L'estate
volgeva al termine e si era rivelata una stagione allegra e
divertente per Ross. Aveva gustato il piacere di vivere la sua casa e
la sua famiglia, di lavorare nella sua miniera e di ritrovare amici e
persone care che spesso non poteva vedere per mesi, quando era via in
missione. I suoi figli erano uno spasso, era un piacere vederli
crescere e giocare con la cuginetta Loveday
e
con le piccole di Dwight e Caroline e gli spiaceva pensare che presto
la bella stagione sarebbe finita e sarebbero dovuti partire per
Londra, più per dovere che per amore della
mondanità. Demelza si
affaccendava da settimane ai preparativi per
la
partenza, era il suo modo di sentire tutto sotto controllo per una
avventura a cui, di sicuro, avrebbe volentieri fatto a meno. Jeremy
sembrava il più felice di partire mentre Clowance pareva
intimorita
da quel mondo pieno di regole che poco amava, come lui. I tre bimbi,
beh... Per loro ogni cosa era un gioco e fra un litigio e una corsa,
fingevano di essere dame e lord londinesi,
esibendosi in strane e strambe scenette
che terminavano sempre con Demelza che ricordava loro che nella
capitale avrebbero dovuto fare i bravi ed essere estremamente
educati.
E
infine c'era Prudie...
Lei aveva chiesto abiti e grembiuli nuovi, come poteva d'altronde
affrontare Londra con i suoi vecchi stracci?
Santo cielo, portarla a fare compere si era dimostrata la
più
azzardate delle imprese in cui si era lanciato!
Quel
giorno erano in spiaggia, a fare l'ultimo picnic della stagione. Il
tempo era sereno ma il vento era cambiato e Ross fiutava nell'aria
l'odore della pioggia autunnale in arrivo, che avrebbe chiuso
l'estate e per un pò, la loro permanenza in Cornovaglia.
Dwight,
Caroline e le bambine avevano pranzato con loro e nel primo
pomeriggio erano rientrati a casa perché il medico aveva
delle
visite da fare e per le ore successive lui e Demelza erano rimasti
seduti su una coperta ad osservare i loro figli che si divertivano.
Jeremy aveva tentato di pescare, senza successo, Clowance era entrata
decine di volte in acqua in mutandoni e sottoveste e i tre piccolini
l'avevano imitata, con indosso solo le mutandine. Erano amanti della
natura, tutti loro. E amavano la vita della Cornovaglia, terra che
scorreva con furore nelle loro vene, gemelli compresi. Daisy amava il
mare e i racconti dei pirati, Demian amava disegnare sulla sabbia e
conosceva tutte le specie di uccelli che volavano sulle loro teste e
a parte quei capelli biondissimi che tradivano le loro origini
nordiche e l'amore per il freddo e la neve in inverno, ormai erano in
tutto e per tutto dei monelli del luogo, sempre pronti a combinare
guai in compagnia di Bella.
Il
sole stava tramontando e Jeremy stava rientrando a riva dopo una
nuotata mentre Clowance, alcune decine di metri più
distante,
cercava conchiglie con cui fare una collana.
Vicino
a lui e a Demelza, c'erano i tre bambini. Demian era fra le braccia
di sua moglie, che cercava di togliergli dai capelli la sabbia che si
era rovesciato addosso giocando, Daisy stava scavando una buca che
doveva portarla fino ai mostri al centro della terra di cui le aveva
parlato Prudie e Bella canticchiava e correva ovunque, andando a
disturbare prima una gemella e poi l'altro.
Quando
la bimba vide Jeremy uscire dall'acqua, gli corse incontro
cantandogli una canzoncina canzonatoria, visto che il fratello non
aveva pescato nulla. "Jeremy ci lascia senza mangiare, Jeremy ci
lascia senza mangiare perché non sa pescare".
Demelza
rise, accarezzando i capelli di Demian che rideva. "Per fortuna
ho sempre un piano di riserva quando voi uomini uscite a pescare".
"Quale
sarebbe?" - chiese Ross, incuriosito.
"Preparo
di nascosto un polpettone la sera prima".
Le
tirò un pò di sabbia, scherzoso. "Donna di poca
fede, non hai
fiducia in noi?".
Leo
gli tirò di rimando altra sabbia, aiutata da Demian. "Ohhhh,
certo che no! E faccio bene, come puoi vedere".
Nel
frattempo Jeremy prese Bella in braccio, facendola roteare nell'aria.
