Stars

di Wickedsis
(/viewuser.php?uid=1179276)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Dopo l'episodio dello svenimento, il killer/pazzo/stalker (?), non si fece più vivo, o almeno, così credevano le ragazze.
O almeno, fino alla notte del nove giugno.
I fatti si svolsero più o meno così.
Verso l'una di notte, Camilla venne svegliata dal suono del campanello.
Il fratello mugugnò nel sonno, e una volta accertatasi che dormisse per davvero, andò a vedere chi mai fosse a quella dannata ora di notte.
Già dalla finestra trovò una spiegazione al suo quesito.
Zoe, in compagnia di un'altra persona, batteva il piede a terra, impaziente.
Ricollegò il cervello e andò ad aprire.
Aveva sulla punta della lingua persino la battutaccia di turno, ma quando vide l'accompagnatore dell'altra quasi le si fermò il cuore.
"Aiutami."
 
Cinque minuti dopo
 
"Quindi mi stai dicendo che QUELLO è il tizio che ti perseguita da giorni, ormai?"
"Si, ehm..."
"E tu l'hai portato a casa mia?!"
"Si, ma..."
"Vado a svegliare mio fratello. Se si sveglia e mi uccide, io uccido te, capito?"
Zoe sbuffò, facendo il verso a Camilla mentre quest'ultima lasciava la stanza, imprecando a mezza voce.
Pochi minuti dopo, Marco entrò, a passi pesanti, nella stanza.
"Che succede? Ah! Ma cos'è quell'essere immondo?" disse, anzi, gridò.
Marco aveva diciannove anni, e, visto che i genitori viaggiavano moltissimo, si prendeva lui cura della sorella, per la quale avrebbe fatto qualsiasi cosa.
E così, coinvolsero anche lui in quelle losche faccende, rendendo anche lui una possibile esca.
Zoe si sentiva terribilmente in colpa per quello. 
"Ma perché non avete detto niente a sua madre, ma a me si?"
"Non ti riguarda, fratellone... Ora, puoi aiutarci?" pregò Camilla.
"Certo che posso, ma promettetemi che glielo direte..."
"Si, certo!".
Presero il tipo, lo legarono con lo scotch ad una sedia e attesero pazientemente che si svegliasse.
Non attesero a lungo.
"Chi sei?" cominciò Zoe, con tono severo.
"Il mio nome è... Gelber Schleim*, si, potete chiamarmi così..." disse.
"Smettila di darmi fastidio! Basta! Perché mi tormenti?"
"Io non ti torturo, non ti tormento, io ti faccio crescere, ti educo, come non ha saputo fare nessun altro..." spiegò Gelber.
Zoe non capiva, e aveva milioni e milioni domande in mente, ma quella frase, quella frase, la turbó nel profondo.
Camilla, dal canto suo, era appiccicata al braccio del fratello, ed ascoltava.
Ad un certo punto, sbottò:
"Le tue parole non hanno senso! Chi sei!? Perché non sparisci?!"
"Ah, quanto aspettavo questa richiesta!"
In un secondo, si dissolse, lasciandosi dietro la sua solita melma gialla.
Marco era pallido come un cencio, e non proferì parola fino a quel momento.
Alla fine, però, fu il primo a ricominciare a parlare.
"Sorellina, vedi, tu non dovresti MAI aprire bocca!"
 
 
 
 
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3981553