Non so bene
come abbia fatto a riempire un capitolo di
dialoghi, dialoghi e dialoghi. L’intenzione inizialmente non
era quella, volevo
mettere più brutte intenzioni e maleducazione (con o senza
monopattino) ma alla
fine andranno nel prossimo capitolo: questo è occupato
perlopiù da Soundwave e
Spectra.
Anche se forse è giusto così, considerando che
sono ancora
marito e moglie e una conversazione seria senza saltarsi addosso
sarebbe
servita già tempo fa.
Ora che siete stati avvisati armatevi di caffè e di pazienza
(ormai non manca molto
nemmeno alla fine di questa storia), e buona lettura :’D
22
(Il suono del silenzio…
che non c’è)
Percorrere i corridoi della Peaceful Tiranny era diventata
un’abitudine per Soundwave che, se esprimere
un’opinione a riguardo fosse stato
importante, avrebbe potuto dire di trovare l’atmosfera data
dalle luci fredde
sul soffitto più opprimente e asettica della costante
penombra che invece
regnava nella Nemesis. Tarn aveva dato una forte impronta di se stesso
alla sua
astronave, o meglio, l’impronta della parte di se stesso che
compensava col
rigore il suo essere un completo disastro di mech.
Quel grosso cumulo violaceo di fanatismo e utile idiozia
però avrebbe potuto essere solo un fastidio molto marginale
per Soundwave, se
questi non avesse iniziato a vederlo come l’ennesimo
possibile ostacolo tra lui
e sua moglie.
Anzi, non “possibile”, era un ostacolo certo e
anche molto
pericoloso.
“Spectra sarà debole
fisicamente per molto tempo, ha rischiato di andare offline,
dovrà restare in
infermeria, psicologicamente parlando è in un momento
delicato, va tenuta
d’occhio e deve stare tranquilla, quando si
sveglierà di nuovo e riuscirà
a restare cosciente voglio continuare a seguirla dunque
dovrà restare nella
Peaceful Tiranny per un pezzo…”
Quella era solo una sintesi di tutto il discorso della
minicon riguardo le condizioni di Spectra, che in realtà era
stato ben più lungo.
In altri contesti Soundwave avrebbe anche potuto prendere sul serio il
tutto,
ma la sola cosa a cui riusciva a pensare era che quella minicon fosse
la serva di Tarn, e che dunque
avrebbe
detto qualsiasi cosa se lui gliel’avesse ordinato, anche
esagerando nel parlare
del bisogno di cure della paziente; ragion per cui aveva tutta
l’intenzione di
ignorare il parere della minicon, portare sua moglie nel proprio
alloggio
appena fosse stato possibile staccarla definitivamente dalle macchine
-o
mettere nell’alloggio anche le macchine in questione-
rivolgersi alla prioniana
solo in caso di reale necessità e mandare a monte il piano
di quello zelota
schizzato.
“Che troverò fuori dalla porta
dell’infermeria come al solito”.
Per l’ex gladiatore era tutto molto chiaro: ora che Tarn era
riuscito a mettere le mani su Spectra e a portarla nella sua tana da
mostro non
aveva la minima intenzione di restituirgliela, e se lui non fosse
riuscito a
tirarla fuori da lì in fretta avrebbe sfruttato la
situazione per tenerla nella
Peaceful Tiranny e cercare di condizionarla a suo piacimento, complici
anche
tutte le ore lavorative in cui lui non avrebbe potuto essere presente
per
impedirlo.
“Potrebbe riuscirci davvero, è questo il
peggio”.
Secondo Soundwave, Spectra era già di suo estremamente
fragile, lo era sempre stata da quando l’aveva conosciuta
-non per nulla l’aveva
soprannominata Scricciolo- e quando si trattava di Spectrus lo era
ancora di
più: ora che il fratello l’aveva quasi mandata
offline, almeno riguardo le
condizioni mentali delicate non stentava a credere alle parole di
Nickel.
Inoltre, come se il resto non fosse stato sufficiente, Spectra era
anche reduce
da una manipolazione profonda da parte di quel ladro di compagne altrui
comunemente chiamato Dreadwing, che nella sua ossessione di averla per
sé aveva
passato tutto quel tempo a “demolire” lui e
rovinare lei ogni giorno di più,
con bel risultato che tutti quanti avevano visto.
Era il terreno più fertile che le parole di qualcuno che
uccideva a suon di chiacchiere potessero trovare, e se per disgrazia
avessero attecchito sarebbe stato un disastro, anche perché
sì, Spectra era
sposata con lui, ma Megatron non si era dimostrato favorevole
né contrario
all’idea di Tarn o di chiunque altro
di portarsela via lasciando la scelta finale alla sola Spectra, cosa
che
secondo lui era stata un’idea a dir poco pessima.
