11 ottobre odore
di marciume
Piccolo
disclaimer: sia chiaro, non sto seguendo una trama
logica. Sostanzialmente, il mio è più un
giochetto fine a se stesso à prendo un
prompt e mi chiedo come si
possa piegare o interpretare nel mondo di Calaca in modo verosimile.
Ergo,
magari nel prossimo capitolo parlerò di tutt’altro
e quello che ho scritto qui
non avrà più seguito. O forse sì,
vedremo.
Altra piccola
nota. Quando ho scritto le prime storie, avevo
rispettato una challenge che richiedeva la pubblicazione di una storia
al
giorno. Alcune cose, quindi, erano scritte con
superficialità (oltre che non
una grammatica un po’ meh). In teoria, pure questo goretober
richiedeva una
pubblicazione giornaliera dei prompt ma era davvero impossibile per me
rispettarla,
nemmeno se avessi avuto tutto il tempo libero. Comunque,
all’inizio avevo
dichiarato che Alma era arrivata ad Esqueleto a 8 anni e che era stata
prigioniera 5 anni, portando la sua età a 13 anni,
praticamente quasi coetanea
dei gemelli Molotov. Nella mia immaginazione, però, lei
è più piccola di Delia,
Johann e Carol, quindi ho ritoccato l’età iniziale
e, nel capitolo, la sua età
si è abbassata a 6 anni e gli anni di prigionia ridotti a 4,
in modo che, nella
linea temporale attuale, abbia tra i 10 e gli 11 anni. Non che ai fini
della
trama cambi qualcosa, ma almeno è più in linea
col mio immaginario. Ho ancora
qualche dubbio riguardo le linee temporali, ma spero vada tutto bene.
Semmai
rettificherò.
***
Erano passati
diversi giorni da quando Emanuel aveva costretto
Mordecai a compiere un sacrificio umano nel corso della sua ultima
sfida, e non era successo niente. A
seguito della
libagione di sangue imposta al biondo, i poteri di Quetzalcoatl, a
lungo
sopiti, erano tornati in pieno regime, sebbene il legittimo
proprietario non se
ne fosse nemmeno accorto. Per Mordecai, nulla sembrava essere cambiato,
eccetto
il fatto che, al tramonto, non si trasformava più in un
daino. Mordecai aveva
continuato a comportarsi come aveva sempre fatto: lavoro al Pavo
durante il
giorno, incontri più o meno imbarazzanti con gli avventori
del locale, serate
in compagnia dei fratelli a parlare del più e del meno
– il biondo non
accettava deviazioni di
conversazione su
altri tipi di argomento. Era diventato molto più sospettoso
e stava molto più sulla
difensiva nei confronti dei suoi amici e fratelli, e questo era
l’unico cambiamento
degno di nota nel suo atteggiamento. Non era la conseguenza che ci si
sarebbe
aspettati da qualcuno che avrebbe dovuto riottenere dei ricordi sopiti
da
troppo tempo.
Questa mancanza
di consapevolezza non avrebbe dovuto
verificarsi, a meno che…
Emanuel aveva
già avuto qualche sospetto quando, molti mesi
prima, aveva visto un etereo barbagianni sottrarre il medaglione a
Mordecai per
guidare il giovane dritto da Jason e Moravich. Dopo l’ultima
sfida, il suo sospetto
si era intensificato, e il moro era ben intenzionato a farlo diventare
una
certezza, prima di decidere la mossa successiva.
Naturalmente,
Emanuel poteva spostarsi ovunque, all’interno
di Esqueleto, trattandosi di una sua creazione. Quanto
all’accesso al cimitero,
non gli serviva certo il permesso di una niña,
avendo già avuto il benestare di Dorian da sempre.
Gli scocciava dover giocare a nascondino,
ma la niña, molto
probabilmente,
aveva già saputo che era lì e, probabilmente, era
già entrata in modalità
coniglietto, nascosta dietro a qualche tomba. Non che le lapidi
potessero
offrire chissà quale riparo, per quanto fosse minuta la
bambina.
Contrariamente
alle sue aspettative, la trovò invece intenta
a cercare qualcosa tra le aiuole, mentre arricciava in continuazione il
naso, a
tal punto concentrata da ignorare completamente il suo visitatore. La
bambina sembrava
più in forma rispetto all’ultima volta che aveva
avuto a che fare con lei, e il
colorito del suo incarnato ben più sano, come quello che
aveva avuto Malintzin.
Il suo ragno da guardia stava
appollaiato pacifico sulla testa della bambina, come fosse stato un
docile
criceto. Nel frattempo, qualche quaglia beccava pigramente in giro.
“Buongiorno”
attirò piattamente la sua attenzione. La niña
saltò con uno strillo per la
sorpresa, voltandosi verso il moro, come fosse stata beccata con le
mani nel
sacco in un momento poco opportuno. A seguito del brusco movimento, il
ragno
era precipitato dalla testa di Alma come una piccola patata, e guardava
ora il
nuovo arrivato con indignazione.
