"Demian
Poldark, io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Daisy Poldark, io ti battezzo nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo".
La
voce del Reverendo Halse risuonò nella piccola Chiesa di
Sawle,
dando il benvenuto ufficiale nella comunità a quei due
piccoli e
singolari gemellini che, per la maggior parte delle persone del
luogo, erano il risultato di una gravidanza celata per pudore dai
coniugi Poldark.
Nevicava,
di nuovo, in quel pomeriggio della Vigilia di Natale scelto per la
cerimonia, e i pochi ospiti presenti erano coloro che sapevano, anche
se solo in parte, la vera storia dei bambini: Gli Enys, Zachy Martin,
Ned, Prudie, Sam e Drake con le rispettive mogli e infine Geoffrey
Charles. Erano le persone che a Ross e Demelza erano più
care, una
estensione della loro famiglia e coloro che li avrebbero aiutati a
portare avanti quella strana avventura in cui si erano imbarcati.
Ross
era partito subito per Londra dopo la decisione di tenere i bambini a
Nampara ed era stato via poco meno di cinque giorni: Uno e mezzo per
l'andata, uno e mezzo per il ritorno e un giorno per rendere
partecipe della sua scelta il fido Jones che poi aveva redatto gli
atti di nascita falsi a nome dei piccoli. Il suo socio lo aveva preso
in giro fino allo sfinimento per quella scelta, facendogli notare che
una spia sentimentale è poco affidabile, che le faccende da
neonati
dovrebbero essere gestite dalle donne e che era folle ad essersi
preso in casa per sempre quei due esserini malefici e nordici, sicuri
portatori di guai e sventure. O quanto meno di caos casalingo, nella
migliore delle ipotesi... Ma poi come sempre, si era messo a
disposizione di Ross e aveva redatto due atti di nascita falsi
talmente perfetti da risultare praticamente impossibile distinguerli
da un atto vero.
Ross
e Demelza avrebbero voluto aspettare gennaio per il Battesimo ma il
Reverendo Halse aveva insistito, anche arrabbiandosi, adducendo il
fatto che avevano aspettato fin troppo per quel passo, che avevano
sbagliato a non far battezzare i bambini subito dopo la nascita e che
il pomeriggio della Vigilia sarebbe stato perfetto per quella
cerimonia, in modo che la notte di Natale i due piccoli sarebbero
stati membri ufficiali della comunità a tutti gli effetti.
Ross
dentro di se aveva ridacchiato davanti alla veemenza mostrata da
Halse, cercando di immaginarsi la faccia che avrebbe fatto se avesse
saputo la verità. Ma quella, doveva rimanere sepolta in
Norvegia e
quindi alla fine cedette e fu stabilito che il Battesimo fosse
celebrato il pomeriggio del ventiquattro.
Dopo
la cerimonia, sotto una fitta nevicata che ai gemelli parve piacere
molto, i Poldark tornarono a casa dove con i loro ospiti, erano
attesi da un banchetto preparato da Demelza e Prudie in mattinata.
Era un giorno di festa che univa il Santo Natale a un Battesimo
doppio e Demelza voleva festeggiarlo fino alla fine.
Dopo
la cena, resa ancor più rumorosa da Bella, Loveday e Sophie
Enys che
gattonavano urlando ovunque e dai gemellini che non volevano dormire,
tutti si misero a chiacchierare attorno al camino. Anche Jeremy che
non volle unirsi a Clowance nell'inseguire le piccole di casa.
Zachy
osservò i neonati, lui in braccio a Demelza, lei a Ross. Da
buon
amico, come sempre, aveva dato il suo supporto senza chiedere troppo
e ora guardava solo con curiosità quei due piccoli. "Appena
cresceranno un pò, assieme ad Isabella-Rose e Loveday
faranno un
baccano tale che si sentiranno le loro urla fino alla dimore del re a
Londra".
Morwenna,
divertita, osservò Rosina. "Povera la nostra scuola, con
questi
piccoli terremoti".