A volte Soundwave si chiedeva seriamente cosa passasse per
la mente di Megatron nel prendere decisioni del genere, ma non stava a
lui
contestarlo, nemmeno in quel caso: era il suo amico ma era anche il suo
capo, e
lui negli ultimi tempi aveva avuto più di qualche
defaillance, non ultima
quella per colpa della quale era stato catturato -sebbene alla fine la
cosa fosse
stata sfruttata a loro favore.
Fortunatamente almeno Optimus Prime e il resto degli
Autobot, saltati in aria insieme al loro hangar, non erano
più un problema
ormai.
“Appunto, eccolo. Maledetto" pensò Soundwave,
vedendo Tarn fuori dalla porta dell’infermeria.
«Soundwave, ero proprio in procinto di contattarti»
lo
accolse questi «Si è svegliata poco fa ed
è ancora cosciente».
Sulle prime il tecnico provò un misto di stupore, sollievo e
gioia nel ricevere finalmente una buona notizia riguardante sua moglie,
che lui
non vedeva l’ora di rivedere, ma poi il “poco
fa” detto da Tarn si fece strada
nel suo processore, e la sensazione di allarme si acuì
profondamente.
«Credevo di essere stato chiaro sul voler essere avvisato subito di ogni cambiamento delle sue
condizioni».
«Prima dovevamo
accertare che lasciare
che tu le facessi
visita fosse consigliabile per la sua salute»
replicò Tarn «Se non fosse stato così
avremmo potuto essere coinvolti in scene spiacevoli
nelle
quali qualcuno avrebbe dovuto persuaderti a restare fuori
dall’infermeria».
«Senza riuscirci».
“Non dimenticare chi hai davanti” pensò
l’ex gladiatore,
puntando lo sguardo dritto in quello di Tarn pur sapendo che questi,
causa
visore, non poteva vederlo “Quando io combattevo
nell’arena di Kaon tu non eri
ancora online. E ringrazia Megatron
se ora non apro un Ponte Spaziale sotto i tuoi piedi per spedirti
dritto in un
vulcano attivo”.
«Soundwave?...»
Spectra, che doveva averlo sentito, lo aveva chiamato da
dietro la porta. Era sveglia, cosciente, stava abbastanza bene da
riuscire a
parlare e da riconoscerlo e lo aveva
chiamato: poteva sembrare poco ma non lo era per lui, specie
con i problemi
che avevano.
Tarn e il resto del mondo smisero di esistere per Soundwave mentre apriva la porta,
fissava solo per
qualche brevissimo momento la femme avvolta nella coperta viola e col
cavo di
un singolo macchinario attaccato al suo braccio e, infine, si
avvicinava
rapidamente per stringerla tra le braccia -non troppo forte, tenendo a
mente le
sue condizioni- del tutto incurante della presenza di chicchessia,
fanatici o
medici di taglia ridotta che fossero. Era sua moglie ed era quasi
andata
offline, dunque la sua reazione era quanto di più
“umano” possibile.
Inizialmente la sentì irrigidirsi nel suo abbraccio ma fu
solo per un istante, perché subito dopo si
rilassò e lo ricambiò in silenzio.
«Scusami se ho fatto cose per le quali sei stato
male»
mormorò poi Spectra vicino a uno dei suoi recettori uditivi
«E non ne ho capite
altre prima. Mi dispiace».
Era tutto quel che Soundwave voleva sentire, pur dando per
scontato che lei si riferisse a “cose” alle quali
invece forse non pensava. Le
accarezzò brevemente la nuca e, quando lei
sollevò il viso, lo sguardo dell’ex
gladiatore andò dall’espressione stanca sul viso
della giovane allo squarcio
richiuso sul petto. Quella era la prima volta in cui aveva la
possibilità di
vedere il danno coi propri occhi, e lo spettacolo gli causò
tanta ansia e
tristezza quanta rabbia: le prime due per lei, la terza verso Spectrus,
verso
Dreadwing -“Se lui non
l’avesse
portata via non sarebbe successo! Spero che presto lo prendano e vada
offline,
finalmente!”- e… sì, se non fosse stato
per tutto il resto forse ne avrebbe
provata un pochino anche verso di lei, per la testardaggine avuta nel
rischiare
così tanto restandogli lontana.
«Farò portare i macchinari che servono nel mio
alloggio, non
devi stare qui» disse.
«Bello scoprire che tutto il discorso che ti ho fatto ha
avuto
la stessa utilità di parlare col muro!»
esclamò Nickel «Portarla fuori
dall’infermeria non è una buona idea. È
appena uscita fuori da una situazione
che definire complicata è poco, ha bisogno di tempo per
recuperare e di essere
seguita da un medico competente, e l’unico medico qui in giro
che può essere
definito così sono io».
«Al momento non rischia di morire, dunque non credo che i
motivi per cui stai insistendo
c’entrino qualcosa con
la sua salute» ribatté Soundwave guardando non la
minicon, ma Tarn, che in
tutto ciò era rimasto sulla soglia
dell’infermeria.
«Ho la sensazione, sicuramente
sbagliata, che tu stia
cercando di insinuare qualcosa» replicò
freddamente l’altro Decepticon.
