«Tu lo sapevi già?»
Censeo, con i capelli biondi
pettinati all’insù, gli occhi verdi preoccupati e
un’espressione stupita, si rivolse ad una riccia Maia che,
seduta sul divano con le gambe accavallate, si mordicchiava il labbro
nervosa. La notizia era arrivata ai loro amici come un fulmine a ciel
sereno. Tutti erano increduli e seriamente preoccupati, perfino Daniel
aveva smesso di trattare male Valeryn. Quella sera del
ventitré dicembre, i ragazzi erano riuniti nella vecchia
casa estiva della zia di Alex, che era diventata da mesi luogo di
ritrovo e punto di riferimento delle feste.
Tutti stavano seduti con
espressione seria in volto. Valeryn e Vittorio non erano
ancora arrivati.
«Sì,
lo sapevo da un po’» rispose la ragazza, sospirando.
Daniel fece una faccia
inorridita.
«Scusa, eh, ma
che razza di amica sei? Noi non contiamo niente in questa fottuta
storia?»
«Non potevo
dirlo a nessuno» spiegò, mentre il castano faceva
una smorfia
«Lo sapevamo
solo io e lei, nemmeno Vittorio ne era al corrente»
«E certo, noi siamo il
ripiego!»
«Non siete il
ripiego, voleva solo aspettare»
Daniel si alzò
dal divano grugnendo, sentendosi quasi offeso di aver saputo tutto per
ultimo.
«Non si aspetta
mai in queste cose, per la miseria!»
«Aveva paura,
ti basta?!» Maia lo rimproverò con lo sguardo, poi
continuò a mordicchiarsi il labbro. Il ragazzo
soffiò da un angolo della bocca, spostando dei ciuffi
ribelli dal volto, poi si alzò passeggiando nervosamente su
e giù. Carmine puntò gli occhi azzurri su di lui.
«Puoi smettere
di fare avanti e indietro? Mi gira la testa!»
«Non rompere,
Carmine. Sembri una donnicciola mestruata!»
Il moro
sbuffò, incrociando le braccia. Quell’idiota non
sapeva regolarsi nemmeno dopo una notizia del genere. Dopo svariate
minacce e sguardi ammonitori, Daniel prese posto accanto ad una bionda
e robusta Sara, impegnata a fare un sudoku senza buoni risultati.
«Sentite»
disse d’un tratto catturando l’attenzione di tutti
«Io dico che dobbiamo aiutarli. Insomma se vogliono soldi per
la casa se li possono scordare, non ho un euro messo da parte,
però... Però dovremmo dimostrarci più
gentili e comprensivi con loro. Avranno bisogno di tutto il nostro
aiuto, non vi pare?»
I ragazzi si guardarono
tra di loro, leggermente stupiti. Sara non era una ragazza
particolarmente sveglia, forse un po’ frivola come Conny, ma
non si esponeva mai in primis se non per discutere con Daniel. Ed
effettivamente aveva ragione, Valeryn e Vittorio avevano
bisogno dei loro amici.
«Caspita, Sare’!»
esclamò Censeo stupito, guadagnandosi
un’occhiataccia da Dan
«Non credevo
sapessi ragionare così bene»
Sara lo guardò
strano, mentre Carmine ridacchiava sotto i baffi. Indecisa se
accettarlo come un complimento o un’offesa, si
limitò a fare spallucce. Daniel gli si ritorse contro.
«Qualcuno
spieghi a questo nano da giardino, qui» fece puntandogli il
dito, arrabbiato, come tutte le volte che si parlava della sua amata
ragazza «che la mia cipollina non è stupida come
una babba di mia conoscenza! Lei
ha una discreta autorità ed un certo intelletto che nemmeno
immagini, Censeo del mio
cavolo!»
Per babba si rivolse a
Conny, che con una lunga treccia imperfetta entrava dalla cucina
tenendo tra le mani un vassoio pieno di tramezzini. Lo posò
sul tavolino, mentre gli altri si chinavano a prenderne uno. Daniel ne
prese tre.