“Che
sorpresa vederti qui Emanuel!” pigolò. Il moro non
rispose. Non era lì per fare convenevoli, e trovò
strano il fatto che la bambina
non avesse notato la sua presenza.
“Dorian
non è qui” disse la piccoletta mentre si sfregava
le
narici con le dita. Sembrava infastidita, come se avesse
un’allergia ai
pollini, seppur fuori stagione.
“Non
sono qui per lui” replicò l’altro.
“Cercavi
me?” si stupì la bambina. In fondo, quella era la
seconda volta in quattro anni che le rivolgeva la parola.
“Vedi
qualcun altro intorno?” domandò scettico, ma
comprendendo
solo un attimo dopo la stupidità della sua domanda.
“Beh…
sì” rispose Alma con mezzo sorrisetto, alludendo
alla
sua capacità di vedere i defunti che avevano avuto la
disgrazia di morire in
quel luogo, carico di una magia così antica da averli
intrappolati lì nel corso
dei secoli, da ben prima che Dorian lo indicasse ad Emanuel, in cerca
del posto
perfetto che fungesse da base per creare la sua città
maledetta.
La bambina
approfittò del momentaneo sovrappensiero di
Emanuel per allontanarsi alla chetichella ma il moro
l’acchiappò quasi subito
per il colletto della maglietta.
“C’è
una cosa che vorrei chiederti, niña
blanca” disse il moro sollevandola e poggiandola
gentilmente a
sedere sopra una lapide per non farla sgattaiolare via facilmente, con
espressione seria.
“Guarda
che ce l’ho un nome. Potresti chiamarmi Alma come
fanno tutti.” brontolò la bambina, scandalizzata
per quella violazione del suo spazio
personale.
“Tutti
chi?” alluse al fatto che non vi erano molte persone viventi con cui la bambina potesse
interagire.
“Beh,
io mica ti chiamo Devastatore
di capelli”.
“Ce
l’hai con me per la tua treccia tagliata al tuo
arrivo?”.
“Potevi
spiegarmelo in un altro modo che mi sarei incenerita
se avessi messo piede fuori dal cimitero!” replicò
indignata.
“È
stato più semplice e rapido così. Comunque
Alejandro te li
ha sistemati, quindi non lamentarti”.
“Vorrei
vedere te se avessero tagliato i tuoi!” protestò
in
tono polemico.
“Lo
stai facendo apposta?”
“Che
cosa?”
“Sviarmi
dalla domanda che devo farti”
“Ci
stavo riuscendo però”
“Potrei
essere meno gentile di così”
“Certo,
come lo sei stato con Jason?” chiese, serafica.
Emanuel, con la mente occupata da pensieri ben più urgenti,
tra perdita del
medaglione e l’arrivo in città del serpente
piumato, non si era accorto, al
tempo, della presenza di Alma durante l’interrogatorio
subìto dal giovane
l’anno precedente, proprio al cimitero, e conclusosi con
l’intervento di
Dorian.
“Non
è educato guardare di nascosto” replicò
calmo.
“Io
guardo quello che mi pare. C’eri tu a casa
mia, non il contrario”
“Casa tua?”
continuò a mantenere lo sguardo serio ma si compiacque di
quella affermazione.
“Va
bene, casa sua,
ma qui ci vivo io, non
lui” replicò,
alludendo a Dorian.
“E
comunque non dire che non ti è piaciuto quello che hai
visto. So bene che Jason e Moravich non ti sono…
simpatici”.
Alma
cercò di trattenere un sorrisino, senza tuttavia
riuscirci. Il moro non aveva affatto torto. Emanuel decise di aver
perso fin
troppo tempo e andò al sodo.
“Bene,
allora fa’ la brava e rispondi alla mia domanda. I
poteri di Quetzalcoatl si sono risvegliati, ma la sua coscienza
è ancora sopita.
Perché Mordecai non ricorda niente del suo
passato?”
“Perché
ci sei andato giù pesante con la tua ultima sfida,
probabilmente” commentò, soffiandosi il naso con
un fazzolettino pescato da una
tasca.
“Oh,
io non credo proprio. Perché ho come l’impressione
che
c’entri tu?”
“Perché
hai l’impressione che c’entri io?”
chiese, senza
nemmeno guardarlo, intenta a mettere via il fazzoletto. Emanuel si
chiese per
un momento se lo stesse prendendo in giro.
“Sei
stata tu a praticare l’incantesimo che lo ha reso
mortale. Questo, ormai, lo dovresti ricordare”.
“Come
fosse successo ieri” ammise Alma candidamente.
“Hai
trattenuto una parte della sua anima come pagamento”.
“Mi
hanno già fatto l’interrogatorio, e non
è stato
piacevole” mormorò amaramente. Proseguì
con in modo più provocatorio: “Se lo
sai allora Dorian ti ha già detto tutto, non capisco
perché sei qui a chiederlo
anche a me”.
