Capitolo XIII
CAPITOLO XIII
Con le dita strette sulla fredda ceramica del lavandino e i capelli che
le ricadevano scompostamente sul viso ancora accaldato, Sakura cercava
di riprendere il controllo, di frenare il battito furioso del suo cuore
e le lacrime che insistenti scorrevano sulle sue guance.
Provò a respirare profondamente e a chiudere gli occhi, per ricacciare
indietro il fiume di sensazioni indistinte che l'aveva travolta senza
preavviso, ma era ancora tutto così vivido da toglierle il respiro: il
sapore delle labbra di Kakashi sulle proprie, il profumo della sua
pelle, il calore delle sue braccia che la stringevano forte.
Quante volte, da perfetta incosciente, era piombata nell'ufficio di suo
padre con la speranza di incontrarlo? Quante volte aveva girovagato nei
pressi della centrale di polizia, sognando che qualcosa di solo
lontanamente simile accadesse? Erano passati molti anni, eppure in quel
momento si sentiva ancora l'adolescente di allora, sprovveduta,
sciocca, ingenua, perdutamente innamorata.
Deglutì a fatica e fece un passo indietro, piegandosi in avanti sotto
il contraccolpo repentino di una realizzazione improvvisa. Non oppose
più resistenza, ma lasciò che i singhiozzi di quel pianto silenzioso la
scuotessero. Perché lo era ancora, maledettamente innamorata. Perché
desiderava di nuovo che le loro labbra si scontrassero con irruenza.
Perché, forse, non era l'unica a desideralo. Ma non sarebbe mai potuto
essere così semplice e indolore come nei suoi sogni adolescenziali.
Poggiò la fronte sul bordo del lavandino, un contatto a tratti
rinfrescante, a tratti gelido, come i sentimenti che si agitavano
dentro di lei. Il timore di non aver mai contato nulla per l’uomo si
era dissipato con un bacio inatteso, facendo trapelare un labile
bagliore di speranza ma anche un amaro e doloroso senso di colpa.
Il volto sereno di Naruto le comparve davanti agli occhi, contribuendo
ad offuscarli con un nuovo velo di lacrime. Negli ultimi mesi, il
collega era stato il suo sostegno, il suo immancabile punto di
riferimento, il suo sole tra le ombre del passato, eppure non poteva
fare a meno di amare un altro. Nonostante avesse tentato di
dimenticarlo per anni, il suo cuore era rimasto caparbiamente
aggrappato al ricordo di Kakashi, intrappolandola in un vicolo cieco.
Rialzò il capo e si morse il labbro inferiore, ingoiando con forza l’inquietudine di pensieri contrastanti.
L’ultima cosa che avrebbe voluto era ferire Naruto, vedere sparire il
sorriso sincero che spuntava sulle sue labbra ogni volta che la
guardava; tuttavia, se avesse ancora continuato ad ignorare i suoi veri
sentimenti, sentiva che avrebbero finito solo per farsi male a vicenda
in modo irreparabile.
Inspirò a fondo per poi far uscire l’aria lentamente, alla ricerca
almeno di una pace apparente; aprì il rubinetto e sciacquò più volte il
viso per lavare via le lacrime e le tracce di mascara, scorgendo alla
fine nello specchio gli occhi arrossati. Si asciugò con un asciugamano,
trasse un sospiro profondo e si sedette, sperando che qualche minuto
avrebbe consentito alla sua pelle di riacquistare un colorito il più
possibile normale.
Kakashi era ben lontano da essere una certezza, per il suo
atteggiamento indecifrabile, per i mille interrogativi irrisolti che
costellavano il loro rapporto, ma non poteva continuare ad illudere
Naruto.
Doveva assolutamente trovare l’occasione per confessargli tutto: la
vera natura del groviglio di sentimenti che l’aveva avvolta, negli
ultimi mesi, e il suo sciogliersi in una conclusione inevitabile,
scatenata da un bacio non ricercato ma a lungo desiderato.
Chiuse gli occhi e strinse i pugni sulle ginocchia, affrontando il
vuoto allo stomaco che il solo pensiero del futuro confronto le
causava; non aveva la minima idea di come iniziare una conversazione
simile, non sapeva se sarebbe mai riuscita ad articolare frasi sensate,
se esistessero parole che avrebbero potuto attutire il duro colpo.