Pensieroso,
Sam invece pareva meno entusiasta. Aveva fatto mille obiezioni a
Demelza quando lei gli aveva parlato dei gemelli, era stato il
più
coriaceo e il meno propenso a cedere a quella menzogna e solo dopo
aver visto i bambini si era calmato, rendendosi conto che era Dio ad
aver messo quei piccoli sulle loro strade e che spettava a loro
proteggerli. Odiava mentire ma abilmente, Rosina lo convinse che
stavolta il farlo non era da considerarsi un peccato visto che quel
gesto era a fin di bene e non vi era alcuno scopo di lucro.
"L'importante è che vada tutto bene".
Sam
gli picchiettò sulla spalla. "Non essere pessimista
fratello!
Siamo quì, sereni e felici, accanto a un caldo camino.
Nessuna ombra
scruta alla nostra finestra, i bambini stanno bene e noi ci stiamo
divertendo. Solo questo conta, ora".
"Speriamo
anche dopo" - aggiunse Jeremy, rannicchiandosi contro la spalla
di sua madre.
Demelza
gli accarezzò i capelli. Jeremy era il figlio che
comprendeva meglio
e sapeva percepire la sua inquietudine in quella faccenda. Non era
propriamente contento dell'arrivo dei gemelli, si faceva mille
domande e aveva forse anche molte paure che lei
sperava
scemassero col tempo
o che lui avrebbe imparato ad esternare, cosa che al momento
rifiutata di fare.
E
quindi,
fra tutti, era il figlio che più aveva bisogno di lei. "Tu
fidati di noi, come sempre".
Jeremy
le sorrise, grato, stringendole la mano come spesso faceva quando
voleva starle vicino perché la vedeva triste per l'assenza
di Ross
durante questa o quella missione.
Come
a voler dimostrare l'atmosfera festosa, con gridolini assordanti
Bella e Sophie si appesero all'abete addobbato e solo la corsa di
Geoffrey Charles che le prese in braccio all'ultimo, evitò
che
l'albero si abbattesse sulle due piccole pesti.
Jeremy
sospirò. "Io mi fido ma i disastri quì son dietro
l'angolo".
Tutti
risero ma Ross osservò con preoccupazione il figlio,
chiedendosi se
un giorno avrebbero avuto uno scambio di vedute 'adulto' circa i suoi
attuali sentimenti. Jeremy era totalmente aperto con Demelza ma
crescendo, si era un pò allontanato da lui, anche
sicuramente per la
lontananza che spesso intercorreva fra loro ma soprattutto per i
caratteri che li animavano, totalmente opposti.
Daisy
si morse la manina e cercò di attirare la sua attenzione e
Dwight
chiese di poterla prendere in braccio.
Ross
gliela porse ma la piccola prese subito a strillare.
Dwight
rise. "Vuole suo padre".
Padre...
Ross deglutì e si rese conto che lo era a tutti gli effetti,
ora. E
che ancora non ci si era abituato. Per lui, ancora, quelli restavano
i figli di Jasmine e Harald
e comprendeva di dover ormai guardare le cose da un'altra
angolazione. Lui e Demelza avevano fatto una scelta e i gemelli li
consideravano i loro genitori e quindi lui ora doveva sentirsi il
loro padre anche se non li aveva generati. Un pò, forse,
come George
con Valentine, pensò amaramente, ricordando quel bambino dai
riccioli scuri che non vedeva da molto e con cui, forse, aveva in
comune molto più di quanto avrebbe mai avuto il coraggio di
ammettere a se stesso.
Dwight
gli ripassò Daisy che appena fra le sue braccia, smise di
piangere.
"Vedi Ross, sei suo padre! E vuole solo te" - lo rassicurò
l'amico, come avvertendo la sua battaglia interiore.
Ross
accarezzò la testolina bionda della piccola. "Oh, lei l'ho
conquistata da subito. Ama la mia voce. Il maschio invece è
innamorato di mia moglie, se provo ad allontanarli, piange come una
fontana".
"E
fa tremare i vetri!" - borbottò Prudie, riprendendo al volo
Loveday dopo che per la terza volta aveva tentato un salto
giù dalla
credenza.
Caroline,
seduta accanto a Demelza e a gravidanza avanzata, si
accarezzò il
pancione. Era stanca, fuori era buio e aveva solo voglia di andare a
letto. A giorni avrebbe dovuto partorire e quella sera non si sentiva
per niente bene, con doloretti sospetti che le suggerivano che era
meglio andare a casa. "Tesoro, sarebbe ora di togliere le tende
prima che Sophie si lanci contro il candelabro o attenti ancora alla
credenza di Demelza".
