Ross
aveva passato i primi giorni a sistemare faccende burocratiche e a
dare un occhio a conti e libri contabili con Pascoe e ai documenti
della Wheal Grace assieme a Zachy. La sua miniera prosperava, i furti
che l’avevano vista coinvolta prima della sua partenza erano
cessati, Tess era sparita dalla faccia della Cornovaglia e Jacka
sembrava aver trovato il luogo adatto alle polemiche nelle osterie
più a buon mercato della zona dove per pochi penny poteva
ottenere
Gin e un luogo dove sproloquiare senza che nessuno facesse caso a
lui.
Nel
frattempo si era anche riappropriato delle abitudini famigliari a lui
più care: svegliarsi al mattino col chiasso fatto da Prudie
e dai
bambini, il saluto sonnecchioso a sua moglie sempre più
incinta, la
colazione, i lavori della fattoria, osservare i bambini che andavano
a scuola da Rosina, l’andirivieni dalla sua miniera, il
profumo
della cena sul fuoco e la serata o a chiacchierare davanti al camino
o in camera, desideroso solo di stare con Demelza. Avevano
organizzato anche delle allegre cene con i suoi cognati e le loro
famiglie, si era divertito a conoscere meglio la sua nipotina Loveday
pregustando quando avrebbe avuto in braccio Isabella-Rose, avevano
cenato con Dwight e Caroline e ogni cosa era tornata al suo posto
tranquillo e sereno.
Dopo
dieci giorni dal suo ritorno, finalmente era riuscito a ottenere una
giornata totalmente libera da impegni e aveva organizzato di uscire
in barca al mattino con Jeremy per quella famosa chiacchierata sulle
ragazze che gli aveva chiesto di fare Demelza. E al pomeriggio
avrebbe portato Clowance in miniera. La bambina sembrava davvero
attratta da quel luogo che gli appariva misterioso e voleva esplorare
con lui i cunicoli. Aveva promesso a Demelza che l’avrebbe
accompagnata semplicemente la primo livello, il più semplice
e
sicuro e che non l’avrebbe persa di vista nemmeno un secondo.
In
realtà lo divertiva il temperamento vivace e assolutamente
anticonvenzionale di sua figlia che aveva l’aspetto di una
bambolina ma la forza di volontà e la sfacciataggine tipica
di un
Poldark che sa cosa vuole, lo chiede e se non lo ottiene, lo
pretende. A volte, osservando i suoi figli, si chiedeva come sarebbe
stata Julia. Era una bambina placida e tranquilla, diversa da
Clowance, ma chissà che temperamento avrebbe avuto,
crescendo… Ora
avrebbe avuto quattordici anni, l’età in cui lui
aveva conosciuto
Demelza, sarebbe stata una ragazzina e forse avrebbe vissuto il
periodo dei primi amori in modo più consapevole di Jeremy e
lui si
sarebbe fatto il fegato amaro vedendola crescere ed allontanarsi.
Ma
tutto questo non lo avrebbe mai saputo e Julia sarebbe rimasta sempre
la dolce bambina paffuta che la sera amava giocare sulle sue
ginocchia.
Ma
ora c’erano altri figli che crescevano e in ricordo di quella
bambina persa, doveva essere un buon padre per i suoi fratelli.
Era
ancora l’alba e il cielo era rosato quando con Jeremy, felice
come
una Pasqua, spinse la barca in acqua assieme a lui. “Avresti
preferito andare a pescare coi tuoi amici? O… con Mary?
– gli
chiese a bruciapelo, mentre prendevano il largo.
Allegramente,
non cogliendo il senso di quell’allusione, Jeremy
saltellò sulla
barca sedendosi davanti a lui che remava. Indossava dei semplici
pantaloncini lunghi fino al ginocchio e una camicia bianca e Ross,
osservandolo, si rese conto che man mano stava perdendo le fattezze
da bambino assumendo quelle di un ragazzino. “No, io volevo
venire
con te! Non ci andiamo mai insieme, sei sempre lontano”.
Jeremy
aveva fatto quelle affermazioni con leggerezza, ma Ross si
sentì
terribilmente in colpa perché era vero. Londra e il
Parlamento prima
e adesso anche il suo impiego come spia per il Governo lo tenevano
lontano da casa a lungo, troppo a lungo… E Jeremy non era
poi così
piccolo per non accorgersene. “Mi dispiace”
– disse solo,
chiedendosi se un giorno, crescendo, Jeremy glielo avrebbe
rinfacciato con più veemenza.