“Visti
i tuoi precedenti, non posso essere certo che tu abbia
detto proprio tutto a Dorian”.
Quella domanda
indispettì moltissimo la bambina. Avrebbe
dovuto rispondere docilmente dopo una tale, scortese, insinuazione?
“Hai
scrutato le anime dei mortali per trovare l’unico
individuo su questa terra con un’anima parziale, tagliata da me.” fece una breve pausa, a
riflettere
su quanto le suonava strano parlare in prima persona di una cosa fatta
da una
divinità adulta, di una vita che non percepiva
più come sua. “E,
non trovandolo, hai cominciato a rubare parte
dell’anima delle persone che entravano ad Esqueleto. In
questo modo, ti sei
guadagnato energia spiccia senza versare sangue”
l’accusa venne lanciata con leggerezza,
a dimostrazione che, seppur confinata, seppur trattenuta,
Alma poteva vedere,
sentire ciò che accadeva alle anime di quella
città, incluse quelle dei
vivi. “Hai potenziato delle calacas
animali legandole alle anime appena tagliate non solo per mantenere
integre quelle
persone, ma anche per nutrire, a tempo debito, quell’anima
parziale che hai
finalmente ritrovato, con la scusa delle sfide” concluse, in
evidente
riferimento alle calacas che, recuperate da Mordecai, erano
puntualmente
confluite non nel medaglione, ma dentro
di lui, cambiandolo senza che lui se ne rendesse conto. Ciò
lo aveva
inevitabilmente reso più forte e pronto
a risvegliarsi, al momento opportuno.
“Perché
lo stai facendo?” concluse la bambina.
“Al
termine della sfida, Mordecai avrebbe dovuto ricordare la
sua vita passata. La coscienza di Quetzalcoatl risiede nella parte di
anima che
lui ti ha consegnato, è così? È per
questo che non sa ancora nulla” il moro lanciò
la sua accusa senza badare alle osservazioni appena esposte da Alma,
così
scontate da non necessitare una sua conferma.
“Se io
rispondo alla tua domanda, tu risponderai alla mia?”
“Perché
dovrei parlare ad una niña dei
miei pensieri?”
“Perché
sto iniziando a stancarmi di essere trattata come una
niña da tutti voi” rispose con un tono molto
amaro. Emanuel non tradì alcuna
espressione ma si compiacque nuovamente nell’udire quelle
parole. Dietro quel niña
c’erano molti più riferimenti di
quanti la parola stessa ne era portatrice.
“Potresti
fare la fine di Jason, se non stai attenta a quello
che dici” minacciandola di farle subire la stessa ritorsione
che aveva inflitto
al fratello del serpente piumato.
“Dorian
te lo ha lasciato fare, e probabilmente te lo
lascerebbe fare anche con me: suppongo che avere dei servitori muti non
possa
fargli altro che piacere. Ma in tal caso porterei le mie risposte...
nella
tomba. Ce ne sono parecchie qui”.
Emanuel non si
era fermato davanti a nessuno pur di
raggiungere i suoi scopi e non aveva alcun motivo per accettare il
compromesso
di una piccoletta. Invece, rispose, e non solo perché sapeva
non essere il caso
di andarci giù pesante al punto da infastidire Dorian.
“Ho
cercato a lungo Quetzalcoatl. Non ho avuto altro scopo in
questa vita, né in tutte le altre. Sì, ho rubato
parte delle anime per
accumulare potere da usare per questo scopo, e per alimentare la mia
presa su
Esqueleto e demotivare gli eventuali sabotatori del mio piano. Ho fatto
tutto
questo perché, se Quetzalcoatl non tornerà
entro la fine dell’anno…” il moro non
riuscì di
proseguire la frase, come se non esprimere
a parole il suo timore più grande avesse potuto in qualche
modo renderlo meno
fattibile. La bambina non aveva bisogno di altre parole per
comprendere. Sapeva
bene cosa sarebbe successo all’anima di Quetzalcoatl se fosse
rimasta nella sua
temporanea forma mortale prima alla fine dell’Era del Quinto
Sole. In fondo, era
stata lei stessa metterlo in guardia da tale possibilità,
cinquecento anni
prima, quando gli aveva concesso di abbandonare la sua essenza divina.
Alma
abbandonò il suo atteggiamento sostenuto a fronte di
quelle parole così cariche di sincerità e dolore.
“Non
avevo bisogno di alcun pagamento, né tantomeno di
energia per completare la mia opera. Avevo mentito solo per farmi
consegnare
parte dell’anima da Quetzalcoatl senza destare
sospetti” ammise infine “Hai
ragione quando dici che, in quella parte di anima, sono custoditi i
ricordi del
serpente piumato. Però non l’ho trattenuta,
né ho reclamato alcun potere su di
essa, questo te lo posso giurare”.
“Allora
dov’è?” chiese Emanuel. Stavolta, la
voce tradiva la
sua preoccupazione. “L’ho vista assumere la forma
di un barbagianni, che è una
creatura a te consacrata, non appena Mordecai aveva messo piede ad
Esqueleto” .