«Andiamo, Dan,
non incominciare ad incazzarti! Non mi sembra il caso»
«Hai
incominciato tu, Cucciolo, io sto solo dicendo che
la mia piccolina è intelligente!»
Sara gli rivolse un
sorriso con la bocca piena, facendo intravedere il tramezzino
masticato. Daniel cacciò un urlo inorridito, e la ragazza
fece una smorfia offesa.
Censeo scosse la testa, facendo
sedere Conny accanto a lui. Poi le passò un braccio sulle
spalle ed incominciò a mangiare senza curarsi delle parole
dell’amico.
Nel frattempo, Elia,
seduto sulla poltrona con i capelli biondi pettinati a cresta, gli
occhi castani persi nel vuoto, si alzò di scatto posando la
sua birra sul tavolino. Si stiracchiò e prese dalla tasca le
sue sigarette.
Gli altri gli lanciarono
uno sguardo, chiedendosi come l’avesse presa;
d’altronde, Valeryn era stata la sua ragazza
qualche tempo prima.
Il ragazzo
uscì fuori del balcone accendendosi la sua piacevole
Chesterfield, riflettendo su ciò che aveva saputo.
Valeryn era incinta. Una notizia
davvero incredibile, si disse, non si sarebbe mai aspettato niente del
genere. Si era affezionato a lei, vuoi perché erano stati
insieme, vuoi perché erano rimasti in discreti rapporti
anche dopo.
I suoi pensieri,
però, erano rivolti esclusivamente verso Vittorio. Non
riusciva a non pensarlo, la sua testa si era
sintonizzata su di lui subito dopo che Alex e Carmine avevano riferito
loro la notizia. Voleva sapere come stava, come aveva reagito. Diamine,
era una cosa estremamente prematura... D’altronde aveva solo
diciotto anni, ancora, non era grande abbastanza, non era pronto a
diventare padre...
O forse lui non era
abbastanza pronto per lasciarlo andare
Si chiese cosa
c’entrassero quei pensieri così fuori luogo in
quel momento. Vittorio era il suo migliore amico, gli voleva bene da
morire, non poteva essere così egoista. Fece un tiro dalla
sua sigaretta.
Eppure si sentiva triste
in qualche modo, non sapeva perché. Voleva solo vederlo,
voleva solo potergli parlare... Era come se sentisse un peso dentro,
nemmeno si rendeva conto cosa fosse, solo sentiva la totale esigenza di
vederlo.
Continuò a
fumare in silenzio, finché una mano si posò sulla
sua spalla.
Maia, ancora
più riccia del solito, si avvicinò a lui facendo
un sospiro. Poi si appoggiò al balcone guardando la luna.
«Ehi»
disse sorridendogli. Lui ricambiò mezzo sorriso continuando
a tirare dalla sigaretta.
«Mi ero rotta
di starli a sentire»
Elia fece spallucce,
guardando il panorama di sotto. Si vedeva tutto il suo paese da
lassù.
«Già»
mormorò, poi rilasciò un tiro facendo scorrere
gli occhi tra i fiotti di luci.
La ragazza lo
guardò con apprensione, poi gli accarezzò un
braccio. Lei era sempre stata la sua migliore amica, fin dalle
elementari. Ormai riusciva a capirlo se qualcosa non andava, e la sua
espressione vacua ne era la dimostrazione.
«Allora, cosa
c’è?» domandò, scrutandolo
«Sei rimasto male?»
Lui spense la sigaretta
sul posacenere, poi si passò una mano tra i capelli. Forse
ci era rimasto male, ma non riusciva a capire il perché. Era
certo non avesse niente a che vedere con Valeryn.
Non riusciva nemmeno a
capacitarsi del perché sentisse quell’improvviso
peso nel cuore.
«Non lo
so» ammise piano «Non me l’aspettavo,
credo»
Maia sospirò.
«Nessuno se
l’aspettava, Eli. Lei è stata la tua ragazza,
è normale che sei sconvolto»
«Non sono
sconvolto» affermò con convinzione, guardandola
seriamente
«E non mi
interessa più Valeryn, se è questo
che pensi»
«E allora cosa
c’è?»