Il
bambino lo fissò per un attimo, dubbioso su cosa dire.
“Mamma dice
che lo fai per noi, per rendere il mondo un posto più bello
per me e
Clowance”.
Ross
sorrise, Demelza a volte era fin troppo comprensiva verso le sue
mancanze e lui era consapevole di averne avute molte nei confronti
della sua famiglia nel corso degli anni. Soprattutto verso Jeremy,
che aveva accolto a fatica nel suo cuore e che era nato in un momento
burrascoso del suo matrimonio dove aveva gettato via quasi tutto
inseguendo un sogno che lo aveva portato quasi a non vedere
più la
sua famiglia e quanto avessero voglia di averlo vicino. Jeremy era il
figlio che lo aveva avuto meno di tutti, quello che si era trovato a
vivere sulla sua pelle grossi momenti di crisi fra lui e Demelza,
quello che più di tutti lo aveva visto galoppare via lontano
da
Nampara. Ma Ross sapeva di amarlo, sapeva di volere il meglio per lui
e anche se a volte era il suo desiderio di avventura a portarlo
lontano, ora era anche consapevole di quanto quello che faceva
avrebbe reso il futuro dei suoi figli un po’ migliore.
“Lo pensi
anche tu, vero?”.
Jeremy
si fece serio. “A volte…”.
“Cosa?”.
“A
volte pensavo che non mi volevi molto bene”.
Jeremy
lo disse arrossendo, quasi fosse in imbarazzo lui stesso nel dire
quelle parole. E Ross si sentì di nuovo in colpa e
decisamente più
consapevole del suo ruolo di padre molte volte, troppe volte assente.
E si maledìì per non essere riuscito a fare di
più con lui. “Non
è così e spero che tu lo capisca”.
Lui
annuì. “Sei un eroe?”.
“Vorrei
esserlo ma in fondo sono solo una persona normale”.
“Io
dico ai miei amici che lo sei”.
Ross
allungò una mano a prenderlo sulle sue ginocchia.
“Lo pensi sul
serio?”.
“Sì.
E adesso ho capito che gli eroi devono anche fare cose grandissime e
quindi non possono sempre stare comodi a casa. Lo so che mi vuoi
bene, anche a mamma e a Clowance. E a Garrick e a Prudie un
pochino”.
In
quell'istante Ross fu molto grato che ci fosse Demelza accanto ai
bambini. Sopperiva a tante sue assenze, cresceva i bambini al meglio,
felici e facendoli sentire amati ed era capace di renderlo migliore
sia come persona che agli occhi dei suoi figli. In realtà
non era un
eroe, non si sentiva tale e aveva compreso di essere assolutamente
imperfetto in tante cose ma sentire quelle parole da suo figlio gli
riempì d'orgoglio il cuore perché era vero, amava
la sua famiglia
più di qualsiasi altra cosa e questo non sarebbe mai stato
messo in
discussione. "Sai che faremo? Insomma, a volte c'è poco
tempo
per stare insieme ma se lo passiamo al meglio, recupereremo i momenti
in cui siamo stati lontani".
Jeremy
sembrò convincersi di quella proposta. "Come una squadra?".
"Cosa?".
"Lo
dice sempre la mamma. Siamo una squadra noi Poldark di Nampara".
Quel
riferimento diede a Ross la scusante per agganciarsi al discorso che
intendeva fare a suo figlio. "Esatto! Tu, io, Clowance e il
fratellino o sorellina in arrivo. O come te e Mary quando siete
insieme".
Jeremy
spalancò gli occhi. "Io e Mary?".
Sembrava
imbarazzato e Ross si accorse che doveva proseguire con prudenza per
evitare che suo figlio si chiudesse in se stesso. Non erano molte le
occasioni in cui aveva parlato con lui da uomo a... quasi uomo e
quindi gli veniva complicato capire quale fosse il modo giusto per
raggiungere la coscienza di suo figlio ed ottenere la sua attenzione.
Spesso aveva fatto discorsi e paternali a Geoffrey Charles ma con
Jeremy era un campo ancora inesplorato e questo lo rendeva dubbioso e
timoroso. Il tempo era passato troppo in fretta dannazione, dalla
nascita di suo figlio! "Tu e Mary, quando giocate insieme o
uscite in barca, non siete una squadra?".