“Certo,
sono stata io a dargli quella forma. Ma è sempre
stata con Mordecai, in questi cinquecento anni, anche se nascosta alla
sua
vista. Quetzalcoatl… A ogni sua nuova vita, avrebbe
mantenuto i suoi ricordi…
forse non subito, ma sarebbero tornati. Succede a tutti. Riottenere
pieni
poteri e pieni ricordi è indispensabile per tornare alla
propria forma
originale, ed è necessario che accada prima della fine del
Quinto Sole. Non era
mia intenzione fare più di quanto mi avesse chiesto, ossia
tramutarlo in una
creatura mortale. Ma tu non l’hai visto, quel
giorno… Sembrava davvero turbato.
Disperato. Non mi era sembrato il caso di infierire lasciandogli anche
i
ricordi, per questo avevo scelto di isolare la sua memoria nella parte
di anima
a lui non accessibile”.
Certo che
Itztlacoliuhqui Ixquimilli lo aveva visto. Rivedeva
ogni notte, nei suoi incubi, il serpente piumato che lo accusava di
aver
tradito la sua fiducia. Una pugnalata al cuore avrebbe fatto meno male
rispetto
alla vista della sua espressione addolorata.
“Quindi
non potrà più tornare indietro? Finirà
nel Mictlan
per questo!” esclamò iniziando ad arrabbiarsi sul
serio. La Signora dei morti
lo aveva forse fatto apposta? Era stata una vendetta di Mictlancihuatl,
dopotutto?
“No!”
Alma aveva risposto alla sua domanda fatta a voce ma,
per Emanuel, sembrò la risposta a quella non espressa.
“Quella parte di anima
appartiene comunque a Mordecai! Tornerà a lui quando lui vorrà ricordare! Solo
allora tornerà ad essere consapevolmente
Quetzalcoatl! Nessuna divinità potrà
più giocare con lui su cosa deve o non
deve sapere: la scelta sarà solo sua!”. Era
ciò che Quetzalcoatl aveva sempre
voluto, e che Itztlacoliuhqui Ixquimilli
e i fratelli del serpente piumato non gli avevano mai
concesso.
Questo, se
possibile, era per Emanuel uno scenario quasi
peggiore. Aveva passato secoli a perseguire un obiettivo, pensando di
avere una
possibilità, e l’ultima mossa l’aveva
avuta, da sempre, Quetzalcoatl.
“Ma
andrà tutto bene, indipendentemente dalla scelta che
farà
Mordecai” concluse Alma.
Erano parole di
conforto, le sue? Emanuel ne dubitava
fermamente.
“Cosa
ti fa pensare che sarà così?”
“Tu
non hai intenzione di far perire il Quinto Sole, no?
Quindi Quetzalcoatl non potrà finire nel Mictlan”
rispose come fosse stata la
cosa più ovvia del mondo.
“Quello
era il piano di Quetzalcoatl. Poni caso che io invece
voglia che tutto torni ad essere come prima”.
“Niente
torna come prima. Comunque Huitzilopotctli avrà pure il
potere di lasciar perire il sole ma sei tu
la divinità dei disastri. Come li provochi, li puoi anche
prevedere e impedire, se vuoi. E la
fine di un’Era
è un disastro in piena
regola, con la
gentile collaborazione del mio Signore
Mictlantechutli” assunse un tono sospettosamente sarcastico
alle parole mio Signore,
accompagnato dal gesto
delle dita delle virgolette “Insomma, un bel
gioco di squadra, simile a
quando altri dei hanno creato questo mondo, no?”.
“Io
voglio Quetzalcoatl. Il resto non mi interessa”
chiarì
meglio la divinità.
“Oh,
certo che ti interessa. Se acconsentissi a lasciar
perire il Quinto Sole, non riusciresti più a guardare il tuo
amato negli occhi,
poiché gli avresti consapevolmente tolto l’unica
cosa che lui ti ha chiesto.
Ecco perché sono sicura che farai tutto ciò che
è in tuo potere per impedirlo.
Sei ai ferri corti con Alejandro per questo motivo, no?”.
Emanuel
iniziò a dubitare che le Catrine di zucchero fossero solo
i suoi occhi. Per essere isolata in un perimetro fin troppo
circoscritto, la niña blanca
indovinava un po’ troppe
cose con una precisione inconsueta. Di certo non ne parlava con Dorian,
né
tantomeno coi suoi… ragni? Loro erano gli occhi di
Mictlantechutli, non della
sua Signora, men che meno da quando si trovava in quella forma umana.
Emanuel lanciò
un’occhiata diffidente alla tarantola che girava nervosa ai
piedi della sua
sorvegliata speciale.
“Da
come parli, si direbbe che nemmeno tu voglia la fine del
Quinto Sole”.
“E
perché dovrei volerlo? Ora ho una famiglia, degli amici,
un futuro. Dovrei rinunciarci? Col cavolo! Non c’è
niente per me, nel Mictlan!