Lui continuò a
guardare di sotto, senza capire.
Una vocina nella sua
testa non smetteva di ripetere il nome del suo migliore amico, come se
avesse bisogno di sentirlo. Scosse la testa, piano.
«Ti giuro, non
lo so» sussurrò.
Maia lo guardò
ancora un attimo tentando di capire cosa gli passasse per la testa, ma
non ci riuscì.
Il campanello
suonò. Elia rimase fuori, mentre lei si precipitò
in salotto pensando fosse Valeryn. Invece erano Alex e Miriel che, entrando come una
furia, la prese dalle spalle scuotendola a più non posso.
«Non ci posso
credere, dimmi che è uno scherzo! Dimmelo!»
Lei guardò
Alex allarmata, mentre quello si toglieva il capellino mostrando i suoi
capelli ormai completamente rasati.
«E’
seriamente preoccupata, spiegale tutto dall’inizio. Mi ha
tartassato per tutto il tragitto!» fece cenno verso la
ragazza che la guardava con occhi sbarrati.
Poi la prese per mano,
facendola sedere sul divano.
Miriana, o semplicemente Miriel per tutti, era
l’altra migliore amica di Valeryn, la sua amica
d’infanzia che abitava in un paese vicino e che veniva il
fine settimana o nelle vacanze.
Adesso la guardava con
preoccupazione che sfiorava i limiti dell’isteria.
Prese a raccontarle tutto
dall’inizio, la ragazza la fermò più
volte per cercare di capire. Poi guardò davanti a
sé, incredula.
«Com’è
possibile, io non ne sapevo niente?!» sbottò,
incrociando le braccia. Perché Valeryn non le aveva mai
confidato nulla? Pensava fosse la sua migliore amica... Invece lo aveva
detto solo a Maia.
«Non te la
prendere, non voleva dirlo a nessuno» provò a
spiegarle questa.
Miriel scrollò le
spalle, sbattendo i lunghi capelli scuri.
«Come sarebbe a
dire che non voleva dirlo a nessuno? Prima o poi i suoi lo avrebbero
scoperto, ed anche noi, se è per questo!»
Alex si
avvicinò alla sua fidanzata passandole una mano sulle
spalle, tentando di calmarla.
«E
Vittorio?» chiese lanciando uno sguardo a Elia appena entrato
dal balcone.
«Qualcuno sa
niente?»
Censeo smise di sbaciucchiare
Conny, alzando le spalle.
«Io non lo vedo
da giorni, ormai, ma non credo sia nelle condizioni di venire a
parlarcene, insomma...» fece una faccia grave.
Il biondo, che stava
sentendo, scosse la testa infastidito. Perché parlavano
tanto? Amavano spettegolare, ma alla fine non sapevano nulla di nulla.
Doveva parlare con il suo amico al più presto, sentiva
ancora quel bisogno...
Bisogno di sentirlo
vicino, un bisogno immane, non gli era mai successo.
Si fermò a
contemplare il tavolino di legno confuso, mentre Alex lo riscosse dai
suoi pensieri.
«Ehi
zi’, tu ne sai niente?» fece un cenno allusivo
«Vitto... Lo hai sentito?»
Scrollò le
spalle dovendo ammettere anche a sé stesso che non era stato
affatto informato della notizia, cosa che lo faceva ancora stare
più male.
«No, non ne
sapevo niente» rispose un po’ rude.
Il moro fece una faccia
strana, interrogativa, chiedendosi come mai il biondo non fosse a
conoscenza di nulla; d’altronde lui e Vittorio da quando
avevano ricucito il loro rapporto erano molto più uniti.
Miriel si alzò dal
divano sbattendo un piede dal nervosismo.
«Io non ci
posso ancora credere! Ma adesso mi sentirà!»
esclamò, tirando fuori il cellulare.
Maia le strinse una mano,
cercando di tranquillizzarla e, allo stesso tempo, fermarla dal fare
una scenata.