"Piccola monella, prova tu domani a pescare".
"Papà
dice che domani piove e io poi sono piccola e non sono capace. Ho
quattro anni mica quindici".
Jeremy
la rimise giù. "Si, hai quattro anni. E MEZZO! E sai solo
cantare, io invece so anche nuotare".
Bella
prese a saltellare. "Anche io, anche io voglio!".
"Vuoi
cosa?".
"Mi
insegni a nuotare, Jeremy?" - gli chiese, prendendogli la mano e
dondolandosi coi piedini nella sabbia.
"Jeremy,
attenzione con lei!" - lo richiamò Demelza dalla riva,
avendo
già capito che il figlio avrebbe accontentato la sorellina.
Lui
alzò un braccio. "Tranquilla mamma, la tengo a riva". E
così dicendo, le strinse la manina e la portò in
acqua. "Ti
insegno a nuotare!".
Bella
prese a saltare, esibendosi in gridolini di gioia. "Sì,
sìììììì!!!".
Jeremy
la portò a riva, dove l'acqua arrivava alla vita della
piccola, le
prese le manine e poi la trainò nell'acqua. "Muovi le gambe".
Bella
non se lo fece ripetere, muovendosi come una forsennata e schizzando
tutto e tutti.
Dalla
riva, Daisy li osservò dalla sua buca. "Anche io voglio".
"Io
no" - borbottò Demian, decisamente più pigro
della sorella e
molto più propenso a stare in braccio a sua madre.
Ross
accarezzò i capelli biondi di Daisy. "E allora vai, corri da
Jeremy e chiedigli di insegnare anche a te".
La
piccola non se lo fece ripetere e corse fino al fratello.
Jeremy
si bloccò e sul suo viso scomparve ogni segno di
divertimento. "Sei
troppo piccola!" - la apostrofò appena la ebbe davanti.
Ross
osservò la scena, incupendosi quanto Demelza. Jeremy era
così
paziente ed affettuoso con Bella e Clowance mentre coi gemelli era
scostante e spesso brusco. Non che non se ne prendesse cura e quando
si era trovato da solo a badare a tutti i fratellini perché
loro
erano fuori casa per delle commissioni a Truro, lo aveva fatto
egregiamente e senza obiettare. Però c'era quel qualcosa in
lui che,
se non necessario, lo teneva lontano dai gemellini... Si chiese
perché facesse così, cosa gli ribolliva dentro e
quale fosse il
motivo del suo apparente astio verso quei due bambini che lo
adoravano e veneravano. Ross lo sapeva che non era da Jeremy
comportarsi così e che qualcosa doveva turbarlo ma sapeva
anche che
non sarebbe stato facile riuscire a convincerlo a confidarsi. Aveva
il carattere dolce e gentile di Demelza ma era anche chiuso come il
più testardo dei Poldark. Era chiuso quanto lui.
Daisy
invece non si fece scoraggiare. "Non sono piccola, sono quasi
grande come Bella".
Jeremy
voltò lo sguardo a fissare la sorellina che teneva per le
mani. "Non
posso insegnare a tutte e due, torna a fare la tua buca e a cercare i
tuoi mostri".
Daisy,
che non amava i no ed era autoritaria quando sentiva di essere
vittima di ingiustizie, picchiò il piedino nel mare,
schizzandolo.
"No! Voglio imparare come Bella".
"Tu
non sei Bella" - rispose Jeremy, seccamente.
E
quella frase parve colpire nel segno perché gli occhi di
Daisy si
inumidirono e tornò indietro in lacrime dai genitori. Sapeva
di non
essere Bella, Jeremy glielo ricordava fin troppo spesso.
Trovò
rifugio fra le braccia di Ross che la strinse, accarezzandola. "Su, non
piangere! Jeremy non può insegnare a tutte e due e Bella
glielo
ha chiesto prima".
Daisy
tirò su col naso mentre Demelza si avvicinava con Demian per
asciugarle le guance. "Ma anche se arrivo prima, Jeremy mi dice
di no".
Ross
e Demelza si guardarono negli occhi, consapevoli che lei in fondo
avesse ragione. Ma ovviamente non potevano dirlo...
Demelza
le accarezzò la guancia. "Tesoro, hai un anno in meno di
Bella.
Il prossimo anno sarai grande come è lei adesso e Jeremy ti
insegnerà a nuotare. O lo farà papà".