Osservò ancora una volta il suo profilo riflesso. Di solito la sua
espressione difficilmente nascondeva ciò che provava e, per quanto si
sentisse una codarda, sperò che quella sua caratteristica per una volta
l’aiutasse, perché poteva rimuginarci all’infinito, ma non ci sarebbero
mai stati un momento adatto o un modo più giusto di altri.
Con la domanda dell’ispettore Uchiha, Kiba avvertì la tensione
riaffiorare da sotto l’atmosfera cordiale creata dal nuovo poliziotto,
mettendo ancora in allerta i suoi nervi. Tentò di conservare la calma,
intrecciando le dita sulle ginocchia e sospirando interiormente, ormai
consapevole che si sarebbe trascinato dietro a vita il senso di colpa
per non aver capito nulla, sia prima che durante quella serata.
“No, non mi sembra di ricordare nessun altro, al momento…” replicò pacato.
Per quanto la risposta fosse prevedibile, Sasuke storse il naso e
socchiuse appena gli occhi, forse più infastidito con se stesso per
averci sperato. Prima di desistere, decise però di giocare un’ultima e
sofferta carta.
“Sicuro di non aver visto un uomo sulla trentina, con i capelli lunghi
e neri e gli occhi scuri?” chiese, mentre il disgusto e la repulsione
si insinuavano con prepotenza dentro di lui, conficcandosi nella bocca
dello stomaco.
“Potrebbe… assomigliarmi…” aggiunse dopo qualche istante di silenzio,
strascicando le parole come se un blocco di cemento gli si fosse
incastrato in gola.
Gli sembrò quasi di non riuscire a respirare bene, sotto gli sguardi
genuinamente sorpresi dei presenti e il peso di una somiglianza fisica
diventata da anni qualcosa di umiliante da dimenticare.
Naruto si sforzò di recuperare in fretta un’espressione distaccata e
professionale, reprimendo il proprio stupore per l’intervento
inaspettato dell’amico. Anche se glielo avesse anticipato, non avrebbe
mai creduto che durante un interrogatorio Sasuke sarebbe giunto ad
ammettere quasi apertamente il suo legame con un criminale. Non
aveva bisogno di ulteriori conferme, ma leggeva la sua determinazione
nei lineamenti imperturbabili, scalfiti solo dall’incertezza con cui
aveva pronunciato l’ultima frase. Ancora una volta, decise di
supportarlo lungo quella strada insidiosa.
“Se riuscissi a ricordare qualcosa in più sulla serata, ci sarebbe
utile,” disse, sperando con tutto se stesso che l’ammissione dell’amico
non cadesse nel vuoto. “Non so, una circostanza o una discussione che
possa aver coinvolto un uomo che corrisponda alla descrizione del mio
collega.”
Kiba trasse un profondo sospiro, cercando di riemergersi nei ricordi
delle ore trascorse in discoteca, anche se ogni momento di quella
serata sembrava ricondurlo solo e soltanto all’incidente.
“Mi dispiace, ma mentre ero lì non è successo nulla di particolare e a
parte il barista, non ho avuto a che fare con nessun altro dipendente
dell’Alba,” replicò, domandosi però se avesse intravisto in
un’occasione diversa l’uomo che i due poliziotti cercavano.
“Non ricordi chi vi ha accolto all’ingresso del locale? Oppure qualche
cameriere che serviva ai tavoli?” chiese Naruto, augurandosi di
riuscire a stimolare la sua memoria.
Percepiva il nervosismo di Sasuke anche senza guardarlo ed era sicuro che la sua calma apparente sarebbe durata ancora per poco.
“All’ingresso, non c’era nessun uomo con i capelli lunghi, per il resto
sono stato poche volte all’Alba, ma nessuno che corrisponde alla vostra
descrizione ha mai attirato la mia attenzione, mi dispiace.”
La risposta del ragazzo fu seguita da un mugugno di fastidio del
collega. Naruto decise allora che trascinare ancora
quell’interrogatorio sarebbe stato solo deleterio e si alzò per
congedare finalmente il giovane.
“Grazie lo stesso, il tuo contributo è stato in ogni caso importante,” lo ringraziò.