«No, Miri, ti
prego, lasciala stare! Sta passando un periodo nero, non puoi renderle
le cose ancora più difficili!»
La moretta la
guardò come si guardano gli insetti.
«Beh, tu non
capisci, ovvio, a te l’ha detto per prima, sei la sua
compagnetta di classe! A me che siamo amiche da una vita invece niente,
buio totale, ma ti sembra cosa? Io avrei potuto aiutarla!»
La ricciolina
sbuffò infastidita. Come poteva dire una cosa del genere in
quella situazione, si disse, non contavano quelle cose adesso.
«Nessuno la
poteva aiutare, nemmeno io ho potuto fare niente. Stava male, non
capiva un accidente, si sentiva confusa. Non voleva dirlo nemmeno a
lui, non so se capisci!»
«Ah, capisco
eccome! Ma due amiche l’avrebbero aiutata meglio di una, non
credi?»
Miriel e Maia si guardarono con
sfida. Entrambe erano molto amiche di Valeryn, ed entrambe non
volevano perdere la sua amicizia.
Miriana era una ragazza
che non amava essere messa in secondo piano, era molto orgogliosa, al
contrario di Maia, sempre gentile e comprensiva con tutti.
Daniel arrivò
volteggiando, sbatté contro la schiena di Carmine che si era
alzato per cambiare canale alla televisione, dato che il telecomando
era rotto e non prendeva.
«E
sta’ attento, medusa in evoluzione!»
sbottò infastidito.
Dan gli rivolse uno
sguardo sprezzante
«Taci, infante.
Ehi, stanno arrivando!»
I ragazzi si voltarono
verso di lui, stralunati. Poi capirono di chi parlava.
«I futuri genitori stanno
arrivando, mi raccomando fate ordine!» spostò il
tavolino cacciando le cartacce e le cicche di sigaretta
«E tu,
cucciolotta, basta mangiare caramelle altrimenti diventi una grassona e
poi quando lo facciamo non puoi stare di sopra altrimenti mi
frantumi»
Sara spalancò
le orbite e gli menò un calcio, mancandolo. Dan se la rise
continuando a spostare gli oggetti in disordine.
Alex aprì di
sotto. Censeo guardò tutti
mettendoli in guardia.
«Mi raccomando
ragazzi, ricordate la perla di saggezza di Saretta, okay?»
Tutti annuirono. Conny
gli rivolse uno sguardo confuso.
«Di quale perla
parli, tesoro?»
«Comprensione
da amici» precisò Sara con sgarbo.
Miriel gettò uno
sguardo a Maia, che le fece cenno di seguire le parole dette. Lei
incrociò le braccia, sbuffando. Forse avrebbe evitato una
scenata quel giorno, ma in privato ne avrebbe parlato con Valeryn, poco ma sicuro. La
riccia, come captando i suoi pensieri, alzò gli occhi al
cielo.
Elia si passò
una mano tra i capelli biondi ed uscì in veranda. Si sentiva
stranamente inquieto.
Vittorio si
fermò a metà scale, facendo voltare la ragazza
verso di lui. Valeryn, con un capotto grigio,
un capellino di lana dello stesso colore che copriva i suoi capelli
castani mossi, lo fissò interrogativa.
«Amore»
sospirò mordicchiandosi un labbro «Se non ti va di
parlare con loro possiamo andarcene»
Lei scrollò le
spalle, puntando gli occhi verdi sulle scale. Ormai era fatta, era
giusto affrontare i loro amici. Avevano il diritto anche loro di sapere.
«No, va tutto
bene» Continuò a salire le scale, ma il ragazzo la
fermò di nuovo da una mano. L’avvicinò
a lui, lei leggermente più alta sopra uno scalino superiore.
Le accarezzò la guancia, e la ragazza abbassò lo
sguardo.
«Io ti
amo» disse lui con naturalezza, facendola sospirare
«Non ho intenzione di lasciarti sola»
Lei annuì
piano, mentre lui la baciava. Era un bacio dolce, ma Valeryn pensava a
tutt’altro. Si sentiva parecchio confusa in quei giorni, da
quando suo padre si era arrabbiato con lei non capiva più
niente. Si sentiva quasi un pesce fuor d’acqua senza sapere
perché.
