Capitolo 19
Fidati di me
Azaele, sapeva che stava arrivando la resa dei conti, era ora di
chiudere la partita prima che la situazione potesse degenerare.
Mentre raggiungeva la dependance che fungeva da sala da pranzo
dell'agriturismo, per l'occasione trasformata in sala conferenze,
annuiva distrattamente a Rossi-Corioli che gli stava elencando le
incredibili opportunità di guadagno a cui avrebbe potuto
accedere unendosi al gruppo di multilevel marketing, da lui
recentemente costituito grazie alla partecipazione di madre, cugino
disoccupato e fidanzata.
Una volta entrati in sala, Azaele si liberò di Rossi-Corioli
indicandogli cortesemente la sedia libera più lontana
possibile dal tavolo degli organizzatori. Cercò con lo sguardo
Alba, ma non la vide da nessuna parte. Sospirò, prese il
microfono, tossicchiò per attirare l'attenzione dei presenti e
cominciò a presentare la giornata, elencando i vari laboratori
e le loro finalità. Tutti iniziarono a prendere appunti, anche
i demoni.
Dopo qualche minuto entrarono in sala Marzia e Alba. La prima si
precipitò, con aria colpevole, a cercare una sedia libera. La
seconda osservò perplessa le ampie vetrate di cristallo
completamente ricoperte da poster che mostravano eroici impiegati con
le braccia alzate a simboleggiare la vittoria sulla montagna appena
scalata. Ballerine in equilibrio sulle punte, fiere di ballare sotto
la pioggia scrosciante. Pugilesse in posa d'attacco contro invisibili
avversari e il solito elefantino timoroso di attraversare il fiume
che Alba aveva già incontrato in infermeria.
Ogni immagine, rigorosamente ambientata all'aria aperta e all'alba di
una nuova vita piena di successi, era corredata dall'immancabile
frase motivazionale.
Impiegato scalatore: “Abbiamo quaranta milioni di ragioni per
fallire, ma non una sola scusa”.
Ballerina sotto la pioggia: “La vita ha due regole. La prima è
non arrendersi mai. La seconda è non dimenticarsi mai della
prima”.
Pugilessa: “Il duro lavoro batte il talento, quando il talento
non lavora duro”.
Elefantino timoroso: “Tutte
le cose sono difficili, prima di diventare facili”.
Alba pensò che sarebbe stato molto più motivante poter
ammirare il panorama per il quale erano state progettate le ampie
vetrate, piuttosto che quei poster patetici. Sospirò e
raggiunse l'ultima sedia libera disponibile.
Azaele finì il discorso di presentazione formò i gruppi
di lavoro e dichiarò ufficialmente iniziata la "sfida del
secolo". Uno scroscio di applausi concluse il suo intervento.
Umani e demoni defluirono dalla sala scambiandosi opinioni sul
discorso di Azaele e sul gruppo di lavoro al quale erano stati
assegnati.
Alla fine rimasero solo Azaele e Alba che, almeno apparentemente,
stava finendo di prendere appunti.
La signorina Corelli rientrò nella sala, squadrò
malamente la collega ancora seduta e le disse gelidamente "Stiamo
aspettando solo te!"
Alba chiuse il quaderno degli appunti, rivolse un'occhiata
indecifrabile a Molinesi e poi si alzò per seguire la Corelli.
#
La giornata di corsi si era rivelata un vero incubo, almeno per Alba.
La mattina era stata caratterizzata da una tensione continua. In
particolare durante il laboratorio "Trasparenza e sincerità"
che avrebbe dovuto aiutare i colleghi ad affrontare e superare
eventuali incomprensioni, ma che si era trasformato nella saga delle
accuse e delle vendette.
Martini e la Corelli si erano alleati contro i colleghi. La prima
aveva raggiunto vertici di acidità inediti e il secondo aveva
accusato tutti, tranne la sua alleata, di essere zavorre inutili e
incompetenti.
Alba non poteva credere alle sue orecchie e quando le accuse e le
offese avevano superato il limite, non era riuscita a fare meno di
desiderare che qualcosa tappasse la bocca ai due odiosi colleghi.
