Capitolo
6
Una
volta tanto, ringrazio i costanti ritardi della compagnia ferroviaria
che sono
costretta a prendere. Sono ferma allo scambio ferroviario di Triggiano
da più
di dieci minuti, in attesa della fantomatica coincidenza, che
chissà quando
arriverà. Poggio la testa contro il freddo vetro del
finestrino, in cerca di
ristoro. Più penso a quello che ho visto questa mattina in
bagno e più il mio
cervello si lancia verso ragionamenti astrusi e folli. Il problema
è che non
può esserci una spiegazione logica a quello che mi
è accaduto, perché sono
sicura che quella visione era reale. Ok,
normalmente sarei la prima a dire che
i fantasmi non esistono, sono soltanto una proiezione della nostra
psiche, di
ciò che vogliamo vedere e via discorrendo; ma, chi vorrebbe
vedere una
nobildonna del Seicento, alla quale il viso si decompone? Nessuno! Ma
la cosa
peggiore è stata trovare una scusa plausibile da dare alla
mia famiglia, per
quell’urlo disumano che ho emesso a prima mattina. Sono
scivolata uscendo dalla
doccia, che cavolata! Infatti, non se la sono bevuta, mi hanno lasciata
in pace
solo perché sapevano che avevo un impegno a Bari, oltre al
fatto che sono molto
irritabile prima della solita tazza di caffè mattutina. Il
treno ha finalmente
ripreso la sua corsa verso la mia meta. Mi specchio al vetro, ho un
aspetto
alquanto trasandato, onestamente non m’importa più
di tanto. Vorrei soltanto
capire cosa ultimamente mi stia accadendo, perché mi sembra
che abbia perso il
controllo degli eventi della mia vita. Probabilmente ho solo bisogno di
riposare, ma non me lo posso permettere. Siamo quasi a fine febbraio ed
ho
scritto pochissimo, ma non è quella la cosa che mi preoccupa
di più. Ciò che mi
fa andare in ansia è il materiale che ho trovato, veramente
poca roba; nulla di
interessante o di nuovo, rispetto a quanto è stato
già edito in passato.
Anna
mi sta già aspettando vicino al bar, che è
situato nei pressi della sede
distaccata di Bari vecchia; anche il suo aspetto non è dei
migliori. Ha delle
occhiaie vistose ed i capelli non sono in perfetto ordine, come al
solito;
inoltre, sembra che abbia preso degli indumenti a casaccio
dall’armadio e li
abbia indossati; diciamo che il suo aspetto ricorda vagamente i quadri
di
Pollock e, se per caso ve lo state chiedendo, no, non è
affatto un complimento,
almeno da parte mia. Personalmente non mi sarei
mai ridotta in quello stato,
per quella sottospecie di essere vivente. Spero che passi il
più presto
possibile questa fase; non se lo merita per nulla, non per Filippo, che
l’ha
solo usata per i suoi porci comodi.
«Ciao,
Anna. Ti sei svegliata di soprassalto oggi?»
«Divertente,
Miss Chipmounk. Ti sei vista allo specchio per caso?»
Roteo
gli occhi al cielo, odio quel nomignolo con tutta me stessa, ma ho la
mia dose
di colpe. Dopotutto ho iniziato io a “sfottere”. Se
per caso vi state chiedendo
da dove derivi quel soprannome, bhe, è tutta colpa del mio
primissimo scavo,
effettuato presso il parco archeologico di Egnazia.
Quel simpaticone, ma
competente, del supervisore ebbe la felice idea di soprannominarmi
così dal
primo giorno di tirocinio e da allora non me lo sono più
levato di dosso.
«Touché,
Anna. Hai ragione, ho un aspetto orribile anche io. Guardiamo
il lato positivo!
Conciate in questo modo nessun ragazzo si vorrà
avvicinare!»
«Data
la mia ultima esperienza, non voglio sentire parlare di ragazzi almeno
per un
paio d’anni!»
«Sei
la solita esagerata! Semplicemente, come ti ho sempre detto, Filippo
non era
innamorato di te. Anzi, era interessato solo
alla tua abbondante quarta coppa
D.»
«Grazie
per rigirare sempre il coltello nella piaga, Chipmounk.»
«Lo
sai che a consolare sono la migliore. Andiamo a bar?»
La
colazione è andata molto meglio di quanto credessi; non
pensate a male, ho
mangiato solo un cornetto, integrale ovviamente, e un cappuccino. Dopo
la
sfuriata di ieri al telefono mi aspettavo la mia amica a pezzi, invece
l’ho
trovata lucida e risoluta nell’analizzare la sua situazione
sentimentale. Non
sono una persona che nutre molta fiducia nel genere umano, considerato
che
reitera i soliti errori da quando esiste ma, nel caso di Anna, sento di
poter
fare un’eccezione! Credo, che abbia veramente imparato la
lezione. Mai
sminuirsi o farsi sottomettere per nessuna ragione al mondo, ma trovare
una
persona che ci ami così come siamo, con cui condividere un
percorso di
crescita. Ora spero solo che Francesco si dia una mossa, o giuro che lo
spingo
tra le braccia della mia amica a suon di calci nel sedere!