"O
io" - aggiunse Demian che non stava a galla nemmeno nella
tinozza, ridendo.
Daisy
guardò Ross. "Davvero mi insegni?".
"Davvero"
- le rispose, baciandola sulla fronte. Poi guardò Jeremy
che,
imbronciato, si era fermato sulla riva a giocare con Bella,
imponendosi di non intervenire in quella faccenda che lo aveva visto
al centro dell'attenzione coi gemelli. Era Bella la sua sorellina e
suo padre doveva pensare ai gemelli. Non lui! Lui non li aveva
portati a casa loro, era stato suo padre chissà
perché e chissà
per come... E toccava a lui prendersene cura!
Di
umore parimenti cupo per quell'inconveniente, Ross decise che era ora
di parlare da uomo a uomo con Jeremy e che lo avrebbe fatto subito.
"Recupera Clowance e coi bambini vai a casa" - disse a
Demelza. "Ormai è tardi e fra poco sarà buio".
Demelza
annuì. "E tu?".
"Io
metterò a posto al riparo le nostre barche nella grotta,
domani sarà
giornata di pioggia e non voglio lasciarle arenate nella sabbia. Con
la nostra partenza per Londra settimana prossima, chissà
quando
potremo usarle di nuovo. Chiederò a Jeremy di darmi una mano
e poi
rientrerò con lui".
Demelza
comprese cosa volesse fare senza che lui glielo spiegasse.
"Sì,
mi sembra una buona idea".
"Cosa?".
"Restare
solo con lui e parlargli".
Ross
si stiracchiò, rimettendo Daisy nella sabbia, ormai
perfettamente
rasserenata. "Speriamo solo che serva".
Demelza
sospirò. "Speriamo".
...
Era
quasi buio e mancava poco all'ora di cena quando finirono di
sistemare le loro due barche nella grotta. Durante l'estate erano
servite per pescare oppure per semplici escursioni lungo la costa
assieme a Demelza o per far divertire i bambini. Daisy, soprattutto,
amava veleggiare e giocare a fare la regina dei pirati e crescendo,
sembrava avere il mare e le avventure nelle sue vene... Discendeva in
fondo dai vichinghi e da loro doveva aver preso tempra e carattere.
Anche Demian discendeva dai Vichinghi ma a differenza della sorella
era più tranquillo, combinava mille guai ma lo faceva in
silenzio ed
era attratto più che altro dalla natura e dall'arte.
Jeremy
coprì le due piccole imbarcazioni con dei teli e poi si
asciugò il
sudore. "Credi che pioverà molto?".
Ross
annuì. Conosceva i venti della Cornovaglia e sapeva che
quando
soffiavano in una determinata direzione, portavano vento e pioggia.
"Credo sarà un autunno piovoso a
cui seguirà
un inverno freddo".
Jeremy
sorrise. "Allora sarà comodo starcene nel lusso e nel
calduccio
di Londra".
Ross
rise. "Non ho mai considerato Londra 'comoda' ma portatrice di
guai. Eppure è lì che dovremo essere".
"Io
sono contento, potrò andare a vedere qualche macchina a
vapore".
"Io
sono meno contento perché dovrò vedere quei
palloni gonfiati che
affollano
Westminster". Poi osservò suo figlio
e visto che in quel momento sembrava particolarmente loquace
decise
che era il momento giusto per portare
la discussione su argomenti più intimi e delicati. "Davvero
non
ti spiace partire?".
Jeremy,
mentre uscivano dalla grotta, parve sorpreso da quella domanda. "No,
perché?".
"Beh,
lascerai quì molti amici e magari... qualche amica".
Jeremy
arrossì. "Oh, non ho amiche e i miei amici li
rivederò
comunque in primavera quando torneremo, non scapperanno".
"No,
certo. Ma magari una nuova casa, una nuova città e tanti
fratellini
attorno... senza amici della tua età da frequentare...".
Jeremy
sorrise di nuovo. "Ne troverò di nuovi, Londra è
grande. E poi
sono curioso di vedere come saranno questi grandi ricevimenti a cui
ci porterai, non riesco ad immaginarmeli e spero di fare bella
figura".
"Oh,
non ne dubito".
"Grazie
papà".
Ross
annuì,
ma poi tornò al fulcro della discussione che più
gli premeva
affrontare.
"Senti, posso parlarti di prima... di quanto successo con
Daisy?".
Jeremy
si irrigidì e poi chinò il capo, se lo sentiva
che sarebbe arrivata
una ramanzina e che il discorso sarebbe virato in quella direzione.
