Aveva
preso a nevicare nel tardo pomeriggio e Ross, prima di partire
all'azione, si era soffermato alla finestra ad osservare il
paesaggio. Un pò per recitare la parte di colui che rimane
rintanato
in camera, un pò perché affascinato da quella
apoteosi bianca, era
rimasto per lunghi istanti
a contemplare quei piccoli fiocchi ghiacciati e candidi che
scendevano velocemente dal cielo ammantando tutto ciò che
incontravano sul loro cammino.
C'era qualcosa di suggestivo e magico in quel buio quasi perenne, in
quel gelo e in quel silenzio a volte costellato da strani colori che
assumeva il cielo che si tingeva
di mille tonalità di colore. I nativi del posto la
chiamavano
'aurora boreale' ed era quanto di più magico lui avesse mai
visto.
Demelza sarebbe rimasta a bocca aperta come una bambina se avesse
potuto vedere qualcosa del genere. Il pensiero di sua moglie
aumentò
la nostalgia di casa. Era una sera romantica a suo modo e se fosse
stato a Nampara con quella neve e quel clima soffuso, messi a letto i
bambini e Prudie,
lui e Demelza avrebbero dato ben altri risvolti alle ore notturne...
Ma la sua realtà ora era diversa e c'era una missione da
portare a
termine: salvare i gemelli di Jasmine.
Dalla
finestra, fingendo di guardare il panorama, nella sua camicia da
camera Ross aveva scrutato anche la strada sottostante. Sembrava
deserta eppure sentiva addosso gli occhi di chi, nascosto nell'ombra,
controllava
ogni sua mossa e
che lui fosse nella locanda. Probabilmente c'erano spie ovunque ma se
il suo piano avesse funzionato, avrebbe potuto recuperare i gemelli e
sparire con loro senza il minimo intoppo. Doveva semplicemente uscire
senza essere visto
usando strade 'alternative' e un pò scomode,
immergendosi nei meandri della terra. E poi sbucare dove nessuno si
sarebbe immaginato che fosse
e dove non c'erano controlli. Nessuno sapeva dove fossero i gemelli e
di certo non tutte le strade potevano essere sorvegliate
contemporaneamente, soprattutto con quel tempo infame.
Jones
era sgattaiolato in camera sua dopo cena, approfittando del fatto che
gli altri ospiti della locanda erano ancora nel salone a mangiare.
Silenzioso come un fantasma, si era rannicchiato in un angolo e
immobile aveva atteso che quella messinscena lo vedesse protagonista.
Ross
rimase per un pò alla finestra ignorandolo, finse di
stiracchiarsi e
poi si allontanò, sedendosi sul letto. Indossò
abiti pesanti, mise
nella sua sacca il biglietto della nave, i suoi averi, i
lasciapassare falsi per i bambini che Jones aveva preparato nel caso
fossero stati visti sulla nave e poi si coprì con un ampio e
caldo
mantello nero, celandosi il viso con il cappuccio. "Jones, ora
tocca a te. Tieni la candela accesa ancora mezz'ora, poi spegnila
come se andassi a letto. E infine sguscia fino alla botola in cantina
che porta alle fogne e raggiungi la nostra nave in porto. Io ti
raggiungerò lì. Ricorda di portare con te tutto
l'occorrente per i
bambini".
Jones
sbuffò. "Mi sento una balia a trasportare nello zaino il
latte
e tutte queste cose per marmocchi!".
Ross
gli strizzò l'occhio. "Ma questo farà di te una
bella
persona".
"Non
ambisco alla perfezione".
Ross
rise. "Ce ne vorrà prima che tu la raggiunga. Ma
migliorerai...".
Jones
lo guardò storto. "Vedi di tornare tutto intero".
"E
tu fa come ti ho detto e chiedi che ti venga data una stanza
sottocoperta. Quanto meno la sotto, i pianti dei bambini saranno meno
notati e si mischieranno coi rumori che arriveranno dalla cambusa".
Jones
annuì poco entusiasta. "Che bel viaggio che mi aspetta!
Cabina
di quart'ordine dove non ci dormono nemmeno i mozzi, in compagnia di
un folle e di due neonati urlanti! Che ho fatto di male?".
