LE
ALI DELLA FARFALLA
*
Capitolo 13 – Fatti l’uno per l’altra
*
Adrien
suonò il campanello della casa di Marinette.
“Entra”
Le disse chiudendo la porta dietro di lui e ritornando sul bancone della
cucina, dove il bollitore dell’acqua stava fischiando, avvertendola che il
liquido era pronto per essere versato.
Marinette
aveva i crampi nel basso ventre e un buon tè era quello che ci voleva per
placarli.
“Vuoi?”
Gli disse porgendogli una tazza.
“Grazie”
Rispose sospirando.
La
corvina stava attendendo che le raccontasse com’era andato quell’incontro.
Gabriel
gli aveva chiesto cinque minuti, ma erano passate quasi due ore da quando li
aveva lasciati, e ormai non aveva speranza che il ragazzo sarebbe rincasato la
sera.
“Allora?”
Si decise a chiedere mentre si sedeva accanto a lui con la tazza fumante tra le
mani, ne sorseggiò un po’, ma il tè era bollente e la costrinse ad una smorfia
di leggera sofferenza, meglio aspettare un altro po’ che raggiungesse la
temperatura giusta, non voleva rischiare di ustionarsi la gola e lo stomaco.
“Torno
a casa” Sospirò poco convinto “…ho deciso di dargli una seconda occasione, ne
ha il diritto, ma non so se funzionerà…”.
“Funzionerà,
vedrai” Lo interruppe mettendogli una mano sopra la sua.
“Dici
che sto facendo la cosa giusta?” Cercò un segno di approvazione.
“E’
tuo padre, e lui desidera solo starti accanto, di recuperare il tempo che avete
in qualche modo perso”.
“Si,
però…io non voglio più soffrire a causa sua, si è comportato da egoista e
questo ha incrinato il nostro rapporto, non so se sarà recuperabile”.
“Stai
soffrendo, e lo capisco, non posso nemmeno immaginare come ti senti, ma questa
settimana che abbiamo passato insieme, ho avvertito tutto il tuo dolore, e il
fatto di essergli stato lontano per tutto questo tempo, gli avrà fatto
sicuramente capire che dovrà parlare di più con te, e di non agire più alle tue
spalle.
Sei
importante per lui, Adrien, e se ha fatto quello che ha fatto, era solo perché
era un uomo disperato che non riusciva ad accettare la perdita della moglie,
avrei fatto la stessa cosa”.
“Lo
stai forse giustificando?”
“No,
ti sto solo facendo capire che per amore e disperazione, si farebbe di tutto.
Non posso nemmeno immaginare come potrei sentirmi se dovessi perderti, morirei
dentro”.
“Forse
hai ragione, ma questo non cambia il fatto che abbia causato tanto male, che
abbia messo in pericolo suo figlio e te, Milady”.
Marinette
sospirò increspando le labbra in un sorriso, era da tanto che non la chiamava
così, e doveva ammettere che le aveva fatto uno strano effetto, facendole
riscaldare il cuore, più di quanto non stesse facendo quel tè in quel momento.
“Senti,
io non sono in grado di cambiare il passato e nemmeno tu, possiamo solo
guardare al futuro con altri occhi, non dico di dimenticare perché sarebbe
impossibile e nemmeno giusto, ma possiamo cercare di mettere da parte il
risentimento per dare una seconda occasione alle persone”.
Adrien
le accarezzò il volto, e lei le poggiò la testa chiudendo gli occhi, facendosi
cullare da quella sensazione di calore che le stava trasmettendo.
“Cosa
farei senza di te” le sussurrò avvicinando il volto al suo.
“Ti
amo, Adrien”.
“Ti
amo anch’io, Marinette” La baciò delicatamente le labbra morbide. “Che si fa
ora?” Era chiaro che con Papillon fuori dai giochi, avrebbero potuto appendere
al chiodo le loro vesti da supereroi.
“Non
ho intenzione di rinunciare a Tikki”.
“Nemmeno
io lo voglio fare con Plagg”.
Nel
frattempo, i due kwami che stavano ascoltando la conversazione da dietro una
tenda, poterono tirare un sospiro di sollievo, non erano ancora pronti a
separarsi da loro.
I
due ragazzi si guardarono complici dopo aver notato il tessuto muoversi, così
alzarono di proposito il volume della conversazione.
“A
chi potrà mai raccontare quanto ti amo?” Sospirò, ho bisogno di qualcuno con
cui confidarmi.
“E
io a chi darei tutto quel formaggio puzzolente? Lo dovrei buttare e sarebbe un
peccato”.
Plagg
uscì dal nascondiglio e gli volò davanti al viso, sovrapponendosi a quello di
Marinette “Eh no, moccioso! Il mio Camembert non si tocca, se lo farai dovrai
vedertela con me” Alzò il musetto in segno di offesa.