"No,
lei fa remare solo me!".
Ross
scoppiò a ridere. "D'accordo, forse è giusto
così, è una
questione di buona educazione con una donna! Ma intendevo che dividi
il tuo tempo con lei e quindi insieme, siete una squadra".
Jeremy
sembrò dubbioso. "Porta sempre il pane e la marmellata
quando
la vedo, il pomeriggio. E facciamo a metà! Significa essere
una
squadra?".
Ross
si grattò la guancia pensando che in fondo Jeremy era
davvero,
ancora, solo un bambino e forse si stava preoccupando per niente.
"Ehm... sì! E ti piace?".
"La
marmellata?".
"No,
Mary!". Santo cielo, quanto era complicato...
Il
bambino sospirò, poi con la mano smosse un pò
d'acqua facendola
dondolare dalla barca. "Sì, quasi sempre. A volte meno, a
volte
tanto. Ma mi fa sentire strano certe volte quando lei c'è".
"Strano
in che senso?".
Jeremy
ci pensò su, come a cercare le parole. "Fisicamente strano".
Ross
per poco, a quelle parole, non si cappottò dalla barca. Che
intendeva per FISICAMENTE? Jeremy aveva solo undici anni, non era
ancora il tempo per certe... pulsioni... Giusto? Vero? E nemmeno lui
era pronto per affrontare certi argomenti e Giuda, appena giunto a
casa avrebbe fatto giurare a Demelza che avrebbe affrontato lei certi
discorsi con Clowance anche perché lui non ne sarebbe uscito
vivo da
quella gita in barca. Avrebbe voluto essere ovunque, in Francia in
arresto o a Hyde Park a sfidare Monk, sarebbe stato tutto
più
semplice che quello... "Fisicamente... In che senso?" -
chiese, con terrore.
Jeremy
si toccò lo stomaco. "Mi fa un pò male
quì quando la guardo".
Ross
tirò un sospiro di sollievo. "Solo lì?".
"Sì,
che altro dovrei sentire?".
"NIENTE,
NIENTE!!! E'' tutto normale, sta tranquillo". Ross guardò il
cielo ringraziando tutti gli dei della volta celeste per aver
allontanato da lui almeno per un pò un discorso fra uomini
un pò
più intimo.
Ma
la sua gioia durò poco.
"Papà".
"Sì".
"Posso
chiederti una cosa?".
"Certo".
Jeremy
arrossì. "Il mio amico Jimmy Been dice che suo fratello
grande
gli ha raccontato che i maschi e le femmine grandi fanno cose strane
quando sono da soli. Dice che si mettono tutti nudi e...
Papà, dice
cose che mi sembrano davvero disgustose e brutte da fare".
Ecco,
ora forse era il momento di cappottarsi in mare sul serio. E ora come
diavolo ne usciva? Era normale, certo, molti ragazzini
all'età di
Jeremy iniziavano a scambiarsi in modo fantasioso informazioni
sull'intimità. Era un passaggio dovuto e una
curiosità sana e di
certo era normalissimo che le conclusioni a cui arrivavano a una
età
così acerba fossero ancora distorte, ma al diavolo, cosa
doveva
dire??? Perché non se n'era rimasto in Francia ancora un
pò,
dannazione a lui? Dov'era Dwight quando serviva? E come doveva
rispondere? Mentire? No, avrebbe reso Jeremy ancora più
curioso di
quel mondo sconosciuto e l'avrebbe forse potuto percepire come
qualcosa di morboso e sbagliato. Essere onesto? Beh, sì, ma
considerando che aveva davanti un bambino ancora undicenne che da
quel discorso avrebbe iniziato la sua vera crescita per diventare un
uomo. Aveva una grossa responsabilità davanti e per la prima
volta
forse si rese conto di quanto difficile fosse essere padre. "Credo
che il tuo amico abbia detto una mezza verità".
Jeremy
spalancò gli occhi. "Qual'è la mezza
verità vera?".
Ross
prese un profondissimo respiro, cercando di essere ciò che
suo padre
non era stato per lui. Joshua era stato fin troppo esplicito con
certe spiegazioni e ai tempi aveva ottenuto solo di farlo
imbarazzare. Ma non voleva che succedesse anche fra lui e Jeremy e
pur omettendo qualcosa, voleva essere sincero. "Gli uomini e le
donne grandi hanno una loro vita intima e di coppia che rende ancora
più profonda la loro unione. Questa è la parte
vera. Quella falsa è
che non è vero affatto che è una cosa disgustosa".