Immediatamente dopo le lingue di Martini e della Corelli si erano
gonfiate in modo abnorme e i due avevano cominciato a tossire così
forte da essere costretti a lasciare l'aula per andare a bere
qualcosa.
I presenti avevano tirato un sospiro di sollievo.
Alba però non si era affatto rasserenata, tutt'altro. Era
sicura di avere a che fare con l'improvviso gonfiore della lingua dei
colleghi.
La cosa che più l'angosciava però, era che per tutto il
giorno aveva avuto la sensazione che nelle aule ci fossero molte più
persone di quelle che vedeva realmente, una sorta di affollamento
"malefico" che le provocava un fortissimo senso di
malessere e nausea.
Aveva ringraziato il cielo (malgrado fosse atea) quando alle cinque,
finalmente, l'ultimo laboratorio della giornata "Fantasia al
potere" si era concluso con la raccolta firme per l'avvio del
progetto SMART! a cui si era rifiutata categoricamente di
partecipare.
Alba infatti non riusciva in nessun modo a capire come i suoi
colleghi si fossero potuti esaltare di fronte alla proposta avanzata
orgogliosamente da Rossi-Corioli, di produrre delle magliette con il
logo della ditta e l'immagine dell'impiegato del mese, per poi
venderle online.
Quando aveva cercato di sostenere che nessuno al mondo, a parte
qualche parente stretto del malcapitato impiegato di turno, avrebbe
potuto provare interesse all'acquisto di una simile maglietta,
Rossi-Corioli l'aveva tacciata di mancanza di coraggio nello
spingersi oltre gli “angusti limiti del sentiero
dell'ordinarietà”.
Alba aveva risposto che a volte tra coraggio e idiozia c'era una
sottile linea di demarcazione e che personalmente mai e poi mai
avrebbe accettato di aggiungere la sua firma a sostegno del progetto.
Tale reazione aveva provocato lo sconcerto dei colleghi e la felicità
del demone Zirael, che aveva scommesso contro il collega Razomiel,
vero autore della proposta nonché suggeritore occulto di
Rossi-Corioli, che almeno uno degli umani avrebbe dimostrato di non
essere così imbecille da accettare di firmare una simile
idiozia.
Allo scadere dell'orario Alba era praticamente fuggita dall'aula e
aveva attraversato i corridoi dell'agriturismo che col sopraggiungere
dell'imbrunire avevano cominciato a sembrarle molto meno allegri e
accoglienti.
Quella mattina infatti aveva ammirato i vasi di fiori colmi di
violette e ciclamini, i colori pastello che differenziavano le pareti
dei tre piani e le decorazioni floreali che le abbellivano, gli
specchi decorati da cornici fantasiose ispirate alle favole di Esopo.
Ma ora che la penombra nascondeva i colori allegri, ogni volta che
Alba incontrava uno specchio sentiva una strana inquietudine e
distoglieva subito lo sguardo per timore di scorgervi dentro presenze
inquietanti.
Era quasi arrivata in camera quando qualcuno la salutò.
"Ciao regazzina, ci si rivede!"
Alba rimase senza fiato, il rosso buttafuori del Cubo sembrava
comparso dal nulla e l'aspettava a braccia conserte appoggiato alla
porta della sua camera.
"Scusa, ma tu cosa ci fai qui?" domandò un po'
impaurita.
Razel sorrise "Tranquilla, nun sono qui per farti del male,
voglio solo aiutarti a comprendere la tua vera natura"
Alba non si sentì per nulla rassicurata, si fermò
incerta e rispose "Non so di che parli, per favore spostati e
lasciami entrare, sono molto stanca!"
Il demone scosse la testa "Forse, nun ce semo capiti. Io e te
dobbiamo parlare!" rispose scostandosi dalla porta e
avvicinandosi ad Alba continuando a sorridere.
La ragazza arretrò spaventata "Ti prego non so di che
parli, lasciami in pace!"
"Io credo che invece tu sappia benissimo di che parlo, ma nun te
va di guardare in faccia la realtà"
Razel si era avvicinato abbastanza da afferrarla delicatamente per
una spalla e spingerla lentamente fino a bloccarla contro il muro.
