si erano distesi ed era il primo Natale in cui lo spirito natalizio permeava
la Tana come pochi anni prima di allora era accaduto. Persino lo scherzo di
Fred non aveva incupito più di tanto i loro genitori. Era come se una cappa
oscura si fosse finalmente sollevata dalla loro numerosa e caotica famiglia.
***
Castello
Lestrange, Cornovaglia, 25 dicembre, 2015
“Sei
emozionato?”
Roland
entrò nella stanza di Orion che stava finendo di prepararsi. Lo vide
aggiustarsi i capelli color paglia e controllare le pieghe della sua veste
tradizionale da mago con la stessa meticolosità che aveva visto nella mamma.
“Molto,”
gli confessò. “Sono anche un po’ preoccupato, ma ho deciso di non farmi
condizionare dal passato.”
“Parli
della profezia di mamma?” domandò sedendosi sul letto e osservando il fratello allo
specchio. Orion scosse la testa. “È qui che i miei genitori si sono sposati, un
mese prima della caduta dell’Oscuro Signore. Rod aveva fatto da testimone di
nozze a mio papà.”
“Beh
oramai è troppo vecchio perché possa sposare anche Sybil dopo la mamma,”
scherzò. Loro due avevano sempre scherzato su tutto, anche sui legami dei loro
genitori. Soprattutto da quando la mamma aveva dato loro le copie delle sue
memorie e loro le avevano lette avidamente per capire cosa fosse accaduto
durante la guerra e quanto fosse complicato il mondo in cui erano cresciuti i
loro genitori.
Orion
scoppiò a ridere: “Non è questo che mi preoccupa!” Si voltò verso di lui e
sospirò: “Ho paura che tra qualche tempo possa cambiare tutto, come è successo
alla mamma dopo il matrimonio in questo castello.”
Roland
alzò un sopracciglio: “Come avrai notato, noi siamo stati molto attenti a non
praticare le Arti Oscure, soprattutto a scuola… Nessuno di noi finirà ad
Azkaban. L’Oscuro Signore è tornato nel mondo di morti.”
“Sì, ma
sai che Delphi proverà in tutti i modi a realizzare la profezia.”
“Lo so,
ma la mamma dice che il modo migliore per realizzare una profezia è quello
di impedirne il verificarsi” pronunciarono la frase della mamma insieme e
scoppiarono a ridere. “Credo che la mamma e il papà pensino che non ostacolando
Delphi, lei fallirà e la profezia non si realizzerà.”
Orion
sospirò: “Speriamo.”
“Sai che
Lord Voldemort sapeva della profezia? Non l’abbiamo detto a mamma e papà perché
erano troppo agitati, ma Rabastan ha detto che ha visto Delphi parlare con suo
padre e lui le ha detto di tornare indietro nel tempo e di farli tornare.”
“Quindi
cercherà di realizzare la profezia.”
“Sì, e se
la teoria della mamma è vera, allora fallirà in quel tentativo.”
“Speriamo.”
La porta
della stanza si aprì facendo sussultare entrambi. Roddie si affacciò e li
avvisò che era ora di andare. “Non ci pensare, oggi, Orion, goditi la festa e
Sybil,” gli disse Roland abbracciando il fratello, “vi auguro tanta felicità.”
Orion lo
strinse a sé e gli sussurrò nell’orecchio: “So già che tu sarai il prossimo.” Roland
si sentì avvampare a quelle parole e cercò di dissimulare l’imbarazzo seguendo
il fratello mentre si avviava al piano di sotto, nel salone delle feste, vicino
il camino dove un tempo la mamma aveva sposato Barty Crouch Jr.
La mamma
aveva raccontato che lei e Barty avevano finito Hogwarts da pochi mesi quando
si erano sposati. Erano stanchi di non potersi vedere dopo sette anni trascorsi
sempre insieme. Le loro famiglie non volevano che andassero a vivere insieme prima
del matrimonio e così avevano trovato un piccolo appartamento e il giorno
stesso si erano sposati. Erano stati proprio il papà, zio Rabastan e Bellatrix
a organizzare tutto e Lord Voldemort in persona aveva pronunciato gli
incantesimi necessari per l’unione magica.
