I sosia
L’estate
era ormai al suo culmine, e il sole era così forte che anche ripararsi gli
occhi con la mano serviva a poco. Sospirò. C’erano momenti, come quello, in cui
rimpiangeva gli occhiali da sole, seppure sapesse bene di non poter abbandonare
quelli che stava indossando. Erano la sua maschera da supereroe, la sua
barriera contro...
«Conan!!!»
Il bambino si voltò, sorpreso. Ran, in un bellissimo abito estivo giallo, stava correndo
verso di lui. Conan la guardò perplesso per un secondo, poi sfoderò il suo
miglior sorriso infantile.
«Ciao Ran! Cosa
ci fai qui?»
La ragazza rispose: «Mi ha chiamato papà.
Ha detto che deve incontrare un potenziale cliente a cena e che quindi dobbiamo
organizzarci da soli. Ho pensato che potevamo fare la spesa insieme... che cosa
vorresti?»
Conan sospirò: «La verità, Kid. Io voglio sempre la verità.»
«Eh?»
«Piantala con la sceneggiata, siamo solo io
e te, qui.»
Ran lo guardò ancora perplessa, poi passò a un
sorriso malandrino e la sua voce cambiò: «Pensavo di essermi travestito
perfettamente.»
«Infatti non ho nulla da dire, un
camuffamento impeccabile.»
«E allora come hai fatto a riconoscermi
subito?»
Conan lo guardò con evidente soddisfazione:
«Oggi Ran è a una gara di karate piuttosto
importante, e non ci sarebbe stata comunque a cena. Se per qualche motivo la
gara fosse saltata, non sarebbe certo venuta a prendermi con quel sorriso...»
Kid annuì: «Conoscendola avrebbe spaccato
tutti i lampioni sulla strada, probabilmente...»
I due ridacchiarono per un attimo, poi
Conan chiese: «Piuttosto, perché ti sei conciato così?»
«E io che ne sapevo se saresti venuto
davvero da solo o se quegli impiccioni dei Detective Boys avessero voluto ad
ogni costo unirsi a te? Nel caso della seconda opzione potevo portarti via
senza sospetti.»
«Giusto... ora però, ti prego, togliti quel
travestimento. Mi fai impressione...»
Kid sorrise e in un lampo assunse l’aspetto di
un ragazzino con i capelli color sabbia e gli occhiali.
«Meglio?»
«Non è il tuo vero aspetto, immagino, ma
sì, meglio.»
Kaito mantenne la sua faccia da poker mentre
s’immaginava il suo compagno di classe Thomas chiedergli le ragioni per cui gli
avesse rubato il volto, ma intanto si sedette su una panchina della piazza e
tirò fuori dalla borsa a tracolla un portatile.
«Allora, vediamo un po’ di capirci
qualcosa...»
«Ma che cosa...?»
Kaito lesse più e più volte il ritaglio di
giornale che gli aveva inviato Jii, non credendo ai
suoi occhi.
LA SFIDA TRA IL LADRO GENTILUOMO DELLA LUNA
PIENA E LO SHERLOCK HOLMES DEL TERZO MILLENNIO CONTINUA!
Il blog che ormai è completamente dedicato
alla sfida fra il famoso ladro prestigiatore Kaito Kid e l’ancor più celebre detective liceale Shinichi Kudo ha raggiunto ormai
milioni di visualizzazioni al giorno. Tutti non vedono l’ora di sapere quando
queste due celebrità potranno scontrarsi di nuovo. Le due personalità, che
finora avevano mantenuto un basso profilo, da più di un mese hanno iniziato a
scambiarsi sfide e amichevoli battibecchi sul blog kidvskudo.net,
culminati negli scontri di due settimane fa e della settimana scorsa. Al
momento i due contendenti sono in pareggio e i loro fan attendono impazienti il
prossimo scontro.
Kaito rimase perplesso.
Kaito Kid contro Shinichi Kudo? Ma quando mai!
Certo, una volta i due, in realtà, si erano
anche scontrati. Sul momento Kaito non aveva avuto
idea di chi fosse il geniale aiutante della polizia che aveva quasi permesso il
suo arresto durante il furto della torre dell’orologio, ma l’aveva in seguito
riconosciuto dagli articoli sul giornale. Shinichi Kudo era certamente brillante e geniale, ma da quel che
ricordava, gli era sembrato poco incline a tendere sfide ai suoi avversari. Ma
se pure poteva trattarsi di lui, sicuramente
quello che gli stava rispondendo non era Kaito
Kid! E se glielo stava segnalando, non si trattava
neanche di Jii.
Il suo orgoglio di ladro gli ribollì nelle
vene per qualche secondo, facendo passare in secondo piano lo shock per la
lettera precedente. Qualcuno aveva approfittato della sua assenza per rubargli
il ruolo. Inaccettabile.
Doveva assolutamente andare a vedere questo
famoso blog, ma da Hogwarts...
Il ragazzo rimase un momento pensieroso.
Forse poteva sgattaiolare via una mezz’oretta, smaterializzarsi a casa,
controllare il sito e rientrare. Certo, era contro ogni regolamento, ma Silente
conosceva la situazione di Kid, e forse avrebbe
chiuso un occhio...
Già... Silente...
Improvvisamente il ragazzo si ricordò che al
loro ultimo incontro Silente gli aveva lasciato una busta, dicendogli di
aprirla, se avesse avuto bisogno di lui. Un veloce movimento di polso e la
suddetta busta era nelle sue mani. L’aprì.