Alba, inizialmente spaventata si rese conto che una rabbia sorda
stava cominciando a farsi strada dentro di lei, chi diavolo era
quell'energumeno e come si permetteva di trattarla così?
"Ecco, brava smettila di tremare di paura e incazzate, famme
vede' cosa succede quando permetti alla vera Alba di venire fuori!"
ridacchiò Razel nel vedere lo sguardo della ragazza cominciare
ad emettere bagliori rossi.
"Lasciala in pace!" ordinò la voce familiare e
rassicurante di Sael.
Razel chiuse gli occhi, emise un profondo sospiro e senza neanche
voltarsi rispose "Questi nun sono affari tuoi bel fighetto,
vatti a trovare un diavoletto da sbaciucchiare e levati dalle palle!"
Sael replicò calmo "Lei non sarà mai tua, non ti
permetterò di prendertela. Levati tu, dalle palle!"
Razel sbuffò irritato "Me pare de aver già sentito
questo discorso, francamente nun te facevo tanto amico del
riccioletto!"
Si girò di scatto per appioppare un ceffone a Sael, ma il
giovane demone anticipandone la mossa scartò di lato e gli
assestò un calcio in uno stinco. Razel saltellò per il
dolore e latrò minaccioso "È meglio che cominci a
correre demonietto, se ci tieni alla vita"
"Sai che paura!" rispose Sael afferrando un vaso di
ciclamini e rompendoglielo in testa.
Razel non ci vide più dalla rabbia, si dimenticò
completamente di Alba e si buttò all'inseguimento di Sael che
aveva già provveduto a mettere in atto una elaborata fuga
preventiva attraverso i corridoi dell'agriturismo.
La ragazza rimase impietrita per qualche secondo, poi preoccupata per
l'amico, corse anche lei dietro a Razel, ma nonostante fossero
passati solo pochi secondi una volta voltato l'angolo si rese conto
che dei due non c'era più nessuna traccia.
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Sael stava volando come un razzo lungo i corridoi dell'agriturismo
quando una mano lo afferrò e lo trascinò dentro una
camera. Per un attimo pensò che Razel fosse riuscito ad
anticiparlo e rivolse, suo malgrado, una preghiera al cielo.
Un istante dopo si ritrovò sbattuto contro il muro con la
lingua di Michele in bocca. Cosa sicuramente più soddisfacente
dell'essere inseguito da un grosso demone incazzato.
"Sei impazzito? " ansimò Michele staccandosi e
rivolgendogli uno sguardo preoccupato "Hai intenzione di farti
ammazzare dal troglodita rosso?"
"Razel stava cercando di provocare Alba, le ho visto le pupille
diventare rosse!" rispose il demone tirandosi addosso l'angelo e
cercando ancora la sua bocca. Michele non si fece pregare e
ricominciò a baciarlo.
I due si fermarono si guardarono negli occhi e lanciarono un'occhiata
all'ampio letto matrimoniale, così invitante con quei cuscini
gonfi e morbidi e le lenzuola che profumavano di lavanda, pianta a
cui era dedicata la camera che avevano appena occupato.
"Forse non dovremmo…" mormorò Michele
spingendo Sael verso il letto e continuando a baciarlo con foga.
"Non è proprio il momento..." replicò poco
convinto Sael, aiutandolo a liberarsi dall'impermeabile bianco.
Angelo e demone si lasciarono cadere sul letto ed erano intenti a
cercare di strapparsi i vestiti di dosso, quando il rumore della
porta che si apriva e le allegre risate di una donna raggelarono il
loro entusiasmo.
La Dott.ssa Devito, impiegata dell'ufficio logistica in attesa di
firmare le carte del divorzio, una bella donna sui trentacinque anni
dai capelli biondi, gli occhi azzurri e le forme generose e l'Ing.
Corradi dell'ufficio progetti, un quarantenne single, alto, dai
capelli neri, gli occhi azzurri e un lieve accenno di calvizie sulla
nuca, entrarono in camera sbacciucchiandosi e smanazzandosi
dappertutto.