Quando l’Inuzuka lasciò la stanza, l’ispettore si voltò incontrando
l’espressione meditativa dell’amico, che con le sopracciglia inarcate e
le braccia incrociate sul petto era totalmente assorbito dai propri
pensieri.
“È molto probabile che non l’abbia davvero visto, dopotutto
approfittano proprio della confusione che c’è in discoteca per
spacciare,” rifletté, provando a riportare su di lui la concentrazione
dell’Uchiha.
L’altro lo fissò con uno sguardo serio e fermo e Naruto capì subito che doveva essere giunto a qualche conclusione.
“Oppure semplicemente non ricopre nessuna mansione specifica o quanto
meno non sempre la stessa, perché rispetto agli altri ha molto più da
perdere se anche clienti fuori dal giro conoscono bene la sua faccia,”
gli spiegò con voce decisa e sicura, mettendolo sinteticamente a
corrente delle sue deduzioni.
Il suo tono non lasciava spazio a repliche, ma il poliziotto biondo non
sentiva il bisogno di un chiarimento, perché intuiva ciò che non aveva
detto. La pena per un omicidio era senza dubbio molto più grave di
quella per spaccio.
“Già, è possibile,” commentò, pensando che lo avrebbero in ogni caso
scoperto nei prossimi giorni, poi riprese l’identikit abbandonato sul
tavolo e gettò un’occhiata al volto ritratto sul foglio.
“Per fortuna, questo non è sicuramente il caso del barista, ammesso che
sia coinvolto anche nello spaccio. Finché la ragazza non esce
dall’ospedale, non possiamo procedere con l’identificazione, ma intanto
potremmo già fermarlo e scambiarci quattro chiacchiere,” proseguì
rimuginando sul da farsi.
“Se è uno degli spacciatori, arrestarlo ora metterebbe in allerta
l’Alba,” osservò Sasuke alzandosi a sua volta. “Se temono che spifferi
qualcosa, potrebbero anche decidere di far saltare lo scambio di droga
della prossima settimana e non possiamo correre il rischio.”
Nonostante la logicità dell’argomentazione del collega, Naruto si
ritrovò a sospirare seccato, infastidito dall’idea che l’uomo potesse
ancora girare liberamente.
“Hai ragione, ma forse potremmo organizzare degli appostamenti nei
pressi della discoteca per tenere sotto controllo lui e non solo. In un
modo o nell’altro, l’Alba è il luogo su cui si concentrano ormai tutte
le nostre indagini,” affermò, conscio che a breve avrebbero dovuto
assumere delle decisioni importanti.
Dopo la fuga repentina di Sakura, Kakashi rimase seduto alla sua
scrivania, sforzandosi di riacquistare il controllo completo sulle
proprie emozioni. Le parole scagliategli contro dalla collega
risuonavano ancora nella testa insieme al tremore della sua voce,
incrinata dalle lacrime. Non sarebbe stato facile spiegarle tutto, ciò
che era realmente accaduto anni prima e le ragioni dietro al suo
allontanamento, tuttavia era intenzionato a farlo non appena le
indagini glielo avrebbero concesso.
Trasse un profondo sospiro, appoggiandosi contro lo schienale della
sedia e passandosi una mano tra i capelli. Aveva agito d’impulso, mosso
dal desiderio di alleviare il peso di incomprensioni e parole non
dette, ma non era stato affatto il momento più opportuno per palesarle
i suoi sentimenti con un bacio. Sperava davvero che la loro
professionalità li avrebbe aiutati a collaborare, impedendo alle
emozioni di interferire, anche se temeva che non sarebbe stato semplice
come si augurava. La morbidezza delle sue labbra e il calore del suo
corpo erano ancora sensazioni perfettamente vivide, sebbene avesse
cercato di distaccarsene e renderle solo un ricordo sfumato,
consapevole di quanto sconvenienti potessero risultare, durante una
delicata riunione di lavoro, a due passi da Sakura e dal suo fidanzato.
Chiuse gli occhi, tentando di scacciare il leggero senso di colpa ma
anche il pizzico di gelosia che accompagnavano il pensiero di Naruto e
del suo affetto incondizionato verso la poliziotta.