A Roland
sembrava assurdo che una strega crudele come Bellatrix potesse essere stata
un’amica della mamma ed essersi addirittura sposata con suo papà. C’erano dei
momenti in cui faticava a credere che suo papà, così calmo, silenzioso e
attento alle regole, un tempo fosse stato un Mangiamorte. Lo stesso pensiero
era ancora più incredibile se pensava a sua madre.
Ripensò
a quello che aveva detto la preside McGranitt alla mamma: mentre la mamma
aspettava Orion, Barty aveva fatto rivivere al professor Longbottom la tortura
che anni prima aveva inflitto ai genitori. Roland sapeva che quella tortura era
stata eseguita non solo da Barty, ma anche da suo papà, da zio Rabastan e
Bellatrix. Non riusciva a immaginare che lui, Orion, Roddie e Rab facessero
qualcosa del genere. Avevano imparato a usare le Arti Oscure e sapevano persino
evocare le maledizioni senza perdono, ma non si sarebbero mai sognati di usarle
o di mostrarle a una classe di studenti dell’età di Roddie.
Roland aveva
capito perché i suoi genitori non parlavano mai volentieri dei tempi della
guerra e perché certi nomi erano in grado di spegnere i loro sguardi, o perché,
sotto sotto, erano terrorizzati dall’idea di tornare indietro nel tempo ed
essere costretti a rivivere quei giorni. Una parte di lui avrebbe voluto conoscere
a fondo il passato dei suoi genitori, ma un’altra parte di sé era contenta di
aver avuto un’infanzia serena.
Arrivò
nel salone e salutò un po’ di invitati. C’erano gli amici di Orion, alcuni
colleghi del Ministero della Magia, c’era Hawk e persino Lucile insieme ai suoi
genitori. Si salutarono e lei gli fece gli auguri per Orion. Andò a sedersi in
prima fila, accanto a Roddie e Rab.
La mamma
e il papà erano in piedi accanto ad Orion e cercavano di smorzare la sua ansia
che cresceva di minuto in minuto in attesa dell’arrivo di Sybil. Quando
partirono i canti che annunciavano l’arrivo della sposa, la mamma tornò al
posto, mentre il papà rimase nel posto riservato ai testimoni, insieme al
fratello di Sybil. Si scambiò uno sguardo con Orion e gli sorrise
incoraggiante.
La
cerimonia fu intensa. Lucien Dolohov, il papà di Lucile, celebrava i riti e fu
lui a pronunciare le formule magiche che unirono Orion e Sybil. Roland sentì un
tuffo allo stomaco a vedere l’emozione dei due sposi. Si voltò indietro e
incontrò lo sguardo di Lucile, sentì le guance avvampare, mentre pensava che
dopo la cerimonia sarebbero stati seduti vicini e avrebbero trascorso la serata
insieme. Le parole di Orion gli tornarono in mente e sospirò pensando che non
gli sarebbe affatto dispiaciuto essere il prossimo, una volta finita Hogwarts e
capito che direzione avrebbe preso la sua vita. Sperava solo che Lucile sarebbe
stata al suo fianco.
***
Rabastan
era rimasto composto per tutta la cerimonia. Non aveva nemmeno preso in giro Roland
quando era diventato rosso come un peperone per aver visto Lucile e aveva
sopportato stoicamente le osservazioni di Roddie su quanto fosse stata
impeccabile la mamma nell’organizzare il ricevimento.
Aveva
cenato al tavolo con i suoi cugini francesi, Philomène e Cyrille, Roddie e i
fratelli Yaxley, Corban e Alexandra. Philo aveva raccontato a tutti i presenti
di quanto fosse meravigliosa Beauxbatons, delle uniformi blu leggerissime,
dell’aria calda e piacevole che spirava tra le mura del castello e delle
delizie della cucina francese.
“C’è un
coro di ninfe che canta durante i pasti!” aveva esclamato meravigliata, “e
all’ingresso c’è una fontana che aumenta la bellezza e la grazia di chi beve
dalle sue acque.”
Rabastan
notò che Corban sembrava molto interessato al racconto di Philo, non smetteva
di sorriderle e di dirle che sembrava tutto incantevole e che gli sarebbe
piaciuto visitare quella scuola. Cyrille aveva alzato gli occhi al cielo e
aveva proposto di andare a giocare.
