Cap. 16: Silver night
Here, not a single light
Here, in the darkest night
And the sound of silence, silence, silence
Here, this is where I reign
Hear me calling out no name
So I'll stay in silence, silence
There's footprints in the snow
I'll follow wherever you go
I'll be the lonely wolf
I'll follow wherever you go
In the silver night…
(“Silver night” – The Rasmus)
I cittadini di
Kattegat stavano esprimendo con calore il loro consenso nei confronti di Bjorn
e Gunnhild e il Re e la Regina li lasciarono sfogare, poi fu Bjorn a riprendere
la parola.
“Purtroppo temo che
una battaglia sia inevitabile” ammise, cupo. “Re Harald non accetterà che
alcuni Regni, come Kattegat, vogliano essere liberi e cercherà di
sottometterci. Possiamo attaccarlo per primi, come ha proposto Ivar, ma senza
sapere a cosa andremo incontro e di quanti uomini e alleati possa disporre
Harald. Oppure possiamo attendere, organizzarci e allearci anche noi con i
Regni che, invece, non vogliono sottomettersi senza condizioni.”
“Re Harald è stato
eletto sovrano di tutta la Norvegia con l’inganno, ormai è chiaro” soggiunse
Gunnhild. “E’ molto probabile che siano in molti a non accettare la sua
elezione. Se attendiamo ancora, organizzando il nostro esercito e mandando
ambasciatori a chiedere rinforzi ai sovrani che la pensano come noi, quando
Harald e i suoi uomini arriveranno troveranno una sgradita sorpresa.”
“Siete con me,
dunque? Ci organizzeremo e resisteremo alla protervia di Harald?” domandò
Bjorn.
I cittadini di
Kattegat esplosero in urla entusiastiche, inneggiando a Bjorn e Gunnhild,
lanciando grida di guerra… insomma, in poco tempo avevano cambiato idea una
mezza dozzina di volte e adesso esultavano come se avessero appena vinto la
finale di Champions League!
Bjorn e Gunnhild,
soddisfatti, salutarono i sudditi e si diressero fianco a fianco verso la
dimora reale. Ben presto furono raggiunti da Hvitserk e Helgi. Il giovane
vichingo non condivideva affatto l’entusiasmo dei suoi concittadini e, anzi,
aveva molte domande da porre a Bjorn. Sarebbe stata una lunga notte di
discussioni, piani e strategie.
“Bjorn, tu hai detto
che Re Harald si è alleato con Kjetill” disse Helgi al sovrano in tono
accorato. “Non ricordi che io vi avevo messi in guardia su quell’uomo? Temevo
che, prima o poi, sarebbe tornato in Norvegia ed è ciò che ha fatto. Kjetill ha
ucciso tutta la mia famiglia con l’inganno, non pensi che sia ancora più
pericoloso come alleato di Harald?”
“In effetti la cosa
non mi piace affatto” soggiunse Hvitserk, adesso anche lui preoccupato per il
suo compagno e per tutta Kattegat. “Forse in questo caso dovremmo dare ascolto
a Ivar e attaccarli per primi. Se fosse stato solo Harald non lo avrei detto,
ma Kjetill conosce Kattegat e potrebbe anche suggerire dei punti strategici dai
quali attaccare.”
Bjorn appariva
pensieroso. Le parole di Helgi e Hvitserk gli avevano dato molto su cui
riflettere e adesso si rimproverava ancora di più per aver sottovalutato Harald
e il suo subdolo alleato.
Tuttavia non gli
piaceva l’idea di dover dare ascolto a Ivar…
“A proposito, dov’è
finito Ivar?” domandò ad un certo punto. In effetti era sempre meglio tenerlo
d’occhio… “E non c’è nemmeno Aethelred, credevo che sarebbe stato qui con noi
per discutere sul da farsi.”
“Una delle serve mi
ha detto che ha visto Aethelred rientrare prima di noi e andare direttamente
nella sua stanza” rispose Gunnhild. “Temo che abbia preso molto male quello che
Ivar gli ha detto… comunque la stessa serva mi ha riferito che, poco dopo, anche
Ivar è giunto qui e che ha seguito Aethelred. Forse si è reso conto di averlo
ferito e ha deciso di parlargli.”