Nonostante la reazione di piacevole stupore intravista sul volto
arrossato di Sakura quando l’aveva stretta a sé e il rapido palpitare
del suo cuore avvertito contro il proprio petto, non poteva ignorare
che aveva pur sempre baciato la donna che un collega amava, forse anche
ricambiato in modo sincero. Perché al di là di ciò che li aveva legati
in passato, al di là delle verità che le avrebbe raccontato,
assolutamente nulla gli assicurava che Sakura avrebbe alla fine scelto
lui. Aveva già previsto quella possibilità, soppesando anni di assenza
e ricordi di un amore mai fiorito, ma in quegli istanti, dopo aver
assaporato la dolcezza di stringerla tra le sue braccia, sentiva una
inaspettata delusione colpirlo, silenziosa e malinconica. Si sforzò di
spazzarla via con un altro lungo sospiro, affrettandosi a concentrarsi
esclusivamente su quanto avrebbero dovuto discutere a breve con il
commissario.
Non era tornato da molto tempo nella sua camera, quando sentì la porta
aprirsi senza preavviso e richiudersi subito dopo con un rumore secco.
Per poco il bicchiere di sakè non gli scivolò dalle mani, riversando il
liquido trasparente sulle dosi di droga pronte per la serata. Il
ragazzo biondo si voltò verso il visitatore imprevisto e gli scoccò
un’occhiataccia da sotto il ciuffo folto che gli nascondeva in parte il
viso.
“Sei impazzito, per caso?” gli chiese seccato.
“Non quanto te,” ribatté Sasori con voce dura.
L’espressione di evidente irritazione e lo sguardo truce con cui lo
guardava non presagivano nulla di buono, ma Daidara si sforzò di
ignorare il presentimento che corse veloce nel suo petto.
“Hai idea di quanti problemi può causarci la tua cazzata?” continuò l’uomo mentre gli si avvicinava con aria minacciosa.
“Non so di cosa diavolo tu stia parlando,” replicò, alzandosi per
fronteggiarlo e scolandosi per precauzione il resto della bevanda
alcoolica.
Se si fosse bagnata la droga a causa di un altro gesto inconsulto, sarebbe stata davvero una enorme seccatura.
“Ieri è passata la polizia e indovina un po’ su cosa stanno indagando?” gli domandò stizzito Sasori, ormai a pochi passi da lui.
“Sullo spaccio di droga?” ipotizzò l’altro arretrando, ma la mano
dell’uomo lo afferrò per il colletto della maglia costringendolo a
fermarsi.
“Su uno stupro ai danni di una cliente, idiota, e non ti sei manco
accorto che Akira ti ha visto! Quanto eri ubriaco?!” sbottò, accostando
il volto al suo con un brusco strattone. “Sei fortunato che Orochimaru
sia al momento fuori città, se no ti avrebbe già sbattuto fuori,”
aggiunse, poi lo liberò dalla sua stretta e lo spinse contro il muro.
Daidara emise un lamento soffocato e d’istinto appoggiò una mano sulla spalla dolorante.
“Fino a quando non cambierò idea, te ne starai chiuso qua dentro e se
torna la polizia dirò che sei stato licenziato. Il tuo lavoro al bar
può farlo tranquillamente un altro ragazzo e in strada ci andrò con
qualcuno che ha un po’ più di sale in zucca,” lo informò risoluto.
“E per lo scambio di lunedì?” chiese, ignorando il tono definitivo dell’uomo.
Sasori lo scrutò leggermente sconcertato dalla sua presunzione e insistenza.
“Spera che per allora le acque si siano calmate, altrimenti avrai altro
a cui pensare,” dichiarò conciso, prima di girarsi e andarsene,
lasciando il ragazzo ai suoi pensieri.
“Saranno la stessa persona? Questo Sasori dei messaggi e quello della
discoteca?” disse Ino sovrappensiero, più rivolta a se stessa che a
Shikamaru.
Stringeva ancora tra le mani la cartellina con il ritratto realizzato
da Sai e osservava distrattamente la strada familiare che li avrebbe
condotti al commissariato, cercando di mettere insieme i vari frammenti
del mosaico che si sforzavano di ricostruire da mesi.