"Oh… forse non dovrei… sono ancora sposata
dopotutto…" trillò allegramente la Devito
buttandosi sul letto e ritrovandosi al fianco di Michele e Sael che,
malgrado fossero invisibili ai due umani, la fissarono muti e
paralizzati dall'imbarazzo.
Corradi si sbarazzò di scarpe e giacca e balzò con
scatto felino sulla collega. Attendeva quel momento da circa cinque
anni, nei quali aveva dilapidato centinaia di euro per accendere
candele alla Madonna Vallicelliana,
presso la quale aveva perorato con vigore la sua causa sostenendo che
la Devito, sposata con un uomo noioso e anaffettivo, aveva diritto di
trovare la felicità con un altro uomo simpatico e affettuoso e
che l'avrebbe tenuta in ben altra considerazione.
I due si rotolarono avvinghiati sul letto emettendo urletti e sospiri
vari.
Michele e Sael, onde evitare imbarazzanti collisioni con i due
amanti clandestini, furono costretti a buttarsi sul pavimento di
ceramica di Modena. Si rialzarono leggermente pesti e avviliti e si
precipitarono fuori dalla camera.
La Devito si bloccò perplessa "Che succede?" domandò
Corradi temendo che volesse tirarsi indietro.
"Niente, è solo che ho avuto l'impressione che la porta
si fosse aperta per un attimo!"
"Avremo disturbato qualche demone! Magari anche loro ogni tanto
si divertono come noi!" rispose lui sorridendo.
La dottoressa rise divertita, pensò che il suo quasi ex marito
non era mai stato dotato di senso delI'umorismo e aiutò il
collega a sfilarle la gonna.
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Azaele stava percorrendo i corridoi dell'agriturismo alla ricerca di
Alba quando Ariel gli si parò di fronte con un'espressione
rabbiosa e per nulla rassicurante.
"Ciao, piccolo bastardo, finalmente ci incontriamo!"
Il demone si fermò incerto, era abbastanza ovvio che sarebbe
stato inutile fingere di essere Molinesi.
"Hai perso la tua parlantina, Azaele? Come mai?" sogghignò
Ariel prendendolo per il collo e sbattendolo contro il muro.
"Ringrazia che sei nel corpo del mio utente e non posso
strapparti il cuore, ma presto non potrai più nasconderti lì
dentro e allora non ti basterà scappare sotto l'impermeabile
di Michele!"
Azaele gli rivolse uno sguardo disgustato, avrebbe potuto spiegare ad
Ariel che non intendeva rubare l'anima di Molinesi, né
tantomeno consegnarla a Razel, ma semplicemente restituire il corpo
all'umano. L'antipatia tra lui e l'angelo però era reciproca,
così si limitò a replicare "Sai, ho sempre pensato
che per essere un angelo sei veramente stronzo!"
Ariel strinse più forte e Azaele cominciò a risentire
della stretta, quando le porte dell'ascensore al piano si aprirono.
Le voci di due umani arrivarono anche ad Ariel che lasciò
andare Molinesi.
"Per ora la chiudiamo qui, ma ci rivedremo presto!"
sussurrò l'angelo allontanandosi.
Azaele portò una mano al collo e sospirò di sollievo.
"Oh, Corrado, la stavamo cercando dappertutto!" cinguettò
la signorina Corelli, la cui lingua purtroppo sembrava perfettamente
ristabilita. Martini, temendo di veder sfumare la possibilità
di portarsi a letto la collega, nonostante il lavoro di seduzione che
era convinto di aver brillantemente portato avanti per tutta la
giornata, rivolse a Molinesi uno sguardo di sfida.
Azaele non aveva alcuna intenzione di farsi slinguazzare una seconda
volta dall'odiosissima Corelli, per cui le rivolse un sorriso
freddamente professionale e domandò "A che proposito?"
La donna completamente smontata rispose gelidamente "Hanno
appena aperto il buffet!" dopodiché rientrò in
ascensore guardando Martini come se fosse stato la reincarnazione di
Paul Newman, cosa piuttosto improbabile considerando che il noto
attore, al contrario del collega, era stato un uomo dalla bellezza
mozzafiato.
