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Autore: Severa Crouch    30/12/2020    8 recensioni
Si dice che un Potter porti sempre scompiglio a Hogwarts. Lo sa bene Minerva McGranitt, l’anziana preside della scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra, che ha allertato Prefetti e Capiscuola in vista dell’arrivo del primogenito di quello che fu il Bambino che è Sopravvissuto.
Come se fosse una maledizione legata al nome, con l’arrivo di James Sirius, strane presenze compaiono tra i corridoi della scuola, riportando a galla gli echi di una guerra finita.
In modo del tutto speculare, con reciproche diffidenze e sospetti, i cugini Weasley-Potter e i fratelli Lestrange indagano su quelle apparizioni, cercando di fare luce su quel mistero che riapre ferite che sembravano guarite.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Epilogo

 

 

La Tana, Ottery St. Catchpole, 25 dicembre 2015

 

“Buon Natale!”

Nonna Molly e nonno Arthur accoglievano figli, generi, nuore e nipoti uno dopo l’altro. La nonna, in particolare, riservava a ciascuno di loro un abbraccio stritolante che sapeva di calore e Natale.

James era entrato insieme ad Albus e Lily e si era lasciato abbracciare dalla nonna, felicissimo di rivederla.

“Nonna, così mi fai male!” protestò Albus mentre cercava di divincolarsi. James sorrise. Dopo i fatti di ottobre, che avevano procurato una lunghissima punizione a Teddy, James aveva iniziato a contare i giorni per il Natale. Hogwarts gli piaceva tantissimo e in quel momento persino Andrew gli mancava, ma aveva sentito il bisogno di avere accanto a sé i suoi fratelli e i suoi genitori.

Non riusciva nemmeno a immaginare quanto si dovesse sentire triste Teddy ogni Natale, pensando ai suoi genitori che non c’erano più. Alzò lo sguardo verso suo padre e lo vide prendere sulle spalle Lily. Era il Prescelto, colui che avrebbe dovuto morire per mano di quel pazzo di Tu-Sai-Chi, no, Voldemort, suo padre ci teneva ancora moltissimo che lo si chiamasse per nome, anche se zio Ron e i nonni trasalivano un po’ nel sentire quel nome.

“Buon Natale, James,” gli sussurrò Teddy stringendolo a sé. “Togli quello sguardo triste, è Natale.”

“Stavo pensando…” provò a dire.

“Lo so a cosa stavi pensando, ma non ha senso, me l’ha detto la mamma, ricordi? Dobbiamo guardare avanti e vivere in pieno il mondo che ci hanno lasciato.” Teddy gli sorrideva e sembrava che quei mesi di punizione gli fossero serviti ad accettare la sua condizione. James si strinse a lui e gli disse: “Ti voglio bene, Teddy.”

“Anch’io, James!”

“Ehi, voi due! Devo per caso ingelosirmi?” La voce di Victoire li richiamò al presente. Teddy si sporse verso di lei per darle un bacio e James notò il modo in cui Teddy avesse controllato che Bill non guardasse. Zio Charlie, invece, aveva fatto un occhiolino complice mentre beveva una tazza di zabaione corretto con il liquore di zio Ron.

Intorno al camino, zia Hermione e zio Percy avevano trascinato il papà e il nonno in una conversazione su qualcosa riguardante il Ministero della Magia. Da quando zia Hermione era diventata il capo dell’Ufficio Applicazione Legge Magica non si faceva che parlare di cosa avrebbe dovuto fare il Ministero per modernizzare il mondo magico.

“Hermione, non puoi buttare all’aria secoli di tradizioni magiche,” gli obiettava zio Percy. Secondo papà, lo zio non era contrario alle idee di Hermione, era solo spaventato dalla mole di leggi e procedure che avrebbe dovuto riorganizzare. Sembrava che ogni volta che si toccasse una regola, ne saltassero sempre di più antiche e peggiori, pronte a tornare in vigore.

“Certo che posso, anzi, devo, se sono il preludio della barbarie! A quest’ora avremmo gli elfi domestici ancora in schiavitù! Dobby sarebbe contento di vedere i suoi simili così liberi. Prima o poi, riuscirò a dar loro la libertà che meritano!”

“James!” la voce di Louis lo distrasse da quella noiosa discussione. Si ritrovarono dopo ben tre giorni in cui non si erano visti e sentiti. Era strano dopo tre mesi in cui avevano condiviso il dormitorio di Grifondoro e, durante il mese di ottobre, persino il letto quando James aveva accettato di farlo dormire con lui dopo l’incontro con il fantasma di Greyback.

“Andiamo a giocare a Sparaschiocco con Albus e Lily! Ci sono anche Rose e Hugo di là. Sembra che Fred voglia convincere Hugo a liberare la Trombetta Starnazzante che ha modificato appositamente per Natale,” esclamò James facendo l’occhiolino al cugino.

“Cosa dovrebbe fare?”

“Secondo i piani di Fred dovrebbe inseguire zia Fleur cantando la canzone preferita di nonna Molly, quella Celestina Warbeck, su un calderone pieno di amore, una cosa del genere.”

Louis si tappò la bocca per nascondere le risate

“Spero proprio che lo faccia! La mamma odia le canzoni di Celestina. Ogni anno, prima di venire dai nonni, dice a papà che spera che la nonna si dimentichi di quell’orrore e quando torniamo a casa si lamenta dicendo che ogni anno quell’esibizione peggiora!”

James si tappò la bocca per evitare di scoppiare a ridere. In quel momento, il pensiero di zia Fleur inseguita da una Trombetta che cantava le canzoni di Celestina era diventata la prospettiva più allettante di quel Natale con i cugini. Sgaiattolarono al piano di sopra, stando attenti a non salire sulle assi scricchiolanti e raggiunsero i cugini.

Fred guardava Hugo porgendogli la Trombetta: “Lo devi fare tu che sei il più piccolo. Solo tu puoi arrivare vicino zia Fleur senza destare sospetti.”

