Memorie,
capitolo [numero ancora da definirsi]: I vicini di casa
peggiori della storia
Il
panorama che si scorge guardando fuori dal finestrino del
bus in cui mi trovo è desolante e al contempo brulicante di
vita. Davanti ai
miei sensori ottici passano grossi casermoni tristi di colore grigio,
torbidi
canali di scolo che si snodano tra le vie, alcune larghe e alcune
strette ma
sempre malmesse, piazzali nei quali gruppi di persone più o
meno fitti sono
radunati a improvvisare l’ennesima follia alcolica della
giornata mentre si
“salutano” a suon di schiaffi, bidoni che vengono
fatti esplodere e volare in
aria come missili -sembra essere uno degli “sport”
più apprezzati del posto
insieme alle risse e alle discese su “veicoli”
improvvisati ai quali sono state
attaccate delle ruote, non ultimo il divano dei gemelli ieri- tavoli,
sedie e
avventori che volano magicamente fuori dalle porte e dalle finestre dei
locali
a causa delle, ahem, comuni discussioni pacifiche che intercorrono tra questi
assoluti barbari alcolizzati incapaci di mostrare civiltà
gli abitanti del
settore; tutto uguale e tutto diverso, come sempre.
Eccetto per le fauci dell’alloygator che schioccano accanto
al mio braccio un attimo dopo che la bestia è stata tirata
abbastanza indietro
da impedirle di fare un aperitivo con un pezzo di me.
«Katyusha! Non si morde il vicino. Non si fa!... ma chi
èèèèè la
alloygator più carina del bus? Ma sei tu! Ma sì
che sei tu!»
Già in condizioni normali la maggioranza degli abitanti
tende a tenersi
lontana dai sedili in
fondo quando vede che Megatron e Wraith ne hanno preso possesso, e oggi
se il
bus fosse stato meno pieno me ne sarei tenuto lontano io stesso dato
che il
cucciolo -tendente all’adolescenza- di alloygator lilla in
braccio alla mia
vicina di casa mi sta fissando con l’aria di chi sta
giudicando se sarei un
pasto buono oppure no.
«Non provare a portare in casa quella cosa, te lo
dico» dice
Megatron, e qui provo perfino del sollievo «Non voglio
bestiacce a ciancicare
il divano nuovo!»
Il divano nuovo, per la precisione quello che Megatron la
lanciato in modo poco urbano sui due sedili davanti a me. Non so dove
se lo
siano procurato e non sono certo di volerlo sapere ma immagino che
venga dalla
parte più a nord del settore, messa meglio di quella dove
vivo. A dir dei
gemelli ci sono perfino delle case che presentano una discreta opulenza
al
proprio interno, peccato appartengano a gruppi di spacciatori e
associazioni a
delinquere che la milizia di Kostrobna non riesce ancora a debellare.
La
maggioranza degli abitanti del settore fa
“soltanto” uso e abuso di energon
extra forte ed è gente un po’troppo semplice per
darsi alla criminalità
organizzata, ma questo non significa che non esista affatto, come del
resto
esiste ovunque. Agli abitanti della parte di Kostrobna dove vivo va
reso onore
almeno per una cosa: respingono con particolare violenza i tentativi
degli
spacciatori di mettere radici anche lì, alcuni
perché non apprezzano, altri
perché cercano solo una buona ragione per menare le mani.
«Katyusha è una signorina, non una bestiaccia. E
comunque a
breve scendo e la riporto dai suoi fratelli al
canale…»
«Basta che poi lei e loro ci restino anche, al
canale»
ribatte Megatron.
«Quella della settimana scorsa è stata
un’emergenza! Tu come
ti sentiresti se fossi un alloygator e ti prosciugassero casa
così di botto
senza senso?»
«Non lo so, ma so per certo che quando loro sono tornati a
stare dove dovevano stare e abbiamo prosciugato camera nostra mi sono
sentito molto felice. Una colonia
di alloygator in
casa, cazzo!»
«Avevi detto che andava bene, Megsha».
«Ero ubriaco fradicio! Disgraziata!»
«E io pure se è per questo, siamo ubriachi
sempre!»
«Ah già, è vero».