“Di sicuro dovremo scegliere il modo più adatto per scoprilo, infatti
Tsunade-sama ci aspetta per fare il punto della situazione,” le rispose
il collega con tono pragmatico, sempre concentrato sulla guida.
La poliziotta lo guardò di sottecchi.
Quando era tornata in macchina, l’aveva accolta con un’espressione
seria dipinta sul volto, evitando ogni sorta di commento, ma era certa
che i suoi tentativi di civettare con il ragazzo, anche se mirati solo
a carpire informazioni, lo avevano quanto meno infastidito.
“Ma non ho dubbi che tu abbia già delle idee, dopotutto è sempre così,”
lo punzecchiò, sperando di trascinarlo finalmente in una
conversazione.
Shikamaru rimpianse all’istante di aver spezzato il mutismo in cui si
era rintanato attendendo di superare emozioni irrazionali e
controproducenti. Nonostante i rumori del traffico, la voce di
Ino e il brusio dei suoi pensieri, gli sembrava di sentire ancora ogni
singola parola che era stato costretto a sorbirsi attraverso una
ricetrasmittente, resistendo costantemente all’impulso di togliersela e
gettarla lontano. Sospirò prima di risponderle nel modo più
neutro possibile.
“Sì, tipo quelle che tendi ad ignorare,” affermò senza distogliere
l’attenzione dalla strada, anche se la fila di macchine annunciava la
vicinanza di un semaforo rosso.
Il cenno di un sorriso comparve sulle labbra di Ino.
“Beh, tutto si è svolto tranquillamente in ogni caso,” disse compiaciuta, sollevando il disegno per sottolineare le sue parole.
Shikamaru trasse un altro profondo sospiro.
“Certo, forse anche troppo,” replicò incapace di scacciare dalla sua voce il disappunto e la diffidenza che provava.
Quella breve operazione si era rivelata più semplice del previsto, lo
pensava da quando la poliziotta aveva lasciato la camera del liceale
senza intoppi. Per quanto volesse dar credito alle capacità recitative
dell’amica, nel suo stomaco si agitava l’irritazione per i toni che
avevano contraddistinto tutta la chiacchierata tra lei e il ragazzo, ma
anche il sospetto che ci fosse una nota stonata negli atteggiamenti del
nipote del sindaco. E quel sospetto era più che sufficiente a rendere
insopportabile l’idea che dovesse continuare a ronzargli intorno,
monitorando ogni suo movimento.
Fermando l’autovettura, il poliziotto sperò con tutto se stesso che le
loro indagini fossero davvero alle battute finali, perché non era
sicuro di riuscire a sostenere la situazione ancora a lungo. Era
immerso in tale considerazione quando percepì le dita affusolate della
collega appoggiarsi sul suo ginocchio e poi salire sulla sua gamba con
studiata lentezza. D’istinto si girò e incrociò i suoi occhi azzurri,
sempre più vicini man mano che Ino si sporgeva verso di lui, diminuendo
la distanza tra i loro visi.
“O forse è solo troppo geloso, ispettore,” lo canzonò con un sorriso malizioso.
All’improvviso, le sensazioni della sera precedente lo assalirono
insieme a una piacevole confusione e, non appena le labbra morbide
della poliziotta si scontrarono con le sue, avvertì la preoccupazione
sciogliersi velocemente, dissipandosi nella calda danza delle loro
lingue.
Quando ritenne di aver riconquistato la concentrazione necessaria e che
l’interrogatorio del ragazzo fosse ormai concluso, Kakashi si recò dai
colleghi, trovandoli davanti all’ufficio di Naruto. Il poliziotto
biondo conversava con Sasuke riguardo alle indagini, o almeno fu quella
la prima impressione ricevuta dall’espressione seria del suo viso,
finché non gli sentì pronunciare il nome di Sakura con tono lievemente
preoccupato. Si fermò all’istante e lanciò un’occhiata rapida
all’orologio del commissariato, calcolando che doveva essere trascorso
più o meno un quarto d’ora dalla loro discussione. L’assenza prolungata
della collega non era un segno positivo, ma sperò con tutto se stesso
che li avrebbe raggiunti a breve. Sospirò, infilando le mani nelle
tasche nei pantaloni, poi si avvicinò agli altri poliziotti
dissimulando fin da subito timori e preoccupazioni sotto un
atteggiamento tranquillo e posato, consapevole che fosse l’unico modo
per evitare un’atmosfera tesa e controproducente durante la riunione.