Dopo che si staccarono
Vittorio la guardò aspettandosi qualcosa, puntò
gli occhi grigi su di lei, ma la ragazza fece tutt’altro.
Ricacciò con delicatezza la sua mano dalla sua guancia e
riprese a salire le scale.
«Andiamo»
disse in un sussurro.
Il ragazzo rimase
indietro, perplesso. Il comportamento di Valeryn era strano, quasi non la
capiva, gli sembrava distaccata, distante, perse sempre nei suoi
pensieri da cui lo tagliava fuori... Non fece in tempo a pensare ad
altro, perché la porta di casa di Alex si era spalancata
quindi entrarono in silenzio.
Tutti li guardarono
preoccupati, Carmine si alzò senza motivo dal divano.
Valeryn cercò lo
sguardo del ragazzo in chiara difficoltà. I loro amici li
osservavano senza dire una parola, Miriel la fissava con un
cipiglio, Maia si torturava i capelli.
Vittorio se ne accorse e,
scrollando le spalle, ironizzò:
«Ehi, piano,
ragazzi!»
Ci fu qualche secondo di
fiato sospeso, poi alcuni iniziarono a ridacchiare, Daniel scosse la
testa e i suoi lunghi capelli a caschetto andarono su e giù.
«Sempre il
solito scimunito sei, Vitto» si avvicinò a lui
«E ti sei fatto crescere anche la barba, vedo»
Il castano si
toccò sopra il mento nel dubbio, Carmine rise e gli diede un
cinque, Alex fece lo stesso e Censeo si avvicinò
con un sorriso a trenta denti.
Valeryn osservando quella scena
tirò un sospiro di sollievo. Poi si tolse il cappottino
avvicinandosi alle sue amiche. Maia le sorrise e le baciò le
guance.
«Come
stai?» le chiese gentile.
Alzò le
spalle. Non sapeva nemmeno lei come stava, si sentiva parecchio strana.
Miriel la squadrò
dalla testa ai piedi, mantenendo il suo sguardo freddo. Sara e Conny le
raggiunsero come fossero le pie donne. La bionda le prese il cappotto
di mano con un sorriso eloquente, Conny fece una battuta sopra la sua
treccia sbilenca.
Valeryn scoppiò a
ridere, sbattendo la testa. Poi si lasciò abbracciare da
Maia che le sussurrò all’orecchio.
«Ti sei
ripresa? Eravamo tutti in pensiero, sai, perfino Daniel ha chiesto di
te»
La castana
guardò il ragazzo parlare con Vittorio, e fece un sorrisino.
Poi alzò le spalle.
«Non so che mi
prende, mi sento strana» ammise con un sospiro.
«E’
normale, tesoro, sei stravolta»
Valeryn non era convinta.
Incontrò lo sguardo di Miriel che
l’osservava in silenzio. Le due ragazze si fissarono per
qualche secondo, la moretta si spostò i capelli dagli occhi.
Quasi voleva rimproverarla, ma vedendola in quel modo non ebbe la forza.
«Vieni qui,
dai» allargò le braccia e
l’abbracciò.
Valeryn ricambiò
sentendo gli occhi lucidi. Era stata una stupida a non averle detto
nulla. Era la sua migliore amica ed aveva avuto paura a coinvolgerla.
Non meritava davvero quell’abbraccio, ma ne aveva bisogno,
così si strinse a lei.
Censeo tirò da un
braccio Daniel che si pavoneggiava raccontando una storia che non
c’entrava niente in quel momento. Vittorio rivolse un
sorrisino
all’amico,
grato per averlo zittito.
Il castano
guardò con rabbia il biondino che gli fece un cenno
allusivo. Poi, con l’attenzione di Alex e Carmine,
cominciò a parlare.
