Due di quadri

di Elisempreeli
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Si perdono tante cose.
Si perdono tante cose e nemmeno ce se ne accorge.
 
Solo dopo un arco temporale più o meno lungo, che può variare dal tragitto da casa al supermercato agli anni dell'adolescenza all'età adulta, dopo una determinata quantità di passi e respiri, capita di sentirsi più leggeri, con le mani libere quando invece dovevano contenere qualcosa.
Sì percepisce che c'è una mancanza ma non si riesce ad identificarla, a darle un aspetto o un nome o piuttosto a capire se effettivamente esista, se non sia solo una scomoda impressione, uno scherzo della nostra subdola mente.
Così si perdono le cose.
 
Vi fermo subito. Altolà!
Questa introduzione potrebbe trarvi in inganno e farvi profetizzare un chissà quale discorso filosofico sul perdere le persone, un amore, un amico, un'occasione, un'opportunità.
Niente di tutto questo, stavolta, con mia grande sorpresa, rimarrò coi piedi ben piantati a terra, precisamente sull'asfalto che tutti calpestano ogni giorno senza quasi rendersene conto.
Se poi in ogni dove si può nascondere un risvolto filosofico, io di questo non ne ho colpa.
 
Quando cammino per la strada, ogni tanto mi piace fermarmi ad osservare il colore del cielo, la forma delle nuvole, le decorazioni sopra gli edifici, i labirinti che creano i rami degli alberi, insomma, mi piace scoprire ciò che mi circonda e non solo passarci attraverso -digressione filosofica evitata-.
 
Di recente, il mio sguardo è stato catturato proprio dall'asfalto su cui stavo camminando perché mi sono imbattuta in una carta da gioco: due di quadri rosso.
 
Che stranezza, persino un po' buffa e insensata perché mi sarei perlomeno aspettata un due di picche, per rimanere coerente col detto popolare e far quadrare questa assurda combinazione, ecco, per trovarle un senso, un motivo, un nesso.
Invece no, sulla mia strada trovo un segno che, diciamocelo senza remore, non se lo fila nessuno.
Il segno dei cuori è l'alabarda di chi possiede un animo romantico e sognatore, ma che il mio traduttore interiore scriverebbe ingenuo e disilluso -digressione filosofica numero due evitata-, quello dei fiori è un po' un passepartout perché un fiore rende migliore ogni cosa, e le picche hanno una forma subito riconoscibile, non le puoi confondere.
 
Ma i quadri, già il nome inganna di per sé, perché non ritraggono un bel niente, e potrebbero benissimo essere scambiati per rombi -digressione filosofica/identitaria numero tre evitata-.
 
Il come e quando questa carta sia stata persa, di che mazzo faceva parte, chi lo possedeva, quante partite abbia vinto o perso, se abbia mai avuto nella sua vita di carta un ruolo decisivo e cruciale, non lo saprò mai.
Avrei voluto farle una foto, così, non tanto per il ricordo di questo bizzarro evento o per la mia mania di fotografare tutto ciò che possa destare la mia ispirazione, quanto per avere una prova che qualcosa può anche non avere senso e che va bene comunque.
Volevo dare valore a quel due di quadri che si ritrovava da solo, perso, senza definizione perché fuori dalla sua scala, che ora avrà l'asso seguito dal tre, e certo avrà creato un bel po' di confusione, e chissà se si sono già accorti della sua assenza.
 
Volevo fargli una foto per sentirmi un po' meno sola tra tutte le cose perse e fuori posto, che non sanno il valore che possiedono proprio finché non si trovano da sole.
 
Digressione filosofica numero quattro evitata per un soffio.




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