Confidava che comportarsi con distacco avrebbe impedito il sorgere di
sospetti su quanto accaduto tra di loro e avrebbe permesso a Sakura di
guardalo negli occhi e di parlargli normalmente, almeno di lavoro.
L’immagine della giovane donna, con il capo basso per non incrociare il
suo sguardo, gli attraversò la mente, ma la scacciò prima di annunciare
ai colleghi la sua presenza.
Quando Naruto gli domandò se l’avesse vista, finse di non sapere nulla,
impegnandosi a sostenere il suo disorientamento con aria rilassata e
nello stesso tempo rassicurandolo sull’arrivo probabilmente imminente
dell’amica. Per sopprimere un rinnovato senso di disagio nei confronti
della buona fede dell’ispettore, cambiò argomento di discussione
chiedendo di essere ragguagliato su quanto emerso durante la parte
successiva
dell’interrogatorio.
La loro conversazione fu interrotta pochi minuti dopo dal suono di
passi sempre più vicini e da Shikamaru che richiamava la loro
attenzione, salutandoli e domandando se il commissario li stesse già
aspettando. Prima ancora di voltarsi verso i nuovi arrivati, Kakashi
intuì dal sollievo comparso all’improvviso sui lineamenti di Naruto che
Sakura doveva essere con loro. Il giovane poliziotto riferì agli altri
che Tsunade-sama doveva ancora convocarli, poi lo superò svelto per
parlare con la collega.
Kakashi si girò, assumendo l’atteggiamento più neutro possibile mentre
osservava la poliziotta rispondere con una leggera risata alle domande
del compagno, adducendo una scusa per il suo ritardo, qualcosa sulla
necessità di accordarsi con Ino per trascorre insieme quella serata.
Gli parve di cogliere sul viso della Yamanaka un attimo di sorpresa,
subito seguito da un sorriso e da molte parole, abbastanza da far
dimenticare l’iniziale incertezza, nel caso fosse stata percepita da
qualcuno.
Forse Sakura voleva evitare Naruto. Quell’idea si intrufolò infida tra
i suoi pensieri, alimentando una cauta speranza, ma si affrettò a
cancellarla, anche perché la giovane donna sembrava ignorare
accuratamente la sua presenza. La voce del commissario, che li esortava
a entrare nel suo ufficio, contribuì ad aiutarlo a non ricadere in
tortuose e infruttuose
considerazioni.
Con il mento appoggiato sulle mani incrociate, Tsunade osservava in
silenzio i documenti davanti a sé mentre tentava di riordinare le idee
dopo il resoconto dei suoi poliziotti.
I vari tasselli che componevano le indagini delle ultime settimane
sembravano ricondurre a un unico luogo: la discoteca Alba, forse una
delle possibilità più ovvie, ma su cui era mancato fino ad allora
qualsiasi sospetto. Sentiva che da quel momento in poi avrebbero dovuto
agire con maggior cautela e il rischio ventilato da Naruto che in tutta
quella storia ci fosse il forte contributo della criminalità
organizzata confermava solo le sue sensazioni, anche se le sfuggiva
cosa rendesse l’ispettore così sicuro di tale affermazione. Nonostante
fosse plausibile, dalla spiegazione fornita sembrava mancare qualcosa,
ma decise di approfondire la questione in seguito.
“Prima di tutto, dobbiamo confermare in modo definitivo che la droga
sia davvero la stessa, recuperando direttamente dalla discoteca una
terza dose,” esordì, riflettendo su quale potesse essere il modo più
adatto. “Escluderei un’azione sotto copertura serale, ci esporrebbe
troppo…” proseguì sciogliendo l’intreccio delle sue dita e posando le
mani sul legno liscio della scrivania.
“Potremmo cercare tra i soggetti schedati per uso di droga qualcuno che
frequenti la discoteca, poi organizzare degli appostamenti per seguirlo
e fermarlo al momento più opportuno,” suggerì Kakashi.
Lanciò poi un’occhiata a Sasuke che mostrava un’espressione pensierosa
e, avrebbe osato dire, un po’ tesa, come durante il rapporto di Naruto
sulla visita all’Alba e sul recente interrogatorio.