"Sei
stato un pessimo elemento a Westminster!" - ribatté Ross
prima
di prendere la porta. "E ora su, buon lavoro ad entrambi".
Chiuse
la porta dietro di se, come un ladro scese le scale attento a che
nessuno lo vedesse, aspettò che il cuoco che era sceso in
cantina
risalisse le scale e poi si fiondò giù, fino alla
botola che
portava alle fogne. Tutto perfetto, tutto semplice... Muoversi
all'interno di uno spazio chiuso con qualcuno che ti reggeva il gioco
era una fortuna, ma ora doveva essere veloce e lesto... Aveva
già
fatto qualcosa di simile quando aveva cercato di salvare Ned dalla
forca dopo tutto, ora cambiata solo il clima e la città ma
tutto il
resto era uguale. All'epoca era stata la scelta
di Ned ad andare incontro al suo destino a far fallire il piano,
adesso aveva seri dubbi che due neonati avrebbero fatto rimostranze.
Giunto
nei cunicoli, un odore terribile gli invase e narici. Gli ci volle
qualche minuto per abituarcisi e poi, coprendosi naso e bocca,
percorse i cunicoli che aveva studiato nei giorni precedenti sulla
mappa della città. Il buio era pesto, mille ombre nascoste
sembravano inseguirlo ma Ross sapeva che era solo autosuggestione.
Era un uomo abituato a scendere nel buio delle miniere fin dalla
più
tenera età e persino la sua piccola Clowance adorava farlo e
lo
trovava emozionante, quindi non era il caso di fare lo svenevole per
un pò di puzza ed oscurità.
Per
quelli
che gli sembrarono minuti intermibabili, coi piedi che gli
affondavano nella fanghiglia, Ross corse come un matto verso la sua
meta. La casa della donna da cui stava andando a prendere i bambini
si trovava nel quartiere di Kampen, piuttosto vicino alla zona
centrale del porto ma allo stesso tempo riparato e intimo per via dei
suoi mille dedali di viuzze che correvano fra casette di legno
variopinte e dall'aspetto modesto.
Quando
riemerse all'aria aperta, si sentiva addosso tutti i cattivi odori
della città. Sperò che la neve che gli bagnava il
viso e il
mantello servisse a dargli una ripulita, ma purtroppo sapeva anche
che non era il caso di formalizzarsi troppo. Uscì dalla
botola della
fognatura e
si tovò in
una piccola strada sterrata, a ridosso di una
abitazione di legno.
Tutte le case erano al buio, in giro non c'era anima viva ed era
almeno a tre miglia dalla sua locanda. Troppo lontano per essere
trovato, quanto meno subito. E se Jones aveva fatto a dovere il suo
compito, le spie che lo seguivano lo pensavano a letto fra le braccia
di Morfeo.
Sgattaiolando
come un gatto fra una casa e l'altra, ne raggiunse una di colore
azzurro, dalle pareti scrostate e dall'aspetto trasandato. Inge Berg,
la donna che teneva i gemelli, viveva lì. Jasmine gli aveva
detto di
entrare dalla stalla dove avrebbe trovato una porticina nascosta nel
fieno che portava alla casa. Inge dormiva nella stanza adiacente,
bastava bussare, dire il giusto e lei sarebbe venuta ad aprire.
Ross
fece per filo e per segno quanto gli aveva spiegato Jasmine.
Scivolò
nella stalla, spiò che in strada non ci fosse nessuno, si
intrufolò
nel fieno e raggiunse la piccola porticina che faceva da ingresso
segreto alla casa. Bussò tre volte, come gli era stato
detto, tre
colpi secchi. E poi attese...
Dopo
un paio di minuti, una voce sottile da donna non più giovane
lo
raggiunse. "Chi siete?".
E
Ross ripeté per filo e
per segno quanto gli
aveva detto Jasmine. "Mi manda Mina e sono venuto a prendere i
due piccoli Odino".
La
voce di donna parve volerlo mettere ancora alla prova. "I due
piccoli Odino? A chi vi riferite?".
Ross
sorrise nell'oscurità. Nessuno conosceva i loro nomi a parte
lui e
quella donna con cui stava parlando. "Olav e Sigrid".
