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Autore: lady lina 77    20/03/2021    3 recensioni
Post S5... Prima di tuffarmi in una fanfiction lunga e drammatica, volevo scrivere qualcosa di leggero che desideravo mettere nero su bianco dalla fine della S5. E così eccovi questa breve fanfiction, pochi capitoli, dove racconterò il ritorno di Ross e Dwight dalla Francia e le vicende delle loro famiglie in crescita che purtroppo la serie BBC ci ha celato. E quindi eccovi Ross, Dwight, Demelza, Caroline, Jeremy, Clowance e i piccoli in arrivo, da Isabella-Rose a Sophie Enys.
Perché in fondo credo che fosse tutto quello che avremmo voluto dalla serie tv, no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Penvenen, Demelza Carne, Dwight Enys, Ross Poldark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ross aveva passato i primi giorni a sistemare faccende burocratiche e a dare un occhio a conti e libri contabili con Pascoe e ai documenti della Wheal Grace assieme a Zachy. La sua miniera prosperava, i furti che l’avevano vista coinvolta prima della sua partenza erano cessati, Tess era sparita dalla faccia della Cornovaglia e Jacka sembrava aver trovato il luogo adatto alle polemiche nelle osterie più a buon mercato della zona dove per pochi penny poteva ottenere Gin e un luogo dove sproloquiare senza che nessuno facesse caso a lui.
Nel frattempo si era anche riappropriato delle abitudini famigliari a lui più care: svegliarsi al mattino col chiasso fatto da Prudie e dai bambini, il saluto sonnecchioso a sua moglie sempre più incinta, la colazione, i lavori della fattoria, osservare i bambini che andavano a scuola da Rosina, l’andirivieni dalla sua miniera, il profumo della cena sul fuoco e la serata o a chiacchierare davanti al camino o in camera, desideroso solo di stare con Demelza. Avevano organizzato anche delle allegre cene con i suoi cognati e le loro famiglie, si era divertito a conoscere meglio la sua nipotina Loveday pregustando quando avrebbe avuto in braccio Isabella-Rose, avevano cenato con Dwight e Caroline e ogni cosa era tornata al suo posto tranquillo e sereno.
Dopo dieci giorni dal suo ritorno, finalmente era riuscito a ottenere una giornata totalmente libera da impegni e aveva organizzato di uscire in barca al mattino con Jeremy per quella famosa chiacchierata sulle ragazze che gli aveva chiesto di fare Demelza. E al pomeriggio avrebbe portato Clowance in miniera. La bambina sembrava davvero attratta da quel luogo che gli appariva misterioso e voleva esplorare con lui i cunicoli. Aveva promesso a Demelza che l’avrebbe accompagnata semplicemente la primo livello, il più semplice e sicuro e che non l’avrebbe persa di vista nemmeno un secondo. In realtà lo divertiva il temperamento vivace e assolutamente anticonvenzionale di sua figlia che aveva l’aspetto di una bambolina ma la forza di volontà e la sfacciataggine tipica di un Poldark che sa cosa vuole, lo chiede e se non lo ottiene, lo pretende. A volte, osservando i suoi figli, si chiedeva come sarebbe stata Julia. Era una bambina placida e tranquilla, diversa da Clowance, ma chissà che temperamento avrebbe avuto, crescendo… Ora avrebbe avuto quattordici anni, l’età in cui lui aveva conosciuto Demelza, sarebbe stata una ragazzina e forse avrebbe vissuto il periodo dei primi amori in modo più consapevole di Jeremy e lui si sarebbe fatto il fegato amaro vedendola crescere ed allontanarsi.
Ma tutto questo non lo avrebbe mai saputo e Julia sarebbe rimasta sempre la dolce bambina paffuta che la sera amava giocare sulle sue ginocchia.
Ma ora c’erano altri figli che crescevano e in ricordo di quella bambina persa, doveva essere un buon padre per i suoi fratelli.
Era ancora l’alba e il cielo era rosato quando con Jeremy, felice come una Pasqua, spinse la barca in acqua assieme a lui. “Avresti preferito andare a pescare coi tuoi amici? O… con Mary? – gli chiese a bruciapelo, mentre prendevano il largo.