“Forse qualche informatore potrebbe semplificarci il compito,”
aggiunse, attendendo un intervento del collega che si occupava di
solito dei contatti con gli informatori.
L’assenza di una sua parola in merito lo soprese e se il commissario
ebbe il suo stesso pensiero, come sospettava dal quasi impercettibile
sollevarsi di un sopracciglio, non lo dimostrò apertamente, limitandosi
a stabilire come avrebbero dovuto procedere.
“Va bene, Sasuke, tenta anche questa strada. Naruto e Sakura, voi
intanto trovate tra gli schedati qualcuno che abbia un qualsiasi
collegamento con la zona in cui si trova l’Alba, che vi abiti o sia
stato fermato da quelle parti. Predisporremo poi gli appostamenti,”
affermò, ricevendo un cenno d’assenso dagli interessati.
Sakura si costrinse ad annuire, sforzandosi di ingoiare ancora una
volta l’inquietudine che la irrigidiva dall’inizio della riunione.
Anche se lo aveva rimandato per quella sera, il confronto con Naruto
era inevitabile e la preoccupava cosa sarebbe successo al loro rapporto
personale e professionale. Gli ordini di Tsunade le ricordavano che
avrebbero dovuto continuare a lavorare insieme, in un modo o
nell’altro, e il timore che la loro sintonia potesse sparire le
stringeva lo stomaco in una morsa. Sentì la minaccia delle lacrime
avvicinarsi di nuovo, ma la voce del collega, oggetto dei suoi
pensieri, la aiutò a ricacciarle indietro, riportandola alla
realtà.
“Per quanto riguarda il barista coinvolto nello stupro, se dovessimo
scovarlo nei paraggi, teniamo d’occhio anche lui?” chiese il
poliziotto.
“Va bene, ma date sempre priorità al recupero della dose di droga. Se
anche lui è connesso ai traffici della discoteca, in ogni caso avremo
modo di arrestarlo a breve,” gli rispose Tsunade dopo un attimo di
riflessione, rivolgendo poi la sua attenzione verso Shikamaru e Ino.
“Mettiamo sotto controllo il numero di telefono che avete recuperato,
solo localizzandolo possiamo scoprire se il Sasori che dirige lo
spaccio a scuola è davvero la stessa persona che lavora in discoteca,”
proseguì.
“Se fosse lui, avremmo un altro collegamento tra i due luoghi, oltre
alla provenienza della droga. In ogni caso, credo che si dovrebbero
organizzare due retate contemporanee per prenderli di sorpresa ed
evitare che abbiano il tempo di nascondere eventuali prove,” ipotizzò
Shikamaru, man mano che nella sua mente si delineavano le battute
finali delle loro indagini.
Il commissario assentì con un lieve movimento del capo.
“Assicuriamoci che la data e il luogo dello scambio di droga non
cambino, intercettando le telefonate e continuando a sorvegliare il
nipote del sindaco. Intanto iniziate a ideare qualcosa per ridurre la
presenza degli allievi, nel caso il luogo rimanga la palestra della
scuola,” dispose.
“Parlerò con il preside domani stesso, credo che si possa far
coincidere con quel giorno un’uscita didattica dell’ultima ora o
qualcosa di simile che non sollevi sospetti,” intervenne l’ispettore,
cercando di scacciare il fastidio procuratogli dall’idea di Ino alle
prese con un liceale, per i suoi gusti, troppo ambiguo.
“Va bene, per quanto riguarda invece la discoteca, anche se
confermassimo che la fonte della droga è la stessa, dovremmo procedere
con prudenza,” avvertì Tsunade, appoggiando la schiena contro la sedia.
“Se come ritiene Naruto la criminalità organizzata è coinvolta in modo
diretto, l’operazione potrebbe rivelarsi molto delicata e con
prevedibili ostacoli.”
Posò poi lo sguardo indagatore sull’ispettore biondo che, sentendosi osservato, si irrigidì involontariamente.
“Detto questo, quali elementi ti rendono sicuro della tua ipotesi?