Caro Kaito,
prima
che ti venga in mente di tornare a casa per controllare la situazione fra Kid e Kudo, è mio piacere
informarti che la scuola ha da anni una convenzione con un internet café a Glasgow, e che tutti gli studenti di Babbanologia sono autorizzati ad accedervi, previo consenso
mio, del responsabile della propria Casa, o della professoressa Burbage. Mi permetto di allegarti i buoni che ti
consentiranno l’accesso al locale. Hai la mia autorizzazione, ma ti prego di
essere prudente nella tua smaterializzazione e di non assentarti per più di
un’ora.
Albus Silente.
Kaito rimase sconvolto dalla rivelazione. I maghi conoscevano internet? E gli
studenti erano autorizzati a poterlo usare? Com’è che allora non aveva mai
sentito nemmeno accennare a questa possibilità?
Poi fu colto da un dubbio peggiore.
La professoressa Burbage
lo sapeva? O, meglio, conosceva l’esistenza di internet?
Il blog incriminato comparve davanti ai
loro occhi. Entrambi ebbero un moto di repulsione nel vedere i propri nomi
associati a parole che non appartenevano a nessuno dei due.
«Mamma mia, ma come fa la gente a cascarci?
Si vede lontano un miglio che non è il mio stile!»
Conan annuì pensieroso: «Né tantomeno
quello di Shinichi.»
Kaito guardò il ragazzino sospettoso: «A proposito,
sei proprio sicuro di poter parlare con me a nome suo?»
Il bambino annuì: «Ti ha mandato un
messaggio per confermartelo, no?»
Il prestigiatore mantenne la sua faccia da
poker. Una volta tornato in patria aveva cercato come prima cosa di mettersi in
contatto con il vero Shinichi Kudo, e tramite un po’ di giri Jii
era riuscito a contattare il professor Agasa, il
quale gli aveva fatto recapitare una lettera dove Kudo
delegava Conan Edogawa per risolvere l’incresciosa
situazione. Kaito aveva storto il naso: non che del
piccoletto non si fidasse, non per nulla era stato soprannominato l’AntiKid, ma ancora non gli era chiaro il collegamento fra
lui e Kudo. Se non fosse stato per tutti i guai che
avrebbe rischiato di passare, sarebbe stato fortemente tentato di
materializzarsi direttamente da lui, ovunque fosse, e parlarne a quattr’occhi.
Invece gli era toccato in cambio il tappetto con gli occhiali.
«Certo, certo. Dunque, Conan, cosa ne
pensi?»
«Purtroppo non ci capisco molto
d’informatica, però lo stile dei loro messaggi è... infantile. Guarda,
mettono persino le faccine! Penso si tratti di due emulatori molto giovani,
forse... dodici, tredici anni, che cercano di scrivere come pensano che un
detective e un ladro debbano sfidarsi.»
«Ladro gentiluomo, prego.»
«Detective liceale, se proprio
dovessimo puntualizzare.»
Kaito si lasciò sfuggire un’espressione
malandrina: «Ah, sì? Io credevo che a Kudo piacesse
farsi chiamare... com’era... ah, sì, “lo Sherlock Holmes del terzo
millennio”...»
Fu a quel punto che il prestigiatore lo
notò, con la coda dell’occhio, mentre fingeva di continuare a fissare lo
schermo. Per un istante Conan divenne tutto rosso, strinse i pugni, e si lasciò
sfuggire un impulsivo: «Io non...»
Poi prese un respiro profondo, tornò
normale e riprese: «Io non ho mai sentito Shinichi
dire nulla del genere. E anche se fosse, probabilmente sarebbe stata una cosa
di tanto tempo fa.»
Kaito fece finta di nulla e alzò le mani in
segno di resa: «Ehi, ehi, scherzavo, non c’è bisogno di prendersela così! Io
intanto, però, potrei aver trovato qualche informazione in più sui nostri
emulatori.»
«Davvero?»
Conan cercò di mettersi sopra una spalla di
Kaito e questo continuò a smanettare sulla tastiera:
«Ho cercato gli indirizzi IP dei nostri amici, cercando di risalire al loro
indirizzo, ma sono furbi, hanno usato un programma che falsa la loro
posizione... a meno che il finto Kudo non scriva
davvero dall’Austria e il finto Kid da Rio de
Janeiro!»
«Quindi si tratta di ragazzini che sanno
usare bene il computer. Ha senso, con un lavoro del genere avranno pensato che
la polizia avrebbe comunque cercato di rintracciarli.»
«Altra informazione utile, ho trovato in
rete dei video dei miei fan che hanno ripreso gli ultimi due scontri.»
Conan sbuffò: «Sentilo: “i miei fan”...»
Kaito ridacchiò: «Perché, hai visto molti fan di
Kudo in circolazione?»
Conan fece per rispondere, poi i due si
guardarono in faccia e si resero conto che non si stavano comportando in
maniera molto più matura dei due loro cloni, e con un colpo di tosse
imbarazzato tornarono a concentrarsi sui filmati.
«Ecco, questo è il filmato della prima
sfida, alla Banca centrale di Tokyo.»
I due guardarono concentrati il video, poi Kaito sbuffò.
«Ora capisco perché né Nakamori
né Saguru si siano interessati alla cosa. Si vede
lontano un miglio che sono emulatori male organizzati!»