Anche
la mattinata di studio si è rivelata utile. Se il primo
libro dato dalla Contessa
Francesca si è rivelato del tutto inutile, il secondo,
invece, è stato alquanto
ricco di sorprese. Interessante è stata la teoria avanzata
da alcuni studiosi,
secondo i quali sarebbe Maria la vera artefice della fortuna del terzo
marito:
Fabrizio. Alcuni esperti di musica rinascimentale hanno analizzato la
produzione musicale, del signore di Troia, prima e dopo il suo
matrimonio con
Maria ed hanno notato un enorme balzo in avanti nella
qualità della sua
composizione dopo questo evento. Questo dato non sarebbe risultato
strano se
non fosse che, dopo la morte della moglie, la musica del marchese si
è
attestata nuovamente su livelli mediocri. Questo sfasamento ha portato
i vari
studiosi ad avanzare l’ipotesi secondo la quale, in
realtà, fosse Maria la vera
autrice delle varie partiture e non Fabrizio; non essendo mai riusciti
a
trovare un singolo documento firmato da lei, per quanto affascinante e
dotata
di una certa logica, questa teoria, è rimasta sempre e solo
tale. Questo sì che
è un risvolto abbastanza interessante per i miei studi. La
Teodosi aveva
proprio ragione: “Non
sai mai dove una ricerca ti potrà condurre!”
è proprio
vero. Ma, se questa notizia è stata molto interessante,
quella che ho letto
successivamente mi ha fatto rimanere ancora più di stucco.
Subito dopo la morte
della Duchessa, per ordine regio, sono state sequestrate tutte le sue
corrispondenze epistolari e, nel corso del tempo, la casata Del Ginepro
ha
acquisito tutti i documenti scritti o che nominavano Maria
D’Avenia. Una volta
acquisiti tutti, nessuno è stato più in grado di
visionarli. Anche i
discendenti, nonostante fossero passati anni dall’omicidio
irrisolto, non hanno
permesso che fossero esaminati. L’ultima discendente dei Del
Ginepro è morta
nel 1829, dopo un parto alquanto difficile; si era sposata qualche anno
prima
con Domenico De Gemmis, giovane rampollo di una famiglia nobile
terlizzese, in
ascesa proprio in quegli anni. Grazie
a
questo matrimonio, tutte le proprietà dei Del Ginepro
passarono ai De Gemmis.
Nel 1960, per opera della generosa iniziativa di Gennaro De Gemmis,
venne
fondata la “Biblioteca Provinciale di Bari”, che
oggi porta il nome del
benefattore. Alla fondazione contribuì con denaro e donando
il suo intero
patrimonio librario. Non ho potuto far a meno di sobbalzare dalla
sedia.
Incredibile! Tutto quello di cui ho bisogno è letteralmente
a pochi passi da
me. La biblioteca de Gemmis è praticamente alle spalle della
sede distaccata
dell’università! Non so se esultare per il mio
colpo di fortuna o per il fatto
che, dopo molti decenni, potrei essere la prima persona a leggere gli
incartamenti della Duchessa.
Continuerei
molto volentieri nella mia lettura, ma il tamburellare nervoso di
alcune dita,
sul piano di legno della scrivania, mi deconcentra. Alzo
lo sguardo e trovo
l’espressione cupa di Anna.
«Allora
stakanovista, ti decidi a fare una pausa pranzo di tua spontanea
volontà o ti
devo trascinare di peso?»
«Ho
scelta?»
«L’hai
mai quando si tratta di pause o cibo?»
«No.»
«Esattamente!
Chiudi tutti i tuoi amati libri e andiamo a mangiare, ho
una fame pazzesca.»
Quella
ragazza è una cosa assurda, anzi, improbabile come direbbe
Sheldon Cooper;
mangia come se non ci fosse un domani e non ingrassa. Vorrei sapere
dove
finiscono tutte le calorie che ingurgita; mi basta guardarla di profilo
per
intuire quale sia la loro destinazione: le sue tette. Mi alzo di
malavoglia
prima che l’invidia mi spinga a fare qualcosa di avventato,
come scagliarle
questo vecchio libro su quella graziosa chioma biondo cenere; e anche
oggi
inizio la dieta domani.
Io
ho qualche rotella fuori posto, non può esserci altra
spiegazione logica o
razionale! E dire che il pranzo stava scivolando via molto
allegramente, grazie
alla ritrovata verve di Anna. Tutto questo finché non ho
cominciato a notare
qualcosa di strano. Insomma, non è proprio normale vedere
una dama del
Seicento, vestita di tutto punto, nel locale dove si sta pranzando.
All’inizio
avevo pensato ad uno scherzo, poi mi sono accorta che non era affatto
così. La
donna in questione era identica a quella del mio sogno, anzi incubo, ed
era lì
che mi fissava, mentre mangiavo, con aria assente. Ho dovuto faticare,
e non
poco, per mantenere l’autocontrollo, altrimenti avrei
cominciato ad urlare come
un’ossessa; cosa che ultimamente sta diventando
un’abitudine, purtroppo. Ha
continuato a guardarmi fin quando non sono uscita dal locale con Anna,
poi è
sparita all’improvviso. Non so più cosa pensare;
più ci rimugino su e più non
riesco a trovare una soluzione logica. Forse è meglio che mi
rimetta a
studiare, magari occupare la mente mi distrarrà da questi
oscuri pensieri.
Riprendo dal punto in cui mi ero interrotta e noto subito
qualcosa di strano.
Su ambo le pagine a cui avevo apposto il segnalibro ci sono delle
parole
cerchiate in rosso; inizio a leggerle e mi si gela il sangue nelle vene.
“Ti
ho scelta come mia erede. Scoprirai la
vera storia di Maria D’Avenia.”
Mi
precipito fuori dalla biblioteca, noncurante degli sguardi straniti
delle
persone lí presenti. All’improvviso quel posto a
me tanto caro, è diventato
ostile. Ho bisogno di una boccata di ossigeno. Subito!
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