Come potete aver intuito dal delirante discorso ivi
riportato, la settimana scorsa i gemelli hanno accolto in casa una
famiglia di
alloygator in difficoltà causa prosciugamento del canale
dove vivevano. Credo
possiate immaginare l’espressione sul mio volto quando,
entrato in casa dei
gemelli, ho notato la barriera di lamiera tra il soggiorno e la camera
da
letto, l’acqua all’interno di essa e gli occhi di
un paio di alloygator a fare capolino
sulla superficie.
Dare rifugio a della fauna selvatica nell’attesa di
ripristinare il loro ambiente naturale -cosa che i miei vicini hanno
fatto un
paio di giorni fa con una tecnica mista tra cannonate e pseudo
ingegneria
kostrobnese deviando un canale poco lontano, e chi se ne importa del
danneggiamento e modifica di strutture pubbliche- potrebbe anche essere
considerato… encomiabile, di per sé.
Quasi. Se fossero stati cuccioli di cybergatti.
Ma vedere Megatron eseguire una tomb stone acquatica sul
capo della colonia di alloygator al grido di “CYKA
BLYAT!” per stabilire una volta per tutte chi fosse
l’alfa
dell’appartamento, il tutto mentre Wraith piazzava scommesse
con tutti i vicini
del pianerottolo accorsi in blocco a osservare la battaglia, era
qualcosa di
cui avrei fatto a meno volentieri.
Cielo, che periodo.
Wraith, come aveva anticipato, scende dal bus poco dopo con
Katyusha. Resto solo con Megatron, che sta svuotando un cubo di energon
extra
forte, e il suo divano nuovo. Nessuno dei due pare avere qualcosa da
dire
all’altro ma il silenzio non risulta pesante né
imbarazzante.
Giunti alla fermata scendiamo dal bus e Megatron non mi
chiede di aiutarlo col divano, che trasporta senza fatica. Arriviamo
fin sotto al
nostro condominio in relativa tranquillità, se si esclude il
vedere kostrobnesi
che hanno attaccato con un cavo una lamiera a un bus così da
farsi trascinare
su di essa come fosse uno slittino, ma con varie scintille in
più.
Inizio a essere avvezzo a simili scene. È grave.
«Stasera esci con noi, Dasha».
Mai che quella del mio vicino sia una domanda. «Veramente
stasera pensavo di leggere un po’, sai…»
«Sempre a leggere! L’hai fatto ieri sera, ci hai
anche
spiegato il pensiero di quel filosofo…»
Vero. Ieri sera, in un tentativo di unire la mia intenzione
di leggere alla compagnia non propriamente cercata dei miei vicini, ho
deciso
di provare a parlar loro del saggio di filosofia che stavo rileggendo
per la
terza volta. Mi ero rassegnato in partenza
all’inutilità di quel tentativo, scoprendo
con una certa sorpresa di sbagliare. Non solo si sono mostrati tutto
sommato
interessati, ma hanno perfino capito quel che ho spiegato e,
incredibile ma
vero, sono riusciti a spiegarlo anche ad altri loro amici arrivati in
seguito.
Avevo addirittura iniziato a sentirmi soddisfatto del
risultato -al di là dell’irritazione dovuta
all’ennesima conferma che il loro
essere esasperanti non venga dalla stupidità, ma
dall’essere stronzi- e
dall’essere riuscito a infilare nelle loro teste dure
concetti più “alti” dei
soliti, peccato che poi una discussione tra Megatron e uno degli altri
sul
pensiero di questo filosofo abbia fatto degenerare tutto in una rissa
con tanto
di defenestrazione finale. I frammenti di vetro sono ancora qui per
strada,
brillanti a causa della luce.
«L’ho fatto… e l’avete anche
compreso».
«Credi di avere a che fare con dei deficienti,
vicino?»
«No. Ma è anche per questo che mi
chiedo… non siete stupidi.
Tu e tua sorella potreste fare parecchio, ognuno a modo suo, se voleste
potreste fare carriera-»
«Dove?»
«Dove volete.
Letteralmente dove volete» al contrario di me, bloccato dove
sono sempre e
comunque «Se solo-»
Il divano viene lanciato da Megatron attraverso la finestra
già rotta dopo pochi attimi spesi a prendere la mira.
Ora al terzo piano del condominio c’è una finestra
con un
divano incastrato.
«E così non devo fare le scale con quello in
spalla!»
esclama, compiaciuto del gesto «Dicevi, vicino?»
«Niente. Assolutamente niente».
