PREMESSA
NO!
ZITTI!
Adesso parlo io.
Dunque. U_U
Aaaawn, che bello tornare a maltrattare Harry e Draco.
>3<
Già li vedo fuggire a gambe levate, urlando al mostro al
mostro, povere creature. Oh, beh, questo è il brutto di essere dei personaggi,
no?
Awn, dunque, come nasce questa shot? A caso, naturalmente,
che domande fate? Dopo essermi SPAVENTATA per tutto il clamoroso fan service
che ho visto in Half Blood Prince, mi sono detta che una capatina nel fandom la
dovevo proprio fare.
Inspiegabilmente, molta gente pensa che io sia scomparsa. La
cosa mi perplime non poco, visto che non mi pare affatto di essere sparita,
anzi. Ho in ballo una quantità di lavori che se ci penso mi viene da piangere.
E cerco costantemente di migliorarmi, il più delle volte approdando soltanto ad
un cambiamento, che non sempre significa miglioramento.
Ma noi ci proviamo. èOé// *faccina coraggio*
Perciò, lasciatemi dedicare questa cosuccia a tutti quanti,
ma soprattutto a quelli che mi danno per dispersa. Non lo sono, lo giuro, sono
viva e vegeta, e basta dare un’occhiatina all’account per verificarlo. ^_^
Buon divertimento a tutti! Come sempre, alle spalle del
povero Draco.
Eyes don’t Lie
- Ma tu guarda. –
- Mh? Hai detto
qualcosa? –
- No, niente.
Niente. –
Draco doveva
restarsene buono di là, nel suo studio, senza osare mettere piede in salotto, o
per Harry avrebbe significato un bello Stupeficium dritto in mezzo agli occhi.
Harry girò con ogni
cautela la pagina delicata, incurante delle blande proteste di alcune
fotografie, troppo ansiose di mettersi in mostra dopo tanto tempo passato al
buio.
Le gemelle Patil
erano in primissima fila e agitavano calorosamente le mani, nonostante Harry
fosse piuttosto certo che non fosse quello il posto che era stato loro
assegnato nella foto.
Ah, il vecchio
album di scuola. Non lo guardava da – quanto? Almeno sette, otto anni? Era un
volumone enorme, da quando Draco, sbraitando che non voleva che la libreria
fosse ingombra di robaccia vecchia e inutile, li aveva fatti rilegare insieme,
il suo e quello di Harry. Rigorosamente tenuto per ultimo, sotto le glorie
Serpeverde.
Ed eccolo lì,
Draco.
Insieme a lui,
durante il loro ultimo anno.
Harry sentì il
cuore stringerglisi per la tenerezza ed anche, un po’, per l’orgoglio.
Era davvero passato
del tempo, da allora, ed insieme, lui e Draco, si erano costruiti una casa. Ed
una vita. Più o meno felice. Sicuramente molto, molto divertente.
Vide il Draco della
fotografia imbronciarsi e respingere con un gesto seccato l’obiettivo della
macchina. Scontentato, lo vide piantagli gli occhi addosso e pretendere
che lui facesse qualcosa per quell’insopportabile invasione. Vide sé stesso, di
profilo, che si limitava a fare spallucce e a salutare il fotografo, scatenando
una serie di rimbrotti.
E poi tutto
daccapo.
Sorrise, e cercò di
sfiorare con l’indice il viso ancora diciassettenne di Draco che, oltraggiato,
lo scansò di un soffio e lo fulminò.
Si ricordò di quanto
avesse amato quel viso. Di come lo avesse sempre trovato splendido.
Che ingenuotto.
Adesso che l’età
aveva perfezionato i tratti di Draco, riempiendolo e consacrandolo ad una
virilità tenue, ma fatta e finita, si rendeva conto di come fossero stati
aguzzi e un po’ rapaci. Non che non li avesse amati senza riserve, all’epoca.
Così come, con ogni
probabilità, un decennio dopo avrebbe amato senza riserve le prime, tenui rughe
d’espressione sul suo viso ora levigatissimo. Oh sì, era pronto a scommetterlo.