“Ah, beh, se è così
non preoccupatevi per loro” tagliò corto Hvitserk, che aveva un’espressione
soddisfatta sul volto. “Non li rivedremo fino a domattina: Ivar sa come farsi
perdonare… Possiamo discutere con tutta calma di ciò che faremo nei confronti
di Harald e dei suoi.”
Bjorn guardò il
fratello con aria perplessa. Da una parte era contento che Ivar avesse altro a
cui pensare e che non si immischiasse nei suoi affari, inoltre sapere che era
sempre più legato a Aethelred era una buona cosa per tutti, il Principe avrebbe
saputo tenerlo a freno, ne era convinto.
Eppure non voleva
soffermarsi troppo sul pensiero di Ivar che faceva
cose con Aethelred…
Meglio concentrarsi
su Harald e sul pericolo che Kattegat correva!
“Io vengo da Vestfold
e posso assicurarvi che non è un’idea geniale quella di attaccare Harald sul
suo territorio, con tutto il suo esercito a disposizione e gli alleati” obiettò
quindi Bjorn. “Continuo a pensare che dovremmo cercare anche noi degli alleati
e unire i nostri eserciti per essere pronti ad accogliere Harald quando si
presenterà.”
“Se si presenterà, oserei dire” intervenne nuovamente Gunnhild.
“Marito, tu hai detto che Harald è riuscito a corrompere Re, Regine e Jarl
perché votassero per lui, altrimenti quasi tutti avrebbero scelto te. Ma come
ha potuto corrompere tanti sovrani? Harald non ha terre né ricchezze da
offrire.”
“Ve l’ho detto, è
stato Kjetill” insisté Helgi. “Lui sa come manovrare le persone.”
“Ma perché questo
Kjetill avrebbe dovuto allearsi con Harald, che nemmeno conosceva? Anche a lui
avrà promesso qualcosa” suggerì la Regina.
“Kjetill ha sempre
voluto il potere… per questo non ascoltava Floki, per questo si è opposto alla
mia famiglia” mormorò Helgi. “Forse Harald gli ha promesso… di aiutarlo a
diventare Re dell’Islanda o qualcosa del genere.”
“Potrebbe essere
benissimo, ma il fatto è che Harald non ha affatto il potere di incoronare
Kjetill o chiunque altro Re dell’Islanda, o di qualsiasi altro posto” ribatté
Hvitserk.
“Giusto, Hvitserk. Il
che significa che… che tutto ciò che Harald ha promesso a quelli che si sono
schierati con lui non potrà mai mantenerlo” sottolineò Bjorn.
“E che cosa credete
che faranno i Re, le Regine e gli Jarl di Norvegia non appena lo scopriranno?”
domandò Gunnhild con un sorriso.
“Lo abbandoneranno”
rispose Bjorn, trionfante. “O, magari, si metteranno addirittura contro di
lui!”
“Non credo che
giungeranno a tanto. Comunque sia, ormai è stato eletto Re dei Norreni” disse
la Regina. “Tuttavia non credo proprio che vorranno unirsi a lui per combattere
contro Bjorn e contro Kattegat. Manderemo comunque i messaggeri, come avevamo
deciso, e ci prepareremo ad un’eventuale battaglia, dobbiamo essere sempre
pronti al peggio, ma non penso che Kattegat corra veramente dei pericoli
imminenti.”
“E io e Helgi ci
occuperemo anche di mandare dei gruppi di esploratori per pattugliare le zone
intorno a Kattegat, così da non essere colti di sorpresa” concluse Hvitserk,
sperando in questo modo di tranquillizzare anche il suo compagno, che
continuava a mostrarsi poco convinto e spaventato all’idea di ritrovarsi di
fronte l’uomo che aveva distrutto tutta la sua famiglia.
E cosa ne era stato
di Aethelred in tutto questo? Il giovane, ferito dalle parole aspre e cattive
di Ivar, proprio della persona di cui stava imparando a fidarsi e che aveva
accettato di amare incondizionatamente nonostante le sue paure, non era
riuscito a resistere in mezzo alla folla, aveva sentito il bisogno di restare
solo ed era tornato di corsa alla dimora reale, chiudendosi nella sua stanza.
Non avrebbe partecipato a riunioni e consigli di guerra con il Re e gli altri,
sapeva che potevano fare a meno di lui e poi… e poi in fondo lui era uno
straniero, no? Non c’entrava niente con il mondo vichingo e non aveva diritto
di dire la sua opinione.