Jeremy
sbiancò, deglutendo. "Anche tu e mamma...?".
Ross
gli prese la mano, invitandolo ad avvicinarsi. "Beh, sei grande
abbastanza per capire che io e la mamma non siamo solo la tua mamma e
il tuo papà. Prima di voi figli, noi siamo stati e ancora
siamo
soprattutto una coppia. Siamo un uomo e una donna che si amano, due
sposi, la mamma è mia moglie, la mia migliore amica, la mia
compagna
e io sono altrettanto per lei. Esiste un mondo oltre a quello che tu
e Clowance vedete e quel mondo, intimo e che appartiene solo a due
persone che si amano, rende ancora più profondo un legame.
Donarsi
l'uno all'altra non è una cosa sporca o brutta ma al
contrario, una
delle più belle che la vita ti regalerà. Ora sei
piccolo, questo
mondo non ti appartiene ancora e non ti apparterrà per anni,
non
devi vivere nulla finché non sarai grande abbastanza per
renderti
conto di quanto amare una donna sia speciale ma capirai, col tempo,
che ho ragione".
Jeremy,
imbarazzato, annuì. Rimase in silenzio alcuni istanti ma poi
alla
fine alzò il viso, sorridendo. "Posso non pensarci, adesso?
Mi
fa impressione".
"Assolutamente
non devi pensarci!".
"Posso
solo giocare con Mary e andare in barca con lei e fare merenda con il
suo pane e marmellata?".
"DEVI
fare solo questo".
Jeremy
sospirò, rinfrancato. "Per fortuna. E posso anche pensare
che
tu e la mamma siete solo il mio papà e la mia mamma senza
altro?".
Ross
gli accarezzò i capelli. "Non devi farti domande, per te io
e
la mamma siamo noi, quelli che siamo sempre stati. Il resto
è
qualcosa che non ti appartiene e che ti apparterrà da
grande, quando
amerai qualcuno come io amo la mamma".
Jeremy
annuì e poi, ridendo, prese la canna da pesca. Era
decisamente
stanco dei discorsi seri e si sentiva un pò strano dopo quel
discorso, come se per la prima volta vedesse sotto una luce nuova i
suoi genitori. Ma anche decisamente più sereno.
"Papà, se non
peschiamo, mamma ci sgrida! Che si mangia a pranzo se torniamo senza
niente?".
"Oh,
hai perfettamente ragione! E non posso certo portare tua sorella alla
Wheal Grace a stomaco vuoto".
Jeremy
rise. "Clowance se non mangia, diventa più brontolona di
Prudie".
"Tua
sorella ama il cibo!".
"Come
tu ami la mamma?".
Ross
rise di nuovo. Era un bambino sveglio ma dai modi simpatici e
gentili, schietto ma educato, furbo ma ancora piccolo
per tanti aspetti del suo carattere. "Sì, più o
meno".
Jeremy
lo fissò incuriosito, facendo alla fine un'ultima domanda.
"Papà,
quelle cose che fanno gli uomini e le donne grandi, da soli, poi
fanno nascere i bambini?".
Ross
sorrise. "Sì" - rispose, semplicemente. Perché
mentire?
Jeremy
si rasserenò del tutto. "E allora ti credo, se siamo nati
noi
allora è una cosa bella davvero".
Ross
si sentì orgoglioso di se stesso e forse lo sarebbe stata
anche
Demelza quando glielo avrebbe raccontato. "Esatto. Hai altre
domande?".
Jeremy
scosse la testa e Ross comprese che forse, per qualche anno, poteva
stare tranquillo. Per altri discorsi complicati c'era decisamente
tempo...
E
rasserenato, raggiunse una caletta che pullulava di pesci, godendosi
finalmente del tempo con quel figlio troppo a lungo tenuto lontano,
ricordando la sua nascita e come si era annunciato al mondo, proprio
su quella barca dove Demelza era entrata in travaglio. Un cerchio si
chiudeva, in un certo senso. La storia che era iniziata su quella
barca dando la vita al
suo bambino, ora lo vedeva fare i primi timidi passi nel mondo dei
grandi
segnando un altro passaggio della sua esistenza.
E Ross era fiero di esserci, stavolta.
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