Fu allora che i sensori ottici di Soundwave notarono che sul
comodino vicino a Spectra c’erano sia dei libri -libri di
fiabe e Towards
Peace, la cui presenza era una firma evidentissima di chi li aveva
scelti e
messi lì- sia una bambola molto ben fatta di quella che,
senza ombra di dubbio,
era la compianta Sparkleriver Specter, che Soundwave afferrò
e protese verso il
comandante della DJD.
«Io non insinuo, faccio accuse molto precise. Usare una
bambola di sua madre per guadagnare la sua fiducia prima e cercare di
condizionarla come ti pare e piace poi è squallido perfino
per te».
«Che tu la ritenga
così stupida da pensare che una cosa simile sia possibile mi
fa capire il
perché e il per come di molte cose»
replicò Tarn.
«Stai insinuando qualcosa?»
«Certo che no» replicò l’altro
«Faccio accuse molto
precise».
«Penso che Soundwave sia solo molto teso per tutto quel che
è successo» disse
Spectra, recuperando la bambola dalle mani di Soundwave e mettendola
nuovamente
sul comodino «Ma non credo che intendesse davvero darmi della
stupida o accusare qualcuno. È un bene che tu
sia venuto qui, volevo parlarti» disse poi, rivolta al
marito.
«Una volta nel nostro alloggio avremo tutto il
tempo»
insistette il tecnico.
«Non prenderla male per favore ma io preferisco restare qui.
Non è per te, è perché Nickel ha
ragione sul fatto che ho bisogno di essere
seguita» disse Spectra «Se resto dove sono
può farlo molto meglio che se fosse
obbligata a fare qua e là».
Per quanto le parole di Spectra potessero suonare ragionevoli,
a Soundwave non poteva importare di meno. Quella bambola -che lui tra
l’altro,
ignaro del fatto che quella bambola fosse nelle mani di Tarn da tempo
immemorabile, vedeva come un feticcio a dir poco inquietante- i libri,
il fatto
che Spectra avesse preso le sue parti ma
avesse anche detto che lui sbagliava nel pensare a una manipolazione:
unendo il
tutto era palese che il lavaggio del processore di Spectra da parte di
quel
mostro di Tarn fosse già cominciato.
“Prendila, apri un Ponte e portala via subito!” gli
intimò
il suo processore.
“È attaccata a un macchinario, se lo faccio corro
il rischio
di farle del male” gli ricordò un’altra
voce più ragionevole.
“Mai quanto può fargliene Tarn!”
tornò a insistere la
paranoia che, essendo lui all’oscuro di vari particolari, era
comprensibile “Afferra
lei E il macchinario E
portala via subito!”
Poi ricordò.
“Non vorrà restare con loro quando Tarn e i suoi
termineranno
Dreadwing, per quanto Tarn possa cercare di parlarle male di lui nel
mentre. Ha
difeso quel traditore, non ha ascoltato me che sono il suo compagno di
vita...
una volta che questo mostro avrà fatto quel che deve fare,
Spectra
non ascolterà
nemmeno lui. È una di quelle cose che si possono risolvere
da sole”.
«Se davvero sei sicura di quello che dici e di avere bisogno
di questo, allora d’accordo».
Il modo in cui lei gli sorrise causò emozioni contrastanti
in Soundwave, che da tempo aveva iniziato a temere che Spectra non
l’avrebbe
mai più fatto in quel modo.
«Grazie. Per me il fatto che mi ascolti significa
tantissimo»
disse Spectra «Ci sono altre cose che vorrei dire ma non sono
sicura-»
«Qualche minuto da soli ve lo posso concedere, se nessuno fa
il cretino e ti porta via dopo aver aperto un Ponte» si fece
sentire Nickel,
senza risparmiare a Soundwave un’occhiata
«Poi però riposo assoluto, ti sei
svegliata da poco e di emozioni ne hai
avute già troppe… quindi sii responsabile almeno
tu, dato che sul resto non ci
si può contare».
“Sfacciata, parla così solo perché ha
Tarn dietro di sé”
pensò il tecnico, senza capire che la minicon non si stava
riferendo solo a lui
ma anche a Tarn stesso.
«Però per me non è stato un
mal… va bene» disse Spectra,
sollevando le mani in segno di resa dopo aver notato
l’espressione di Nickel «Dopo
mi sarei riposata in ogni caso, mi sento piuttosto debole».
«Bene» disse Tarn, uscendo con Nickel
dall’infermeria «Se
serve qualcosa siamo qui fuori, Spectra».
«Non disturbarti» ribatté Soundwave,
senza ricevere alcunché
in risposta «Finalmente siamo soli»
borbottò appena la porta si chiuse
«Relativamente, dato che di sicuro è rimasto
sempre troppo vicino a cercare di
ascoltare tutto quel che diciamo».
Spectra fece spallucce. «È la sua astronave, e
poi… cercare
di ascoltare tutto non è qualcosa che fai anche tu per
lavoro?» gli domandò
poi, con un breve sorriso.