Per la mia salute mentale credo sia meglio non aggiungere
altro.
Saliamo le scale, Megatron mi parla di come lui e Wraith si
sono procurati il divano ma io ascolto solo a metà.
Arriviamo all’appartamento,
mi lascio trascinare dentro per inerzia e noto che Wraith è
già qui. Dev’essere
tornata poco fa e aver raggiunto casa saltando da un cornicione
all’altro, come
fa d’abitudine: “Si fa prima”, dice, e
almeno su questo ha ragione. Il divano
ovviamente non l’ha ostacolata, potendo passare attraverso le
pareti.
Una volta portato dentro il divano ci sediamo e accendiamo
il televisore. Grazie al cielo sembrano voler stare buoni per un
po’prima di
uscire e andare chissà dove con me a traino.
«… basketrek. Ieri uno dei ragazzi non aveva detto
a tutti e
tre qualcosa riguardo l’andare a giocare stasera, prima che
finisse fuori dalla
finestra?» domanda Wraith.
Me la cavo discretamente a basketrek, i miei tiri dal centro
del campo sono molto precisi. Io mi occupo dei tiri dal centro,
Megatron delle
schiacciate a canestro e Wraith ruba la palla agli avversari come ruba
il cibo
al mondo: la formazione funziona. Forse la serata non sarà
necessariamente un
disastro da subito.
È esattamente quando inizio a pensare così che il
rumore
nella strada inizia di botto ad aumentare. Kostrobna, e questa strada
ancor
meglio, non è mai propriamente silenziosa ma la
quantità di caos che sentiamo
non è normale.
«Wraaaith… che succede la fuori?»
domanda Megatron
scrocchiando le dita delle mani.
Pregusta già la rissa, lo vedo, e vedo anche il modo in cui
verrò trascinato dentro a mia volta. “Addio
all’illusione di una serata tutto
sommato decente”, sospiro nel mio processore, mentre Wraith
si avvicina
tranquillamente alla finestra, si sporge verso l’esterno per
più di metà e…
«CYKA BLYAT!»
Mai, in tutto il periodo trascorso in questo posto, avevo visto
così tanto allarme nella
mia vicina
di casa, la quale dopo quel grido scompare con un salto attraverso la
soffitta;
nulla di tutto questo è normale e sia io sia Megatron, in
risposta, siamo
scattati in piedi come se il divano avesse iniziato a bruciare.
«Cos...»
Si ode l’eco di un altro strillo di Wraith -ormai giunta sul
tetto, presumo- e Megatron, dopo aver urlato un “dr’mo” che in
kostrobnese indica l’energon esausto, mi solleva di
peso mentre sfonda la porta d’ingresso con un calcio e si
lancia nel corridoio.
«Ma che dia-?!...»
«DOBBIAMO ANDARE,
VICINO!» esclama, scendendo le scale a gruppi di
cinque con dei salti che
fanno tremare tutta la gradinata.
Megatron che fugge via come se lo inseguisse Unicron in
persona è qualcosa che getterebbe nell’angoscia
più pura qualsiasi essere
senziente che lo conosca anche solo di vista, e io non faccio
eccezione.
«Mettimi giù! Si può sapere che
succede?!»
«Il disastro, BLYAT!»
ribatte il mio vicino, sfondando la porta sul retro.
«Cosa-»
«Le dieci piaghe di Altheix tutte insieme, BLYAT!»
«Megatron-»
«BABUSHKA, BLYAT!
Babushka Valka è qui!»
Babushka Valka, alias la nonna dei gemelli, alias la stessa
persona alla cui furia, a dir loro, è preferibile la tana di
un ursanokor, nonché
la stessa persona che, quando loro erano troppo lontani per essere
colpiti dal
mestolo, nel futile tentativo di disciplinarli lanciava loro i piedi
per poi
inseguirli correndo sulle caviglie in caso di lanci a vuoto.
Ora comprendo meglio, anche se tutto questo continua a
sembrarmi eccessivo.
«Le avevamo detto che stavamo smettendo di bere, blyat, ma l’energon extra forte
che
abbiamo in corpo si sente da lontano, cyka
blyat!» impreca senza interrompere la sua folle
corsa «Cosa CAZZO ci fa
qui adesso?!»