Si mise seduto sul
letto, a pensare. Cosa doveva fare adesso? Chiaramente la cattiveria di Ivar
non era condivisa dagli altri norreni, Bjorn, Lagertha e tutti gli altri lo
consideravano uno di loro, ma era lui, adesso, a sentirsi a disagio. Tuttavia
amava quella terra e quelle persone magari semplici e rozze, ma anche schiette
e amichevoli, e non voleva andarsene. Sarebbe rimasto a Kattegat e avrebbe
continuato a fare tutto quello che poteva per rendersi utile, magari
allontanandosi dalla dimora reale che non era il suo posto, si sarebbe trovato
una casetta nella cittadina e sarebbe rimasto a disposizione di chiunque avesse
avuto bisogno del suo aiuto e dei suoi consigli. Stava ancora riflettendo e
pianificando questo suo futuro quando la porta della sua stanza si aprì e, con
una faccia tosta incommensurabile, entrò Ivar e si richiuse la porta alle
spalle.
“Cosa ci fai tu qui?
Non dovresti essere ad arringare la folla di Kattegat perché rovesci Bjorn e ti
incoroni di nuovo Re? Beh, visto le grandi prove di te che hai dato quando eri
effettivamente Re di Kattegat dubito che qualcuno ti vorrà come sovrano, ma
immagino che ci proverai lo stesso” lo apostrofò Aethelred. Le parole erano
pungenti, ma il tono con cui il Principe le pronunciò era calmo, quasi come stesse
esponendo un dato di fatto che non lo riguardava.
Ivar, come se non lo
avesse neanche sentito, si diresse deciso verso il letto del giovane e si
sedette al suo fianco.
“Non ti ho già detto
mille volte che non mi interessa diventare Re di Kattegat? Quella noia, quelle
responsabilità e quei doveri li lascio più che volentieri a Bjorn” replicò. “Io
ho insistito perché volevo che attaccassimo subito Harald e che Bjorn mi
mettesse a capo di uno dei suoi eserciti, questo volevo. E mi sono innervosito
perché il tuo intervento ha convinto ancora di più Bjorn e Gunnhild ad
organizzare una difesa invece di passare all’attacco.”
Si avvicinò ancora di
più a Aethelred e proseguì in tono più basso e intimo.
“Non volevo ferirti,
in quel momento ero irritato e non mi sono neanche reso conto di ciò che
dicevo, ma tu sai benissimo che non lo penso affatto, no?”
“No, io non so
niente” ribatté deciso il Principe. “Non so cosa pensi di me, non so cosa vuoi
fare qui a Kattegat e nei confronti dei tuoi fratelli, non so se possiamo
fidarci di te. Non so nemmeno se ti sei minimamente reso conto di cosa ha
significato per me sentirmi dire quelle cose… immagino di no. Ti avevo detto
che, quando eravamo bambini, mio nonno il Re Ecbert del Wessex mandò Alfred e
mio padre in pellegrinaggio a Roma, lo ricordi?”
Ivar rimase stupito,
non riusciva a capire il collegamento tra quell’episodio e ciò che era successo
tra loro al porto di Kattegat.
“Sì, lo ricordo bene,
e questo mi conferma ancora una volta che abbiamo fatto benissimo a condannare
a morte quell’uomo insensibile e crudele” commentò, “ma cosa c’entra adesso con
quello che è accaduto oggi?”
Aethelred continuava
a mostrarsi calmo, ma il suo volto era cupo e triste.
“Quando arrivò il
momento della partenza di Alfred e mio padre, tutta la corte e il popolo si
riunirono per assistere. Alfred era al centro dell’attenzione di tutti, mio
nonno lo abbracciò dicendogli che era speciale e che per quello il Papa voleva
benedirlo, perché Dio aveva grandi progetti per lui. Anche mia madre lo
abbracciò orgogliosa” raccontò il Principe, inseguendo quel lontano ricordo. “Io
ero piccolo, potevo avere cinque o sei anni, e vedevo tutti che facevano festa
ad Alfred, lo abbracciavano, lo lodavano… e non capivo perché lui sì e io no.