I miei genitori non mi riconoscerebbero più, per loro non
sarei più Alma, ma
una servitrice del
Mictlan”. Servitrice?
Emanuel inarcò il
sopracciglio. Singolare
che la Signora
ricordasse quasi tutto tranne un piccolo, seppur cruciale, dettaglio. La rabbia della bambina
iniziò pian piano a montare.
“A
Dorian non stava bene come lavoravo? Benissimo, che mi
lasciasse fuori da Esqueleto ad aspettare la fine come una comune
mortale! Tanto,
non gli servirei più a nulla, men che meno per i ponti di
cempasucil per le
festività dei morti! Non ci sarebbe nessuno vivo per
organizzarle, le feste!
Invece no, a quanto pare deve continuare a farmi pesare il suo sdegno,
il
peggio è che non so perché è
così arrabbiato! Io… non gli servirò
più a nulla…”
Sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro e
invece… iniziò a piangere
“Ma che cosa ho sbagliato? È per aver aiutato quel
cretino Quetzalcoatl? In
effetti, perché l’ho fatto? Chi me l’ha
fatto fare!?” e si lasciò andare in un
fiume di lacrime.
“Questo,
in effetti, me lo sono chiesto anch’io”
tentennò il
moro. Quello era un cambio di argomento inaspettato, nonché
un terreno decisamente pericoloso,
il che gli
suggeriva di tagliare la corda il prima possibile. Senza contare il
fatto che
trovava il frignare dei bambini estremamente fastidioso.
Non
sentì la necessità di salutare la bambina
impegnata a riprendere
il suo fazzoletto e a soffiarsi rumorosamente il naso mentre si
allontanava.
“Ci
mancava pure il moccio al naso, non era sufficiente questo
odore di marcio dappertutto!” si lamentò ad alta
voce, rivolto forse al ragno
ai suoi piedi, mentre scendeva dalla lapide e riprendeva a cercare la
fonte di
quell’odore fastidioso.
Emanuel, a
quelle parole, si bloccò e percepì un brivido
lungo il collo, sperando di aver capito male. Tornò sui suoi
passi con
espressione terribile, prese per le spalle la bambina.
“Cos’hai
detto?” chiese allarmato.
Alma, ancora con
le lacrime lungo le guance, sussultò
timorosa.
“Com’è
questo odore? Lo senti ovunque? Descrivilo!”
ordinò.
Il ragnetto dovette scansarsi per evitare di finir pestato dai due
fuori
controllo.
“Emanuel,
lasciami stare, sei impazzito?” alzava le mani come
a proteggersi. Non che il moro la stesse fisicamente aggredendo, ma il
gelo tutto
attorno a lei l’aveva messa in serio allarme. Prima Allen,
poi Alejandro,
adesso ci si metteva pure Emanuel a dare di matto
all’improvviso!
“Da
quanto tempo lo senti?” proseguì il moro con
urgenza,
stringendo ulteriormente la presa.
Alma chiuse gli
occhi, incapace di sostenere lo sguardo
dell’altro, e strattonò le braccia per liberarsi.
“Ho detto… lasciami… STARE”.
La piccoletta non capì mai cosa fosse successo in quel
momento, ma Emanuel
aveva visto fin troppo bene e aveva avuto la prontezza di scansarsi in
tempo.
Quando la bambina aprì gli occhi, vide solo petali di
cempasucil per terra e l’espressione
imperscrutabile di Emanuel, che sembrava essere tornato ad azioni
più ponderate.
A quel punto, entrò davvero nella modalità
coniglietto prevista da Emanuel
all’ingresso al cimitero, e scappò tra i vialetti
a gambe levate.
Emanuel non la
trattenne, aveva visto anche troppo.
Un odore di
marciume!
Era
del Quinto Sole, 3
novembre 2006.
Emanuel
sembrava non
capacitarsi della presenza di una niña al Pavo. Gli abiti
bianchi, in contrasto
con la lunga treccia nera, esaltavano il pallore della bambina, che
sembrava
sfinita mentre si guardava intorno con aria spaventata, rifiutandosi di
aprire
bocca e ignorando totalmente i tentativi di Franklin e Thomas di
metterla a suo
agio. Nemmeno i gemelli, seduti placidamente al bancone, erano riusciti
a
rasserenarla, ma era naturale: se, da un lato, Moravich e Jason non
sembravano
sinceramente interessati a farlo, dall’altro non vi sarebbe
stata alcuna
argomentazione in grado di placare i timori di una piccola vittima di
sequestro, sola, portata in un luogo a lei sconosciuto e circondata da
estranei.
Nel
mentre, Dorian ed
Emanuel erano rimasti a parlare all’esterno, lontano da occhi
e orecchie
indiscrete.
“Ti
sembrava il caso di
portare qui un bambina così piccola? Questo posto non
è una scuola
dell’infanzia, Dorian!”