“Non
possiamo alzarci da tavola prima che sia finito il pasto, Cyrille,” lo aveva
rimproverato Roddie. Cyrille, tuttavia, aveva scrollato le spalle e gli aveva risposto:
“Vallo a dire a mio papà che è là a scherzare con i suoi amici. Io mi alzo.”
Rabastan
lo aveva seguito e anche Corban e Philomène si erano alzati ed erano andati in
una saletta in cui potevano giocare a Sparaschiocco o con i modellini dei
giocatori di Quidditch.
“Alex,
vieni?” aveva domandato Corban alla sorella. Alexandra aveva annuito e li aveva
raggiunti iniziando una partita a Scacchi Magici con Philomène. Rabastan si
voltò a guardare Roddie che resisteva impettito da solo a tavola, vide la mamma
avvicinarsi al fratello e dirgli qualcosa. Sicuramente gli stava dicendo che
poteva raggiungere gli altri a giocare, perché poco dopo Roddie arrivò nella
stanza e osservò la partita a Sparaschiocco che era iniziata senza di lui. Vennero
richiamati per il dolce e Rabastan apprezzò moltissimo la torta, nonostante
Philomène continuasse a sottolineare quanto la pasticceria francese fosse
deliziosa. La torta era stata scelta da Sybil, a quanto ne sapeva Rabastan che
si era totalmente disinteressato di quei dettagli. Finiti i dolci, vide la
mamma, il papà, Roland e Orion chiacchierare in un angolo e decise di
raggiungerli.
“Eccoti!”
esclamò la mamma, “ti stai divertendo? Roddie sta facendo il bravo?”
Roland
diede una gomitata alla mamma: “Guardalo, mamma, sta parlando con una ragazza!”
“È tutta
la sera che parlano,” disse Rabastan.
“Non ci
posso credere, ma è…”
“Alexandra
Yaxley,” disse Rabastan ridacchiando, “è una mia compagna di classe. Aspetta
che lo sappia Corban!” Rabastan sentì il braccio della mamma afferrarlo per la
spalla e attirarlo a sé in un abbraccio, la stessa cosa fece con Roland mentre
continuavano ad osservare Roddie che parlava al tavolo con Alexandra.
“Ascoltatemi
molto bene,” esordì la mamma, “non voglio cantare vittoria prima del tempo, ma
se qualcuno di voi prende in giro Roddie e lui smette di parlare con la figlia
di Aldous, avrete una punizione che durerà per tutto il tempo che Roddie
passerà attaccato alla mia gonna, siamo intesi?”
Roland scoppiò
a ridere: “Mamma, stanno andando a ballare, guarda!”
Rabastan
si coprì la bocca per non scoppiare a ridere. Ricevette un’altra occhiataccia
dalla mamma che gli sussurrò nell’orecchio: “Pensa alla punizione che ti
beccherai, Rab, potrebbero passare anni prima che Roddie trovi un’altra ragazza
sufficientemente interessante e aggraziata per i suoi standard.”
L’idea
di prendere in giro Roddie divenne improvvisamente poco allettante, di fronte la
prospettiva di una punizione eterna, perché nessuna sarebbe mai stata
abbastanza per suo fratello. Insomma, se Roddie voleva perdere tempo con la
sorella di Corban non era un suo problema, dopo tutto. Roddie era un pesantone,
lei era noiosa, forse erano fatti l’uno per l’altra.
Sybil
arrivò a reclamare Orion. La mamma e il papà fecero loro gli auguri. Li stavano
salutando quando arrivarono zio Rabastan e zia Pucine. “Felice Yule!” esclamò
lo zio, “bellissimo matrimonio, peccato che i giovani d’oggi abbiano interrotto
il rito della tenda. Sarebbe stato divertente.”
“Zio, ti
ho sentito!” esclamò Orion, “la risposta è no!” Lo zio alzò le mani e
ridacchiando passò una mano tra i ricci di Rabastan: “Allora, hanno fatto i
bravi Phil e Cyrille?” Rabastan annuì e lo zio gli domandò: “Ti va di fare un giro?”
Fece un cenno verso il terrazzo di casa. Rabastan lo seguì.