E
a quel punto, la porticina si aprì. Due braccia non
più giovani ma
incredibilmente forti lo catturarono per il mantello e lo spinsero
dentro dove Ross, incredulo per quanto era stava veloce, si
trovò
davanti a una donna di circa sessant'anni, dall'aspetto esile, coi
capelli ancora biondi ma dal viso smunto e provato.
Vestita
con abiti mesti e semplici, forse troppo leggeri per quel clima
infame, Inge lo squadò in viso con aria indagatrice. "Siete
l'amico di Jasmine, quindi?".
"Lo
sono,
sì.".
Inge
si torse le mani nervosamente. "Lei è morta... E non ho
potuto
nemmeno darle un ultimo saluto per non dare nell'occhio".
"Lo
so... Nemmeno io ho potuto farlo".
"Pochi
giorni prima che venisse uccisa, mi ha mandato un messaggio
anticipandomi il vostro arrivo... Non siete norvegese, quindi. E
nemmeno spagnolo come lei".
"No".
"Perché
si è rivolta a voi?".
Ross
decise di essere sincero perché solo così si
sarebbe guadagnato la
sua piena fiducia. Capiva la riluttanza di quella donna e sapeva
quanto stava rischiando tenendo con se i gemelli e quindi poteva
comprenderne
i timori. "Perché si fidava di me... La conoscevo da molto e
quando ci siamo incontrati per caso quì ad Oslo, mi ha
chiesto aiuto
e mi ha incaricato di portar via i suoi figli".
La
donna annuì. "I figli del caro Harald...".
La
sua voce tremò e Ross capì che quella donna era
preda di mille
emozioni che difficilmente poteva tenere a bada. Era stata una amica
fedele del padre dei gemelli, aveva tenuta nascosta in casa Jasmine
durante tutta la sua gravidanza e a lei erano stati affidati i due
bambini... Una donna esile, dalla vita solitaria e difficile, che
aveva cresciuto come balia tanti piccoli ma non ne aveva di suoi.
Aveva visto morire uno di loro, Harald, e poi la donna che lui amava,
Jasmine. E ora sapeva che era giunto il momento di separarsi anche da
quei due piccoli a cui di sicuro si era affezionata. Ma Ross sapeva
anche che lo avrebbe fatto senza tentennare e che voleva la salvezza
di quei piccoli tanto quanto lui e i suoi genitori. "Dove sono?
Non ho molto tempo...".
Inge
deglutì. "Venite".
Dalla
piccola stanza dove la donna lo aveva accolto e che ospitava un
semplice pagliericcio per la notte, Inge lo portò in un
locale più
grande che fungeva da cucina e da
mesto salotto,
poi aprì un armadio e da lì gli mostrò
una nuova botola,
nascosta nel sottofondo, da una pigna di coperte. La aprì e
davanti
a loro comparvero dei piccoli scalini di pietra che portavano a
chissà dove. "Seguitemi".
Ross
lo fece, accodandosi fedelmente a lei. Se lui era una spia ritenuta
affidabile e scaltra dal Governo, questa Inge sarebbe stata una spia
ancor migliore di lui
e Wichman l'avrebbe adorata, se l'avesse conosciuta.
Chiusa
la botola, la donna accese una candela e scesero in perfetto silenzio
una decina di malmessi scalini, giungendo a una piccola stanza
sotterranea.
Appena
vi giunsero, Ross si guardò attorno. Le pareti di pietra e
una
piccola feritoia in un angolo del soffitto che faceva entrare un filo
di aria e luce, rendevano l'ambiente in un certo senso molto
affascinante. Era come trovarsi in una fiaba nordica dove gli dei si
spostano
fra rocce e ghiacci vivendo le loro avventure. L'arredamento era
scarno, spartano. C'era un altro pagliericcio vuoto, un armadio
vecchio e con le ante rotte, un piccolo comodino sul quale c'erano
bottiglie con del latte e in un angolo, una grossa cestra.
"Loro
sono quì".
Ross
si avvicinò alla cesta e li vide. Due bambini minuscoli,
dalla pelle
chiarissima e dai capelli radi e biondi come non ne aveva mai visti,
dormivano rannicchiati l'uno contro l'altra, avvolti in una coperta
rossa. I lineamenti e i colori erano tipici dei piccoli del posto e
di certo dovevano assomigliare al loro padre. "Non hanno preso
nulla da Jasmine" - disse, sotto pensiero.