Dwight
annuì e anche gli altri si accorsero che era ormai tardi.
Clowance,
decisamente estroversa e festaiola, protestò. "Noooo, non
andate via! E' presto!".
Zachy
le pizzicò scherzosamente la guancia. "Oh bambina, qualcuno
stanotte deve portare i doni a te e ai tuoi fratelli e non vorremmo
sbarrargli la strada".
"Ohhh".
Clowance osservò i suoi genitori che annuirono, dando
manforte
all'amico. "E allora forse dovreste andare".
Tutti
risero, Clowance aveva una faccia tosta che a Jeremy mancava.
Demelza
e Ross si guardarono in viso, grati della loro compagnia ma
desiderosi di starsene un pò da soli. Era stata una giornata
piena
di emozioni, i gemelli ormai facevano parte ufficialmente della loro
vita e anche se erano pronti a far loro da genitori, entrambi erano
ancora un miscuglio di emozioni troppo forti per sentirsi totalmente
a loro agio.
Morwenna
recuperò Loveday, Dwight la vivacissima Sophie e Caroline
sbuffò.
"Se penso che a giorni ce ne sarà un altro o un'altra che
strilla, mi viene voglia di gettarmi dalla scogliera".
Morwenna
la abbracciò. "Oh, sarà bellissimo, vedrai".
"Sì,
prima o poi lo sarà. Per ora sono solo ansiosa, ho i piedi
gonfi, la
pancia più grossa di quella di Choake e nessuno dei miei
abiti
migliori mi entra. E forse non mi entrerà più" -
si lamentò
l'ereditiera, col suo classico cinismo.
Demelza
sorrise dolcemente, conoscendo bene le paure che si celavano dietro
alle parole solo apparentemente sprezzanti dell'amica. "Se ce la
facciamo io e Ross, ce la farai anche tu. Ogni figlio è una
sfida,
ogni figlio porta tante paure e noi ne abbiamo presi altri due che
nemmeno hanno il nostro stesso sangue".
"Ma
voi siete folli!" - la rimbrottò amichevolmente Caroline. "E
pure io e Dwight...dopo
tutto..."
- borbottò, accarezzandosi il pancione.
Ross
rise. "Caroline, mi spiace dirtelo ma è decisamente troppo
tardi per tornare indietro".
"Non
me lo dire, ti prego!" - sbottò lei.
"Non
dirglielo, per favore" - aggiunse Dwight divertito, con Sophie
in braccio.
E
in questo clima di allegria si salutarono, ognuno diretto alla
propria casa per continuare a festeggiare in modo più intimo
e
famigliare il Natale, gli adulti assonnati e le bimbe invece ancora
piene di una energia tale da poter far concorrenza alla dinamite
nelle miniere, come aveva detto Ned.
Rimasti
soli, i Poldark e Prudie si avvicinarono ai divani davanti al camino
e i bambini diedero il loro dono alla domestica, uno scialle fatto a
mano da Clowance e Demelza con la lana lavorata da Jeremy.
Commossa,
Prudie tirò su col naso. "Piccoli monelli, ora la cara
Prudie
si commuove e solo col rhum riuscirà a calmarsi".
Ross
e Demelza si guardarono negli occhi divertiti e poi si sedettero lei
con Demian e Ross con Daisy e Bella. Jeremy e Clowance, assieme a
Prudie, li raggiunsero.
"E
così è Natale!" - esclamò Clowance.
"Ho chiesto un sacco
di cose a Papà Natale, spero non si sia dimenticato niente".
"Sei
stata abbastanza buona per meritarti tutto?" - le chiese
Demelza.
La
bimba, con notevole faccia tosta, annuì. "Assolutamente,
sempre".
"Sei
scappata da lezione, il mese scorso, me lo ha detto la mamma" -
fece notare Ross.
"Solo
perché era una lezione inutile, zia Rosina lo sa che io lo
so in che
mesi cresce il grano, che ci stavo a fare in classe?".