Non capivo perché io non potessi andare a Roma, perché Dio non avesse progetti
speciali per me. Era come se non esistessi, come se quello non fosse il mio
posto. Ecco, è stata la prima volta in cui mi sono reso conto di questo: ero un
estraneo nella mia stessa casa, nella mia stessa famiglia, ed è sempre stato
così. Credevo di aver trovato il mio posto qui, a Kattegat con i vichinghi, ma
non è così. Hai ragione tu, io sono uno straniero, non posso capire i
sentimenti di voi norreni, in realtà nessun posto è casa mia e io non
appartengo a nessun posto.”
A quelle parole un
lampo guizzò negli occhi di Ivar e il giovane vichingo afferrò Aethelred per le
spalle, lo strinse a sé, lo avvolse in un abbraccio convulso e si distese con
lui sul letto.
“Non dirlo mai più,
non voglio più sentirlo” mormorò con voce roca. “Lo so che sono stato io a
dirti quelle cose, ma non le penso, ti ho già detto che ero nervoso e che ho
parlato senza riflettere. Certo che hai un posto, il tuo posto è qui a Kattegat
con me, tra le mie braccia, e tu appartieni a me, sei mio, adesso e per sempre!”
Lo baciò una, due,
mille volte, stringendolo, scompigliandogli i capelli, iniziando a sciogliergli
i lacci degli abiti e a liberarsi delle proprie vesti. Non era il tipo da
chiedere scusa a parole, aveva un modo
tutto suo per fare la pace quando lo voleva!
“E non dire neanche
che non posso capirti” gli sussurrò sulle labbra. “So benissimo cosa significa
sentirsi estranei in mezzo alla propria famiglia, è la storia della mia vita.
Solo tu mi fai sentire bene, in pace, mi accetti e mi vuoi per ciò che sono e
quando sbaglio me lo dici in faccia. Solo quando sto con te mi sento integro e
completo, per questo il tuo posto è con me.”
Iniziò a
baciarlo sempre più profondamente per un tempo infinito, sentendo che avrebbe
potuto divorare la sua bocca senza mai stancarsi del suo sapore. Intanto gli
accarezzava tutto il corpo morbido e vellutato, voleva che sentisse solo lui,
voleva riempirlo del suo sapore, del suo odore, farlo suo in ogni fibra del suo
essere, fargli sentire che quello e solo quello era il suo posto. Si seppellì
in lui e affondò nelle sue carni più intime fino a sentirlo fremere e sospirare
sconvolto, si spinse in lui ancora, ancora e ancora.
Aethelred
era completamente travolto e sbigottito, non riusciva a capire come fossero
giunti fino a quel punto visto che era stato ferito e mortificato da Ivar e
pensava che non avrebbe più avuto alcun legame con lui… e invece in quel
momento non capiva più nemmeno dove fosse e chi fosse, sentiva solo che il suo
corpo non gli rispondeva più e seguiva istintivamente i movimenti del giovane vichingo,
incendiandogli il sangue nelle vene, facendogli tremare le gambe e dimenticare
tutto il resto del mondo, sopraffacendolo con ondate di piacere che non aveva
mai nemmeno immaginato.
Fu una
notte intensa e ardente durante la quale Ivar non si stancò di perdersi in quel
Principe che lo faceva sentire completo; lo prese lentamente, con dolcezza ma
anche con intensità, più e più volte, mentre i gemiti e gli ansiti di entrambi si
confondevano in uno solo, fino al punto in cui giunsero insieme alla totalità
dell’estasi, perdendosi l’uno nell’altro come frammenti di infinito che
diventavano una sola essenza.
E, tanto per far capire ancora di più al
Principe che il suo posto era accanto a lui e che non lo avrebbe lasciato
andare per niente al mondo, Ivar volle tenerlo stretto tra le braccia anche
dopo aver soddisfatto l’urgenza del desiderio. Il corpo caldo e tenero di
Aethelred, illanguidito dall’amore, era il suo porto sicuro, la sua oasi di
pace e serenità dopo una vita di solitudine e di rapporti sbagliati e ambigui.
Niente e nessuno avrebbe mai più potuto separarlo dal preziosissimo tesoro che
aveva trovato e nulla era più importante di avere quel dolce Principe tutto per
sé, neanche l’idea di guidare un esercito in battaglia.
Aethelred era la sua luce, la sua stella, il
suo calore.
Fine capitolo sedicesimo