Conan annuì: «Già, si direbbe che il finto Shinichi sia il complice stesso del finto Kid, e che lo aiuti... dai, guarda, qua butta i fumogeni e
dopo qualche secondo è lui ad avere il mantello di Kid,
si vede persino il vestito sotto!»
I due osservarono attentamente i due
emulatori, in particolare quello di Kid, poi Kaito fece una smorfia: «Questi qua hanno guardato dei
tutorial su internet su come fare un paio di trucchi... potevano ingannare solo
i fan, e l’opinione pubblica ci marcia sopra perché fa notizia. Piuttosto, c’è
un dettaglio che mi lascia perplesso.»
Il bambino, concentratissimo, rispose: «Che
è probabilmente quello a cui sto pensando io. Se sono così giovani e
inesperti...»
«... come hanno fatto ad entrare con
facilità in una banca così importante?»
Conan aggiunse: «E non solo! La seconda
sfida si è tenuta in una mostra privata con opere di altissimo valore!»
Kaito sospirò: «I luoghi delle messinscene sono
importanti, ma apparentemente casuali. In nessuno dei due erano esposti o
custoditi dei grandi gioielli, che sono le mie prede abituali...»
«E infatti in nessuna delle due sfide si è
mai parlato di rubare gioielli, ma solo quadri: la cornice contenente il primo
yen incassato dalla banca e il primo quadro esposto alla mostra...»
«Obiettivi simbolici, ma non di grande
valore... quindi non sono interessati al denaro, ma alla fama...»
I due si guardarono per un momento e lessero
contemporaneamente la stessa illuminazione negli occhi dell’altro. Kaito si buttò sulla tastiera e in pochi secondi un
semplice motore di ricerca diede loro la conferma che attendevano.
«Bingo. Corrispondono perfettamente al
profilo.»
«Quindi ecco qua i nostri emulatori!»
«Già, ma abbiamo solo forti indizi, non
prove. Non bastano.»
Kaito sbuffò: «Detective... chi altro
potrebbero essere? Li vuoi trascinare in tribunale?»
«Se necessario...»
Per un attimo il prestigiatore si preoccupò
del cinismo del bambino: «Ok, come vuoi tu. Come li incastriamo?»
Conan lo guardò con aria furbetta: «Che ne
diresti di una trappola?»
Kaito si finse scandalizzato: «Detective, lei mi
stupisce! Stavo per proporlo io!»
«Però da soli non ce la facciamo. Ci serve
aiuto.»
Il prestigiatore si finse pensieroso: «Io
posso procurarmi un complice, un detective e un poliziotto. Tu cosa puoi
mettere sul banco?»
Il bambino ci pensò su: «Un professore e un
altro detective.»
«Mi pare una buona squadra. Il professore
riuscirebbe ad hackerare il blog?»
Conan prese il cellulare: «L’unica è
chiederglielo.»
Un quarto d’ora dopo sia Kaito, dal suo computer, che Conan, dal telefono, erano in
grado di scrivere sul blindatissimo blog. Il ladro prestigiatore sorrise.
«E ora portiamo un po’ di scompiglio sul
loro stesso terreno.»
Con un account firmato Kaito
Kid, ma senza immagine profilo, il ragazzo pubblicò una semplice immagine:
Conan storse il naso: «Capisco distinguersi
dal linguaggio giovanile, ma non credi di aver esagerato?»
Kaito rise: «Scherzi? Voglio proprio vedere come
reagiranno!»
Dopo pochi minuti comparve la risposta dell’altro
Kid.
Ma come ti
permetti? Certo che accetto la sfida! Il finto Kid
sarai tu! Dimmi dove e quando, falso! :-/
Kaito sorrise e accennò un mezzo inchino:
«Prego.»
Conan sorrise divertito: «Grazie...»
Con un altro account a firma Shinichi Kudo, sempre senza
immagine profilo, il bambino postò:
Quando lo ha già
dichiarato, se avessi saputo leggere fra le righe e conoscessi bene il suo modus
operandi: alla prossima notte di luna piena, ovvero questo giovedì.
«Tu invece non esageri, nooo...
modus operandi...»
Conan lo fulminò: «È latino, ignorante.»
«Guarda che il latino lo conosco come e più
di te.»
Il bambino lo guardò sorpreso: «Davvero?»
Kaito dovette mordersi la lingua. Come poteva
spiegargli che era la lingua più diffusa nel mondo magico, dopo l’inglese? E
poi, alle elementari giapponesi si insegnava il latino? Scosse la testa e si
affrettò a cambiare argomento.
«Guarda, c’è una risposta anche per te.»
Ah, così abbiamo
due fake! Bene, la sfida si allarga
anche a te, finto Kudo del ****
Diteci solo dove!
«Gli asterischi per cosa stanno?»
«Per insulti che il blog automaticamente
censura.»
Conan sospirò: «Ecco, se ancora fosse
servito, ora direi che abbiamo la prova definitiva che questo è un falso Kudo.»
«E hanno tradito di essere in combutta,
l’ultimo messaggio era al plurale.»
«Già. E ora che li abbiamo innervositi,
dove...»
Un ultimo messaggio comparve
all’improvviso, a firma Jirokichi Suzuki:
Luogo e premio in
palio li decido io: hotel Suzuki, 50° piano. L’obiettivo dei due Kid sarà la Lady Hope, lo
smeraldo da poco acquistato da me. Vi aspetto tutti e quattro, Kid e Kudo, per stabilire chi sia
chi.