Azaele sospirò di sollievo, l'ultima cosa che voleva era che
qualcuno potesse andare a dire in giro che si era scopato la vipera
bionda.
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Alba era ferma nel bel mezzo di un corridoio e stava riflettendo
sull'improvvisa sparizione di Sael e del buttafuori del Cubo quando
si sentì chiamare da Molinesi.
"Alba, ti ho trovato finalmente, ti ho cercato dappertutto!"
Alba indietreggiò spaventata, non riusciva a togliersi dalla
testa la convinzione di aver visto nei vetri dell'ufficio il riflesso
del ragazzo che appariva nei suoi sogni.
"Che succede?" domandò lui notando il pallore del
viso di lei e fermandosi a circa un metro di distanza.
"Io… non lo so! Dimmelo tu!" rispose lei lanciando
un'occhiata alle porte chiuse dell'ascensore.
Azaele si guardò intorno.
"Non mi va di parlare qui, andiamo in un posto più
appartato, devo spiegarti molte cose!" rispose porgendo una mano
ad Alba e avanzando di un passo facendo si che la sua immagine
venisse riflessa in uno degli specchi appesi alle pareti del
corridoio.
Alba non riuscì a fare a meno di rivolgere lo sguardo verso lo
specchio, emise un gemito soffocato e domandò sconvolta "Chi
sei? Cosa vuoi da me, perché mi perseguiti?"
"Che cosa hai visto la dentro?" domandò il demone
preoccupato.
Lei indietreggiò ancora tendendo le braccia in avanti per
tenerlo a distanza "Ho visto quello che sei davvero, un mostro
alato che mi perseguita nei sogni e ora anche nella vita reale"
"Tu… tu mi hai visto?"
Alba scosse la testa piangendo e corse verso l'ascensore, schiacciò
convulsamente il tasto per chiamarlo al piano, ma l'ascensore era
già occupato, qualcuno era stato più veloce di lei. Si
voltò tremante verso Molinesi che le camminava incontro
lentamente.
"Lasciami in pace, è colpa tua… tutto quello che
sta succedendo è colpa tua!" urlò terrorizzata
schiacciandosi contro le porte dell'ascensore.
Azaele si fermò e parlò con voce molto calma "Ora
calmati! Non voglio farti male, voglio proteggerti"
Alba continuava a fissarlo tremando.
"Per favore credimi, non sono io quello che devi temere, c'è
qualcuno che ti sta cercando, è qui anche lui ed è
pericoloso"
Alba sbiancò del tutto "Il buttafuori del Cubo?"
"Chi?" domandò Azaele.
"Un uomo enorme dai capelli rossi!"
"Tu lo conosci?"
"Si!"
"Merda!" commentò preoccupato Azaele, non c'era
davvero più tempo da perdere. Doveva disfarsi del corpo di
Molinesi. Lo rendeva troppo debole per affrontare la situazione che
si stava facendo sempre più pericolosa.
"Ascolta Alba, quel… mostro che sogni, ti ha mai fatto
del male?"
"Nei sogni non è mostruoso, non ha le ali e neanche le
corna!" ammise Alba.
Azaele sospirò e sottolineò "Non sono corna, è
l'aureola che si è spezzata!"
Alba gli rivolse un'occhiata perplessa.
"Ok, a parte le precisazioni anatomiche… nei sogni ti
faccio del male?"
"No…" ammise lei leggermente più calma "Anzi,
mi salvi la vita"
Azaele sorrise "Vedi? Non è me, che devi temere!"
Si avvicinò ancora di più ad Alba e le prese
delicatamente una mano tra le sue, poi guardandola negli occhi la
tirò lentamente verso di sé e l'avvolse in un abbraccio
protettivo.
"Ti prego fidati di me o meglio, fidati di Azaele. Lo so che sei
sconvolta e che ti sembra di impazzire, ma ti giuro che posso
spiegarti tutto, anche i sogni" sussurrò dolcemente.
Alba non seppe spiegarsi il perché, ma stretta tra le braccia
di Molinesi sentì la paura allontanarsi e che nulla avrebbe
potuto farle del male, neanche il gigante rosso.