«Ma più che altro io che c’entro?! Cerca
voi, non m-»
«E cosa pensi che avrebbe fatto trovandoti
nell’appartamento
se non cercare di farsi dire da te la nostra posizione a suon di
mestolate, dybil?! E tanto tutti
quelli che vivono
in questa strada per lei meritano la loro dose già solo per
quanto bevono! Un
motivo valido per una mestolata lo trova sempre! Sempre!»
«Ma se io sono-»
Il “pressoché
astemio” che avrei voluto dire si perde nell’etere
quando ai nostri recettori
uditivi giunge l’eco di uno “SCAPPA,
MEGSHA! SCAPPAAAAA” insieme a quella che inizio a
temere sia una serie di
colpi di mestolo.
«Wraith! L’ha
presa!...» esclama Megatron, fermando la sua corsa solo per
un attimo per
mettermi finalmente giù prima di riprendere con ancor
più disperazione nel
corpo e un “blyat”
a ogni passo «Non
c’è più niente da fare per lei ma forse
se riusciamo a trovare una cantina-»
«Come ha fatto a prenderla?! La transfase-»
«È transfasica anche babushka, ecco come, lo sai
come
funziona!»
Tra gli svariati limiti dell’abilità in questione
c’è anche
quello di essere inutilizzabile su un altro transfasico, quindi ha
senso, ma
che Wraith sia stata presa così alla svelta la dice lunga su
questa babushka
che ormai immagino poco meno grande di suo nipote e sulle nostre tracce
come un
segugio.
«Cantina! Cantina!»
esclamo, avvistandone una appena svoltato l’angolo.
«Cantina! Infiliamoci
dentro, prima
che-»
Qualcosa sul tetto vicino fa sì che una larga ombra scura
cada su di noi prima il “qualcosa” in questione
spicchi un salto spaventoso e
atterri davanti a noi sollevando un gran polverone e distruggendo
l’entrata per
la cantina.
Sento il mio vicino imprecare tanto alla svelta da non
riuscire a distinguere una parola dall’altra e lo vedo
cercare di allontanarsi,
ma tre dita di una grande mano rossastra afferrano una delle sue corna
e la
stringe in una morsa dalla quale è impossibile sfuggire,
mentre pollice e
indice stringono saldamente un grosso mestolo.
«“Stiamo smettendo di bere, babushka”,
dicevano».
Forse dovrei provare ad andarmene ma la voce cavernosa,
ancorché riconoscibile quale femminile, e il bagliore dei
sensori ottici rossi
brillanti che riesco a intravedere mi bloccano sul posto, mentre la
polvere si
dirada e il mio volto si solleva a guardare con una certa sensazione di
panico
una dei transformers più grossi che abbia mai visto.
Munita di quattro corna principali, due dentellate verso
l’interno e due verso l’esterno, massiccia, con
spalle “alte” sebbene non lo
siano quanto i cingoli del nipote -che supera in altezza di almeno
cinque
metri, il che è tutto dire- , un cannone sulla schiena che
svetta verso l’alto
e una combinazione di colori composta di rosso scuro, viola desaturato
e nero, la
sensazione che si prova è quella di avere davanti un titano
sconosciuto dei
tempi antichi che sta trattenendo e sollevando Wraith per il punto vita
con una
sola mano.
«Te l’avevo detto di fuggire, bl…in»
si corregge Wraith, la quale avendo già avuto la sua parte
di mestolate non dà minimamente mostra di voler provare a
liberarsi ma cade in
piedi quando, pochi istanti dopo, Valka la lascia e fa passare il
mestolo nella
mano ora libera.
«Ci ho provato, blya-
AHIO!» esclama Megatron dopo una mestolata della quale ho
avvertito lo
spostamento d’aria «Mollami subito brut- AHI! Idi nahuy cyka-»
Ormai le mestolate volano quasi da sole e io non so se il
mio vicino continui a sbraitare un’imprecazione dietro
l’altra perché è
masochista, perché è incosciente o
perché è coraggioso E
incosciente, al di là del fatto che io non comprenda come a
Megatron e Wraith possa essere mai saltata in mente l’idea di
contrariare
babushka, dato che questa
è babushka.