Certamente è sospetto che l’Alba sembri essere sfuggita fino ad ora a
qualsiasi controllo, ma potrebbe pur sempre essere uno dei tanti pesci
piccoli che ha tentato di ingrandirsi,” gli disse con tono pacato e
attese in silenzio una motivazione più dettagliata di quella iniziale.
Il poliziotto la fissò incerto su cosa replicare, consapevole che la
vera spiegazione non spettasse a lui. Era sul punto di girarsi verso
Sasuke per guardalo quando sentì la voce atona dell’amico terminare gli
istanti di attesa.
“Perché in discoteca lavora mio fratello,” affermò lui in modo conciso.
L’espressione del suo viso era quasi impenetrabile e rimase tale anche
davanti alle reazioni di evidente sorpresa dei colleghi. Se non fosse
stata per la ruga di tensione che gli increspava appena la fronte,
sarebbe apparso perfettamente calmo, tuttavia Naruto sapeva bene che
non era così.
“In che senso lavora all’Alba?” domandò il commissario con aria diffidente.
“Molti anni fa, fu coinvolto in un traffico di droga gestito da un
pezzo grosso della criminalità organizzata. È scappato e da allora non
ho più scoperto nulla di lui, finché…” le rispose Sasuke tutto d’un
fiato, ma si interruppe quando avvertì un nodo bloccargli la
gola.
Anche la versione più breve della storia di suo fratello era come un
blocco di cemento che lo schiacciava soffocandolo. Si sforzò di
mantenere un atteggiamento controllato mentre sentiva l’amico
giungergli in soccorso.
“Finché l’altro giorno non l’ho riconosciuto in discoteca,” completò la frase al suo posto.
Lo ringraziò mentalmente, deglutendo e recuperando il respiro che fino
a quel momento non si era accorto di aver trattenuto. Ignorò gli
sguardi stupiti che ancora percepiva su di sé e si concentrò sulla voce
dell’altro poliziotto.
“È quindi molto probabile che sia sempre la criminalità organizzata a
coprire e proteggere l’Alba. Se dietro Itachi c’era qualcuno di
importante, ciò potrebbe spiegare la mancanza di precedenti per il
locale o comunque di qualche sospetto. Inoltre Sasuke non è riuscito a
trovare suo fratello in tutti questi anni, pur essendo qui a Konoha.
Era come se non esistesse e lo stesso sembra valere per i dipenditi del
locale,” spiegò Naruto.
Tsunade lo ascoltò con attenzione, cercando di assimilare le nuove informazioni.
Non si sarebbe mai aspettata un coinvolgimento personale di un suo
poliziotto con un pregiudicato, per giunta latitante. In situazioni
simili, la logica avrebbe voluto che lo escludesse dal caso, tuttavia
Sasuke restava uno dei suoi migliori uomini che aveva condotto quelle
indagini fin dall’inizio senza errori e, nonostante tutto, sentiva di
potersi fidare di lui.
Emise un sospiro istintivo e rivolse lo sguardo sul poliziotto che attendeva compostamente una sua replica.
“Se davvero tuo fratello è collegato a questo caso come sembra, da
questo momento in poi confido nella tua totale professionalità. Non
costringermi a rivalutare la mia decisione,” affermò perentoria,
fissandolo seria e cambiando argomento solo quando ottenne una risposta
convincente.
“Non appena avremo le conferme di cui abbiamo bisogno, definiremo
meglio i dettagli per le operazioni finali. Ora siete liberi di
andare,” concluse, osservando poi i poliziotti che lasciavano il suo
ufficio e augurandosi che nei prossimi giorni filasse davvero tutto
liscio come speravano.
Note dell'autrice
Nonostante i tremila anni di attesa, questo capitolo è fondametalmente
un capitolo di transizione. Spero però che Sakura e Kakashi, e forse
anche Sasuke che un po' si è messo in gioco, siano riusciti a renderlo
più interessante.
La parte delle indagini è quella che mi sta dando molti problemi,
quindi pur cercando di renderle il più possibile realistiche credo che
chiuderò qualche occhio o questa storia rischia davvero di non arrivare
ad una conclusione. Mi premeva precisarlo perché fin dall'inizio ho
provato a gestire l'elemento poliziesco con attenzione, ma è evidente
che mi sono più congeniali le pare mentali dei personaggi
^^'
Grazie a chi lascerà un segno del proprio passaggioXD
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