"Andiamo in camera tua" propose Azaele dolcemente.
Alba lo guardò titubante.
Lui la strinse ancora "Non aver paura, voglio solo raccontarti
tutto!"
Una volta entrati in camera Azaele la fece sedere su una poltroncina
il cui cuscino ricordava una zucca e le disse "Ora non
spaventarti, ok?"
"Ok" rispose lei incerta.
Osservò Molinesi sdraiarsi sul letto matrimoniale, incrociare
le mani sul petto e chiudere gli occhi respirando regolarmente.
Dopo pochi secondi, dal corpo di Molinesi si staccò un'ombra
familiare che, una volta toccato il pavimento, prese consistenza fino
a diventare un corpo in carne e ossa.
Davanti agli occhi di Alba si materializzò il giovane che
appariva nei suoi sogni.
"Chi sei tu? Perché mi appari in sogno?"
Il demone le rivolse uno sguardo malinconico.
"Non sono sogni, sono ricordi di una vita passata in cui ci
siamo incontrati, amati e persi... per colpa mia"
Alba sospirò “Significa che in una vita passata... io
sono stata davvero una strega e che sei stato tu a trasformarmi?”
Azaele non fece in tempo a rispondere che un miagolio alla finestra
fece voltare entrambi.
Un gatto nero con una stella sulla fronte, se ne stava seduto sul
balcone cercando di attirare la loro attenzione da dietro i vetri.
“Merlino” esclamarono insieme.
“Come fai a conoscere il suo nome?” chiese Alba.
“Lo sai!” sorrise Azaele.
Alba sospirò “Si, è vero, lo so. Mi hai aiutato a
cercarlo quando abbiamo trovato la casa di Elena completamente
bruciata!”
“Allora ti ricordi!” esclamò Azaele speranzoso.
“No, non mi ricordo. Però l'ho sognato!” la
ragazza andò ad aprire la finestra.
Merlino entrò e si gettò su Azaele soffiando furioso.
Il demone si scansò e afferrò il gatto per la
collottola sollevandolo al livello del suo viso e scuotendolo
leggermente.
“Ora piantala Merlino, lo so che sei ancora arrabbiato per
quello che è successo allora, ma sai bene che non è
stata solo colpa mia. Mi avevano chiamato a recuperare delle anime e
sono stato costretto a obbedire! E sai altrettanto bene che oggi non
sono io a costituire un pericolo per Alba!”
Il gatto nero soffiò con meno convinzione, poi miagolò
contrariato.
“Ti lascio andare se tu prometti ti piantarla di aggredirmi!”
rispose Azaele.
Merlino emise un altro miagolio che Azaele interpretò come un
assenso. Non appena il gatto si sentì libero saltò in
braccio ad Alba e lanciò al demone uno sguardo sospettoso.
Alba che aveva assistito in silenzio a tutta la scena domandò
“Conosci il linguaggio dei gatti perché sei un demone?”
“Non è un gatto, è il tuo famiglio!”
“Il mio cosa?”
“Un famiglio, un demone minore incaricato di proteggerti,
l'eredità che ti ha lasciato Elena!”
Alba si sedette nuovamente sulla poltroncina, accarezzò la
schiena di Merlino e rivolse uno sguardo al corpo pallido di
Molinesi.
“Sai non credo che sia un bene per lui rimanere abbandonato in
quel modo!”
“No, in effetti no. Ma abbiamo un po' di tempo prima che sia
costretto a rientrare nel suo corpo, abbastanza per raccontarti come
è andata!” rispose Azaele sedendosi sul letto, di fronte
ad Alba.
“Allora comincia, voglio sapere tutto!” lo esortò
lei.
Azaele emise un lungo sospiro “Era un mite febbraio di
esattamente quattrocento anni fa, io avevo finito di ritirare delle
anime e mi stavo riposando sul ramo di un'enorme quercia, quando ho
sentito dei contadini urlare inferociti mentre inseguivano una
ragazza dai lunghi capelli neri e ricci e dai bellissimi occhi
verdi...”
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