Inge
sorrise. "Sono figli del nord, sono nati sotto il segno di
Odino. Sapete cosa dice la leggenda?".
"No".
Inge
sfiorò la guancia di uno dei piccoli. "Che in queste terre
dove
il buio la fa da padrone, i nostri capelli chiari donano luce e
calore alle nostre vie e alle nostre case e ci rendono visibili agli
occhi degli dei. Li porterete lontano ma loro avranno sempre dentro
di se il potere del fuoco di Odino e del ghiaccio che ricopre le
nostre terre. La dolcezza delle nostre renne e la ferocia dei nostri
orsi bianchi... E un animo coi colori luminosi e unici della nostra
aurora boreale".
Ross
la ascoltò affascinato come quando, da piccolo, gli venivano
raccontate le leggende della Cornovaglia. Inge era una donna di
estrazione modesta eppure sembrava conservare in se l'antico sapere
di quelle terre selvagge e la dolcezza di chi da sempre ha a che fare
coi bambini. Sarebbe rimasto ad ascoltarla per ore, ma... "Devo
andare...".
Ma
Inge sembrava di altro avviso. "Lei è stata quì
durante la
gravidanza. L'ho nascosta per mesi dopo la morte di Harald"
- sussurrò, con voce rotta.
"Vi
ringrazio a nome di Jasmine. Vi ha affidato i suoi figli, quanto di
più prezioso avesse. La sua fiducia è
l'espressione della sua
gratitudine immensa.
Avete rischiato molto aiutandola e tenendo i piccoli e ora è
arrivato il momento che possiate tornare alla vostra vita di sempre,
senza timori. Lo vorrebbe anche Jasmine".
"Grazie,
ser". Gli
occhi di Inge si inumidirono.
"E
ora quella stessa fiducia
l'ha data a voi. Quì i
bambini non
avrebbero futuro, voi gliene potete dare uno luminoso".
Sfiorò
uno dei piccoli. "Lui è Olav ed è il bambino
più dolce che
abbia mai conosciuto. Ama stare in braccio, essere accarezzato e
coccolato e non piange quasi mai... E' dolce come un cucciolo di
alce". Poi sfiorò la bambina. "Sigrid è
più vispa e
selvaggia e rappresenta la parte più indomabile di queste
nostre
terre. E rappresenta l'orso polare, è una piccola orsetta
adorabile
ma sfuggente e a suo modo, feroce. Ma è di una dolcezza
unica,
quando vuole".
La
donna scosse i bimbi, muovendoli
leggermente
affinchè si svegliassero un pò.
Poi prese una bottiglietta di latte a cui era attaccata una
tettarella e uno ad uno, nel dormiveglia, li fece mangiare.
Ross,
nervosamente, si mosse sui suoi piedi. "Non c'è tempo".
Inge
scosse la testa. "Due bimbi con un pancino pieno piangono
decisamente meno di due bambini affamati. Con la poppata, dormiranno
per altre due o tre ore e saranno silenziosi. Non è un
bene?".
Ross
sospirò, aveva ragione lei. "Suppongo di sì".
Mentre
finiva di allattare Sigrid, Inge con la mano libera indicò a
Ross un
pacchetto sul comodino. "Lì ci sono alcuni abiti e copertine
per loro. E se avete posto nel vostro zaino, vi darò altre
bottigliette di latte e dei panni di cotone per tenerli puliti".
"Vi
ringrazio. Ho già delle scorte e un socio che mi aspetta
sulla nave
con esse, ma qualcosa in più non farà male".
Inge
sorrise. "Come li porterete via?".
"Raggiungerò
una piccola baia dove mi aspetta una barchetta,
usando le fognature.
Non è il massimo, lo so, ma non ho scelta se voglio muovermi
con
loro in sicurezza.
Da lì raggiungerò il porto e la mia nave. E poi
farò rotta verso
l'Inghilterra".
"C'è
molto ghiaccio lì?".
"No,
ma c'è spesso molto vento".
Inge
rise. "Ghiaccio e vento... Ci si troveranno bene come pesciolini
nel mare nella vostra Inghilterra".
"Lo
spero".