“Ho
saputo dell’avventura che hai vissuto,” gli disse, “Sei stato molto coraggioso
a sfidare il fantasma dell’Oscuro Signore apertamente, lo sai? È un’avventura
degna di Nathair.”
“Tu
conosci le avventure di Nathair?” domandò Rabastan sorpreso. Lo zio sorrise a
quella domanda. Certo, se gli regalava tutti i libri forse anche lui era un
appassionato lettore. Zio Rabastan si voltò verso di lui e gli rivolse uno dei
suoi sguardi complici, così simili a quelli che gli rivolgeva quando era
piccolo e lo portava di nascosto sull’Ippogrifo di suo padre.
“Sai
mantenere un segreto?”
Rabastan
annuì. Ripensò al segreto che si era portato dentro per mesi, su Delphi che
aveva visto suo padre e lui le aveva detto di tornare indietro nel tempo e si
convinse del fatto che sì, lui era assolutamente in grado di mantenere un segreto.
“Ti
sorprenderà sapere che Raymond Laurent non è altro che lo pseudonimo di
Rabastan Lestrange. Le avventure di Nathair sono ispirate a fatti accaduti
durante le guerre magiche e alla storia della nostra famiglia.”
Rabastan
osservò lo zio sorpreso: “È per questo motivo che riesci a farmi avere i libri
in anteprima?”
Lo zio
annuì: “Esattamente, sei sveglio.”
“Ma zio,
Laurent è il mio scrittore preferito! Ho scritto un racconto ispirato alle
gesta di Nathair, posso fartelo leggere?” Non gli sembrava vero di aver sempre
conosciuto il suo scrittore preferito. In quel momento tutte le affinità che
sentiva tra le avventure di Nathair e sé stesso diventavano chiare: aveva lo
stesso sangue dello stregone dei draghi. Zio Rabastan gli sorrise divertito: “Molto
volentieri!”
Rabastan
si voltò verso la mamma e il papà che li stavano raggiungendo, domandò loro:
“Voi lo sapevate?” Vide come si scambiarono degli sguardi e quando zio annuì,
sorrisero annuendo a loro volta.
“Non ti
avrebbero mai pubblicato con il tuo vero nome?” domandò Rabastan con una punta
di preoccupazione nella voce. Perché suo zio aveva rinunciato al suo nome?
Possibile che nemmeno dei libri appassionanti come quelli di Nathair, che erano
amati da molti giovani maghi, sarebbero stati pubblicati solo perché scritti da
un Lestrange?
“Non
volevo che leggessero i romanzi con gli occhi pieni di pregiudizi,” spiegò lo
zio, “Siete stati molto bravi a chiudere il capitolo della guerra e ad andare
avanti, molto più di quanto siamo riusciti ad esserlo noi in questi anni, vero
Rod?”
Rabastan
vide suo padre annuire e dire: “Sono stati decisamente saggi. Non potrei essere
più orgoglioso di loro. Sono riusciti a prendere le distanze dalla guerra senza
andare contro il proprio nome e la propria famiglia. Nessuno di noi ha fatto quelle
scelte a cuor leggero, ma avevamo fatto un giuramento e non tradiamo la parola
data, per quanto difficili e dure siano le conseguenze.” Lo sguardo di suo
padre si incupì leggermente, come ogni volta che i ricordi del passato
affioravano alla memoria. La mamma accarezzò la schiena del papà e poi Rabastan
sentì una carezza uguale, di quelle che la mamma gli dava quando era piccolo e
il suo precettore lo lodava per lo studio.
“Vi
abbiamo dato tutto il nostro amore,” gli disse la mamma, “vi abbiamo insegnato
il rispetto per le vostre radici, la responsabilità del nome che portate, e insegnato
la storia della nostra antichissima famiglia perché non siate manipolabili,
perché nessuno vi insinui dubbi su quanto siano forti i legami che esistono tra
di noi.”
Rabastan
pensò ai giochetti stupidi di Delphini quando provava a mettere zizzania tra
loro e si arrabbiava perché non ci riusciva. Quando erano piccoli lei riusciva
a farli litigare o scoppiare a piangere, ma crescendo avevano capito che insieme
potevano essere più forti di lei. Quello che era successo ad Hogwarts aveva
dimostrato a Rabastan quanto fosse forte il legame con Roland e con Roddie.