“No, la mamma se ne accorgerebbe subito e non voglio finire in punizione!” esclamò Hugo. James si disse che probabilmente suo cugino avesse ragione. A zia Hermione non sfuggiva assolutamente nulla. Persino quando era impegnata ad aiutare nonna Molly in cucina riusciva a controllare che Rose non si allontanasse o Hugo salisse sulle sedie in modo non appropriato.

“Dove deve essere messa?” domandò Louis.

“Il più possibile vicino a zia Fleur. Vicino l’albero di Natale sarebbe perfetto,” disse Fred.

Louis lanciò a James quello che Harry avrebbe definito lo sguardo Malandrino. “Vieni in missione con me?” Non se lo fece ripetere due volte. Louis gli disse: “Coprimi. Cammina avanti a me e parliamo dell’albero di Natale.”

Arrivarono in soggiorno. Louis nascondeva la Trombetta Starnazzante di Fred sotto il maglione. James era davanti per impedire che gli adulti vedessero il rigonfiamento. Dovevano parlare dell’albero di Natale. “Vieni, Louis, ti faccio vedere le palline che ho decorato per la nonna quando ero piccolo,” disse fingendo indifferenza. Arrivarono all’albero e iniziarono a cercare le palline. James sapeva perfettamente dove fosse la prima pallina, ma se l’avesse notata subito non avrebbero avuto l’occasione di piegarsi e guardare sui rami più bassi dell’albero.

“Non la trovo…” mormorò tra sé e sé per dare maggiore credibilità alla sua recita.

“È inutile che vi avvicinate in quel modo ai regali, signorini!” esclamò zia Hermione, “Li troverete domattina come tutti i vostri cugini sotto l’albero.”

Pensavano di essere stati scoperti. James e Louis videro Fred dalla cima delle scale far segno che la posizione era perfetta. Così Louis si abbassò e lasciò la Trombetta vicino i regali, nascosta dietro un grosso pacco per Lily.

“Ci hai scoperti, zia!” ammisero fingendo di essere stati colti in flagranza. Si allontanarono rapidamente dall’albero.

“Raggiungete i vostri cugini!” disse zia Hermione.

“Sì, zia!” esclamarono in coro con il tono da bambini innocenti. La mamma li osservava con gli occhi socchiusi e l’aria sospettosa. James si disse che erano appena finiti nei guai. In realtà, Fred fu bravissimo ad attendere che loro due si allontanassero e che gli adulti riprendessero a parlare con le solite chiacchiere del Ministero della Magia.

“Fate finta di giocare,” disse sottovoce Fred ai cuginetti.

Albus si lamentò: “Lily però non puoi vincere sempre tu a Sparaschiocco! Fammi giocare con Hugo!”

“No, Albus, Lily è più brava di te,” disse Rose.

Fred fece loro l’occhiolino e poi agitò la bacchetta e la Trombetta Starnazzante entrò in funzione.

“Santo scielo!” esclamò zia Fleur, “Cos’è questo strassio? Mais c’est torment n’est pas plus tard?” domandava a zio Bill mentre la Trombetta la seguiva. Dalle scale, una serie di teste più o meno rosse osservava la scena ridacchiando.

La mamma e zio George si scambiarono un’occhiata complice e scoppiarono a ridere, mentre Fleur si spostava da una stanza all’altra inseguita da quella Trombetta che suonava a tutto volume la canzone di Celestina Warbeck.”

“Vieni, mescola il mio calderone e, se con passione ti riuscirà, il mio forte amor bollente questa notte ti scalderà.”

La nonna si era ravvivata nell’ascoltare quella canzone. Guardò il nonno e lo abbracciò mentre cantava quella canzone.

“Santo scielo!” esclamava zia Fleur, “C’est un incubo!”

I cugini ridevano. Teddy li osservò e poi disse: “Lo scherzo è bello quando dura poco! Accio Trombetta!”

“No!” gridò zio George.

Teddy venne colpito da una decina di Trombette Starnazzanti che erano nascoste nei più disparati angoli della Tana. James osservò il modo in cui Teddy evocò un incantesimo Scudo per ripararsi da quella pioggia di Trombette che avevano iniziato a fare un baccano incredibile.

Roxanne, Fred e Louis avevano le lacrime agli occhi e osservavano la scena dalle scale, mentre la nonna, papà, mamma e gli altri adulti cercavano di aiutare il povero Teddy.

“Arresto Trombette!” esclamò zio George e la pace tornò nel salotto della Tana. “Chi di voi due ha avuto l’idea di questo scherzo?” domandò zia Angelina guardando Roxanne e Fred con un’espressione che faceva paura. “Ora chiedete scusa a zia Fleur e a Teddy. Immediatamente!”

James e Louis si accodarono a Roxanne e Fred suscitando gli sguardi carichi di indignazione e sorpresa di tutti i presenti: “Ci dispiace zia Fleur! Scusa Teddy…” mormorano in coro.

Zio George si avvicinò a Fred e gli disse: “Sei stato tu a modificare la Trombetta, vero? È geniale, ma non dirlo alla mamma. Ci lavoreremo su e poi potremo metterla in commercio, è uno scherzo interessante! Segue la sua vittima, vero?”

Fred annuì e sentirono zio George dire: “Adesso raggiungo la mamma prima che metta in punizione anche me.”

James stava ridacchiando quando incrociò lo sguardo severo di sua madre. “Io non riderei se fossi in te… Sei in punizione!”

“Ma mamma!” protestò, “papà!” provò a mediare. Suo padre lo guardò e gli disse: “Hai idea del macello che hai fatto? La mamma ha ragione, andrai a dormire subito dopo cena per tutto il resto delle vacanze.”

James alzò gli occhi al cielo sospirando sconfitto. Si disse, però, che ne era valsa la pena e che lui e Louis avrebbero raccontato tutto ad Andrew non appena si sarebbero rivisti a Hogwarts.

 

***

 

“Ehi, come stai?”