Inge
prese una fascia, una come quelle che Demelza si legava
attorno al ventre quando i loro figli erano piccoli, per portarli in
giro, poi la lanciò a Ross. "Legatevi addosso questa,
metteremo i bambini lì e li nasconderete
poi
col mantello".
Ross
lo fece, era un modo comodo per trasportarli e tenere libere le
braccia. E finito di nutrire i piccoli, Inge glieli diede, avvolti in
pesanti coperte, mettendoli vicini nella fascia con cui li avvolse.
Poi li baciò sulla fronte. "Addio, piccoli. Conoscervi
è stato
un piacere e un onore. Ma da ora la vostra vita inizia davvero".
Ross
le sfiorò il braccio con gentilezza. "Me ne
prenderò cura al
meglio, ho dei figli e anche se non sono bravo come mia moglie,
farò
di tutto perché stiano bene".
Inge,
silenziosamente, fece scivolare una lacrima sul suo viso. "Mi
mancheranno ma voglio che vivano felici. Fate davvero che sia
così".
Ross
annuì. "Lo farò".
Coi
bambini fece per tornare alle scale ma poi Inge lo chiamò.
Gli si
avvicinò e gli mise fra le mani un fiore di carta. "L'ho
fatto
io, è per Jasmine. Hanno gettato il suo corpo in mare, senza
una
tomba, senza un monumento, senza nulla... Quando sarete in mare,
gettate questo fiore fra le onde, per lei, perché abbia
almeno un
dono amico con cui varcare le soglie dell'Aldilà".
Ross
le sorrise, prese il fiore e lo strinse fra le mani. "Lo
farò,
statene certa". Lo avrebbe fatto, per Inge, per Jasmine e per
quei due gemelli che sonnecchiavano contro il suo petto, nascosti dal
mantello. Tutti
loro dovevano un saluto a Jasmine. "Buona
fortuna".
"A
voi, signore".
E
a ritroso, senza
aggiungere altre inutili parole, Ross
raggiunse il salotto e poi la piccola stanza che dava sulla stalla. E
dopo aver salutato ancora Inge, sgattaiolò fuori e raggiunse
di
nuovo le fogne. Fra le sue braccia teneva un tesoro immenso e lo
avrebbe protetto a costo della vita. Non sapeva ancora cosa avrebbe
fatto coi bambini una volta giunto in Inghilterra ma per il momento
non voleva
altro che arrivare a Nampara e lì decidere il da farsi.
I
piccoli, tranquilli e per nulla turbati dal freddo, dormivano nella
fascia, per nulla infastiditi
da quel trambusto.
Ma di che si stupiva? Come aveva detto Inge? Erano figli di Odino,
no?
Freddo e intemperie non li avrebbero scalfiti...
Sbucò
fuori
dalle fogne a
ridosso di una baia isolata, fuori da Oslo e dalle sue mille ombre,
dopo un'ora di cammino nell'oscurità. Non nevicava
più ma il freddo
era pungente.
Trovò,
dove aveva detto di lasciarla, la piccola barca lasciata da
Jones, vi salì e remò verso il largo, lasciandosi
Oslo alle spalle.
Scostò il mantello e osservò i bimbi che,
rannicchiati ed
abbracciati, continuavano a dormire incuranti
di tutto.
E
improvvisamente, una luce verde e rossa apparve sulle loro teste.
Ross
smise per un attimo di remare,
osservò il cielo e rimase a bocca aperta davanti alla
maestosità di
madre natura che gli stava donando l'aurora boreale più
bella che
lui avesse mai visto. Era come un dono di quelle terre a quei bambini
che se ne stavano andando, un dono di due genitori a due figli che
non avrebbero visto crescere
e
un lascito per lui che doveva prendersene cura. Ross prese il fiore
di carta di Inge che teneva nella tasca, lo baciò e poi lo
lasciò
cadere in acqua
sussurrando una mesta preghiera al mare.
Se c'era un momento per dire addio e rendere un tributo a Jasmine,
quello era sicuramente perfetto.
E
mentre la barca scivolava fra i ghiacci e il mare e il cielo colorava
di mille riflessi ogni cosa, un fiore solitario dava l'ultimo saluto
a una donna che per sempre avrebbe riposato
fra quelle terre selvagge e ghiacciate.
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