«Per lavoro, appunto» replicò
l’ex gladiatore «Lui invece
per altre ragioni. Se è a capo di una squadra di mostri
è perché lui è il
peggiore. Dovresti saperlo, considerando che sei stata con loro un
mese… ennesima
cosa che non mi hai mai detto».
«Scusami per non averlo fatto» replicò
lei, senza abbassare
lo sguardo «Non credevo che fosse importante
perché ero sicura di essere stata
dimenticata. Anche quando mi sono svegliata qui e ho visto che si
stavano prendendo cura di me ho pensato che Tarn stesse facendo tutto
per via di un ordine di Lord Megatron, ma non è
così... io non me lo aspettavo, ammetto di essermi anche
commossa quando mi sono resa conto che lui, anzi, che un po'tutti
loro-»
«Ti prego, ti ha salvato la vita ma non iniziare a pensare
anche a lui come un altro principe di non
so cosa “da
marito”, con cavalieri al
seguito e tutte le conseguenze del
caso».
Era stata un’uscita molto più acida di quanto
avrebbe voluto
-e con implicazioni poco gentili- e se ne sarebbe reso conto anche
senza notare
l’espressione di sua moglie.
«Non volevo dire niente del genere»
mormorò lei «Mi ha solo
fatto piacere sapere di non essere stata dimenticata e che queste
persone tengono a me, quando invece non pensavo di
poter
lasciare “un segno”».
«… lo so. Lo so. Non volevo prendermela con te,
è solo…
perché si mettono tutti in mezzo? Perché
non ci lasciano in pace? È dall’inizio di tutto
che non ci lasciano in pace»
disse, mostrando un’esasperazione che provava da tempo e che
lo stava anche inducendo
ad agire in modi in cui in altre situazioni non avrebbe mai agito.
«Che non abbiamo avuto pace è vero»
concordò Spectra «Tra
una cosa e l’altra… e soprattutto per Spectrus. A
proposito, ho capito perché
tempo fa hai fatto quello che hai fatto. Pensavo che avessi ignorato la
mia
decisione
perché non ti importava né di quel che pensavo
né di quel che sentivo» disse la
giovane femme «Ma di recente mi sono resa conto che a volte
quando si fanno
scelte del genere lo si fa per tutto il contrario del “non
importare”. Non
rende comportarsi così meno sbagliato, ma ora che ho capito
cosa ti ha spinto a
farlo è già diverso. Vorrei solo esserci arrivata
prima».
“È ancora convinta che mi sia comportato nel modo
sbagliato
anche adesso che è stata quasi uccisa?!”
pensò, ringraziando il cielo di non
essersi tolto il visore: la sua espressione avrebbe
senz’altro tradito quel che
pensava.
Dreadwing l’aveva proprio rovinata, solo un lavaggio del
processore contro di lui a livelli altissimi avrebbe potuto portare
Spectra a
restare convinta del fatto che lui, Soundwave, non avesse agito nel
migliore
dei modi.
Con gli Autobot fuori dai giochi e gli ex Autobot
temporaneamente fuori servizio, o forse definitivamente
nell’improbabile caso
in cui Spectrus fosse morto per le ferite riportate, quello avrebbe
potuto
essere un periodo fantastico per lui e per tutta la fazione; invece lo
era solo
per la fazione, e sarebbe stato così finché la
DJD non avesse risolto il
“problema Dreadwing”.
«Tu non eri lucida quando si trattava di Spectrus, dovevo
fare qualcosa» disse quindi a Spectra, senza commentare il
resto «Ero sicuro
che anche dandogli quella possibilità che volevi dargli non
ci avrebbe lasciati
stare. Quell’essere non è uno che si arrende,
infatti guarda dove sei. Per
tutto il tempo in cui sei stata via ho temuto una cosa simile, del
resto sono
il tuo compagno di vita, è ovvio che mi importi, anche se
certe persone provano
a farti credere il contrario».
«Nessuno lo ha fatto. Tra le primissime cose che mi ha detto
Tarn c’è stato il fatto che tu sia sempre venuto
qui appena potevi. Anche
questo mi ha colpita molto quando l’ho saputo,
perché quando… lo sai, quando ho
deciso di lasciarmi uccidere da Spectrus l’ho fatto anche
pensando che-»
Soundwave, per il quale quell’ultimo dettaglio era stato una
doccia gelata, la interruppe con un cenno. «Aspetta. Cosa
significa “lasciarti
uccidere”?!»
«Mi vergogno tanto a dirlo ma è questo che ho
fatto, non
voglio nasconder… aspetta, n-non te l’avevano
detto?»
No, nessuno si era dato pena di avvisarlo del fatto che la
sua compagna di vita aveva tentato il suicidio (assistito). In difesa
della DJD
si poteva dire che fino a poco prima non avessero avuto
dall’interessata la
conferma certa del tentativo, ma di
questo Soundwave non era a conoscenza.