Victoire lo raggiunse dopo che era uscito in giardino. Aveva bisogno di prendere aria e sentire un po’ di silenzio intorno a sé, specie dopo essere stato attaccato da un esercito di Trombette Starnazzanti. Teddy si spostò e fece spazio a Victoire che gli passò una tazza di tè caldo mentre sedeva al suo fianco.

“Sono sopravvissuto al mio primo agguato. Credo di avere la stoffa per diventare Auror. Zio Harry si è complimentato per i riflessi,” le disse allungando il braccio su di lei. Si scambiarono un sorriso e sentì la testa di Victoire appoggiarsi contro la sua spalla.

“Se ti confesso una cosa prometti che non ti arrabbierai e che non mi prenderai in giro?” domandò Victoire guardandolo con i suoi bellissimi occhi azzurri. Teddy alzò una mano, mentre l’altra che reggeva la tazza di tè finì vicino il cuore, disse con tono solenne: “Giuro solennemente…”

“No, non vale quel giuramento!” esclamò Victoire scoppiando a ridere. Teddy si chinò su di lei e le posò un bacio: “Puoi dirmi tutto quello che vuoi, non mi arrabbio.”

“Dopo quello che è successo a scuola ho pensato che potrebbe interessarmi diventare un Auror.”

“Sul serio?” esclamò Teddy alzando le sopracciglia. “Dovevo iniziare a praticare le Arti Oscure per convincerti?” le domandò sarcastico.

Victoire lo colpì scherzosamente sulla spalla: “Ti avevo chiesto di non prendermi in giro!”

“E io ti ho promesso solo che non mi sarei arrabbiato,” le disse ridacchiando, “dovresti prestare attenzione ai giuramenti!” Sentì Victoire sbuffare. “Sono felice che tu abbia cambiato idea. Sarà bello fare l’accademia insieme,” le disse posandole un altro bacio. Teddy non poteva ricevere notizia più bella. Era uscito da quell’esperienza assurda grazie a Victoire e al modo in cui aveva saputo controllare la bestia in lui, riportarlo con i piedi per terra e farlo andare avanti.

“Ho capito quanto sia un lavoro importante. Quello che è successo a scuola, l’orrore che è emerso… Insomma, non possiamo permettere che qualcuno ritrascini il mondo magico lì. Mi ha insegnato ad andare oltre i miei pregiudizi e mi ha fatto capire quanto sia facile sbagliare…”

“Non dirlo a me,” borbottò Teddy, “Adesso sono pure in debito con Lestrange…” Il solo pensiero di non essere stato espulso o avere la carriera scolastica segnata grazie al “buon cuore” di Roland Lestrange lo innervosiva parecchio. Tuttavia, era stato lui a sbagliare, ne era consapevole, ed era un bene che quella lezione gli fosse giunta mentre era uno studente di Hogwarts e non un Auror del Ministero della Magia.

“Non sei in debito. Era normale pensare a loro che non hanno mai fatto mistero di studiare le Arti Oscure.” Victoire lo difendeva e lo sosteneva sempre, era incredibile la forza e la grinta che era in grado di tirare fuori per difendere i suoi cari. Teddy sospirò: “Sì, ma non erano loro a praticarle. Era quella stupida pietra che io pensavo servisse solo per farmi vedere i miei genitori.”

“Questo dimostra solo quanto siano insidiose le Arti Oscure. Pensa come sarà importante, da Auror, capire chi è veramente un mago oscuro e chi invece è vittima. Secondo me tu sei stato vittima di un oggetto troppo potente e troppo misterioso.”

“Sono stato superficiale e avventato. Per tutto il mese di ottobre in cui ho avuto quella pietra tra le mani e non ho mai pensato che potesse essere un oggetto oscuro. L’unica a capire come mi senta è zia Ginny.”

“Per lo meno quella pietra non ha tentato di ucciderti,” mormorò Victoire stringendosi a lui e prendendogli una mano. “Voglio starti vicina e combattere al tuo fianco, Teddy.”

Teddy inspirò profondamente il profumo dei capelli di Victoire e annuì. “Sono felice di saperti al mio fianco, nonostante tutto.”

Le ombre del passato sembravano diradarsi e se i Lestrange dicevano di aver voltato pagina, Teddy sapeva che qualcun altro sarebbe caduto vittima del fascino delle Arti Oscure. Era incredibile il potere che promettevano e ciò che rendevano possibile. Il tempo avrebbe reso la memoria della guerra meno vivida e altri maghi ne avrebbero sentito il fascino e sarebbero stati tentati da quelle promesse.

 

***

 

“Il Natale dai tuoi nonni è sempre così caotico?”

Molly alzò lo sguardo verso Henry e sorrise annuendo. “Non è sempre così caotico, ma se sopravvivi a un Natale del genere, sei sulla buona strada per entrare in famiglia.”

“Ah non so, credo che tuo padre mi odi.” Henry la guardava con i suoi occhi chiari e le sorrideva. La luce delle candele illuminava i riflessi biondi dei suoi capelli e la barba che aveva iniziato a far crescere. Le pose un braccio intorno alle spalle e l’attirò a sé. “Mi sei mancata, lo sai?”

“Anche tu,” gli confessò. “Mancano altri due trimestri e poi ci vedremo tutti i giorni.”

“Mi sembra un’eternità,” le soffiò sulle labbra mentre Molly si voltava e rispondeva al bacio. Sentì le braccia di Henry stringerla e i loro corpi avvicinarsi sempre di più.

“Molly siamo di là per il dolce!”

La voce di sua sorella Lucy, oltre la porta, li costrinse a scendere con i piedi per terra. Si ricomposero, anche se era difficile, ed Henry la guardava in quel modo che le faceva fare le capriole nello stomaco e venire gli occhi lucidi e il sorriso da idiota, come Lucy aveva cura di sottolineare ogni volta.

Scesero in sala e videro Vic e Teddy con la loro stessa espressione, come se avessero preferito continuare a stare insieme.

“Vorrei fare un brindisi,” disse Teddy prendendo un calice di vino elfico.