“Ha
già iniziato la
scuola primaria” replicò piattamente Dorian. Come
se fosse stato quello il
punto.
“Potevi
aspettare ancora
qualche anno”.
“Certo,
potevo farlo.
Avrei potuto ignorare il fatto che, a scuola, mia moglie costruisce
certi
oggetti durante l’ora di laboratorio artistico -
musicale” Emanuel lasciò
correre la stranezza di sentire un uomo adulto chiamare moglie una bambina di sei anni mentre si vide passare tra
le mani un rozzo
fischietto glitterato, con la vaga forma di un gufetto, lavoretto
artigianale
da scuola dell’infanzia.
“Provalo”
suonava una
minaccia ed Emanuel non se lo fece ripetere due volte, seppur
sospirando. Il
suono che giunse alle orecchie lo sorprese moltissimo, non
assomigliando
affatto al fischio stridulo che si sarebbe aspettato. I due deficienti
e la
niña dentro al Pavo sussultarono nell’udire
quel… suono, ma, a seguito di una occhiata eloquente di
Emanuel dall’altra parte
della finestra, si guardarono bene dal mettere naso fuori dal locale.
D’altro
canto i gemelli, già a conoscenza dei lavoretti scolastici
malriusciti di Alma,
non avevano battuto ciglio.
“Alejandro
sarebbe
felicissimo di averne uno” commentò sorpreso. Per
quanto gli mancasse la forma
caratteristica di teschio, Alejandro avrebbe amato sicuramente il
glitter rosso,
ma ancor più l’effetto nostalgia di un death whistle che era
stato in grado di generare terrore nei nemici dei Mexica, per lo meno
fino
all’invasione degli spagnoli. Per tutta risposta, Dorian se
lo riprese.
“Terrorizzare
involontariamente se stessa e un’intera classe di bambini non
era certo un
problema” proseguì Dorian “e nemmeno
salutare nessuno e mettersi a parlare da sola
durante i Dias de los muertos. Tanto meno dire a un giovane conoscente
della sua
famiglia che odorava di marcio,
conoscente che sarebbe morto pochi giorni dopo”.
Tutte
cose che potevano
essere superficialmente classificate come stranezze. Nel peggiore dei
casi, la
bambina avrebbe rischiato solo qualche visita dallo psicologo. Per sua
fortuna,
il tempo dei roghi in piazza per stregoneria erano finiti da un pezzo.
“Ha
mandato in coma la
sua classe mentre cantavano una canzone di Halloween. A quanto sembra,
la
canzone parlava di una notte da vivere senza stelle per
permettere ai mostri di uscire
liberamente”.
“A
sei anni?!” . Ecco,
quello poteva essere un ottimo motivo per far sparire una bambina ma..
sei
anni?!
“Nessuno
manifesta i
poteri così giovane, e nessuna delle sue precedenti
incarnazioni ha ricordato o
fatto nulla di… strano… prima dei quindici anni. Ma mancano
solo altri
sei anni, Emanuel. Sono un niente. Passeranno prima di quanto
immagini”.
Se
l’era del Quinto
Sole era imminente, i protagonisti non potevano certo trovarsi
impreparati, men
che meno la Morte.
“Io
non mi occupo di
bambini. Quelli presenti hanno già i loro tutori”.
“Ci
sono già abbastanza
persone che possono occuparsi di lei” quali fossero queste
persone, Emanuel
poteva solo immaginarselo, sapendo con chi aveva a che fare.
“Allen
è già arrivato a
Esqueleto. E altre persone non saranno felici di rivederla. La
ritengono
responsabile della loro attuale vita mortale. Ad alcuni non interessa,
si sono
adattati vergognosamente bene, ma altri non vedrebbero l’ora di
fargliela pagare”.
“Ti
stai preoccupando
per lei?” Preoccupazione? Era una parola grossa. Piuttosto,
non considerava giusto che una bambina sola rischiasse di essere
facilmente oggetto di… cose
spiacevoli, solo perché vulnerabile.
“Faccio
solo presente
le possibili conseguenze della sua presenza qui. Per questo dicevo che
sarebbe
stato meglio che lasciarla dov’era per un altro paio
d’anni”.
“Mi
assicurerò che gli altri le
stiano alla larga. Tu assicurati che lei ne sia informata”
con questo, Dorian
considerò chiuso l’argomento, lasciandolo senza
dargli ulteriore possibilità di
replica.
Emanuel
aveva
trascinata Alma di peso al cimitero, cosa non difficile visto quanto
era minuta.
La bambina aveva provato a scalciare e divincolarsi, ma sembrava
davvero senza
forze. Non un suono osava uscire dalle labbra serrate.
“Benvenuta
a casa”
esclamò con sarcasmo. Il buio rendeva il cimitero ben
più tetro di quanto fosse
normalmente e, giustamente, la niña guardava il moro con
sorpresa mista a
raccapriccio. Casa!? Aprì la bocca per dire qualcosa, forse
protestare o lamentarsi, ma la richiuse immediatamente.
