cap9
Capitolo 9
Hermione rimase a
riposo per un paio di giorni, in modo da non affaticare la mano e riaprire la
ferita, che grazie all'essenza di Dittamo stava rapidamente guarendo.
Quando si sentì più
in forze, sia mentalmente che fisicamente (quei giorni di pausa le avevano
fatto proprio bene), la mattina, dopo un'abbondante colazione, scese nei
sotterranei, chiedendosi a che punto avrebbe trovato la pozione Antilupo e
quali progressi aveva fatto Piton durante la sua assenza.
Bussò alla porta
dell'ufficio dell'insegnante, che dall'interno le fece un verso che Hermione
interpretò come il permesso ad entrare. Non appena aprì la porta si chiese se
fosse entrata nel posto giusto. L'ufficio era invaso da un fumo argenteo
fittissimo, che rendeva difficile vedersi la punta del proprio naso. C'era
inoltre un caldo soffocante, da foresta tropicale. La ragazza vacillò un
attimo, investita da tutto ciò, e cerco di avvicinarsi alla scrivania andando a
memoria, dal momento che non vedeva neanche dove metteva i piedi. Si aprì il
maglioncino e un paio di bottoni della camicetta, perché quel caldo era
veramente insopportabile.
"Granger, hai
intenzione di rimanere lì in mezzo alla stanza tutto il giorno o ti degni di
avvicinarti alla scrivania?"
"S-sì,
professore, chiedo scusa!"
Finalmente raggiunse
la scrivania, su cui c'era il solito calderone, da cui proveniva tutto quel
fumo. Ma non fu quello a lasciare interdetta la ragazza.
Piton era in piedi,
con le mani appoggiate al tavolo e leggermente chino in avanti. I capelli gli
ricadevano in avanti, e gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Non
indossava il suo solito mantello nero, ma solo una camicia bianca, con le
maniche arrotolate fino al gomito e leggermente sbottonata sul davanti. La
scollatura lasciava intravedere il torace dell'uomo, pallido, ma sodo e con i
muscoli tesi e ben definiti. Gocce di sudore gli scendevano lungo il collo.
Sulla gola si vedevano una serie di cicatrici ancora arrossate, e
nell'avambraccio sinistro il Marchio, lievemente sbiadito ma del tutto
visibile.
Hermione rimase lì
impalata, con le guance in fiamme, non solo per il gran caldo, e gli occhi
fissi sull'insegnante.
"Granger, mai
vista una pozione che fa fumo?" chiese Piton sarcastico, alzandosi e
scostando con un gesto lento i capelli dalla faccia.
La ragazza si
riscosse, avvicinandosi alla scrivania, rossa per l'imbarazzo. Non avrebbe mai
immaginato che in seguito avrebbe passato ore e ore a ricordare l'immagine del
suo ex insegnante così come l'aveva visto quella mattina, a riportare alla
mente ogni singola gocciolina di sudore, la camicia aperta sul petto e quella
pelle del torace così chiara e… invitante?!
"Andiamo di là,
Granger, qui c'è troppo fumo e fa decisamente troppo caldo!"
Hermione seguì
Piton. Oltrepassarono una porta e si trovarono nell'aula di Pozioni, vuota in
quel momento.
Ci fu un momento di
silenzio, che creò solo ulteriore imbarazzo per la ragazza.
"Come va la
mano?" chiese lui.
"B-bene, è
praticamente guarita" ripose lei, portando la sua attenzione sulla sua
mano, ancora fasciata, e grata di avere una scusa per distogliere l'attenzione
da lui.
Adesso non fa più così caldo, perché non si richiude
la camicia e si mette un mantello?!
"Fammi
controllare" chiese, allungando la sua mano in avanti con il palmo rivolto
verso l'alto.
Hermione avvampò di
nuovo. Le sembrò di essere di nuovo nell'ufficio, ma questa volta non c'era
nessuna pozione a darle una scusa per il gran caldo che sentiva. Sì avvicino
piano a lui, e lentamente alzò la mano bendata e gliela porse.
Piton fece un passo
verso di lei, e con una calma quasi calcolata le prese la mano. Iniziò a
togliere la benda, man mano scoprendo la pelle della ragazza. La ferita era
guarita, lasciando solo più una lievissima cicatrice che sarebbe sparita con un
altro paio di applicazioni di Dittamo.
A Hermione parve di
avere un nodo al posto dello stomaco. Le si era praticamente bloccato il
respiro e non osava guardare Piton in faccia. Sentiva un tale imbarazzo che si
chiese come sarebbe ancora riuscita a parlargli.
I movimenti del
professore erano lenti, studiati, precisi. La sua mano era calda, delicata, attenta a non provocarle dolore con
gesti troppo forti. Piton le passò il pollice sopra a quel che rimaneva della
ferita, chiedendole se facesse ancora male, ma lei riuscì solo a negare con un
lieve cenno della testa, senza alzare gli occhi da quelle lunghe dita pallide e
sottili che continuavano a trattenere la sua mano.
"Ottimo,
Granger, torniamo alla pozione, ora non hai più scuse per assentarti dal
lavoro!"
Forse Piton si era
accorto dell'imbarazzo della ragazza e aveva rotto quella situazione con una
frase secca. Ma se non avesse fatto così, Hermione non sarebbe mai uscita dalla
trance in cui quel tocco delicato l'aveva fatta cadere.
Tornarono nel suo
ufficio, sempre più immerso in quel fumo denso. Andando di nuovo a memoria,
raggiunse la scrivania, e si accorse che all'interno del calderone la pozione
aveva assunto una sfumatura bluastra, quasi metallica.
"Granger, come
vedi la pozione è pronta. A differenza della ricetta classica, questa va
somministrata l'ultimo giorno di luna calante. Una seconda dose dovrà essere
somministrata durante la luna piena. Visto che domani sera la luna sarà
calante, ci rivediamo nel mio ufficio alle 9. Per oggi è tutto”.
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