Com’era pronto a scommettere che Draco ne avrebbe fatto una tragedia.
Come se la carta
fotografica avesse la facoltà di leggere nei suoi pensieri, li occhi di Draco
baluginarono, interrogativi. Harry cercò di rassicurarlo con un cenno, prima di
voltare la pagina. Il fatto che la pellicola di carta che proteggeva delicatamente
le fotografie fosse blu, però, non aiutava.
- Ma tu guarda,
davvero. – ripeté, a voce bassissima.
Stavolta Draco non
lo sentì.
Per fortuna. Perché
se avesse saputo che cosa gli passava per la testa…
Gli anni di
Hogwarts erano stati tremendi.
Per gli occhi di
Draco, nella fattispecie.
Si era ritrovato,
almeno dal terzo anno in poi, a dover fare i conti con un fenomeno più unico
che raro.
Le sue iridi, di un
tranquillo, britannico azzurro grigio che ad Harry piaceva tanto, erano come
impazzite: tutto d’un tratto, avevano cominciato a cambiare colore. C’erano
mattine in cui Draco si svegliava con gli occhi blu come la notte; altre volte,
azzurro ghiaccio, ma ghiaccio per davvero, pagliuzze di riflesso comprese.
Nessuno era
riuscito a capire che cosa scatenasse tutto quell’arcobaleno, e dunque nessuno
era stato in grado di fare nulla per lui. Era andato avanti per anni senza
avere mai tregua, con gli occhi che diventavano ora color del mare più puro e
profondo, ora color del cielo terso di una calda primavera, ora color
dell’acquamarina splendente, ora color Gelatina Tutti i Gusti più Uno al
mirtillo. C’erano stati il color azzurro principe, il color
azzurroazzurroazzurro, il color azzurro come l’idea stessa di Azzurro.
A volte, erano
diventati addirittura verdi.
Verdi.
Ma non verdi come i
suoi. Verdi acqua, verdi pastello, verdi come se verde fosse sinonimo di
azzurro.
Madama Chips aveva
fatto tutto ciò che era stato in suo potere, ma la sindrome degli occhi
cangianti di Draco non era migliorata granché. Alla fine non aveva potuto far
altro che pronosticare che, forse, il problema sarebbe rientrato con l’età.
Verso la metà del
quinto anno, Hermione aveva borbottato qualcosa a proposito di strani
passatempi babbani, ma non si era venuti a capo di un bel niente, e Draco non
aveva fatto che peggiorare e peggiorare.
Erano stati tempi
durissimi. Draco soffriva di mal di testa lancinanti, e quasi cronici. E quando
Draco aveva mal di testa, erano dolori, e non soltanto per lui.
Non c’erano
colliri, impacchi o pozioni che reggessero. Harry aveva visto davvero i colori
più improbabili alternarsi a velocità spaventosa nelle sue iridi, contribuendo
di ben poco al suo fascino, ma moltissimo alle sue emicranie.
Ad ogni modo, Madama
Chips ci aveva visto giusto, per fortuna.
Terminata la
scuola, gli occhi di Draco erano tornati ad un colore univoco e, per la grazia
di Merlino, non eccessivamente sgargiante.
Ma i mal di testa
erano continuati per un po’, ahilui. Fino a quando un medico – un medico
babbanissimo, che più babbano di lui non si poteva – aveva pronunciato
l’infausta diagnosi.
C’era da dire che
Draco, sorprendentemente, se n’era fatta una ragione prima del previsto. I musi
lunghi, le proteste inviperite, i “no” categorici si erano spenti nel giro di
una settimana, per lasciare posto a fusa maliziose e, beh, qualche altro gemito
un po’ più rumoroso.
Le labbra sottili
di Harry si tesero in un sorrisetto estremamente appagato, proprio mentre
l’ultima pagina dell’album frusciava via, lasciandolo solo con la pesante
copertina opaca della rilegatura di buona fattura.
- Wingardium
Leviosa. – borbottò Harry, guidando la costa del volume verso la libreria.