Fate del vostro
meglio.
Conan e Kaito si
guardarono perplessi.
«L’hai invitato tu?»
«No. Il professore?»
Conan armeggiò un po’ col cellulare.
«Non ne sa nulla. Deve aver hackerato il blog indipendentemente.»
Kaito sospirò: «Bene, come al solito quell’uomo
ha fatto di testa sua e ha mandato a monte tutto.»
«Bè, no, qualcosa si può ancora fare.»
«Già. Chiama a raccolta i tuoi complici,
abbiamo quattro giorni per creare un piano di guerra.»
Il vento soffiava forte, così tanto che per
le strade si alzavano piccoli vortici di polvere, che costringevano i
malcapitati passanti a chiudere gli occhi e la bocca. Il pubblico davanti
all’hotel Suzuki, tuttavia, non ci faceva minimamente caso, e continuava
imperterrito a gridare e a cercare di mostrare cartelli inneggianti al proprio
favorito. Da una finestra al ventesimo piano, il detective osservava tutto
questo pensieroso, cercando disperatamente di trattenersi dal grattarsi una
guancia.
«Finalmente ti sei deciso a mostrarti, Kudo!»
Il ragazzo si voltò: «Io invece non sapevo
se saresti davvero venuto con questo vento, Kid.»
La persona che aveva di fronte non aveva gli
abiti di Kid, ma dei semplici jeans e maglietta nera,
con un cappellino che gli copriva leggermente il volto: «E perché mai un po’ di
vento avrebbe dovuto fermarmi?»
Il detective sorrise beffardo: «Riuscirai a
sfuggire senza deltaplano?»
Il ladro impiegò un paio di secondi a
rispondere: «Un prestigiatore ha sempre un piano B, “Kudo”,
non preoccuparti per me.»
Una voce all’orecchio del detective gli
ripeté: «Non preoccuparti e vai avanti come concordato, non c’è problema, non
cambia nulla.»
A casa del professor Agasa,
allontanando il microfono dalla bocca, Conan sospirò: «Kid
ha capito tutto.»
Yukiko ridacchiò: «Era prevedibile. Sono brava
con il trucco, ma lontana anni luce dal mio maestro, pace all’anima sua.»
Conan impiegò qualche secondo per ricordarsi
a chi si stesse riferendo sua madre, poi gli tornò in mente: da giovane, per un
ruolo in un film, aveva preso lezioni dall’ormai defunto Toichi
Kuroba, all’epoca il miglior prestigiatore del
Giappone, insieme a quella che sarebbe poi diventata Vermouth degli Uomini in
Nero che lo avevano rimpicciolito. Ma quella era tutta un’altra storia.
Scosse la testa scocciato: «No, credo che
il problema sia stato un altro. Heiji si è lasciato “sfuggire”
un po’ del suo accento di Osaka.»
La donna sorrise: «Non credo sarà un
problema, dopotutto Heiji ti ha già interpretato in
un’altra occasione e se l’era cavata alla grande, no?»
«Già…»
Il bambino fece un veloce zapping fra le
reti televisive che stavano tramettendo l’evento per controllare la situazione
da varie angolazioni. Era stato costretto a rifiutare l’insistente invito di Jirokichi Suzuki con la scusa dell’influenza; seppure gli
avrebbe fatto comodo poter controllare la situazione con i propri occhi,
sarebbe stato troppo difficile interpretare il ruolo di Conan e
contemporaneamente suggerire al finto Shinichi.
Poteva solo affidarsi alle televisioni, alla microcamera nascosta nella
cravatta indossata da Heiji e al grande intuito del
detective di Osaka.
Kaito, armeggiando con la sua pistola sparacarte, non perdeva mai d’occhio “Shinichi
Kudo”. Ormai gli era chiaro che qualcosa di grave era
successo al vero detective, se per ben due volte aveva mandato qualcuno a
sostituirlo, uno dei quali veramente ben truccato, seppure non preparatissimo
per l’interpretazione. Si ripromise di approfondire la questione in un momento
più tranquillo.
Il detective guardò l’orologio: «Credo che
dobbiamo salire, è quasi l’ora.»
«Conan ti ha informato del piano che
avevamo ideato insieme?»
«Ovviamente. Tu hai allertato chi avresti
dovuto?»
Kaito annuì: «Anche se è stato meno facile del
previsto…»
«Non credevo saresti stato così sfrontato da venire a sfidarmi in
abiti civili, Kid…»
Kaito fece un sorrisino sfrontato: «Ancora? Quante
volte te lo devo dire, Saguru? La tua è solo una
fissazione…»
In realtà il prestigiatore dovette fare
ricorso a tutta la sua faccia da poker per nascondere il profondo sollievo nel
ritrovarlo esattamente come al solito. Non aveva più avuto modo di rivedere il
detective dall’inizio dell’anno scolastico, quando era salito, grazie a una
fortuna sfacciata, sull’Espresso per Hogwarts. Aveva
ancora vivido il ricordo di quel momento d’isterica pazzia che aveva colto Saguru quando si era reso conto di avere a che fare con
della vera magia, ed era felice che l’incantesimo di memoria avesse fatto il
suo dovere, per una volta. L’ultimo con cui aveva avuto a che fare, quello con Allock, non era finito altrettanto bene.