“Un
alebrije ti ha mangiato la lingua?” non che fosse
un problema, tutt’altro, ma
la bambina intrecciava le dita delle mani in chiaro segno di
nervosismo.
Emanuel poteva intuire il suo bisogno di parlare e il suo timore di
farlo. Al
pensiero di quale fosse la preoccupazione della bambina, si
irritò, e non ebbe
tante remore a togliere la niña dall’impiccio.
“Guarda
che puoi
parlare liberamente. Qui, nessuno può essere ferito dalla
tua voce, men che
meno ucciso”.
Già
riteneva
oltraggiosa l’eventualità di essere giudicati
strani da delle nullità come gli
umani, ma che una divinità arrivasse a temere la propria
forza perché non in
linea con la normalità di un essere umano era semplicemente
inammissibile.
Poteva quasi comprendere l’urgenza di Dorian di allontanare
la bambina dalla
sua casa. Al di là delle possibili complicazioni pratiche,
ci sarebbe mancato
qualche blocco psicologico a fermare lo sviluppo del suo potenziale.
“Ma
allora sono stata
davvero io a far star male la mia maestra e i miei compagni? I dottori
non
hanno saputo dire come mai si sono sentiti male.”
domandò con voce esitante.
Emanuel
non replicò.
Non era tenuto a dare alcuna spiegazione. All’interno di
Esqueleto, la memoria
le sarebbe comunque pian piano tornata, e con essa le risposte alle sue
domande.
“Ma
chi sono loro? Perché mi hanno portato via? Chi sei
tu?”
Non
era tenuto a dare
alcuna spiegazione. Non era proprio esatto. Una c’era, e
anche piuttosto
urgente.
“Voglio
tornare a
casa!”
“Questo,
niña
blanca, non è proprio possibile.
Anzi, ti consiglio caldamente di non uscire
da questo cimitero perché, se lo
farai…” si avvicinò alla bambina
abbastanza da
afferrarle la treccia che teneva a un lato della testa e gliela
tagliò di
netto, con una lama d’ossidiana uscita dal nulla. Se
l’atto in sé aveva messo
in allarme la bambina, vedere la treccia gettata oltre il cancello
ridursi a un
mucchietto di cenere l’aveva orripilata. Quella gente non
solo era cattiva
(solo i cattivi rapiscono i bambini!) ma era anche pericolosa
e… strana! Si
voltò e scappò in direzione opposta a Emanuel e
al cancello, in cerca di un
posto dove stare al sicuro, ma consapevole che non lo avrebbe trovato.
Solo
con il tempo, Alma
avrebbe compreso che il cimitero non era la sua prigione, ma la sua
difesa. Non
potendo spostarsi da lì, la bambina avrebbe potuto
interagire solo con persone
morte: questo le avrebbe imposto il continuo esercizio di un controllo
ancora
così acerbo – la sua voce avrebbe potuto
ucciderle, quelle persone - e,
così facendo, avrebbe pian piano
riacquistato e compreso appieno il suo potere.
Soprattutto,
sarebbe
stata al sicuro dalle altre divinità. Se già
prima era malvista per le sue
origini umane e per la sua presunta sfrontatezza nell’essersi
elevata a
divinità di rango elevato, la sua situazione era peggiorata
ulteriormente
quando si era venuto a sapere che quanto era successo a Quetzalcoatl
fosse
stato causato di una sua azione. Se Quetzalcoatl non se ne fosse
andato, gli
altri non sarebbero stati trascinati a vivere il medesimo destino e a
sospendere i piani di fine dell’Era del Quinto Sole. Per
quanto fosse stata una
esplicita richiesta del serpente piumato, e sebbene la sorte che ha
coinvolto
gli altri fosse stata conseguenza diretta delle scelte di
Mictlantechutli e di Itztlacoliuhqui
Ixquimilli, era risultato più semplice, per gli altri,
attribuire la colpa all’unica
outsider del pantheon azteco. Va detto, a onor del
vero, che non tutti l’avevano vista con ostilità e
che c’era chi non le
attribuiva alcuna responsabilità. Emanuel stesso, che
più di tutti avrebbe
avuto motivo di prendersela con lei, era stato segretamente grato a
Mictlancihuatl per essere stata l’unica ad aver teso la mano
a Quetzalcoatl
quando lui credeva di essere solo contro tutti. Tenere la bambina
distante
dagli altri era stato, a giudizio di Emanuel e Dorian, la cosa migliore da
fare… fino al giorno in
cui lei sarebbe stata pronta ad uscire dal cimitero con le sue stesse
gambe.
Alma aveva
ironicamente parlato di lavoro di squadra. Non era
proprio esatto. Piuttosto, ognuno ci metteva del suo in totale
indipendenza. Ad
alcune divinità poteva capitare di incrociare spesso la
stessa strada, al punto
da arrivare a riconoscere certe caratteristiche gli uni degli altri.