Nessuno dei due lo aveva escluso perché era il più piccolo e persino Roddie,
che era lo strano, il pesantone che parlava con i fantasmi, alla fine aveva
creato una bolla che aveva imprigionato la pietra e impedito agli spiriti dei
morti di uscire prima che iniziasse Samhain.
“State
crescendo e tra poco andrete per il mondo sulle vostre gambe,” continuò la
mamma, “se ricordate da dove venite, saprete sempre come tornare a casa e non
vi perderete.”
Rabastan
pensava al suo desiderio di esplorare il mondo di vedere i draghi e incontrare
un Tuono Alato nei deserti americani. Avrebbe voluto conoscere le tradizioni
magiche dell’estremo oriente e visitare diverse scuole di magia, nulla che lo
portasse al Wizengamot come sognavano la mamma e il papà. Trovò il coraggio per
dare voce alle sue paure: “Cosa succederà se le nostre scelte non saranno
all’altezza delle vostre aspettative?”
“Noi ci
aspettiamo che siate felici. Qualsiasi decisione prenderete, impegnerete il
nome e la storia dei Lestrange. Sarà una vostra responsabilità decidere come
portare avanti il nome della famiglia. Come vedi, non sempre le scelte in linea
con la tradizione si rivelano essere quelle giuste. Ci auguriamo che
continuiate a custodire le tradizioni e la storia di questa antica famiglia, e
sappiamo che lo farete.”
Rabastan
abbracciò la mamma. Sentì la mano di zio Rabastan sulla spalla. Alzò lo sguardo
verso la mamma e guardò anche il papà: “Quindi da grande potrò vedere i
draghi?”
La mamma
sorrise e annuì: “Oh, sì, nonno Edward sarebbe così felice di sapere che la
passione per queste creature vive in te!” Rabastan non aveva mai conosciuto i
suoi nonni, erano tutti morti prima della sua nascita e la mamma gli aveva
raccontato che il nonno Edward e il suo migliore amico Orion erano grandi
appassionati di draghi e ne avevano visti di ogni tipo. Aveva detto anche che
avevano una passione per le uova di drago e le proprietà magiche del sangue di
drago che poteva essere velenoso, ma utilizzato nelle giuste dosi, diventava un
preziosissimo ingrediente per le pozioni.
Zia
Pucine propose di rientrare dentro, visto il vento che si stava alzando dal
mare. Rabastan vide lo zio chiedere alla zia di ballare, mentre la mamma e il
papà guardavano Roland ballare con Lucile e Roddie che ballava ancora con
Alexandra.
Rabastan
abbracciò la mamma e le domandò con la voce un po’ tremante: “Ma deve proprio
cambiare tutto l’anno prossimo?”
La mamma
gli sorrise e disse: “No, Rab, non deve, ma potrebbe. Guarda Roddie, stamattina
nessuno di noi avrebbe immaginato di vederlo danzare con una ragazza e invece è
successo. Accadrà quando sarà il momento e ti sembrerà la cosa più naturale e
più bella del mondo, non devi avere paura dell’amore.”
Il papà
gli disse: “Potrebbero volerci anche molti anni. L’idea della mamma sul quarto
anno era solo per staccare Roddie dalla sua gonna, tu sei già indipendente, hai
un altro carattere. Pensa che ho iniziato a frequentare la mamma a quarantasei
anni, direi che hai moltissimo tempo per pensare ai Draghi, per esplorare il
mondo e magari vedere un Tuono Alato, come sogni. Potresti essere il primo
Lestrange che insegna a Ilvermorny e fondare il ramo americano dei Lestrange o
potresti tornare in Inghilterra, o vivere in Francia. Insomma, puoi fare quello
che vuoi Rabastan. Solo abbi cura del sangue che ti scorre nelle vene.”
Rabastan
annuì. “Non credo che sarà un problema. Ho parlato con dei Nati Babbani a
scuola,” confessò. Non lo aveva mai raccontato a nessuno perché aveva paura
delle prese in giro di Roddie o dei rimproveri di Roland. “Mi avete detto di
essere gentile con tutti e l’ho fatto, ma loro hanno paura della magia,
vogliono controllarla, non vogliono andare oltre quello che viene insegnato.