“Come
se mi facessi paura” Assottigliò gli occhi e spostò poi il kwami con la mano
“…mi blocchi la visuale”.
Adrien
prese il volto di Marinette tra le mani traendolo a sé, e la baciò di nuovo,
prima delicatamente, poi aumentando la foga.
La
desiderava, e niente al mondo avrebbe interrotto quell’incontro.
Marinette
si fece trasportare dal momento, non riusciva a staccare le labbra dalle sue,
nemmeno ricordava l’ultima volta che l’aveva baciata in quel modo, così
delicato, così con riverenza.
Quando
si sdraiarono sul divano uno sopra l’altro, i due kwami decisero di levare le
tende e di lasciarli soli, non era il caso di assistere ad una cosa così
personale ed intima.
Plagg
con la zampetta azionò l’interruttore, spegnendo la luce artificiale e facendo
calare la penombra, poi raggiunse Tikki nell’altra stanza.
Rimasero
in quella posizione un tempo indefinito e nessuno dei due aveva l’intenzione di
separarsi, si desideravano troppo.
Mentre
la mani di Marinette gli accarezzavano la schiena sopra la maglietta verde,
quelle di Adrien le attraversavano tutto il corpo sotto la canotta, non gli
bastava più immaginare cosa avesse sotto i vestiti, anche se quella fase era
già stata abbondantemente sorpassata, ora voleva passare all’azione, e sentiva
che quello era il momento giusto.
Accarezzò
l’addome e salì fino a raggiungere il seno, trovandolo più sodo e gonfio del
solito, appoggiò la mano massaggiandoli entrambi con delicatezza, facendola
sospirare di piacere.
Poi
scese di nuovo verso la pancia, e mentre le apriva i bottoni dei jeans,
Marinette si ricordò di colpo di un particolare.
“No!”
Esclamò scansandolo, facendolo balzare seduto sul divano dalla parte opposta.
Si
sentiva un verme per non aver capito che non lo voleva, per aver sbagliato
sicuramente qualcosa “S-scusami, non volevo, è che…”
“Non
è colpa tua” Le disse abbassando lo sguardo avvampando di colpo “è che…è che…è
quel periodo del mese” Buttò fuori d’un fiato, sperando di non aver urlato
troppo.
Lui
scoppiò a ridere.
“Ti
sembra divertente?” Chiese acida.
“Si,
il Maestro Fu ci aveva visto giusto, solo io potevo essere il portatore del
miraculous della sfortuna”. Continuò a ridere a crepapelle, contagiando anche
lei, facendole dimenticare l’imbarazzo iniziale.
“Beh!
Non è detto che non dobbiamo fare proprio niente, niente” Gli si avvicinò
pericolosamente facendo aderire la schiena sulla seduta e lei di lato.
Non
sapeva nemmeno lei come avrebbe potuto agire, ma si lasciò trasportare
dall’istinto.
Per
prima cosa continuò a baciarlo e a percorrere con la mano libera tutto il suo
corpo fino ad arrivare all’orlo dei pantaloni.
“Milady…cosa…”
Sussurrò sulle labbra.
“Sta
zitto chaton…adesso mi devi guidare
tu”.
*
Era
passata circa una settimana da quando Adrien era ritornato a vivere con il
padre, e le cose sembravano andare meglio del previsto.
Nessuno
dei due aveva ancora toccato l’argomento, e questo sembrava averli avvicinati
di più.
Gabriel
sembrava più indulgente nei suoi confronti, lo faceva uscire di più con i suoi
amici e con la sua ragazza, impegni lavorativi permettendo, e comunque seguiva
sempre le lezioni di scherma e di cinese, ma ad Adrien poco importava, era
sempre stato ligio al dovere, quello che gli interessava era uscire di più di
casa per godersi la sua adolescenza come tutti i suoi coetanei.
La
sveglia trillò qualche secondo, prima che la mano del biondo la fermasse
uscendo da sotto le lenzuolo.
“Finalmente,
mi stavano scoppiando i timpani” Si lamentò il kwami nero tappandosi le
orecchie.
Adrien
di tutta risposta gli tirò dietro il cuscino, mugugnando qualcosa di
incomprensibile.
“Dai
alzati, non vorrai far aspettare codini?”
“Adesso
lo faccio” Sospirò sedendosi sul bordo del letto e prendendo sul comodino il
cellulare per assicurarsi di essere in orario.
Vi
trovò un messaggio di Marinette che gli augurava il buongiorno, a cui rispose
con un sorriso aggiungendo anche dell’altro, poi si avviò verso il bagno per
sbrigare un bisogno fisiologico e l’igiene mattutina.
Una
volta ritornato in camera, vi trovò già il letto rassettato e un cambio d’abiti
adagiati sul servo muto.