Allegramente, non cogliendo il senso di quell’allusione, Jeremy saltellò sulla barca sedendosi davanti a lui che remava. Indossava dei semplici pantaloncini lunghi fino al ginocchio e una camicia bianca e Ross, osservandolo, si rese conto che man mano stava perdendo le fattezze da bambino assumendo quelle di un ragazzino. “No, io volevo venire con te! Non ci andiamo mai insieme, sei sempre lontano”.
Jeremy aveva fatto quelle affermazioni con leggerezza, ma Ross si sentì terribilmente in colpa perché era vero. Londra e il Parlamento prima e adesso anche il suo impiego come spia per il Governo lo tenevano lontano da casa a lungo, troppo a lungo… E Jeremy non era poi così piccolo per non accorgersene. “Mi dispiace” – disse solo, chiedendosi se un giorno, crescendo, Jeremy glielo avrebbe rinfacciato con più veemenza.
Il bambino lo fissò per un attimo, dubbioso su cosa dire. “Mamma dice che lo fai per noi, per rendere il mondo un posto più bello per me e Clowance”.
Ross sorrise, Demelza a volte era fin troppo comprensiva verso le sue mancanze e lui era consapevole di averne avute molte nei confronti della sua famiglia nel corso degli anni. Soprattutto verso Jeremy, che aveva accolto a fatica nel suo cuore e che era nato in un momento burrascoso del suo matrimonio dove aveva gettato via quasi tutto inseguendo un sogno che lo aveva portato quasi a non vedere più la sua famiglia e quanto avessero voglia di averlo vicino. Jeremy era il figlio che lo aveva avuto meno di tutti, quello che si era trovato a vivere sulla sua pelle grossi momenti di crisi fra lui e Demelza, quello che più di tutti lo aveva visto galoppare via lontano da Nampara. Ma Ross sapeva di amarlo, sapeva di volere il meglio per lui e anche se a volte era il suo desiderio di avventura a portarlo lontano, ora era anche consapevole di quanto quello che faceva avrebbe reso il futuro dei suoi figli un po’ migliore. “Lo pensi anche tu, vero?”.
Jeremy si fece serio. “A volte…”.
Cosa?”.
A volte pensavo che non mi volevi molto bene”.
Jeremy lo disse arrossendo, quasi fosse in imbarazzo lui stesso nel dire quelle parole. E Ross si sentì di nuovo in colpa e decisamente più consapevole del suo ruolo di padre molte volte, troppe volte assente. E si maledìì per non essere riuscito a fare di più con lui. “Non è così e spero che tu lo capisca”.
Lui annuì. “Sei un eroe?”.
Vorrei esserlo ma in fondo sono solo una persona normale”.
Io dico ai miei amici che lo sei”.
Ross allungò una mano a prenderlo sulle sue ginocchia. “Lo pensi sul serio?”.
Sì. E adesso ho capito che gli eroi devono anche fare cose grandissime e quindi non possono sempre stare comodi a casa. Lo so che mi vuoi bene, anche a mamma e a Clowance. E a Garrick e a Prudie un pochino”.
In quell'istante Ross fu molto grato che ci fosse Demelza accanto ai bambini. Sopperiva a tante sue assenze, cresceva i bambini al meglio, felici e facendoli sentire amati ed era capace di renderlo migliore sia come persona che agli occhi dei suoi figli. In realtà non era un eroe, non si sentiva tale e aveva compreso di essere assolutamente imperfetto in tante cose ma sentire quelle parole da suo figlio gli riempì d'orgoglio il cuore perché era vero, amava la sua famiglia più di qualsiasi altra cosa e questo non sarebbe mai stato messo in discussione. "Sai che faremo? Insomma, a volte c'è poco tempo per stare insieme ma se lo passiamo al meglio, recupereremo i momenti in cui siamo stati lontani".
Jeremy sembrò convincersi di quella proposta. "Come una squadra?".
"Cosa?".
"Lo dice sempre la mamma. Siamo una squadra noi Poldark di Nampara".
Quel riferimento diede a Ross la scusante per agganciarsi al discorso che intendeva fare a suo figlio. "Esatto! Tu, io, Clowance e il fratellino o sorellina in arrivo. O come te e Mary quando siete insieme".
Jeremy spalancò gli occhi. "Io e Mary?".