Demelza
sospirò, Prudie rise sotto i baffi e Ross con lei. Clowance
non era
mai stata una studentessa modello e di certo non sarebbe migliorata
con l'età. Se Jeremy pareva assetato di sapere, lei invece
era pura
energia e scaltrezza che, unite alla sua bellezza e alla sua faccia
tosta, la rendevano irresistibilmente affascinante. Bella invece era
ancora troppo piccola per fare previsioni ma con l'argento vivo
addosso che si ritrovava, difficilmente sarebbe rimasta composta e
seduta dietro a un banco. I gemelli... Beh, questo ancora non lo
sapeva e non riusciva a prevedere che personalità avrebbero
sviluppato ma di sicuro erano bambini coriacei e forti e con la
tempra dei Poldark ci si sarebbero trovati a meraviglia.
Ross
prese la mano della figlia maggiore, attirandola a se. "Se vuoi
avere qualche speranza di avere i tuoi regali, ti conviene filare a
letto o Papà Natale non si fermerà e tu rimarrai
a bocca asciutta".
"E'
già così tardi?" - domandò Jeremy.
"E'
quasi passata la mezzanotte, nanetti" - li rimbeccò Prudie.
"A
nanna".
I
bambini abbracciarono i genitori e forse timorosi di non ricevere
doni, corsero a dormire senza fare troppe storie. Clowance
baciò
Bella e i gemelli, Jeremy inizialmente solo Bella, finché
sua madre
gli ricordò che doveva salutare tutti e lui lo fece.
Prudie
li accompagnò di sopra e dopo aver augurato ai due sposi la
buona
notte, si ritirò a sua volta nella sua stanza.
Ross
e Demelza rimasero soli coi tre bambini più piccoli, con lei
che
dolcemente poggiava il viso sulla spalla del marito. "E' stata
una bella giornata" - sussurrò, mentre Demian giocava col
suo
vestitino da cerimonia.
"Già,
ma in fondo i nostri Natali son sempre stati speciali" - rispose
Ross, accarezzandole la schiena e ricordandola nel loro primo Natale,
mentre con un abito rosso cantava per lui a Trenwith.
"Credi
che Jeremy li accetterà prima o poi?".
Ross
si incupì, non del tutto ottimista. "Lo spero.
Così come spero
di non aver preso una decisione troppo affrettata di cui un giorno
potremmo pentirci".
"Non
succederà" - sussurrò Demelza, stringendo a se
Demian.
Ross
rimase in silenzio lunghi istanti, cercando le parole giuste per
esporle i suoi timori. "E noi?".
"Noi
cosa?".
"Noi
quanto ci metteremo ad accettarli del tutto?".
Demelza
si tirò su di scatto, facendo sussultare Bella che giocava
con un
nastrino che si era tolta dai capelli. "Che vuoi dire?".
Ross
sospirò. "Amore mio, lo sai anche tu che non è
come avere un
figlio nostro. In nove mesi di attesa ti abitui all'idea, ci
fantastichi su, aspetti e ti prepari. E quando tuo figlio nasce lo
guardi e ti rendi conto che fa parte di te e della persona che ami.
Ma loro, noi ce li siamo trovati così, da un giorno
all'altro. E
cresceranno come figli nostri anche se non sono figli nostri".
Demelza
lo bloccò. "Lo sono, invece. Guarda Daisy, guarda come ti
voleva quando Dwight l'ha presa in braccio. Lei voleva te e nessun
altro, voleva te perché in tutto il suo piccolo mondo, tu
sei
l'unico padre che abbia mai conosciuto. Loro, i gemelli, hanno
già
scelto e io credo...".
"Cosa?".
Cosa credeva, lei? Come avrebbe trovato le parole giuste per
tranquillizzare il suo animo, stavolta?
Con
tutta la tranquillità del mondo, dando un bacino a Bella e
Daisy,
Demelza sorrise. "Credo che i figli siano di chi li ama e li
cresce".
"Tutto
quì?".
"Tutto
quì, Ross. Io appartenevo a mio padre ma il mio cuore mi ha
sempre
detto che appartenevo a te. Ben prima di sposarti, quando ero solo la
tua domestica io già sapevo di appartenere a te e a Nampara".
I
ricordi di Ross volarono lontano, a un tardo pomeriggio assolato
assieme a lei, Jud, Prudie e Jim... Fu allora che Demelza gli disse
quelle parole e lui le ricordava ancora, con tenerezza.