«Te l’ho detto, ho sentito Aoko discutere con suo papà di questa sfida fra un vero e
un falso Kaito Kid, e ho
pensato che l’informazione potesse interessarti.»
Saguru scosse la testa: «Eppure dalle
informazioni in mio possesso l’ispettore Nakamori ha
ricevuto solo questa mattina un messaggio di Kid che
lo avvisava che questa volta non si sarebbe trattato solo di un emulatore.»
Kaito lo guardò sorpreso: «Una volta o l’altra
mi dovresti davvero spiegare che razza di rete d’informatori hai!»
«Tu dovresti saperlo benissimo, un mago non
rivela mai i suoi trucchi.»
«Touché.»
Kaito fece per andarsene, ma Saguru
lo fermò.
«Se tu ti trovassi davvero nei panni di Kid, e io fossi lì presente per catturare lui o il suo
emulatore… ti lasceresti prendere?»
Kaito sorrise divertito: «Solo se tu o
l’emulatore foste così bravi da superarmi.»
Saguru si lasciò sfuggire un sorriso e Kaito si affrettò ad aggiungere: «Se fossi Kaito Kid, chiaramente.»
«Chiaramente.»
Saguru sospirò, mentre il prestigiatore si
allontanava: «Capisco. Direi che potrei aver appena trovato un impegno per la
serata di giovedì…»
«Sappi solo che ho fatto tutto ciò che era
in mio potere per avere presenti anche le forze di polizia.»
«Ottimo.»
Kid aprì la porta e si diresse verso
l’ascensore: «E allora… si va in scena!»
Alle dieci in punto tutti gli sguardi dei
fan erano puntati sul balcone del cinquantesimo piano dell’hotel Suzuki. Come
sarebbe apparso il primo Kid?
Un leggero rumore scoppiettante e una
volata di fumo grigio inondarono il parapetto.
«Che succede?»
«È Kid?»
«Non si vede nulla!»
«Forse è un incendio!»
«Chiamiamo i pompieri?»
Conan, dietro lo schermo televisivo,
sorrise. Anche se le telecamere non lo aiutavano, poteva quasi immaginarsi la
scena.
«No, no, no, non così… perché oggi non
funziona?»
Una figura vestita di bianco era china a
terra, a cercare di aggiustare dei fumogeni che stavano spargendo fumo davanti
a lei e che la facevano tossire violentemente.
«Temo che sia a causa del vento.»
La persona china trasalì dallo spavento,
guardandosi intorno con difficoltà, viste le lacrime agli occhi per il troppo
fumo. Non c’era nessuno, eppure la voce continuava a parlare: «Siete stati
sfortunati, nelle vostre precedenti apparizioni il tempo era perfetto, ma oggi
la situazione è più complessa. Piazzare i fumogeni è un’arte che va
perfezionata con tempo e dedizione. Per esempio…»
Uno schiocco di dita, perfettamente udibile
anche dalla folla sottostante, e il balcone venne illuminato da luci
abbaglianti. Il vento sembrò spazzare via i fumogeni mal piazzati, mentre
coriandoli, brillantini e del nuovo fumo bianco avvolgevano la ringhiera in
volute dai disegni artistici, che sembravano non essere assolutamente
disturbate dal vento impetuoso e che nascondevano egregiamente la figura a
terra. Perfettamente in equilibrio sul corrimano, invece, un Kaito Kid con le braccia
spalancate gridò: «Ladies and gentlemen, buonasera! È giunto il momento
dello show!»
Mentre la folla esultava, ognuno dalle
proprie postazioni, Conan, Saguru e Nakamori guardarono l’ingresso in scena del ladro
prestigiatore e commentarono sospirando: «Questo è Kid…»
Il finto Kid,
ancora rannicchiato a terra, osservava lo spettacolo stupito tanto quanto la
gente a terra. Aveva brividi di freddo e guardandosi intorno gli fu chiaro il
motivo: a provocare il fumo non erano dei fumogeni, ma del ghiaccio secco
piazzato intorno a loro. Quando lo aveva messo?
Kaito si voltò appena, sussurrando: «Ora capisci
la differenza?»
Il secondo Kid
annuì appena, immobile.
«Un vero prestigiatore non perde mai il
controllo dello show, e se necessario adotta molti piani alternativi per fare
fronte a qualunque imprevisto.»
Il secondo Kid
annuì ancora.
«Temo che la nostra personale sfida sia già
finita prima di cominciare. Dunque…»
Con uno schiocco di dita fece comparire una
rosa rossa che offrì al secondo Kid. In un attimo il
volto di quest’ultimo divenne completamente rosso.
«… come avevate intenzione di continuare il
vostro spettacolo, milady?»
Jirokichi Suzuki non perdeva di vista un momento gli
schermi dove le sue telecamere di ultima generazione gli trasmettevano
continuamente le immagini del suo smeraldo e dei corridoi intorno. Il Lady Hope era sempre lì, circondato dai laser di protezione. Per
il vero Kid in realtà non sarebbe stato un sistema di
sicurezza particolarmente problematico, ma per uno falso…
«Uhm… e ora cosa faccio?»