Pensò distrattamente che non era da lui essere tanto pigro da ricorrere ad un
incantesimo per rimettere un libro a posto, invece che alzarsi e farlo con le
proprie mani. Ma era terribilmente da Draco.
Lo richiamò
indietro, divertito dall’ideuzza che gli era appena baluginata nella testa.
Ripensandoci…
- Draco? Vieni? –
- Eh? Che cosa
vuoi? –
- Mmmh. No, lascia
stare. Vengo io. –
Con l’album in
mano, Harry spinse la maniglia di ottone dalle grandi pretese dello studio di
Draco, ed entrò.
- Mi servirebbe
davvero, davvero, un tè freddo. – lo accolse Draco, guardandolo dritto negli
occhi, com’era solito fare quando cercava di indagare le sue intenzioni.
I suoi capelli
biondissimi erano meticolosamente ordinati. Ma era sera anche per loro, e
alcune ciocche sottili erano riuscite a sfuggire all’acconciatura mattutina,
dividendosi in una miriade di ciuffi sparpagliati davanti alle orecchie e agli
occhi.
Occhi incorniciati
a meraviglia da un paio di graziosi occhialetti da lettura.
Eh, sì.
Draco soffriva di
un lieve astigmatismo, ed Harry se lo sarebbe volentieri mangiato.
- Dopo vado a
prendertelo. –
- … Harry? –
- Promesso. Freddo
ghiacciato. –
Lo sguardo di Draco
saettò sul volume, e si illuminò di consapevolezza.
- No. No, no, e poi
no. Non ho tempo per mettermi a guardare uno stupido album di foto. Ho ancora
molto lavoro da fare! –
- E’ venerdì,
Draco. –
- E con questo? –
Ma non ottenne
risposta. Harry l’album lo mise da parte, in bilico su una mensola piena di
ninnoli preziosi, e dopo aver guadagnato i pochi passi che lo dividevano dal
suo astigmatico compagno, lo afferrò gentilmente per le spalle, e lo stese
lungo sul tavolo, come fosse stato un fazzolettino di pizzo.
Draco riuscì a
simulare insofferenza solo per poco.
- Ah, Potter, pare
che tu abbia un serio problema con i miei occhiali. –
Ho un serio
problema con te, in generale. –
- Adulatore. Ti
spiacerebbe levarmi le mani di dosso, ora? –
- Ti leverei più
volentieri i pantaloni. –
- Potter?!? –
Ma, Draco forse non
se ne rendeva ancora conto, il suo linguaggio corporeo aveva guadagnato dei
codici tutti nuovi, da quando portava gli occhiali.
Si aggiustò la
montatura sul naso, mentre cercava di respingere Harry. Lo arricciò persino un
poco, di riflesso. Harry si bloccò di colpo, a guardarlo, rapito, e Draco, che
era bravo a tornare in fretta padrone di sé, gli propinò un sorriso angelico.
Fu l’ultimo sorriso
che Draco Malfoy poté concedersi di lì ad un’ora abbondante.
ANGOLINO!
Ok, ok, probabilmente in molti l’avrete capito già, ma per
sicurezza piazzo qui una bella noticina. L’astigmatismo fa cambiare colore
degli occhi? No, per l’amor del cielo. Il difetto di vista è la conseguenza che
Draco, povera creatura, ha riportato per quel continuo cambiare di colore.
E qual è la causa? Suvvia, non siate ingenui, è facile: è la
terribile sindrome da fangirl!
Ok, lo confesso, è stato divertente infarcire il raccontino
con una amorevole presa in giro di tutte quelle descrizioni improbabili degli
occhi di Draco che si trovano in giro, opera di chi non vuole evidentemente
arrendersi all’evidenza che Draco abbia gli occhi azzurro grigi, come se ne
vedono tanti in giro.
Ripeto, è assolutamente affettuosa. In realtà,
probabilmente, diverte solo me, che ho passato un buon paio d’ore ad inventarmi
le sfumature più improbabili di celeste.