Incredibile
come la domestica sapesse il momento esatto per entrare, a volte credeva che
dormisse proprio sotto il suo letto, diede un’occhiata per sicurezza.
Prese
la tracolla e lasciò la sua camera per andare a fare colazione, dove vi trovò
già suo padre con il giornale in mano, pronto ad aggiornarsi su cosa stava
succedendo a Parigi.
Si
soffermò su un trafiletto in particolare, dove si parlava di Papillon, un
articolo frivolo, dove i parigini si chiedevano che fine avesse fatto.
Lo
chiuse e con non curanza lo piegò appoggiandolo sul tavolo, per poi prendere il
bicchiere di succo d’arancia e trangugiarlo.
“Buongiorno,
papà” Adrien si accomodò accanto a lui ed addentò una brioche vuota.
“Buongiorno,
figliolo”.
Nathalie
entrò nella stanza con perfetto tempismo “L’auto è pronta a partire”.
“Aspettiamo
che Adrien finisca la colazione, poi lo accompagneremo a scuola e andremo alla
Casa di Moda”.
Il
biondo quasi si strozzò “Vai in ufficio?”.
“Si”
Affermò in tono mellifluo “…è ora di riprendere le vecchie abitudini”.
Ad
Adrien mancò un battito dalla felicità, sembrava veramente che suo padre stesse
cambiando, per lui, per loro, per ritrovare quella normalità che tanto
desiderava.
“Mamma
sarebbe fiera di te” Gli disse con occhi lucidi.
“Lo
so”.
“Papà”
Lo richiamò mentre si stava alzando “…grazie”.
Gabriel
gli si avvicinò e lo abbracciò come non aveva mai fatto “Grazie a te per avermi
concesso una seconda occasione”.
*
Marinette
si accingeva a mettere piede sul primo scalino, quando si sentì chiamare da
Adrien.
“Sei
in ritardo!” Lo rimbeccò scherzando.
“Lo
so, scusami. Mio padre ha voluto accompagnarmi prima di andare in ufficio”.
“Ufficio?”
Fece di rimando “Ha ripreso ad andare in ufficio”.
“Sembrerebbe
di si”. Fece spallucce.
“Come
stanno andando le cose tra voi?”
“E’
presto per dirlo, ma non posso lamentarmi”.
“Vedrai
che andrà sempre meglio”.
E
cogliendola di sorpresa, Adrien la baciò, non curandosi del fatto che non
avevano ancora detto ai loro migliori amici, che stavano insieme, che tutta la
scuola li credeva solo amici, che non
avevano ancora accordato il momento per farlo.
Gli
andava di sentirla vicino, di assaporarla, perché era tutto merito suo se le
cose nella sua famiglia stavano prendendo una piega diversa, lei era proprio la
degna portatrice del miraculous della creazione.
“Ma
che diavolo sta succede qui?” La domanda in tono furibondo di Alya li fece
staccare e sgranare gli occhi.
“A-Alya!
N-ino possiamo spiegare” Balbettò gesticolando nervosamente.
“Cosa?
Che siete fatti l’uno per l’altra? O che non vi siete mai lasciati?” Chiese
scoppiando a ridere.
“Lo
sapevi?” Sgranò gli occhi Adrien.
“Eravate
certi forse di fregarmi? So cogliere i segnali e quegli inequivocabili sguardi,
e credetemi, quelli che vi scambiavate voi, non erano del tutto innocenti”.
Spiegò con fare saccente.
“Grazie
per essere usciti allo scoperto, non ne potevo più delle sue indagini” Sospirò
rassegnato il ragazzo occhialuto.
“Nino!!”
Lo richiamò la sua ragazza infastidita.
*
“Appoggerai
questa relazione, Gabriel?” Chiese curiosa Nathalie mentre dallo specchietto
osservava la scena.
“Quei
due sono fatti l’uno per l’altra”.
*
FINE
(seconda parte)
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, e grazie mille per essere arrivati
fino a qui, chi ha letto e ha lasciato un segno del suo passaggio, ma anche chi
ha seguito la storia in totale anonimato ed ha inserito la storia tra le
PREFERITE,SEGUITE e RICORDATE, siete tantissimi e il numero aumenta sempre.
Un
ringraziamento particolare va a summerlover , grazie
mille per tutti i consigli che mi hai dato e per essere sempre presente sotto
ogni capitolo.
Io ho cercato
con questa storia e con BEST FRIENDS, di inserire tutto quello che mi
piacerebbe vedere nella quarta e quinta stagione, spero di aver azzeccato
qualcosa XD.
E comunque non è
finta qui, perché oltre alla terza parte, tra qualche giorno pubblicherò un
capitolo bonus, quindi seguitemi ancora J
Un abbraccio.
Erika, alias
LadyHeather83