Molly notò il modo in cui sorrise alla nonna Andromeda e a quella che si era abituato a chiamare nonna Molly, come se Remus, il papà di Teddy, fosse uno dei tanti figli adottivi di Molly e Arthur, al pari di zio Harry e zia Hermione.

“Ai legami che ci aiutano ad affrontare il presente e ci preparano per il futuro. Alla memoria che ci insegna a onorare il passato, senza restarne ancorati, e all’amore, di tutti i tipi, che ci aiuta a sopravvivere alle difficoltà e a perdonare gli errori.”

Zio Harry annuì orgoglioso, così fece anche suo papà. Molly notò il modo in cui sua mamma aveva accarezzato la schiena del papà quando Teddy aveva menzionato l’amore che insegna a perdonare gli errori.

Aveva capito che zio Fred e nonna Molly avevano perdonato suo papà, che lei non aveva colpe, e persino zio George, che si commoveva sempre quando si parlava della memoria, aveva perdonato suo papà, dopo che Roxanne gli aveva raccontato nel dettaglio il loro incontro con il fantasma di zio Fred. Avevano pianto, entrambi i fratelli, e si erano abbracciati nel ricordare i giorni tristi dopo la battaglia di Hogwarts, ma poi guardando la foto di zio Fred si erano detti che lui avrebbe voluto vederli sorridere e andare d’accordo. Così, i loro rapporti si erano distesi ed era il primo Natale in cui lo spirito natalizio permeava la Tana come pochi anni prima di allora era accaduto. Persino lo scherzo di Fred non aveva incupito più di tanto i loro genitori. Era come se una cappa oscura si fosse finalmente sollevata dalla loro numerosa e caotica famiglia.

 

***

 

Castello Lestrange, Cornovaglia, 25 dicembre, 2015

 

“Sei emozionato?”

Roland entrò nella stanza di Orion che stava finendo di prepararsi. Lo vide aggiustarsi i capelli color paglia e controllare le pieghe della sua veste tradizionale da mago con la stessa meticolosità che aveva visto nella mamma.

“Molto,” gli confessò. “Sono anche un po’ preoccupato, ma ho deciso di non farmi condizionare dal passato.”

“Parli della profezia di mamma?” domandò sedendosi sul letto e osservando il fratello allo specchio. Orion scosse la testa. “È qui che i miei genitori si sono sposati, un mese prima della caduta dell’Oscuro Signore. Rod aveva fatto da testimone di nozze a mio papà.”

“Beh oramai è troppo vecchio perché possa sposare anche Sybil dopo la mamma,” scherzò. Loro due avevano sempre scherzato su tutto, anche sui legami dei loro genitori. Soprattutto da quando la mamma aveva dato loro le copie delle sue memorie e loro le avevano lette avidamente per capire cosa fosse accaduto durante la guerra e quanto fosse complicato il mondo in cui erano cresciuti i loro genitori.

Orion scoppiò a ridere: “Non è questo che mi preoccupa!” Si voltò verso di lui e sospirò: “Ho paura che tra qualche tempo possa cambiare tutto, come è successo alla mamma dopo il matrimonio in questo castello.”

Roland alzò un sopracciglio: “Come avrai notato, noi siamo stati molto attenti a non praticare le Arti Oscure, soprattutto a scuola… Nessuno di noi finirà ad Azkaban. L’Oscuro Signore è tornato nel mondo di morti.”

“Sì, ma sai che Delphi proverà in tutti i modi a realizzare la profezia.”

“Lo so, ma la mamma dice che il modo migliore per realizzare una profezia è quello di impedirne il verificarsi” pronunciarono la frase della mamma insieme e scoppiarono a ridere. “Credo che la mamma e il papà pensino che non ostacolando Delphi, lei fallirà e la profezia non si realizzerà.”

Orion sospirò: “Speriamo.”

“Sai che Lord Voldemort sapeva della profezia? Non l’abbiamo detto a mamma e papà perché erano troppo agitati, ma Rabastan ha detto che ha visto Delphi parlare con suo padre e lui le ha detto di tornare indietro nel tempo e di farli tornare.”

“Quindi cercherà di realizzare la profezia.”

“Sì, e se la teoria della mamma è vera, allora fallirà in quel tentativo.”

“Speriamo.”

La porta della stanza si aprì facendo sussultare entrambi. Roddie si affacciò e li avvisò che era ora di andare. “Non ci pensare, oggi, Orion, goditi la festa e Sybil,” gli disse Roland abbracciando il fratello, “vi auguro tanta felicità.”

Orion lo strinse a sé e gli sussurrò nell’orecchio: “So già che tu sarai il prossimo.” Roland si sentì avvampare a quelle parole e cercò di dissimulare l’imbarazzo seguendo il fratello mentre si avviava al piano di sotto, nel salone delle feste, vicino il camino dove un tempo la mamma aveva sposato Barty Crouch Jr.

La mamma aveva raccontato che lei e Barty avevano finito Hogwarts da pochi mesi quando si erano sposati. Erano stanchi di non potersi vedere dopo sette anni trascorsi sempre insieme. Le loro famiglie non volevano che andassero a vivere insieme prima del matrimonio e così avevano trovato un piccolo appartamento e il giorno stesso si erano sposati. Erano stati proprio il papà, zio Rabastan e Bellatrix a organizzare tutto e Lord Voldemort in persona aveva pronunciato gli incantesimi necessari per l’unione magica.

A Roland sembrava assurdo che una strega crudele come Bellatrix potesse essere stata un’amica della mamma ed essersi addirittura sposata con suo papà. C’erano dei momenti in cui faticava a credere che suo papà, così calmo, silenzioso e attento alle regole, un tempo fosse stato un Mangiamorte. Lo stesso pensiero era ancora più incredibile se pensava a sua madre.