Sembrava imbarazzato e Ross si accorse che doveva proseguire con prudenza per evitare che suo figlio si chiudesse in se stesso. Non erano molte le occasioni in cui aveva parlato con lui da uomo a... quasi uomo e quindi gli veniva complicato capire quale fosse il modo giusto per raggiungere la coscienza di suo figlio ed ottenere la sua attenzione. Spesso aveva fatto discorsi e paternali a Geoffrey Charles ma con Jeremy era un campo ancora inesplorato e questo lo rendeva dubbioso e timoroso. Il tempo era passato troppo in fretta dannazione, dalla nascita di suo figlio! "Tu e Mary, quando giocate insieme o uscite in barca, non siete una squadra?".
"No, lei fa remare solo me!".
Ross scoppiò a ridere. "D'accordo, forse è giusto così, è una questione di buona educazione con una donna! Ma intendevo che dividi il tuo tempo con lei e quindi insieme, siete una squadra".
Jeremy sembrò dubbioso. "Porta sempre il pane e la marmellata quando la vedo, il pomeriggio. E facciamo a metà! Significa essere una squadra?".
Ross si grattò la guancia pensando che in fondo Jeremy era davvero, ancora, solo un bambino e forse si stava preoccupando per niente. "Ehm... sì! E ti piace?".
"La marmellata?".
"No, Mary!". Santo cielo, quanto era complicato...
Il bambino sospirò, poi con la mano smosse un pò d'acqua facendola dondolare dalla barca. "Sì, quasi sempre. A volte meno, a volte tanto. Ma mi fa sentire strano certe volte quando lei c'è".
"Strano in che senso?".
Jeremy ci pensò su, come a cercare le parole. "Fisicamente strano".
Ross per poco, a quelle parole, non si cappottò dalla barca. Che intendeva per FISICAMENTE? Jeremy aveva solo undici anni, non era ancora il tempo per certe... pulsioni... Giusto? Vero? E nemmeno lui era pronto per affrontare certi argomenti e Giuda, appena giunto a casa avrebbe fatto giurare a Demelza che avrebbe affrontato lei certi discorsi con Clowance anche perché lui non ne sarebbe uscito vivo da quella gita in barca. Avrebbe voluto essere ovunque, in Francia in arresto o a Hyde Park a sfidare Monk, sarebbe stato tutto più semplice che quello... "Fisicamente... In che senso?" - chiese, con terrore.
Jeremy si toccò lo stomaco. "Mi fa un pò male quì quando la guardo".
Ross tirò un sospiro di sollievo. "Solo lì?".
"Sì, che altro dovrei sentire?".
"NIENTE, NIENTE!!! E'' tutto normale, sta tranquillo". Ross guardò il cielo ringraziando tutti gli dei della volta celeste per aver allontanato da lui almeno per un pò un discorso fra uomini un pò più intimo.
Ma la sua gioia durò poco.
"Papà".
"Sì".
"Posso chiederti una cosa?".
"Certo".
Jeremy arrossì. "Il mio amico Jimmy Been dice che suo fratello grande gli ha raccontato che i maschi e le femmine grandi fanno cose strane quando sono da soli. Dice che si mettono tutti nudi e... Papà, dice cose che mi sembrano davvero disgustose e brutte da fare".
Ecco, ora forse era il momento di cappottarsi in mare sul serio. E ora come diavolo ne usciva? Era normale, certo, molti ragazzini all'età di Jeremy iniziavano a scambiarsi in modo fantasioso informazioni sull'intimità. Era un passaggio dovuto e una curiosità sana e di certo era normalissimo che le conclusioni a cui arrivavano a una età così acerba fossero ancora distorte, ma al diavolo, cosa doveva dire??? Perché non se n'era rimasto in Francia ancora un pò, dannazione a lui? Dov'era Dwight quando serviva? E come doveva rispondere? Mentire? No, avrebbe reso Jeremy ancora più curioso di quel mondo sconosciuto e l'avrebbe forse potuto percepire come qualcosa di morboso e sbagliato. Essere onesto? Beh, sì, ma considerando che aveva davanti un bambino ancora undicenne che da quel discorso avrebbe iniziato la sua vera crescita per diventare un uomo. Aveva una grossa responsabilità davanti e per la prima volta forse si rese conto di quanto difficile fosse essere padre. "Credo che il tuo amico abbia detto una mezza verità".
Jeremy spalancò gli occhi. "Qual'è la mezza verità vera?".