Sono spaventati dalle nostre tradizioni e sono così distratti dal mondo babbano
che ci vedono come un residuo vecchio e poco interessante, proprio come quando
Nathair sente che il tempo dei maghi sta volgendo alla fine.”
“Beh non
saranno tutti così,” gli disse il papà.
“No, ma
il punto è che io voglio conoscere i draghi, esplorare il mondo e coltivare la
magia, voglio riuscire a controllare gli elementi della natura, ripercorrere i
sentieri dei grandi maghi del passato come Merlino e Salazar Serpeverde. Voglio
diventare un mago forte e rispettato. Quando il professor Pucey ha bloccato la Pietra
della Resurrezione ho pensato che anch’io avrei voluto conoscere quegli
incantesimi così avanzati ed essere in grado di controllare ogni tipo di
magia.”
Il papà
gli mise un braccio intorno alle spalle e gli disse: “Vieni qua, sei proprio
come me, allora! Se vuoi, nei prossimi giorni ti porto nel laboratorio e ti
mostro qualche incantesimo avanzato.” Lo guardò con i suoi occhi neri e gli
disse: “Saremo io e te, visto che i tuoi fratelli mi sembrano fin troppo
impegnati!”
Rabastan
abbracciò il papà annuendo. I momenti tra loro due erano sempre molto rari,
visto che doveva dividerlo con i suoi fratelli e Roland e Orion avevano sempre
delle questioni più urgenti da sottoporgli, rispetto a lui che era un bambinetto.
Adesso, però, stava arrivando il suo momento di stare con il papà e non gli
sembrava vero di aver trovato una simile affinità. Zio Rabastan avrebbe letto i
suoi racconti e il papà lo avrebbe iniziato alla magia avanzata.
C’era un
modo nuovo per poter diventare un grande mago nel mondo di oggi e non
richiedeva di seguire la via del terrore imposta da Gellert Grindelwald e Lord
Voldemort e Rabastan avrebbe scoperto quel sentiero e l’avrebbe percorso. Forse
sarebbe diventato uno scrittore come zio Rabastan e i suoi libri sarebbero
stati letti in tutto il mondo.
Sapeva
solo che, abbracciato al papà sul divano di casa, Rabastan non aveva più paura
del futuro, di Delphi e delle profezie. Forse, per allora, avrebbe persino
scoperto come fermarla.
***
Rodolphus
aveva ballato per tutta la sera con Alexandra, la sorella di Corban, e non gli
sembrava vero di aver incontrato così facilmente una ragazza tanto carina
quanto aggraziata. Era adorabile con i suoi boccoli castani e il sorriso
gentile e le guance che si erano tinte di rosso quando lui le aveva chiesto di
danzare. Aveva visto Orion ballare con Sybil ed erano rimasti al tavolo da
soli, mentre Corban era con i cugini francesi e Rabastan era scomparso. Così,
per evitare che scendesse un silenzio imbarazzante, per poter continuare a
guardarla senza dover parlare, le aveva proposto di ballare. Alexandra aveva
accettato e si erano trovati a muovere i passi sulla pista, un po’ arrugginiti
dall’assenza di esercizio.
“Dicono
che sei strambo,” gli aveva confessato Alexandra, “perché parli con i fantasmi,
ma trovo che tu sia geniale.”
Rodolphus
si era sentito in imbarazzo per quel complimento del tutto inaspettato e le
fece eco: “Corban dice sempre che sei noiosa, ma mi sembri solo molto educata.”
“E non
lo trovi noioso?”
“No,
scherzi? Sei impeccabile ed è una cosa molto importante, anche se oggi sono in
pochi ad apprezzarlo.”
“E tu lo
apprezzi?” domandò con la voce che tremava un po’ per l’ansia. Rodolphus annuì,
le disse: “Vieni con me, ti mostro una cosa.”
Si
allontanarono dal salone delle feste e Rodolphus la condusse verso la sala dove
studiava. Camminavano a passo svelto tenendosi per mano, cercando di non far
rumore per non attirare le attenzioni degli elfi. Aprì la porta e si avvicinò
verso la sua libreria e le mostrò uno scaffale.