E forse era così anche per Demian e Daisy che dopo aver
perso le
proprie radici ne avevano trovate di nuove a Nampara e le avevano
fatte loro.
"Come fai a rendere tutto così semplice? Non hai paura?".
"Sì
Ross, ne ho. Ma devo permetterle di condizionarmi?".
Ross
scosse la testa, era sempre la più saggia fra i due. "No, ma
devi ammettere che dopo Julia è molto più facile
avere paura. Ne ho
per Jeremy e per le bambine e ora avrò paura di perdere
anche questi
due biondini. E vista la fine dei genitori, è un timore
reale".
Le
mani di Demelza si poggiarono sulle sue. "Sono quì
perché
possiamo proteggerli al meglio, no? E quindi cresciamoli senza
pensare al male che vi siete lasciati alle spalle in Norvegia".
"Tu
ci riesci?".
"Io
sì. Ma io dopo tutto non conosco la loro storia, per
fortuna".
Demelza
gli aveva chiesto di non dire nulla, ma in quel momento Ross non ce
la fece, non del tutto,
a mantenere la sua promessa. "Hai detto prima che i bambini sono
di chi li ama, giusto?".
"Sì".
"Beh,
loro erano amati dai loro genitori".
"Lo
so, ma non hanno potuto prendersene cura, Ross. E ora hanno solo
noi".
Ross
la baciò sulla guancia. "Sai, amore mio, c'è un
aspetto così
macabro e comico allo stesso tempo, in tutto questo. I gemelli non
hanno più i genitori perché sono stati uccisi da
qualcuno che
pensava che loro ambissero a qualcosa che gli spettava di diritto ma
che in realtà non volevano affatto. Sono morti per nulla e
ora
questi bambini rischiano la vita per un nonnulla...".
Demelza
strinse i bimbi a se, poggiandosi contro Ross. Il cuore le batteva
forte e avrebbe forse voluto chiedere di più ma anche non
sentire
più niente. Le
parole di Ross era inquietanti e sibilline, così come
orribile
doveva essere la storia che aveva portato quei bimbi fin lì
e lei
non voleva sapere oltre perché - si rese conto - la
pietà che
avrebbe potuto provare per i veri genitori dei gemelli avrebbe potuto
soffocare i sentimenti che aveva sviluppato per i due piccoli. "Ora
non rischiano nulla. Ora sono quì al caldo, con noi, davanti
al
camino. E sono ufficialmente nostri" - concluse, chiudendo la
discussione.
Ross
le sorrise, triste ma forse più sollevato, come sempre
riuscivano a
fare le parole di Demelza. "E ci amano".
"Sì".
"E
in fondo, ci hanno scelti?".
"Sì".
"Che
persone credi diventeranno?".
Demelza
ci pensò su. "Brave persone, così voglio
crescerli, con lo
stesso spirito con cui cresco ogni mio figlio. Sono come pietre
grezze da plasmare, Ross. E so che noi due faremo del nostro meglio
per rendere questi due piccolini delle brave e gentili persone".
"Eppure,
sono diversi. Il loro aspetto, il fatto che amino il freddo e ci si
trovino bene anche se così piccoli, non ci
rimanderà sempre alle
loro origini?".
Demelza
cullò Demian che, fra le sue braccia, si stava
addormentando. "Che
male c'è ad amare la neve?".
Ross
rise. "Nessuno, era solo un esempio".
"E
poi Ross, proprio come noi amano stare avvolti in calde coperte".
Le
diede un buffetto sul mento. "E allora hai ragione tu, come
sempre".
Bella
saltellò sulle gambe del padre, attirando l'attenzione dei
grandi
con dei gridolini. Ross
le scompigliò i capelli,
ritrovando anche in lei l'allegria.
"Saranno vivaci come Isabella-Rose?
Sai che a breve saranno tre a far baccano, invece che una sola?".
Demelza
rise. "Sopravviveremo, ne sono certa".
"Già"
- sussurrò Ross, prima di baciarla. "Buon Natale, amore mio".
Demelza
ricambiò il bacio. "Buon Natale, amore mio".
E
poi baciarono i tre piccolini, ognuno sulla fronte. E da quel
momento, ufficialmente, capirono che non potevano più
tornare
indietro
e si poteva solo andare avanti.
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