Prevedere i
disastri. Quella era senza alcun dubbio una delle
prerogative di Itztlacoliuhqui Ixquimilli. Quando un disastro era
imminente,
l’aria cambiava. Non era un presentimento, o un sesto senso.
Era piuttosto una
vera e propria percezione. Chiaramente,
anche il Signore dei Morti aveva una simile abilità per le
morti imminenti e la
divinità dei disastri ne era ormai al corrente. Non era
forse stato sempre
presente, allo sterminio dell’umanità nelle
precedenti Ere? Non era forse
sempre pronto a pretendere il conto delle vite spezzate dai vari
disastri? Itztlacoliuhqui
Ixquimilli sapeva
che, per
Mictlantechutli, il mondo assumeva un odore tutto suo quando il Sole
era
finalmente pronto ad andare in malora (o meglio, quando chi aveva il
dominio su
di esso aveva intenzione di mandare tutto in malora) per
l’ennesima volta.
Assumeva odore di marciume, di putrefazione.
Emanuel sapeva
che non c’era più molto tempo, ma sapeva anche
che, finché non avesse avvertito il consueto odore
persistente, poteva stare
tranquillo. Tuttavia, Alma aveva appena rivelato che le cose non
stavano
esattamente come lui credeva, e che Dorian si era ben guardato dal
fargliene
menzione.
Emanuel non
aveva dubbi sul fatto che Dorian avesse
intenzionalmente manipolato la memoria di Alma al punto da rimuovere
ogni
ricordo della loro precedente vita coniugale, ma mai aveva sospettato
che
potesse fare
qualcosa di analogo a lui, in modo
da non fargli percepire un mondo
già condannato. Lo aveva
creduto facilmente realizzabile su una bambina indifesa, non su un
giovane adulto
consapevole. Era stato dunque manipolato? Di
nuovo?
Emanuel era
entrato al cimitero per avere una risposta, ne
era uscito con preoccupazioni ancora maggiori.
E se le parole
di Alma non fossero state un sufficiente
messaggio di allarme, la falce di pura energia che aveva tenuto tra le
mani per
pochi istanti era riuscita a farlo preoccupare definitivamente. Il
Sole, i
Disastri, la Morte: erano quasi tutti pronti per il gran finale.
Se
l’imminente fine del Quinto Sole era ormai una certezza,
risvegliare la coscienza di Quetzalcoatl era ormai diventato un
imperativo urgente.
La speranza era l’ultima a morire,
dopotutto.
*****
NOTE
Ecco, il death
whistle esiste davvero. Lascio i link (in
italiano e in inglese) per un approfondimento. In breve si tratta di
fischietti,
quasi sempre a forma di teschio. Secondo alcune teorie, erano usati dai
Mexica per
“accompagnare” le anime delle persone vittime di
riti sacrificali verso l’aldilà,
oppure in battaglia per intimidire i nemici. Due strumenti di questo
tipo sono
stati trovati tra le mani di una vittima sacrificale al tempio di
Tlatelolco tempio
dedicato al dio del vento Ehecatl (una delle identità di
Quetzalcoatl, se non
ho capito male). La particolarità di questo strumento
è il suo suono, molto
simile a… grida umane di puro terrore. Quando ho visto il
collanone di
Alejandro, quello a forma di testa di colibrì, nel secondo
volume, mi ero
chiesta se fosse un gingillo fashion o un death whistle…
https://www.mexicolore.co.uk/aztecs/music/death-whistle
(con tanto di immagine di Ehecatl con Mictlantechutli)
http://www.blueplanetheart.it/2018/03/terrificante-fischio-della-morte-lantica-arma-azteca/
Non che Alma
l’avesse costruito apposta, ma volevo farle fare
qualcosa di strano senza che se ne rendesse conto, qualcosa che facesse
già
intuire che non era una bambina normale.
Non so se
è correttissimo associare Mictlantechutli alla
Morte. Nel pantheon greco, morte e signore dei morti erano due figure ben
distinte (rispettivamente Thanatos e Ade) ma non ho trovato la stessa
netta
distinzione tra le divinità del Mictlan. In ogni caso, il
senso nel capitolo
era “se si devono verificare eventi che si concretizzeranno
in una mattanza
generale, che il Signore del Mictlan sia pronto a ricevere taaanti
nuovi
sudditi”.
Niña
blanca à è
uno dei nomi con cui viene chiamata la Santissima
Muerte. Essendo messicano, figuriamoci se Emanuel non lo sa. Questo
è
semplicemente un piccolo segnale per indicare che, nei confronti della
ragazzina, Emanuel non ha alcuna ostilità, e che non
condivide i pensieri delle
altre divinità circa una sua eventuale indegnità
ad essere considerata parte
del pantheon azteco. Alma non lo sa minimamente, in quanto mezza greca
e mezza statunitense
di lingua inglese e ritiene sia legato al fatto che, il primo giorno,
era
vestita di bianco. Da californiana, sa che esiste il giorno dei morti,
ma la
sua famiglia non lo festeggia.
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