Ripensò a quello che aveva detto la preside McGranitt alla mamma: mentre la mamma aspettava Orion, Barty aveva fatto rivivere al professor Longbottom la tortura che anni prima aveva inflitto ai genitori. Roland sapeva che quella tortura era stata eseguita non solo da Barty, ma anche da suo papà, da zio Rabastan e Bellatrix. Non riusciva a immaginare che lui, Orion, Roddie e Rab facessero qualcosa del genere. Avevano imparato a usare le Arti Oscure e sapevano persino evocare le maledizioni senza perdono, ma non si sarebbero mai sognati di usarle o di mostrarle a una classe di studenti dell’età di Roddie.

Roland aveva capito perché i suoi genitori non parlavano mai volentieri dei tempi della guerra e perché certi nomi erano in grado di spegnere i loro sguardi, o perché, sotto sotto, erano terrorizzati dall’idea di tornare indietro nel tempo ed essere costretti a rivivere quei giorni. Una parte di lui avrebbe voluto conoscere a fondo il passato dei suoi genitori, ma un’altra parte di sé era contenta di aver avuto un’infanzia serena.

Arrivò nel salone e salutò un po’ di invitati. C’erano gli amici di Orion, alcuni colleghi del Ministero della Magia, c’era Hawk e persino Lucile insieme ai suoi genitori. Si salutarono e lei gli fece gli auguri per Orion. Andò a sedersi in prima fila, accanto a Roddie e Rab.

La mamma e il papà erano in piedi accanto ad Orion e cercavano di smorzare la sua ansia che cresceva di minuto in minuto in attesa dell’arrivo di Sybil. Quando partirono i canti che annunciavano l’arrivo della sposa, la mamma tornò al posto, mentre il papà rimase nel posto riservato ai testimoni, insieme al fratello di Sybil. Si scambiò uno sguardo con Orion e gli sorrise incoraggiante.

La cerimonia fu intensa. Lucien Dolohov, il papà di Lucile, celebrava i riti e fu lui a pronunciare le formule magiche che unirono Orion e Sybil. Roland sentì un tuffo allo stomaco a vedere l’emozione dei due sposi. Si voltò indietro e incontrò lo sguardo di Lucile, sentì le guance avvampare, mentre pensava che dopo la cerimonia sarebbero stati seduti vicini e avrebbero trascorso la serata insieme. Le parole di Orion gli tornarono in mente e sospirò pensando che non gli sarebbe affatto dispiaciuto essere il prossimo, una volta finita Hogwarts e capito che direzione avrebbe preso la sua vita. Sperava solo che Lucile sarebbe stata al suo fianco.

 

***

 

Rabastan era rimasto composto per tutta la cerimonia. Non aveva nemmeno preso in giro Roland quando era diventato rosso come un peperone per aver visto Lucile e aveva sopportato stoicamente le osservazioni di Roddie su quanto fosse stata impeccabile la mamma nell’organizzare il ricevimento.

Aveva cenato al tavolo con i suoi cugini francesi, Philomène e Cyrille, Roddie e i fratelli Yaxley, Corban e Alexandra. Philo aveva raccontato a tutti i presenti di quanto fosse meravigliosa Beauxbatons, delle uniformi blu leggerissime, dell’aria calda e piacevole che spirava tra le mura del castello e delle delizie della cucina francese.

“C’è un coro di ninfe che canta durante i pasti!” aveva esclamato meravigliata, “e all’ingresso c’è una fontana che aumenta la bellezza e la grazia di chi beve dalle sue acque.”

Rabastan notò che Corban sembrava molto interessato al racconto di Philo, non smetteva di sorriderle e di dirle che sembrava tutto incantevole e che gli sarebbe piaciuto visitare quella scuola. Cyrille aveva alzato gli occhi al cielo e aveva proposto di andare a giocare.

“Non possiamo alzarci da tavola prima che sia finito il pasto, Cyrille,” lo aveva rimproverato Roddie. Cyrille, tuttavia, aveva scrollato le spalle e gli aveva risposto: “Vallo a dire a mio papà che è là a scherzare con i suoi amici. Io mi alzo.”

Rabastan lo aveva seguito e anche Corban e Philomène si erano alzati ed erano andati in una saletta in cui potevano giocare a Sparaschiocco o con i modellini dei giocatori di Quidditch.

“Alex, vieni?” aveva domandato Corban alla sorella. Alexandra aveva annuito e li aveva raggiunti iniziando una partita a Scacchi Magici con Philomène. Rabastan si voltò a guardare Roddie che resisteva impettito da solo a tavola, vide la mamma avvicinarsi al fratello e dirgli qualcosa. Sicuramente gli stava dicendo che poteva raggiungere gli altri a giocare, perché poco dopo Roddie arrivò nella stanza e osservò la partita a Sparaschiocco che era iniziata senza di lui. Vennero richiamati per il dolce e Rabastan apprezzò moltissimo la torta, nonostante Philomène continuasse a sottolineare quanto la pasticceria francese fosse deliziosa. La torta era stata scelta da Sybil, a quanto ne sapeva Rabastan che si era totalmente disinteressato di quei dettagli. Finiti i dolci, vide la mamma, il papà, Roland e Orion chiacchierare in un angolo e decise di raggiungerli.

“Eccoti!” esclamò la mamma, “ti stai divertendo? Roddie sta facendo il bravo?”

Roland diede una gomitata alla mamma: “Guardalo, mamma, sta parlando con una ragazza!”

“È tutta la sera che parlano,” disse Rabastan.

“Non ci posso credere, ma è…”

“Alexandra Yaxley,” disse Rabastan ridacchiando, “è una mia compagna di classe. Aspetta che lo sappia Corban!” Rabastan sentì il braccio della mamma afferrarlo per la spalla e attirarlo a sé in un abbraccio, la stessa cosa fece con Roland mentre continuavano ad osservare Roddie che parlava al tavolo con Alexandra.

“Ascoltatemi molto bene,” esordì la mamma, “non voglio cantare vittoria prima del tempo, ma se qualcuno di voi prende in giro Roddie e lui smette di parlare con la figlia di Aldous, avrete una punizione che durerà per tutto il tempo che Roddie passerà attaccato alla mia gonna, siamo intesi?”