«“Stiamo mettendo la testa a posto,
babushka”» continua Valka
«“Stiamo cercando un lavoro,
babushka”» e giù, mestolate intense come
una
grandinata di Tarn «“Abbiamo smesso di usare brutte
parole al posto delle
virgole, babushka”-»
«Quello non l’ho mai detto, blya-
argh! Mollami!» sbotta Megatron, inascoltato, cercando di
stringere
il braccio di babushka. Lei naturalmente usa la transfase, dunque le
due dita
afferrano solo aria «Non sono più una protoforma!
Babushka! Babuskhaaaaa-»
«Non sarete più delle protoforme ma non siete
cresciuti
nemmeno un po’ da quando siete andati via di casa, questo
è certo!» altra
mestolata da far tremare la terra. Inizia a sembrarmi una sorta di
gradevole
sinfonia «Dovrei venire a controllare più
spesso-»
«Non c’è bisogno! No! Ma poi, si
può sapere che ci fai
quAHI- che ho detto stavolta?!»
«È andata in un po’di città
per delle faccende sue e già che
c’era è passata. Gliel’ho chiesto quando
mi ha beccata» risponde Wraith,
massaggiandosi una leggera ammaccatura sull’elmo
«Devo imparare a correre più
veloc-»
«Devi imparare a non stare solo a mangiare e bere di
continuo, Àisha!»
la interrompe Valka appena prima di assestare a Megatron
un’ultima, dolorosa
mestolata «Disgraziati!»
«Scappa» mi sussurra Wraith.
«Cos-»
«Scappah».
«Ma-»
La grande e terribile arma impropria di babushka Valka ora è
a pochi centimetri dal mio naso.
«Il mestolo dice che ne spetta una anche a te»
commenta la
femme, avanzando mentre io indietreggio molto, molto lentamente.
«Ahem io- io non c’entro con- sono solo quel povero
disgraziato del loro vicino di casa trascinato ogni santo giorno in una
delle loro faccende assurde, sono
anche
astemio» sono a mani giunte, e per una volta non riesco a
biasimare del tutto
me stesso per la cosa «Mi sono ubriacato solo quando loro mi hanno fatto bere di nascosto,
lavoro otto ore al giorno, mi
piace leggere non sono un teppista GIURO-»
Il mestolo si abbatte sulle mie mani giunte e, anche se
l’ammaccatura è leggera, per un attimo scorgo
l’intero firmamento passare
davanti ai miei sensori ottici insieme a tutta la misera esistenza
vissuta
finora.
«Non solo non sei in grado di farti rispettare ma non ci
provi neanche sul serio… il mestolo aveva ragione. Prima che
lo dimentichi: una
conoscenza in comune che abbiamo nella tua
Tarn» sottolinea, indicandomi «Mi ha chiesto
gentilmente di mandarti i suoi
saluti».
«N-non credo di comprendere-»
«Oh nooo, un’altra di quelle cose, non è
possibile» sbuffa
Megatron quando Valka, da uno scomparto, tira fuori una bambola di
piccole
dimensioni «Hai ancora quella bruttissima casa delle bambol-
ahio!»
«La mia splendida casa
delle bambole si è ingrandita e occupa buona parte di quella
che era la vostra
camera da letto, Megsha, e devo dire che come inquiline sono molto meno
problematiche di qualcuno che sfondava i mobili a testate.
Disgraziato!»
[N.d.A: sono costretto ad
ammettere con un
certo fastidio che ricordare il mestolo e il colpo subìto
sta causando un certo
“dolore fantasma” a entrambe le mani. Molto ironico
se si considera che le mani
colpite dalla babushka di quei disgraziati sono diventate metallo fuso
molto,
molto tempo fa. Non credo che per oggi andrò avanti oltre
nel narrare le
vicende di Kostrobna. Mi limito a dire che in seguito, dopo il ritorno
nella “mia”
Tarn (devo ancora comprendere il motivo di quella sottolineatura, come
se fosse
esistita più d’una Tarn) ricordo di aver chiesto
lumi a Scylla riguardo la sua
bizzarra conoscenza con quella femme: pare che quando Scylla era molto
piccola
Valka fosse già una cliente abituale del negozio. Ricordo
anche di essere
rimasto sia stupito, sia perplesso per ragioni che allora come adesso
non
saprei dire. Quel che invece so dire, e con certezza, è che
forse già da allora
avrei dovuto iniziare a notare il modo in cui fatti e persone della mia
vita
fossero (e tuttora si rivelino) bizzarramente intrecciati.]
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