Una figura misteriosa, in un angolo del
corridoio, sbirciava con circospezione la sala incriminata. Aveva lanciato del
borotalco per scoprire l’eventuale presenza di laser, e si stava congratulando
con se stesso per l’idea. Il problema era trovare il modo di aggirare
l’ostacolo. Si strinse ancora di più nel mantello, per non rischiare di
sfiorare involontariamente i raggi invisibili.
«Io ti suggerirei di cominciare a decidere
il ruolo da interpretare.»
Il ragazzo trasalì e si voltò, trovandosi
davanti Shinichi Kudo che
lo fissava strafottente.
«Ti dirò, vedere la mia divisa sotto il
mantello e il cilindro di Kid mi lascia alquanto
confuso…»
Di tutta risposta il ragazzo gli buttò in
faccia un fumogeno e gli lanciò anche il mantello di Kid,
per poi correre verso il gioiello. La prudenza, a quel punto, poteva anche
risparmiarsela.
Il detective intanto aveva fatto in tempo a
coprirsi un po’ il volto con la manica della giacca, ma stava comunque
lacrimando parecchio.
«Non strofinarti la faccia o il trucco
andrà via!»
Heiji imprecò rivolto all’auricolare: «Lo so! Ma
non ci vedo! Al diavolo, non me l’aspettavo!»
Cercando di non far saltare la sua copertura,
Heiji si precipitò nella stanza, trovandosi di fronte
un agguerrito ragazzino che cercava, con maldestre acrobazie, di passare oltre
i laser di sorveglianza. Si appoggiò al muro a braccia conserte, con un
sospiro.
«Vedo che non hai intenzione di
arrenderti.»
Il ragazzo continuò, con la lingua di fuori
per la concentrazione: «Sono arrivato fino a qui, sarebbe stupido farlo ora.»
«Smettila. Non sei un ladro, né un
prestigiatore, né un detective. Questa non è una sceneggiata, come quelle che
avete fatto finora.»
«Appunto. È arrivato il momento di
dimostrare il mio valore!»
«Come, lasciando la tua ragazza a distrarre
il pubblico nei panni di Kid mentre tu fai tutto il
lavoro sporco?»
Il ragazzo trasalì, colto di sorpresa.
«Sei davvero il detective in gamba che
dicono. Non pensavo avresti capito tutto così in fretta.»
«Non era così difficile. Lei si occupa del
trucco, dei costumi e di fare scena nei panni di Kid,
ma in realtà è lei la complice. Tu copri contemporaneamente il ruolo di ladro e
detective.»
Il ragazzo sorrise con soddisfazione: «E
siamo stati in gamba, finora ci sono cascati tutti.»
Il detective scosse la testa: «Solo i fan
che non vedevano l’ora di un nostro ritorno. La polizia non si è mai
interessata a voi perché è stato chiaro fin da subito che si trattava di
cattivi emulatori. E nessuno che mi conosca di persona si è mai lasciato
ingannare dai tuoi messaggi.»
Il ragazzo alzò le spalle: «Tanto mi
basta.»
Allungò la mano verso il gioiello. Gli
mancava così poco per prenderlo…
«Fermati. Se ti costituisci adesso al
massimo ti incrimineranno per violazione di domicilio. Per gli altri “furti”,
dopotutto, avevate le chiavi per entrare.»
Il ragazzo si morse un labbro.
«Mi dispiace, sono arrivato troppo oltre.»
Allungò ancora di più il braccio, fino a
sfiorare il Lady Hope.
«FERMATI, SATORU!»
Il ragazzo si bloccò per un momento: «Asako?»
La ragazza lo guardò con le lacrime agli
occhi: «Per favore, fermati. Va bene così, dai…»
Satoru la guardò sconvolto: «Cosa dici? Siamo a
un passo dall’obiettivo…»
Il suo sguardo passò dal volto della
fidanzata alla rosa che stringeva in mano, per finire sul volto di chi l’aveva
accompagnata. Il volto divenne rosso di rabbia.
«TU! È TUTTA COLPA TUA!»
Fregandosene degli antifurti, corse
infuriato verso Kaito Kid:
«LEI TI ADORA, TU ME L’HAI PLAGIATA! NON ME LA PORTERAI VIA!»
Heiji alzò lo sguardo verso le telecamere.
Evidentemente Suzuki aveva capito la situazione e aveva disattivato gli
antifurti.
Kaito si limitò a sparire in una nuvola di fumo
e a riapparire poco più in là: «Mi dispiace, ma io non le ho detto proprio
nulla.»
Asako prese il ragazzo per il braccio, per poi
abbracciarlo: «È vero, sono venuta qua da sola, lui mi ha solo seguita. Non mi
interessa più farmi notare da mio padre, né questo gioco. Per favore, andiamo
via…»
Il detective si avvicinò: «Venite con me,
vi accompagno dai poliziotti…»
Ma Satoru,
vedendo il ragazzo allungare la mano verso il braccio di Asako,
scattò furioso.
«NON LA TOCCARE!»
Heiji agì d’istinto, e fu un bene. Fece un balzo
all’indietro, proprio mentre il ragazzo tirava fuori da sotto la giacca della
divisa di Shinichi un taser.
Conan gli urlò qualcosa nella cuffietta, ma non ci fece praticamente caso,
quello che udì distintamente invece fu la voce di Kid.
«PRENDI!»
Alzò il braccio e afferrò al volo l’arma
migliore che il prestigiatore potesse porgli. In un attimo, con pochi e precisi
colpi di kendo, il detective fece saltare di mano al ragazzo l’arma e lo
atterrò.