Roland scoppiò a ridere: “Mamma, stanno andando a ballare, guarda!”

Rabastan si coprì la bocca per non scoppiare a ridere. Ricevette un’altra occhiataccia dalla mamma che gli sussurrò nell’orecchio: “Pensa alla punizione che ti beccherai, Rab, potrebbero passare anni prima che Roddie trovi un’altra ragazza sufficientemente interessante e aggraziata per i suoi standard.”

L’idea di prendere in giro Roddie divenne improvvisamente poco allettante, di fronte la prospettiva di una punizione eterna, perché nessuna sarebbe mai stata abbastanza per suo fratello. Insomma, se Roddie voleva perdere tempo con la sorella di Corban non era un suo problema, dopo tutto. Roddie era un pesantone, lei era noiosa, forse erano fatti l’uno per l’altra.

Sybil arrivò a reclamare Orion. La mamma e il papà fecero loro gli auguri. Li stavano salutando quando arrivarono zio Rabastan e zia Pucine. “Felice Yule!” esclamò lo zio, “bellissimo matrimonio, peccato che i giovani d’oggi abbiano interrotto il rito della tenda. Sarebbe stato divertente.”

“Zio, ti ho sentito!” esclamò Orion, “la risposta è no!” Lo zio alzò le mani e ridacchiando passò una mano tra i ricci di Rabastan: “Allora, hanno fatto i bravi Phil e Cyrille?” Rabastan annuì e lo zio gli domandò: “Ti va di fare un giro?” Fece un cenno verso il terrazzo di casa. Rabastan lo seguì.

“Ho saputo dell’avventura che hai vissuto,” gli disse, “Sei stato molto coraggioso a sfidare il fantasma dell’Oscuro Signore apertamente, lo sai? È un’avventura degna di Nathair.”

“Tu conosci le avventure di Nathair?” domandò Rabastan sorpreso. Lo zio sorrise a quella domanda. Certo, se gli regalava tutti i libri forse anche lui era un appassionato lettore. Zio Rabastan si voltò verso di lui e gli rivolse uno dei suoi sguardi complici, così simili a quelli che gli rivolgeva quando era piccolo e lo portava di nascosto sull’Ippogrifo di suo padre.

“Sai mantenere un segreto?”

Rabastan annuì. Ripensò al segreto che si era portato dentro per mesi, su Delphi che aveva visto suo padre e lui le aveva detto di tornare indietro nel tempo e si convinse del fatto che sì, lui era assolutamente in grado di mantenere un segreto.

“Ti sorprenderà sapere che Raymond Laurent non è altro che lo pseudonimo di Rabastan Lestrange. Le avventure di Nathair sono ispirate a fatti accaduti durante le guerre magiche e alla storia della nostra famiglia.”

Rabastan osservò lo zio sorpreso: “È per questo motivo che riesci a farmi avere i libri in anteprima?”

Lo zio annuì: “Esattamente, sei sveglio.”

“Ma zio, Laurent è il mio scrittore preferito! Ho scritto un racconto ispirato alle gesta di Nathair, posso fartelo leggere?” Non gli sembrava vero di aver sempre conosciuto il suo scrittore preferito. In quel momento tutte le affinità che sentiva tra le avventure di Nathair e sé stesso diventavano chiare: aveva lo stesso sangue dello stregone dei draghi. Zio Rabastan gli sorrise divertito: “Molto volentieri!”

Rabastan si voltò verso la mamma e il papà che li stavano raggiungendo, domandò loro: “Voi lo sapevate?” Vide come si scambiarono degli sguardi e quando zio annuì, sorrisero annuendo a loro volta.

“Non ti avrebbero mai pubblicato con il tuo vero nome?” domandò Rabastan con una punta di preoccupazione nella voce. Perché suo zio aveva rinunciato al suo nome? Possibile che nemmeno dei libri appassionanti come quelli di Nathair, che erano amati da molti giovani maghi, sarebbero stati pubblicati solo perché scritti da un Lestrange?

“Non volevo che leggessero i romanzi con gli occhi pieni di pregiudizi,” spiegò lo zio, “Siete stati molto bravi a chiudere il capitolo della guerra e ad andare avanti, molto più di quanto siamo riusciti ad esserlo noi in questi anni, vero Rod?”

Rabastan vide suo padre annuire e dire: “Sono stati decisamente saggi. Non potrei essere più orgoglioso di loro. Sono riusciti a prendere le distanze dalla guerra senza andare contro il proprio nome e la propria famiglia. Nessuno di noi ha fatto quelle scelte a cuor leggero, ma avevamo fatto un giuramento e non tradiamo la parola data, per quanto difficili e dure siano le conseguenze.” Lo sguardo di suo padre si incupì leggermente, come ogni volta che i ricordi del passato affioravano alla memoria. La mamma accarezzò la schiena del papà e poi Rabastan sentì una carezza uguale, di quelle che la mamma gli dava quando era piccolo e il suo precettore lo lodava per lo studio.

“Vi abbiamo dato tutto il nostro amore,” gli disse la mamma, “vi abbiamo insegnato il rispetto per le vostre radici, la responsabilità del nome che portate, e insegnato la storia della nostra antichissima famiglia perché non siate manipolabili, perché nessuno vi insinui dubbi su quanto siano forti i legami che esistono tra di noi.”

Rabastan pensò ai giochetti stupidi di Delphini quando provava a mettere zizzania tra loro e si arrabbiava perché non ci riusciva. Quando erano piccoli lei riusciva a farli litigare o scoppiare a piangere, ma crescendo avevano capito che insieme potevano essere più forti di lei. Quello che era successo ad Hogwarts aveva dimostrato a Rabastan quanto fosse forte il legame con Roland e con Roddie. Nessuno dei due lo aveva escluso perché era il più piccolo e persino Roddie, che era lo strano, il pesantone che parlava con i fantasmi, alla fine aveva creato una bolla che aveva imprigionato la pietra e impedito agli spiriti dei morti di uscire prima che iniziasse Samhain.