«Perché?» fu tutto quel che
riuscì a dire l’ex gladiatore,
mentre la candida ammissione di Spectra vorticava nel suo processore.
“Ho deciso di lasciarmi uccidere”: il solo pensiero
che lei
potesse essere arrivata a un punto simile gli causava quasi dolore
fisico.
“Sono i danni del tentativo di indottrinamento che ha subito
da lui” alias Dreadwing, che per Soundwave era, dopo
Spectrus, tutto il male
del mondo “Gli ennesimi! Certi pensieri non le sarebbero mai
venuti in mente prima
di passare con lui tutto quel tempo”.
«È stato per… per tutto un insieme di
cose. Non mi si
toglievano dalla testa, molte non mi si tolgono ancora dalla testa. Ho
finito
per fare male a varie persone, in un caso volevo
perfino farlo. Ti rendi conto? Ho pensato…»
continuò, ora con aria assente «Di
stare diventando come Spectrus. Mi sono detta lui in giro a fare del
male
bastava e avanzava. Non servivo anche io online. Non
così… rovinata».
Per un lungo momento Soundwave non seppe né cosa dire
né cosa
fare. Non aveva, forse, fatto altro se non pensare a quanto lei si
fosse
“sporcata”? Non aveva, forse, usato proprio quella
parola -“rovinata”- nelle
due occasioni in cui aveva parlato con Spectra durante il periodo in
cui erano
stati lontani? E non aveva pensato a lei in quei termini per tutta
la durata dell’attuale conversazione?
«Ricordo di aver usato quella parola ma non ho mai pensato
che tu potessi diventare come lui. Sono
il tuo compagno, tutto
volevo tranne che farti del male» riuscì ad
articolare Soundwave, stringendole
una mano in modo quasi convulso «In tutto quel che ho detto e
che ho fatto non ho
mai avuto questa intenzione».
Spectra fece un triste -ma sincero- sorriso. «Lo so,
il mio era un pensiero che avevo già prima che tu lo
dicessi. Ho… ho
paralizzato Starscream tempo fa. Ho provato il desiderio di ucciderlo. È quello il caso in cui
volevo fare del male ed è
successo prima che noi due parlassimo, quindi non ti sto dando la colpa
di
qualcosa».
Andava già meglio ma lui non poteva fare a meno di
continuare
a provare un po’di rimorso per la cosa, soprattutto
perché -pur essendo vero
quel che le aveva detto- continuava a pensarlo, quel termine:
“rovinata” al
punto di lasciarsi uccidere, o almeno provarci.
Incapace di approfondire un argomento che già non aveva la
minima idea di come affrontare, decise di spostare
il
discorso su Starscream.
«Lui è un caso particolare. Ti ha fatto del male
per primo,
tu hai reagito e hai fatto bene» ribatté, dunque
«E per
fortuna che sei riuscita a difenderti».
Lei strinse maggiormente la coperta attorno a sé.
«Spero
davvero che d’ora in avanti, soprattutto adesso, mi lasci
stare…»
«Megatron è dovuto ricorrere alla mnemosurgery
perché
riuscisse a stare sveglio senza urlare e fuggire urlando se
vede blu e bianco insieme, quindi direi di sì».
Spectra rispose a questo con un’occhiata stupita e
perplessa. «Mi ricordo che si è lamentato spesso
delle punizioni che gli dava
Lord Megatron e ha riprovato a forzarmi anche dopo averle prese da
te… davvero
l’ho traumatizzato tanto?»
Soundwave indicò la porta dell’infermeria.
«Non tu».
Spectra diede a sua volta un’occhiata alla porta, poi
tornò
a guardare lui. «Ha tradito Lord Megatron più
volte, immagino che finire nella
Lista fosse inevitabile come per Spectrus».
«Era nella Lista ma era anche stato rimosso tempo fa. Non
è
stato per quello».
«No?»
Soundwave scosse la testa. «No. Il motivo per cui l'ha fatto
è lo
stesso dietro
quella» aggiunse, indicando la bambola di Sparkleriver
«La trovo un feticcio un
po’inquietante, lo ammetto, è uguale a una persona
che purtroppo è offline».
«È più vecchia di me, quindi non
è che l'abbia presa per me. Credo che quando lui
l’ha avuta non sapesse
neppure che era così tanto ispirata a qualcuno, e tantomeno
che quel qualcuno in futuro sarebbe diventata mia madre»
disse Spectra.
“Davvero sei così ingenua da credergli?! Pazienza.
Devo
avere pazienza” pensò Soundwave “La cosa
si risolverà da sé”.
«…
e comunque giuro
che io non sono andata a lamentarmi di Starscream con loro».
«Non fatico a crederci. Immagino la scena: Starscream a
terra, loro presenti e tu lì a dire “È
tutto a posto”…»
«In effetti è quello che ho
detto…»
«Questo è molto da Scricciolo»
commentò Soundwave.