“Questi
sono tutti i libri di etichetta di mia mamma. Mi dice sempre che è importante
conoscere le regole del gioco per sapere se chi le infrange è un estroso o un ignorante,
serve anche per sottolineare il proprio potere e il proprio status nel mondo.”
“Anch’io
ho uno scaffale simile con i libri di mia mamma, però non li ho letti tutti.”
“In
estate la mamma ci da delle lezioni di ripasso. Se ti fa piacere ti inviterò
per un tè!”
“Oh, volentieri!
Mio papà parla sempre bene di tua mamma, erano compagni di scuola!” esclamò
allegra e Rodolphus non riusciva a credere che potesse esistere una ragazza che
adorasse prendere il tè come lui. Sorrise, sentendo qualcosa di strano che si
muoveva nel suo stomaco e gli rendeva la testa leggera impedendogli di smettere
di sorridere.
Abbassò
lo sguardo e vide un’ombra sul pavimento proiettata dalla luce della lanterna
che avevano acceso. Alzò lo sguardo verso l’alto, imitato da Alexandra, ed
entrambi videro un rametto di vischio che pendeva sull’ingresso. Era una mania
di sua mamma, quella di riempire il castello di rametti di vischio per buon
augurio.
Si
scambiarono entrambi un sorriso imbarazzato e poi Rodolphus si sporse per darle
un bacio sulla guancia. Alexandra non colse bene il suo movimento e si spostò
all’ultimo e le loro labbra finirono per incontrarsi. Arrossirono entrambi.
Alexandra
sorrideva e Rodolphus le prese la mano e si sporse di nuovo per darle un altro
bacio. Questa volta le loro labbra si incontrarono di proposito. Si scambiarono
qualche bacio a stampo prima che le loro labbra si schiudessero, come spinti da
un istinto sconosciuto, e il loro bacio divenne in grado di smuovere qualcosa
dentro di lui. Si riscossero, spaventati da quella scoperta, consapevoli di
quanto fosse inappropriato per entrambi stare in disparte e di quanto Rodolphus
stesse mettendo in difficoltà Alexandra.
“Perdonami,”
le disse facendole un baciamano. “Torniamo di là.”
“Vuoi
fare che non è successo niente?” domandò titubante Alexandra.
“Nemmeno
per idea,” le sorrise Rodolphus, “ma non ho intenzione di rovinare la tua
reputazione o la mia da gentiluomo. Faremo le cose per bene, se sei d’accordo.”
Alexandra
annuì e Rodolphus la trovò bellissima.
In quel
momento, i fantasmi e la paura della profezia sembravano qualcosa di
assolutamente remoto, persino il passato, la guerra e i suoi genitori divennero
pensieri lontani. Davanti a lui c’era solo il futuro che sembrava sorridergli
complice attraverso gli occhi di Alexandra. Era come se un altro pezzo fosse
andato al suo posto, come se una fase della sua vita fosse alle spalle e fosse
saltato fuori un nuovo Rodolphus. Si disse che era bene non avere fretta e conoscersi
e crescere insieme, perché ci voleva tempo per le cose più belle e loro lo
avrebbero avuto, gli tornarono in mente le parole che il Cappello Parlante
aveva detto all’inizio dell’anno scolastico: sarebbero stati loro a scegliere
la direzione che avrebbe preso il futuro, mentre il passato, come l’infanzia,
sembrava ormai alle spalle.
Fine
Note:
Approfitto
di questo spazio per farvi gli auguri di buona fine e buon inizio anno. Il 2020
è stato un anno così complicato che immagino che tutti noi siamo contenti di
lasciarcelo alle spalle, proprio come i nostri protagonisti sono felici di
lasciarsi alle spalle il passato delle guerre magiche e pensare al futuro.
Spero
che questa storia vi sia piaciuta e che non abbia deluso le vostre aspettative.
Grazie a tutti coloro che hanno recensito, seguito, ricordato o preferito
questa storia e anche ai tanti lettori silenziosi. Mi avete accompagnato in
questo primo esperimento sulla New Generation e immagino di non dover
abbandonare questi personaggi e tornare a scrivere di loro in qualche altro
modo. Magari dando spazio anche ai piccoletti che sono stati esclusi.
Grazie
di tutto il sostegno!
Un
abbraccio,
Sev