“State crescendo e tra poco andrete per il mondo sulle vostre gambe,” continuò la mamma, “se ricordate da dove venite, saprete sempre come tornare a casa e non vi perderete.”

Rabastan pensava al suo desiderio di esplorare il mondo di vedere i draghi e incontrare un Tuono Alato nei deserti americani. Avrebbe voluto conoscere le tradizioni magiche dell’estremo oriente e visitare diverse scuole di magia, nulla che lo portasse al Wizengamot come sognavano la mamma e il papà. Trovò il coraggio per dare voce alle sue paure: “Cosa succederà se le nostre scelte non saranno all’altezza delle vostre aspettative?”

“Noi ci aspettiamo che siate felici. Qualsiasi decisione prenderete, impegnerete il nome e la storia dei Lestrange. Sarà una vostra responsabilità decidere come portare avanti il nome della famiglia. Come vedi, non sempre le scelte in linea con la tradizione si rivelano essere quelle giuste. Ci auguriamo che continuiate a custodire le tradizioni e la storia di questa antica famiglia, e sappiamo che lo farete.”

Rabastan abbracciò la mamma. Sentì la mano di zio Rabastan sulla spalla. Alzò lo sguardo verso la mamma e guardò anche il papà: “Quindi da grande potrò vedere i draghi?”

La mamma sorrise e annuì: “Oh, sì, nonno Edward sarebbe così felice di sapere che la passione per queste creature vive in te!” Rabastan non aveva mai conosciuto i suoi nonni, erano tutti morti prima della sua nascita e la mamma gli aveva raccontato che il nonno Edward e il suo migliore amico Orion erano grandi appassionati di draghi e ne avevano visti di ogni tipo. Aveva detto anche che avevano una passione per le uova di drago e le proprietà magiche del sangue di drago che poteva essere velenoso, ma utilizzato nelle giuste dosi, diventava un preziosissimo ingrediente per le pozioni.

Zia Pucine propose di rientrare dentro, visto il vento che si stava alzando dal mare. Rabastan vide lo zio chiedere alla zia di ballare, mentre la mamma e il papà guardavano Roland ballare con Lucile e Roddie che ballava ancora con Alexandra.

Rabastan abbracciò la mamma e le domandò con la voce un po’ tremante: “Ma deve proprio cambiare tutto l’anno prossimo?”

La mamma gli sorrise e disse: “No, Rab, non deve, ma potrebbe. Guarda Roddie, stamattina nessuno di noi avrebbe immaginato di vederlo danzare con una ragazza e invece è successo. Accadrà quando sarà il momento e ti sembrerà la cosa più naturale e più bella del mondo, non devi avere paura dell’amore.”

Il papà gli disse: “Potrebbero volerci anche molti anni. L’idea della mamma sul quarto anno era solo per staccare Roddie dalla sua gonna, tu sei già indipendente, hai un altro carattere. Pensa che ho iniziato a frequentare la mamma a quarantasei anni, direi che hai moltissimo tempo per pensare ai Draghi, per esplorare il mondo e magari vedere un Tuono Alato, come sogni. Potresti essere il primo Lestrange che insegna a Ilvermorny e fondare il ramo americano dei Lestrange o potresti tornare in Inghilterra, o vivere in Francia. Insomma, puoi fare quello che vuoi Rabastan. Solo abbi cura del sangue che ti scorre nelle vene.”

Rabastan annuì. “Non credo che sarà un problema. Ho parlato con dei Nati Babbani a scuola,” confessò. Non lo aveva mai raccontato a nessuno perché aveva paura delle prese in giro di Roddie o dei rimproveri di Roland. “Mi avete detto di essere gentile con tutti e l’ho fatto, ma loro hanno paura della magia, vogliono controllarla, non vogliono andare oltre quello che viene insegnato. Sono spaventati dalle nostre tradizioni e sono così distratti dal mondo babbano che ci vedono come un residuo vecchio e poco interessante, proprio come quando Nathair sente che il tempo dei maghi sta volgendo alla fine.”

“Beh non saranno tutti così,” gli disse il papà.

“No, ma il punto è che io voglio conoscere i draghi, esplorare il mondo e coltivare la magia, voglio riuscire a controllare gli elementi della natura, ripercorrere i sentieri dei grandi maghi del passato come Merlino e Salazar Serpeverde. Voglio diventare un mago forte e rispettato. Quando il professor Pucey ha bloccato la Pietra della Resurrezione ho pensato che anch’io avrei voluto conoscere quegli incantesimi così avanzati ed essere in grado di controllare ogni tipo di magia.”

Il papà gli mise un braccio intorno alle spalle e gli disse: “Vieni qua, sei proprio come me, allora! Se vuoi, nei prossimi giorni ti porto nel laboratorio e ti mostro qualche incantesimo avanzato.” Lo guardò con i suoi occhi neri e gli disse: “Saremo io e te, visto che i tuoi fratelli mi sembrano fin troppo impegnati!”

Rabastan abbracciò il papà annuendo. I momenti tra loro due erano sempre molto rari, visto che doveva dividerlo con i suoi fratelli e Roland e Orion avevano sempre delle questioni più urgenti da sottoporgli, rispetto a lui che era un bambinetto. Adesso, però, stava arrivando il suo momento di stare con il papà e non gli sembrava vero di aver trovato una simile affinità. Zio Rabastan avrebbe letto i suoi racconti e il papà lo avrebbe iniziato alla magia avanzata.

C’era un modo nuovo per poter diventare un grande mago nel mondo di oggi e non richiedeva di seguire la via del terrore imposta da Gellert Grindelwald e Lord Voldemort e Rabastan avrebbe scoperto quel sentiero e l’avrebbe percorso. Forse sarebbe diventato uno scrittore come zio Rabastan e i suoi libri sarebbero stati letti in tutto il mondo.

Sapeva solo che, abbracciato al papà sul divano di casa, Rabastan non aveva più paura del futuro, di Delphi e delle profezie. Forse, per allora, avrebbe persino scoperto come fermarla.