Lei sorrise di nuovo. «Almeno in questo non sono cambiata
molto, allora. Ascoltami: certe cose
che sono successe non
si possono cancellare e certi cambiamenti che ho fatto, o certe parti
di me che
sono venute fuori, non si possono togliere. E continuo a pensare che
forse abbiamo
corso troppo decidendo di sposarci così presto, anche se lo
volevamo davvero…»
Il tecnico ricordava bene quel momento, la gioia immensa che
avevano provato tutti e due. Sembrava essere passata
un’eternità da allora,
entrambi non avrebbero potuto essere più lontani da
com’erano stati in quegli
attimi.
Scacciò uno sgradevole paragone con
l’energon incendiato -molta luce,
estremo calore, brevissima durata- dalla propria testa.
«Però questo non vuol dire che non mi importi
più di te»
proseguì Spectra «Siamo compagni di vita, come hai
detto. Tutto quel che è
successo magari fa pensare il contrario, però io ti voglio
sempre molto bene».
“Siamo compagni di vita, come hai detto. Tutto quel che
è
successo magari fa pensare il contrario, però
io continuo ad amarti sempre moltissimo”: sarebbe
suonato diverso ai
recettori uditivi di Soundwave, ma non era quello che lei aveva detto.
“Non dovrei pensare a questo dopo aver saputo che ha cercato
di farsi uccidere, però ci penso lo stesso e penso anche che
tutto questo disastro
avrebbe potuto essere evitato, se tante cose fossero andate
diversamente”.
«Mi credi?» gli domandò lei, con
l’aria di chi sperava in un
“sì”.
«Sì. E dato che per me è lo stesso, in
quel che ti riguardava ho avuto sempre in mente il tuo bene, qualsiasi cosa abbia
detto o fatto. Qualsiasi»
ripeté lui, sulla falsariga di qualcosa che aveva
già
detto «Ed è per questo che mi preoccupo se
sei costretta a stare con
persone pericolose come la DJD. Capisci?»
«Sì, e mi dispiace sapere che sei così
in ansia per me. Io però mi fido delle persone che
ci sono in questa
nave, non mi hanno dato motivo di non farlo ed è
davvero il
caso che io resti
qui, dunque spero di non vedere altre discussioni per colpa
mia. Non voglio
essere la causa di altri problemi».
Col “si risolverà da sé” che
era il suo nuovo mantra,
Soundwave l’ abbracciò di nuovo. Stavolta non ci
furono attimi di irrigidimento
da parte di sua moglie, a conferma che quello precedente era stato
dovuto alla sorpresa.
«Non posso dirti “va bene”, se
vedrò cose che non mi
piacciono reagirò» rispose Soundwave «Ma
dove e quando sarà possibile farò un
tentativo».
«Grazie per l’onestà».
Notando l’espressione sempre più stanca della sua
compagna,
Soundwave decise a malincuore che era il momento di andare.
«Io ora devo andare
al lavoro. Con la ricostruzione dell’Omega Lock e tutto
quanto c’è molto da
fare, ma tornerò appena potrò fare una
pausa».
«Mi fa piacere».
Erano ancora abbracciati, i loro volti erano molto vicini.
Per un attimo Soundwave, nonostante tutto, immaginò
un bacio attraverso il visore tra lui
e la sua compagna, ma le
labbra rosee di quest’ultima si tesero di nuovo in un breve
sorriso, e la cosa
finì lì.
«A dopo allora».
Con la sensazione di non sapere bene come prendere tutto
quel che era venuto fuori dall’aver finalmente parlato con
Spectra, sempre in
ansia per svariati motivi e sempre immensamente dispiaciuto per altri,
Soundwave uscì dall’infermeria. Finse di non
vedere sia la prioniana, sia il
boia dalle “accuse molto precise”,
ignorò con decisione il fatto che stessero
parlando tra loro e, con la speranza che le cose potessero davvero
migliorare
in futuro una volta risolti certi problemi, se ne andò.
***
«Il cambio di atteggiamento che ha avuto, passando da
“Le
stai facendo il lavaggio del processore” a
“D’accordo, resta qui se proprio ne
sei sicura” è abbastanza sospetto, non
credi?»
«Non hai torto» ammise Nickel, rispondendo
così alla domanda
di Tarn «A dirla tutta è già tanto che
non abbia cercato di portarla via».
«È evidente che per quanto sia destabilizzato
non è ancora arrivato al livello di commettere
un atto così stupido. Non negherò di essere
sorpreso» disse il Decepticon «Il
suo comportamento è molto diverso rispetto
all’immagine “conosciuta” di lui,
non solo perché parla. Ti dirò, lo preferivo
silenzioso. Cosa
possa portare un mech ad agire in maniera totalmente diversa dal suo
solito…
non saprei dirlo…» si interruppe
all’improvviso, con l’aria di chi stava
ascoltando qualcosa.
«Problemi?»
Lui le fece cenno di fare silenzio, e Nickel a quel punto si
accorse che Spectra dentro l’infermeria sembrava star
parlando con qualcuno.
«… ho riacceso il comm-link solo adesso.