Satoru lo guardò sconvolto: «Pensavo di sapere
tutto di te, Kudo… sapevo che sapevi sparare e
guidare, ma non avevo trovato alcuna informazione sul fatto che pratichi
kendo!»
Il detective lo guardò sospirando: «Allora
evidentemente non sei un gran detective.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo: «E neanche
un ladro.»
«No. Ma sei una persona che vuole
realizzare i desideri di chi ama. Puoi ancora trovare la tua strada.»
Satoru rimase in silenzio, mentre Saguru, entrato in quel momento nella stanza, prendeva in
custodia la finta Kid e Nakamori
si apprestava a mettere le manette al finto Kudo.
L’ispettore li guardò sorpreso: «Questa non
me la sarei mai aspettata… Asako Takatori,
figlia del direttore della Banca Centrale di Tokyo, e Satoru
Atsuzawa, figlio del direttore della mostra privata!»
Saguru sorrise: «Chi meglio dei figli dei
direttori per potersi impossessare delle chiavi?»
Asako piagnucolò: «Papà pensava solo al lavoro,
volevo solo che si ricordasse un po’ anche della sua famiglia…»
Nakamori sospirò: «Alla fine, è sempre colpa di noi
padri troppo occupati dal lavoro, temo… bene, quindi tutto a posto, no?»
La voce di Suzuki si diffuse per tutti i
corridoi dell’hotel: «TUTTO A POSTO UN CORNO, ISPETTORE! GUARDATE!»
Tutti i detective presenti ebbero un brutto
presentimento e si voltarono verso la teca al centro della stanza. Il Lady Hope era scomparso.
Heiji si buttò all’inseguimento: «Kid! Questo non era nei piani!»
Saguru, con la solita grazia, si limitò a
voltarsi verso l’ispettore e a consegnargli Asako:
«Mi scusi, il dovere mi chiama. Li tenga lei, per piacere.»
A Nakamori non
rimase altro che guardarlo sconvolto allontanarsi di corsa: «Ehi, dove andate?
Non vale, anche io volevo inseguire Kid! Sono mesi
che non posso farlo, non toglietemi questo piacere!»
Veloce come un lampo, Kaito
si era diretto verso il tetto. Non avrebbe ancora avuto molto tempo per poter
controllare lo smeraldo alla luce della luna piena, prima che i detective si
ricordassero di lui. Jirokichi Suzuki aveva cercato
di bloccare gli ascensori, ma non aveva fatto in tempo. Ormai era già sulla
scala antincendio esterna all’edificio, e con pochi abili balzi sul tetto. Il
vento continuava ad essere fastidioso, ma non abbastanza da impedirgli di
alzare la gemma verso l’astro d’argento. Niente, neanche quella volta aveva
potuto vedere la luce rossa di Pandora. Sospirò rassegnato, poi gli venne in
mente una cosa.
«Cercava di mettere le mani sulla Pietra Filosofale.»
«Di cosa si tratta?»
«È una pietra rossa con la quale è possibile distillare
l’Elisir di lunga vita. È stata creata da Nicolas Flamel,
che grazie ad essa è rimasto in vita per...»
«Scusa un attimo... Elisir di lunga vita? Una cosa che
rende... immortali?»
«Bé, sì, finché lo si assume...
dopodiché si muore, naturalmente. Con la distruzione della Pietra, infatti, Flamel e la moglie sono morti e...»
«Distrutta?»
«Sì... Harry l’ha polverizzata per impedire a Tu-Sai-Chi di
prenderla.»
Il prestigiatore rimase lì, immobile, per
qualche secondo, poi scoppiò a ridere. Stupido, stupido Kaito!
Perché aveva fatto tutta quella fatica? Dopotutto Hermione
glielo aveva detto chiaramente, la Pietra Filosofale, alias Pandora, era stata
distrutta da Harry…
Un forte rumore annunciò l’apertura della
botola: «Kid!»
Il prestigiatore rimase lì, fermo, a
guardare Kudo uscire dall’edificio per raggiungerlo.
Sorrise.
Perché lo aveva fatto?
Ma per misurarsi ancora con loro, con quei
detective che lo mettevano sempre di fronte a nuove sfide.
«Benvenuto Hattori!
Ti aspettavo!»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come…»
«So di un solo detective che conosce così
bene sia me che Kudo e con l’accento di Osaka.»
Heiji sospirò: «Questo mio accento…»
Kid sorrise: «A me piace molto.»
E mi permette di riconoscerti sotto
qualunque maschera, aggiunse
fra sé e sé.
«Quindi... giri sempre con una spada da
kendo sotto il mantello?»
Il prestigiatore ridacchiò, ma non ebbe il
tempo di rispondere. Saguru comparve quasi subito
alle spalle di Heiji. Kaito,
con un cenno della testa e un sorriso, si congedò dall’investigatore di Osaka,
per poi dare le spalle ai due e andare verso il bordo del tetto. Si fermò per
un secondo, uno solo.
Non importava quante meraviglie Hogwarts potesse insegnargli, non riusciva ancora a fare a
meno di quel brivido, proprio no.
«Mi dispiace, per questa sera lo show finisce
qui.»
E con un gesto fulmineo e inaspettato si
buttò giù dal tetto. I due investigatori corsero verso la balaustra.
«Ma è pazzo? Non riuscirà ad aprire il
deltaplano con questo vento!»