 

***

 

Rodolphus aveva ballato per tutta la sera con Alexandra, la sorella di Corban, e non gli sembrava vero di aver incontrato così facilmente una ragazza tanto carina quanto aggraziata. Era adorabile con i suoi boccoli castani e il sorriso gentile e le guance che si erano tinte di rosso quando lui le aveva chiesto di danzare. Aveva visto Orion ballare con Sybil ed erano rimasti al tavolo da soli, mentre Corban era con i cugini francesi e Rabastan era scomparso. Così, per evitare che scendesse un silenzio imbarazzante, per poter continuare a guardarla senza dover parlare, le aveva proposto di ballare. Alexandra aveva accettato e si erano trovati a muovere i passi sulla pista, un po’ arrugginiti dall’assenza di esercizio.

“Dicono che sei strambo,” gli aveva confessato Alexandra, “perché parli con i fantasmi, ma trovo che tu sia geniale.”

Rodolphus si era sentito in imbarazzo per quel complimento del tutto inaspettato e le fece eco: “Corban dice sempre che sei noiosa, ma mi sembri solo molto educata.”

“E non lo trovi noioso?”

“No, scherzi? Sei impeccabile ed è una cosa molto importante, anche se oggi sono in pochi ad apprezzarlo.”

“E tu lo apprezzi?” domandò con la voce che tremava un po’ per l’ansia. Rodolphus annuì, le disse: “Vieni con me, ti mostro una cosa.”

Si allontanarono dal salone delle feste e Rodolphus la condusse verso la sala dove studiava. Camminavano a passo svelto tenendosi per mano, cercando di non far rumore per non attirare le attenzioni degli elfi. Aprì la porta e si avvicinò verso la sua libreria e le mostrò uno scaffale.

“Questi sono tutti i libri di etichetta di mia mamma. Mi dice sempre che è importante conoscere le regole del gioco per sapere se chi le infrange è un estroso o un ignorante, serve anche per sottolineare il proprio potere e il proprio status nel mondo.”

“Anch’io ho uno scaffale simile con i libri di mia mamma, però non li ho letti tutti.”

“In estate la mamma ci da delle lezioni di ripasso. Se ti fa piacere ti inviterò per un tè!”

“Oh, volentieri! Mio papà parla sempre bene di tua mamma, erano compagni di scuola!” esclamò allegra e Rodolphus non riusciva a credere che potesse esistere una ragazza che adorasse prendere il tè come lui. Sorrise, sentendo qualcosa di strano che si muoveva nel suo stomaco e gli rendeva la testa leggera impedendogli di smettere di sorridere.

Abbassò lo sguardo e vide un’ombra sul pavimento proiettata dalla luce della lanterna che avevano acceso. Alzò lo sguardo verso l’alto, imitato da Alexandra, ed entrambi videro un rametto di vischio che pendeva sull’ingresso. Era una mania di sua mamma, quella di riempire il castello di rametti di vischio per buon augurio.

Si scambiarono entrambi un sorriso imbarazzato e poi Rodolphus si sporse per darle un bacio sulla guancia. Alexandra non colse bene il suo movimento e si spostò all’ultimo e le loro labbra finirono per incontrarsi. Arrossirono entrambi.

Alexandra sorrideva e Rodolphus le prese la mano e si sporse di nuovo per darle un altro bacio. Questa volta le loro labbra si incontrarono di proposito. Si scambiarono qualche bacio a stampo prima che le loro labbra si schiudessero, come spinti da un istinto sconosciuto, e il loro bacio divenne in grado di smuovere qualcosa dentro di lui. Si riscossero, spaventati da quella scoperta, consapevoli di quanto fosse inappropriato per entrambi stare in disparte e di quanto Rodolphus stesse mettendo in difficoltà Alexandra.

“Perdonami,” le disse facendole un baciamano. “Torniamo di là.”

“Vuoi fare che non è successo niente?” domandò titubante Alexandra.

“Nemmeno per idea,” le sorrise Rodolphus, “ma non ho intenzione di rovinare la tua reputazione o la mia da gentiluomo. Faremo le cose per bene, se sei d’accordo.”

Alexandra annuì e Rodolphus la trovò bellissima.

In quel momento, i fantasmi e la paura della profezia sembravano qualcosa di assolutamente remoto, persino il passato, la guerra e i suoi genitori divennero pensieri lontani. Davanti a lui c’era solo il futuro che sembrava sorridergli complice attraverso gli occhi di Alexandra. Era come se un altro pezzo fosse andato al suo posto, come se una fase della sua vita fosse alle spalle e fosse saltato fuori un nuovo Rodolphus. Si disse che era bene non avere fretta e conoscersi e crescere insieme, perché ci voleva tempo per le cose più belle e loro lo avrebbero avuto, gli tornarono in mente le parole che il Cappello Parlante aveva detto all’inizio dell’anno scolastico: sarebbero stati loro a scegliere la direzione che avrebbe preso il futuro, mentre il passato, come l’infanzia, sembrava ormai alle spalle.

 

 

Fine

 

 

 

Note:

Approfitto di questo spazio per farvi gli auguri di buona fine e buon inizio anno. Il 2020 è stato un anno così complicato che immagino che tutti noi siamo contenti di lasciarcelo alle spalle, proprio come i nostri protagonisti sono felici di lasciarsi alle spalle il passato delle guerre magiche e pensare al futuro.

Spero che questa storia vi sia piaciuta e che non abbia deluso le vostre aspettative. Grazie a tutti coloro che hanno recensito, seguito, ricordato o preferito questa storia e anche ai tanti lettori silenziosi. Mi avete accompagnato in questo primo esperimento sulla New Generation e immagino di non dover abbandonare questi personaggi e tornare a scrivere di loro in qualche altro modo. Magari dando spazio anche ai piccoletti che sono stati esclusi.

Grazie di tutto il sostegno!

Un abbraccio,

Sev

   
 
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