Mi dispiace di aver sentito i messaggi solo ora e per tante altre cose,
Dreadwing… comunque, anche grazie a te che hai chiamato la
DJD, sono viva, mi
stanno curando bene e sono al sicuro. M-mi preoccupa molto di
più la tua
situazione che la mia. Spectrus ti ha ferito, e io… ascolta,
non ho il diritto
dirti cosa fare e dove stare, solo… cerca di stare al sicuro
anche tu, va bene?
Ciao».
Il tono di voce era normale, dunque non si poteva dire che
cercasse di farlo di nascosto.
«Prossimamente le farò presente che lui
è nella Lista» disse
Tarn, molto neutro.
«Andrebbe aggiunto il consiglio di diminuire il numero di
henn da combattimento che ha intorno, magari, ma non oggi, si
è già stressata
abbastanza» commentò, lanciando poi
un’occhiata al suo comandante «Non sembri
sorpreso per la chiamata».
«Non sono sorpreso né che lui l’abbia
cercata né che lei
abbia risposto. Qualsiasi cosa le ricordi che ci sono persone alle
quali
importa di lei però è positiva, e dopo i fatti
più recenti è positivo anche il
fatto che provi interesse per le condizioni di qualcun altro.
Sbaglio?»
«Non sbagli. Ha tanta strada da fare ma pensavo a una
partenza peggiore, anche nel parlare col suo compagno era molto
composta, anche trop-»
Una comunicazione in entrata nel comm-link di Nickel
interruppe il discorso.
– Qui
Knockout. Mi avevate chiesto di essere
aggiornati
sulle condizioni del vostro compagno e sono felice di dire che
è possibile
spostarlo come volevate! Organizzo subito il trasferimen-
–
«Non prima che arrivi io, l’ultima volta i vostri
vehicons
hanno sballottato il mio compagno di squadra come un pacco
postale!» esclamò la
prioniana, riferendosi a Tesarus «Falli venire nella tua
infermeria ma non far toccare loro
Kaon prima che io
metta piede lì. Arrivo» concluse, con un breve
sbuffo «Meglio che vada prima
che qualcuno di quegli incapaci faccia sbattere la testa di Kaon da
qualche
parte e una volta sveglio diventi ancor più rintronato di
quanto già sia
normalmente. Torniamo subito».
«Vai pure, intanto qui provvedo io».
***
“Per fortuna Dreadwing è vivo e non è
ferito in modo troppo
grave” pensò Spectra, con la schiena comodamente
appoggiata contro il cuscino
“Il suo comm-link era chiuso ma spero che ascolti presto il
mio messaggio, così
non sarà più in ansia per me”.
Anche lei non poteva fare a meno di provare un sentimento
analogo, chiedendosi cos’avrebbe fatto lì fuori da
solo. Non dubitava che se la
sarebbe cavata, Tarn aveva avuto ragione nel farle notare che era un
“militare.
Ex” e che quindi potesse tranquillamente trovare il modo di
sopravvivere; tuttavia,
ora che le recenti esperienze iniziavano a farle intravedere qualcosa
al di là
della sua bolla di auto-deprecazione in cui le altre persone non
trovavano
molto spazio, stava prendendo coscienza di quello che il gesto da lei
quasi
commesso avrebbe significato per lui, specie nel venire a sapere con
precisione
com’erano andate le cose.
Per lui e anche per Soundwave, che si era preoccupato molto.
Non dubitava né di questo né del fatto che lui le
volesse bene come le aveva
detto, anche se… no: niente “anche se”.
Avevano parlato per bene ed era andata
meglio dell’ultima volta, nonostante tutto, e anche il
“nonostante tutto” era
da bandire. Lui era il mech che aveva scelto come compagno di vita,
dunque era
meglio concentrarsi sul fatto che il modo in cui l’aveva
abbracciata all’inizio
l’avesse stupita ma fosse stato un momento che aveva trovato
piuttosto dolce.
“E mi ha ascoltata quando ho detto di voler
restare qui. Forse il mio matrimonio ha una possibilità di
salvarsi, potrebbe
essere un modo per iniziare a sistemare tutto”.
L’immagine di Dreadwing in difficoltà
tornò nuovamente a
galla nel suo processore. Non poté fare a meno di pensare
che avrebbe tanto
voluto vederlo tornare nella Nemesis, dopo aver sistemato le
cose
con Lord Megatron e aver accettato la mano che gli aveva teso, sarebbe
stato più al sicuro. Avendo creduto morto Spectrus per
diverso tempo capiva
più che
bene la sofferenza di Dreadwing riguardo Skyquake -che oltreutto non
aveva mai tentato di ucciderlo- e quel che Starscream aveva
fatto, però
sapeva anche che tornare nei ranghi era quel che Dreadwing
voleva
davvero: non riusciva a smettere di chiamare “Lord
Megatron” in quel
modo neppure impegnandosi.
“Ma sarebbe veramente al sicuro, dato che Soundwave lo odia
a causa mia?... perché poi?”