«Vitto, noi
volevamo dirti che... beh, hai tutto il nostro appoggio. Siamo i tuoi
amici e ti staremo accanto, quando ne avrai bisogno»
«Giusto»
Carmine era d’accordo «Ti sei cacciato in un bel
guaio, ma hai tutto il nostro aiuto» ridacchiò.
«Se ti serve
qualcosa» annuì Alex, passandosi una mano sul capo
rasato «noi siamo qui, non abbiamo intenzione di lasciarvi
soli»
Fece cenno verso Valeryn, che parlava con Sara.
Vittorio fece mezzo sorriso riconoscente.
«Grazie,
ragazzi» disse guardandoli con affetto, poi fece circolare lo
sguardo nella stanza alla ricerca di qualcun altro che non era
lì presente.
«Ehi, un
momento!» Daniel tirò il ragazzo da un braccio,
facendolo bruscamente voltare verso di lui.
«Visto che
questi infami hanno parlato senza di me, ti dirò
anch’io qualcosa»
Vittorio sorrise
distratto, poi riprese a guardarsi intorno.
Dov’era
Elia? Pensava fosse anche lui con loro. Aveva bisogno di
parlare con lui, non gli aveva detto niente, che sciocco...
Aveva bisogno di vederlo
soltanto.
«Ao, mi senti, coglionazzo?!» lo riprese
Dan, facendolo nuovamente voltare verso di lui imponendogli attenzione.
«Volevo dirti
che giuro solennemente di lasciare in pace Valeryn per tutto il resto della
gravidanza. Ah, e sarò anche più gentile con
lei!»
Censeo scosse la testa
scettico. Carmine e Alex risero.
«Avresti dovuto
farlo molto prima» disse Vittorio con un cipiglio.
«Ehi, non mi
credi? Guarda. Valeryn, ehi, pazzerella sono
qui!» la ragazza si voltò verso di lui guardandolo
strano, lui le fece segno con una mano di venire. Lei lo
guardò scuotendo la testa, poi si
avvicinò.
«Che vuoi,
idiota?» chiese stufata.
Il suo sorriso si
trasformò in una smorfia irritata.
«Lo vedi che
devi sempre rovinare tutto, pazza isterica che non sei
altro?» poi alzò lo sguardo verso Vittorio che
aveva incrociato le braccia.
«Ehm, pardon.
Volevo dirti che non farò più commenti
né sul tuo isterismo, né sulla tua infamia, okay?
Sarò gentile, ma soldi per la casa non ve ne do,
d’accordo?»
Valeryn e Vittorio si guardarono
con mezzo sorriso. Daniel era dolce in fondo, anche se molto in fondo, e
sapevano che voleva loro bene e che se avessero avuto bisogno di una
mano gliel’avrebbe data. Il ragazzo dal suo canto si
abbassò all’altezza del ventre della ragazza,
poggiando l’orecchio. Poi si rialzò perplesso.
«Ma... ma
è piatta, o sbaglio?»
I due ragazzi scoppiarono
a ridere. Ci voleva qualcuno che sdrammatizzasse un po’ in
tutta quella storia. Dan fece una smorfia e se ne andò
stizzito, come suo solito.
Maia, invece,
chiamò Valeryn e la trascinò
con sé.
Rimasto solo, Vittorio
fece per accomodarsi sul divano e riposarsi un po’, ma in
quel momento un ragazzo biondo entrò dal balcone, catturando
la sua attenzione.
Guardò Elia
come se non lo vedesse da tanto, fu catturato dalla sua presenza, i
loro occhi inevitabilmente si incontrarono.
Il castano emise un
sospiro liberatorio.
Si sentiva quasi meglio
adesso.
Sapere che era
lì lo rincuorava, lo faceva sentire al sicuro.
Il biondo
indugiò un attimo, poi lo raggiunse e si ritrovarono faccia
a faccia. Non smisero di guardarsi negli occhi, fino a quando Elia
piegò la testa di lato con mezzo sorriso strano, poi lo
tirò da un braccio. Vittorio fu preso alla sprovvista e la
mano del ragazzo scivolò nella sua. Il biondo fece finta di
niente mordendosi un labbro e lo trascinò in veranda. Il
castano, un po’ scosso, guardò le loro mani
intrecciate. Elia se ne accorse e mollò subito la presa.