Ross prese un profondissimo respiro, cercando di essere ciò che suo padre non era stato per lui. Joshua era stato fin troppo esplicito con certe spiegazioni e ai tempi aveva ottenuto solo di farlo imbarazzare. Ma non voleva che succedesse anche fra lui e Jeremy e pur omettendo qualcosa, voleva essere sincero. "Gli uomini e le donne grandi hanno una loro vita intima e di coppia che rende ancora più profonda la loro unione. Questa è la parte vera. Quella falsa è che non è vero affatto che è una cosa disgustosa".
Jeremy sbiancò, deglutendo. "Anche tu e mamma...?".
Ross gli prese la mano, invitandolo ad avvicinarsi. "Beh, sei grande abbastanza per capire che io e la mamma non siamo solo la tua mamma e il tuo papà. Prima di voi figli, noi siamo stati e ancora siamo soprattutto una coppia. Siamo un uomo e una donna che si amano, due sposi, la mamma è mia moglie, la mia migliore amica, la mia compagna e io sono altrettanto per lei. Esiste un mondo oltre a quello che tu e Clowance vedete e quel mondo, intimo e che appartiene solo a due persone che si amano, rende ancora più profondo un legame. Donarsi l'uno all'altra non è una cosa sporca o brutta ma al contrario, una delle più belle che la vita ti regalerà. Ora sei piccolo, questo mondo non ti appartiene ancora e non ti apparterrà per anni, non devi vivere nulla finché non sarai grande abbastanza per renderti conto di quanto amare una donna sia speciale ma capirai, col tempo, che ho ragione".
Jeremy, imbarazzato, annuì. Rimase in silenzio alcuni istanti ma poi alla fine alzò il viso, sorridendo. "Posso non pensarci, adesso? Mi fa impressione".
"Assolutamente non devi pensarci!".
"Posso solo giocare con Mary e andare in barca con lei e fare merenda con il suo pane e marmellata?".
"DEVI fare solo questo".
Jeremy sospirò, rinfrancato. "Per fortuna. E posso anche pensare che tu e la mamma siete solo il mio papà e la mia mamma senza altro?".
Ross gli accarezzò i capelli. "Non devi farti domande, per te io e la mamma siamo noi, quelli che siamo sempre stati. Il resto è qualcosa che non ti appartiene e che ti apparterrà da grande, quando amerai qualcuno come io amo la mamma".
Jeremy annuì e poi, ridendo, prese la canna da pesca. Era decisamente stanco dei discorsi seri e si sentiva un pò strano dopo quel discorso, come se per la prima volta vedesse sotto una luce nuova i suoi genitori. Ma anche decisamente più sereno. "Papà, se non peschiamo, mamma ci sgrida! Che si mangia a pranzo se torniamo senza niente?".
"Oh, hai perfettamente ragione! E non posso certo portare tua sorella alla Wheal Grace a stomaco vuoto".
Jeremy rise. "Clowance se non mangia, diventa più brontolona di Prudie".
"Tua sorella ama il cibo!".
"Come tu ami la mamma?".
Ross rise di nuovo. Era un bambino sveglio ma dai modi simpatici e gentili, schietto ma educato, furbo ma ancora piccolo per tanti aspetti del suo carattere. "Sì, più o meno".
Jeremy lo fissò incuriosito, facendo alla fine un'ultima domanda. "Papà, quelle cose che fanno gli uomini e le donne grandi, da soli, poi fanno nascere i bambini?".
Ross sorrise. "Sì" - rispose, semplicemente. Perché mentire?
Jeremy si rasserenò del tutto. "E allora ti credo, se siamo nati noi allora è una cosa bella davvero".
Ross si sentì orgoglioso di se stesso e forse lo sarebbe stata anche Demelza quando glielo avrebbe raccontato. "Esatto. Hai altre domande?".
Jeremy scosse la testa e Ross comprese che forse, per qualche anno, poteva stare tranquillo. Per altri discorsi complicati c'era decisamente tempo...
E rasserenato, raggiunse una caletta che pullulava di pesci, godendosi finalmente del tempo con quel figlio troppo a lungo tenuto lontano, ricordando la sua nascita e come si era annunciato al mondo, proprio su quella barca dove Demelza era entrata in travaglio. Un cerchio si chiudeva, in un certo senso. La storia che era iniziata su quella barca dando la vita al suo bambino, ora lo vedeva fare i primi timidi passi nel mondo dei grandi segnando un altro passaggio della sua esistenza. E Ross era fiero di esserci, stavolta.
  
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