Our Family

di crazy lion
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Our Family


 
 
 

Piccola prefazione

 
 
Non avrei mai pensato di scrivere una fanfiction sui Bangtan Boys, o BTS che dir si voglia. Ascolto principalmente musica in inglese, ma una mia amica con le sue storie mi ha fatta appassionare a questo gruppo e una conoscente mi ha dato le informazioni che mi servivano per scrivere questa fanfiction. Avendo quelle, tutto è stato più semplice e mi è venuto naturale.


Questa storia può essere letta come un’originale con i BTS come prestanome.
Non l'ho ambientata in Corea perché so che i coreani sono molto rigidi riguardo l'adozione da parte di coppie omosessuali, e sinceramente non so nemmeno se si possano fare. Ho cercato informazioni, ma non ho trovato nulla, così ho deciso di ambientare la storia a San Francisco. Conosco molto bene le leggi sull'adozione in California, perché le ho usate anche per un'altra storia ancora in corso, quindi quello non è stato un problema.


Spero di aver dato il giusto peso alle tematiche trattate e di aver approfondito abbastanza ogni cosa. Mi auguro che questa storia possa piacere a voi lettori almeno la metà di quanto piace a me. Mi ci sono impegnata molto, non è stato facile, anche perché è la prima volta che scrivo una storia con un prologo e un epilogo che, per me, sono stati i più difficili da scrivere. So che non tutti li amano, soprattutto i prologhi e che a volte li saltano, ma vi chiederei di non farlo perché sono importanti.


Questa storia mi resterà sempre nel cuore e, mi auguro, anche in quello di qualcuno di voi.

 
 
 

Prologo

 
Il salotto era piccolo ma confortevole, con un divano e due poltrone al centro e la televisione di fronte. Alle finestre erano appese tende color crema.
Due bambini stavano seduti sul tappeto. Davanti a loro c'erano due bambolotti. La bimba più piccola ne prese uno e disse, con una voce dolcissima:
"TaeTae, giochiamo? Giochiamo? Ti prego!"
Lui, che aveva dodici anni – sette in più di sua sorella – stava per dire di no. Le bambole non erano certo il suo gioco preferito, lui amava i giochi di guerra alla play station. Ma come avrebbe potuto resistere a quegli occhi da cucciolo?
"Va bene" rispose.
"Yay!" esclamò Mi Sun, alzando le braccia in aria.
Taehyung sorrise: adorava il suo entusiasmo anche per le più piccole cose, quello che lui non aveva più.
"Allora, io sono il papà e tu sei la mamma di questi bambini."
Taehyung si trattenne dal ridere.
"Non sarebbe giusto il contrario, visto che io sono un maschio e tu una femmina?"
"No, voglio che tu sia la mamma."
"Come preferisci, principessa."
Mi Sun arrossì. Tae la chiamava spesso così, perché aveva dei meravigliosi occhi scuri e una cascata lucente di capelli castani.
"Ciao, piccola!" esclamò Taehyung, rivolto alla bambola, con tutta la dolcezza possibile. "Vieni, è ora della pappa."
Con un dito a mo' di cucchiaio fece finta di darle da mangiare.
"Vuoi che ti aiuti?" chiese Mi Sun.
"No, me la cavo, tu dà da mangiare all'altro.
Una volta finito, li misero a dormire sul divano e si sedettero accanto a loro.
"Dov'è la nonna?" chiese la bambina.
"In cucina a preparare il pranzo."
"E il nonno?"
"Con la nonna. Hai bisogno di loro?"
Il sorriso sparì dal visino di Mi Sun, che si fece seria. Taehyung non l'aveva mai vista così. Che le mancassero mamma e papà? Loro due erano cresciuti con i nonni perché i genitori lavoravano fuori città, ma venivano a trovarli ogni venerdì e rimanevano fino alla domenica. Era giovedì.
"Mamma e papà torneranno presto" la rassicurò.
"Io non voglio essere una mamma che lavora sempre, voglio stare sempre con i miei bambini" rispose lei.
"Vuoi dei bambini?"
Poteva sembrare strano pensare già ai figli a quell'età, ma Mi Sun aveva un grande istinto materno non solo verso le sue bambole, ma anche verso i bambini più piccoli di lei.
"Sì, ne voglio almeno dieci. E tu?"
"Dieci? Non sono un po' troppi?"
"No, sono pochi, ma rispondimi!" insistette l'altra.
In tutta sincerità, Taehyung non sapeva cosa dire. Si era reso conto da un po' che gli piacevano i ragazzi. Era nato in America, negli Stati Uniti, da genitori coreani, e sapeva che gli USA erano molto più aperti della Corea riguardo l'omosessualità, ma era ancora confuso e troppo giovane per capire cosa voleva davvero.
"Non lo so" rispose. "Forse."
"Secondo me saresti un papà bravissimo. Ce l'hai una fidanzata?"
"No." Non mentiva. Molte ragazze gli andavano dietro, ma lui se ne disinteressava. "E non so se l'avrò. E tu?"
"Io ce l'ho, si chiama Kevin."
Inizi presto pensò Taehyung.
Poi gli tornò in mente Jungkook, il suo compagno di banco. Erano migliori amici, anche se da un po' di tempo Taehyung si sentiva attratto da lui in modo diverso. Non avrebbe saputo descriverlo, però, così si teneva tutto dentro.
"Mi canti la canzone che mi canta la mamma prima di dormire?" chiese Mi Sun al fratello.
"Hai sonno? Fra poco si mangia."
"No, voglio solo sentirla."
Per avere la madre più vicina, probabilmente, o almeno questo fu quello che pensò Taehyung. Non ricordava tutte le parole in coreano, ma ci provò e, dopo, la piccola parve più rilassata.
"Grazie."
"Figurati, piccola."
"Piccola? Io sono grande."
"Hai ragione, scusa."
"A tavola!" chiamò la nonna e i due fecero a gara a chi arrivava per primo.




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