Ricordi. Giorni e notti in cui Dreadwing l’aveva sopportata e
supportata, le ore passate tra le sue braccia a parlare. Si era sempre
trovata
a suo agio, senza la sensazione che Dreadwing si aspettasse
alcunché da lei -e
viceversa- ma non aveva certo tradito il suo compagno di vita: non si
erano
baciati, non si erano connessi. Non ci aveva neppure pensato ed era
sicura che
per Dreadwing fosse stato lo stesso. Entrambi avevano sempre avuto
tutt’altro
per la testa, loro erano ridotti un disastro, la situazione intera era
un
disastro, con qualche eccezione.
Una delle quali, ovvero Tarn, era appena rientrata in
infermeria.
«Novità?»
«Dreadwing mi ha contattata. Era molto in ansia, ora sa che
sono al sicuro» rispose Spectra «Penso che lo
capirà anche Soundwave».
«Non sei la sola che si augura di evitare ulteriori
discussioni».
Soundwave aveva ragione sul fatto che avesse Tarn fuori
dall’infermeria avesse sentito i loro discorsi, ma non le
importava, anche perché riteneva che in quella faccenda non
ci
fosse niente da nascondere.
«Sicuro-sicuro?»
«Riguardo?»
«Il non voler discutere?...»
Tarn fece un breve sospiro. «A modo tuo sei così
diretta... ci sono moltissime cose delle
quali posso essere accusato, talmente tante che non
c’è la necessità di andare
a cercarne dove non ci sono. Io difendo la mia squadra» disse
«Nulla di più e
nulla di meno, anche se siete tutti in grado di
farlo da
soli in situazioni di vario tipo. Ricordo un accenno fatto da Lord
Megatron eoni or sono riguardo il
fatto che
per le nobili femme di Iacon la cortesia fosse
“l’armatura di una lady”... in questo
caso è accurato».
«Io di nobile ho solo il cognome e un matrimonio da
principessa
delle fiabe» ovvero con una persona che conosceva poco
«Cioè proprio quel che desideravo. Me l'avevi
detto, no? "Pare che le fiabe a volte diventino
realtà, anche se non nel modo in
cui ci si aspetterebbe". A proposito, dato che parliamo di nobili e
fiabe e hai
sentito tutto il discorso ti tranquillizzo su una cosa: mi hai salvato
la vita ma
non ho iniziato a sognare di sposarti per questo» disse con
un’amarezza che
solo in quel momento si rese conto di provare.
Negli attimi di silenzio totale che seguirono provò
l’ennesimo
senso di colpa, sentendosi ingiusta nei confronti del compagno di vita
assente,
ma non poteva negare che aver sputato fuori quelle frasi in maniera
piuttosto
freddina avesse allentato un po’il nodo che aveva sentito
all’altezza dello
stomaco per tutto il tempo in cui aveva parlato con Soundwave.
«Anche se non c’è da stupirsi che
l’abbia detto, con lui è
andata così» aggiunse poi, massaggiandosi la
fronte «Forse è meglio lasciar
stare, non è colpa sua. Meglio che segua gli ordini di Nicky
e mi riposi, credo
che andrò in ricarica ora».
«Sì, a tal proposito, credo sia meglio evitare il
“Nicky”»
osservò Tarn, tornando solo allora a farsi sentire
«È collegato a pessime cose.
Hai presente il minicon maschio al quale ho accennato prima?»
«Quello che vuoi terminare?»
«Lui. Forse è meglio che ti mostri
un’immagine, non vedo
ragioni per cui tu debba mai trovarlo davanti a te ma pensando al
futuro è bene
che tu conosca i nostri nemici. Si chiama Bustin e lavora con
Spectrus».
Molto semplice, molto stondato, con tre soli colori e un
visore come quello di Soundwave. Sorrideva perfino, un sorriso di pixel
molto
carino. Avrebbe mentito dicendo che le sembrava pericoloso ma Tarn
aveva appena
detto che lavorava con Spectrus, e prima aveva parlato di un incidente
contro
una montagna, quindi immaginò che dovesse esserci
più di quel che sembrava.
“Forse è costretto. Non è facile dire
di no a Spectrus”
pensò, ma non diede voce a quel suo dubbio sapendo benissimo
che, per Tarn, costretto
o non costretto non faceva differenza.
Di solito.
«Capito. Lo terrò a mente».
«Bene. Ora riposa pure, quando ti risveglierai avrai ancora
compagnia…»
«Tu?» gli
domandò con un sorriso.
«Anche, ma parlavo di Kaon: non è molto in forma
ma si sta
riprendendo, come te, quindi non ti preoccupare. Condividerete
l’infermeria per
un po’».
«Va benissimo» sorrise Spectra. Le dispiaceva che
Kaon non
stesse bene ma non le dispiaceva l’idea della compagnia, come
sempre.
Finalmente, aggrappandosi all’impressione di aver almeno
iniziato a scalfire la montagna di caos che la circondava,
tornò in ricarica.
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