«P-pensavo non
ci fossi» sussurrò Vittorio, evitando di guardarlo
negli occhi. Era rimasto spiazzato da quel gesto. Non seppe nemmeno
perché il cuore aveva fatto un balzo non appena lo aveva
stretto.
Elia volse lo sguardo al
cielo, sospirando.
«Non ti avrei
lasciato solo» gli disse.
Lui sorrise, guardando in
basso.
Perché si
sentiva strano? Si sentiva in imbarazzo non indifferente e nemmeno
riusciva a capire il motivo. Insomma era Elia, era il suo migliore
amico, erano rimasti altri cento volte da soli a parlare.
Eppure non riusciva a
togliersi di dosso quella sensazione che gli era partita da quando gli
aveva stretto la mano.
«Lo
so» soffiò a bassa voce.
Il biondo gli
lanciò uno sguardo, poi appoggiò le braccia sul
balcone guardando il paesaggio illuminato. Si accese un’altra
sigaretta. Passò il pacco a Vittorio, che sfilò
l’ultima e l’accese. Calò il silenzio.
Un silenzio che ai due quasi faceva male, perché entrambi
avevano bisogno di sentire la voce dell’altro. Il loro legame
era sempre stato speciale, e quella sera più che mai.
Sentivano entrambi delle
vibrazioni strane, ma non riuscivano a capire se era dovuto alla
scoperta della gravidanza che li aveva scossi o semplicemente alla
presenza dell’altro.
Quel silenzio era troppo
da sopportare, dava spazio a dei pensieri troppo rumorosi.
«Dì
qualcosa, ti prego» mormorò il castano, facendo un
tiro, passandosi una mano tra i capelli. La sua sembrava una preghiera,
erano poche le volte che lo aveva udito così supplice nei
suoi riguardi.
Elia lo fissò,
sentendo la bocca asciutta. Voleva dirgli così tante cose
che non riusciva a parlare. Gli era capitato davvero poche volte nella
vita. Lui riusciva sempre in qualche modo a destabilizzarlo, ma non
voleva mostrarsi in quel modo perché voleva solo
trasmettergli forza.
«Io…»
soffiò piano, dopo aver buttato via un po’ di fumo
«Io ti starò sempre vicino, lo sai. Qualunque cosa
accada, Vitto, il mio posto è con te»
Quelle parole colpirono
in pieno il cuore di Vittorio. Provava qualcosa
d’indescrivibile per lui, non sapeva dire per certo che cosa
fosse, ma era qualcosa di bello e lo aveva sempre saputo, ma quella
sera era tutto così amplificato.
Gli sorrise.
«Grazie, sei
davvero un amico» rispose, gli
venne naturale dirglielo.
Amico.
Solo un amico.
Elia sentì il
peso dentro il suo petto aggravare improvvisamente e distolse lo
sguardo, come scottato.
Beh, loro lo erano. Lo
erano sempre stati. Ma quella sera, quella sera entrambi sentivano
qualcosa di diverso, qualcosa che non era mai uscito fuori per tutto
quel tempo ma che era sempre stata lì. Non sapevano bene
cos’era... Era tutto fottutamente strano.
La sua mente
volò inevitabilmente a quel giorno di aprile quando Vittorio
aveva compiuto diciotto anni, quando lo aveva abbracciato in quel modo
intimo, quando lo aveva spiazzato trovandoselo così vicino,
quando gli aveva letteralmente sfiorato il collo con le labbra in un
gesto per cui lui era stato accomodante.
Deglutì
sentendo il suo cuore accelerare in automatico nel ricordare.
Si passò una
mano tra i capelli.
Amici...
Elia sentiva che qualcosa
stava cambiando, sentiva di non aver mai provato qualcosa del genere
per lui prima d’ora. E gli sembrava così
dannatamente strano, così dannatamente troppo, che
seppellì quel pensiero convincendosi di essere diventato
paranoico.
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