Il pubblico, ancora in attesa dei suoi
beniamini, vide una figura bianca precipitare a peso morto dal palazzo, per poi
sparire intorno al quindicesimo piano in una nuvola di fumo. La gente rimase
con il fiato sospeso, mentre, dallo schermo televisivo, Conan si limitò a
sospirare malinconico.
Yukiko ridacchiò: «Sembra che vi sia sfuggito
anche questa volta.»
Il bambino alzò le spalle: «Non era il mio
obiettivo. Questa caccia finale è stata totalmente un fuori programma...»
«Però potevi aspettartelo, è pure sempre Kaito Kid.»
Conan rimise all’orecchio la cuffietta:
«Già... ma per questa volta Shinichi gli doveva un
favore.»
Poi, avvicinandosi al microfono, disse: «È
andato, non stare lì a crucciarti, vieni via appena puoi, il professore è già
partito. Hai fatto un ottimo lavoro.»
Forse era così, ma Heiji
non poté non rimanere con l’amaro in bocca sapendo che Kid
era sfuggito anche stavolta. Forse meno di Nakamori e
Saguru, che avevano proprio l’aria di esserci rimasti
male, forse poteva consolarsi con l’arresto dei due sosia che tanti guai
avevano provocato, o con il ritrovamento del Lady Hope,
appeso al collo di Lupin, il cane di Suzuki con cui Kid
in passato aveva avuto molto a che fare. Forse era anche giusto così, che la
cattura di Kaito Kid
rimanesse una chimera per ogni aspirante detective voglioso di avventurarsi in quell’impresa.
Forse.
Ma si ritrovò a salire nel maggiolino del
professor Agasa con l’amara consapevolezza che la
folla non avrebbe mai osannato un detective per la cattura di un ladro
prestigiatore quanto quel pubblico stava festeggiando la fuga di Kaito Kid dalla polizia. Poco
lontano, anche Kaito, salito sulla macchina di Jii, arrivava con un sorriso malinconico alla stessa
conclusione.
Non importava per quanto tempo potesse
sparire, il Giappone aveva ancora bisogno di un Kaito
Kid.
«Allora, Kaito?
Vieni?»
«Sì, Aoko,
arrivo!»
«Muoviti, o non troveremo più posto in
piscina!»
Il prestigiatore guardò con un filo di
malinconia la ragazza. Era felice di poterla ritrovare, però un pensiero ancora
lo tormentava.
«Mi aspetteresti ancora cinque minuti?»
Aoko lo guardò disperata: «Ma siamo già in
ritardo!»
«Cinque minuti soli, devo andare in bagno.»
La ragazza gli prese la borsa da mare:
«Muoviti!»
Kaito rientrò in casa, si appoggiò alla porta e,
con un profondo respiro, cercò di concentrarsi. Non lo aveva ancora mai fatto
al di fuori di Hogwarts, ma con Harry ci era riuscito
benissimo, quindi perché non provarci?
Un paio di secondi e si smaterializzò,
ritrovandosi in un ambiente piccolissimo e buio. Impiegò qualche secondo a
riconoscere uno sgabuzzino delle scope e sospirò.
Dove si era cacciato questa volta?
Un urlo familiare lo fece trasalire:
«Muoviti, siamo in ritardo per la piscina!»
«Un attimo!»
Il mago trasalì. Quelle voci le conosceva
bene!
Con un po’ di riserva, aprì la porta dello
sgabuzzino quel tanto che bastava a sbirciare, trovandosi di fronte un Conan
trafelato che finiva di preparare uno zaino.
Conan?
Cosa c’entravano loro? Lui aveva
chiaramente pensato di smaterializzarsi da...
Kaito sbarrò gli occhi. Prima di Hogwarts avrebbe fatto fatica a crederci, ma dopo Pozioni Polisucco e quant’altro...
«Arrivo Ran!»
In silenzio, il mago richiuse la porta e
tornò a casa sua, pronto a tenere l’ennesimo segreto. Dopotutto cosa ci avrebbe
guadagnato nel diffonderlo? Con un altro sospiro, aprì la porta.
«Ci sei? Dai, andiamo!»
Kaito sorrise con un filo di malinconia alla sua
amata: «Sì, certo.»
Poi, dopo qualche passo, esclamò: «Sai,
potremmo incontrare qualcuno che conosco in piscina.»
«Davvero? E come fai a saperlo?»
Kaito sorrise: «Ho le mie fonti.»
E rubandole il cappello corse davanti a
lei, costringendola a seguirlo.
Sorrise.
Adesso sì, adesso le sue vacanze potevano cominciare!
E
rieccoci qua! Ci è voluto un pochino a creare questo capitolo, ma anche grazie
all’aiuto di darkroxas92 è
stato arricchito da una bella sorpresa che spero vi faccia piacere!
E dal prossimo capitolo, finalmente, entriamo nelle pagine
dell’Ordine della Fenice. Spero che la storia continui a catturare il vostro
interesse anche se i tempi di pubblicazione si sono dilatati. Sto riportando i
capitoli anche sul mio
account di AO3, e devo dire che la storia sta riscuotendo un discreto
successo (ma siamo intorno al capitolo 13, ben lontani, qua avrete sempre le
anteprime).
Ringrazio
come sempre per i commenti Serena Leroy e fenris e vi aspetto al prossimo capitolo!
Hinata 92