"Sei arrabbiato?".
Ross
si fermò a pensare a quanto poco a volte sembravano
conoscersi lui e
Jeremy e come imprevedibili fossero le reazioni di entrambi quando
erano faccia a faccia. Suo figlio stava diventando un uomo e ora era
tutto più complicato rispetto a quando era piccolo. E lui
non era
bravo quanto Demelza ad affrontarlo
e comprenderlo.
"No, non sono arrabbiato. E' solo che vorrei capire...".
"Cosa?".
"Perché
sei il migliore dei fratelli per Clowance e Bella e invece sei
così
distaccato coi gemelli".
Jeremy
alzò le spalle, irritato da quella domanda la cui risposta
in fondo
era ovvia. "Non sono i miei fratelli".
Anche
Ross si irrigidì, in difficoltà. "Io e tua madre
li abbiamo
adottati e per noi sono figli nostri come voi tre. E come Julia. E
quindi sono a tutti gli effetti vostri fratelli, se non di sangue, di
certo di cuore".
Jeremy
alzò il viso ad affrontarlo. "Cioé, gli volete
bene come a
noi?".
Ross
restò
spiazzato da quella domanda ma poi,
attento a scegliere le parole giuste per non ferirlo,
si decise a rispondergli nel modo più gentile possibile.
Gli poggiò la mano sulla spalla mentre nella sabbia
camminavano
verso casa. "Non hanno nessuno, solo noi. Io e tua madre siamo
gli unici genitori che abbiano mai conosciuto e voi siete i loro
fratelli. Daisy e Demian non sanno la verità, sono troppo
piccoli
per capire e sono felici così. E per loro sei il loro eroe,
il
fratello maggiore da imitare e da cui imparare.
E sì, io e tua madre li amiamo come amiamo ogni membro della
nostra
famiglia e tutti coloro che fanno parte della nostra vita e del
nostro mondo".
Jeremy
abbassò lo sguardo, rifiutandosi di guardarlo in viso.
"Demian
adora la mamma, non me. Il suo eroe è lei, non io".
Ross
scoppiò a ridere. "Sei geloso di un bimbo di tre anni?".
"No,
ovviamente. Ma è lei la sua preferita".
Strinse
la presa sulla spalla del figlio. "E per tua madre tu sei il suo
sole, il figlio che più gli è nel cuore. Ama
tutti ma ai suoi occhi
sei speciale".
"Lo
so ma... noi... senza i gemelli stavamo bene lo stesso.
Perché li
hai portati a casa? Perché TU?".
"Perché
non avevano altre opportunità e lo sai bene. Cosa ti costava
giocare
con Daisy, prima, come stavi facendo con Bella?".
"E'
piccola, poteva bere, poteva farsi male".
Ross
scosse la testa, Jeremy si stava arrampicando sui vetri. "Lo sai
bene che queste sono scuse... Provaci, prova a stare con lei o Demian
come fai con Clowance e Bella. Te lo chiedo per favore. Oppure dimmi
cosa c'è che non va, perché non riesci ad
affezionarti a loro e
proveremo a risolvere la cosa insieme".
Jeremy
non rispose e Ross insistette. "Hei...".
Il
ragazzino alzò gli occhi su di lui mentre le luci di Nampara
si
cominciavano ad intravedere in lontananza. "Tu a quindici anni
riuscivi a dire tutto a tuo padre?".
Ross
rimase spiazzato,
ripensando a quanto poco avesse sentito accanto la figura paterna da
ragazzo.
Ma
si augurò, pur fra mille errori, di essere un padre diverso.
"N...No
ovviamente".
"Beh,
nemmeno io. E' che... Non lo so, mi sembra tutta una storia strana e
ho paura che il segreto che i gemelli si portano dietro, sia
pericoloso per la nostra famiglia".
Ross
annuì. "Non era la piena verità ma una parziale.
Per ora
doveva però farsela bastare perché estorcere
qualche cosa a Jeremy
era spesso un'ardua impresa. "E' un rischio che io e tua madre
abbiamo deciso di correre e per ora è andato tutto bene, tu
non devi
preoccuparti di questo. Siamo una famiglia e i gemellini sono dei
Poldark e per quanto mi riguarda, regalano gioia a tutti noi. Prova a
goderne anche tu".
"Ci
proverò" - disse Jeremy, non del tutto convinto.
Ross
sorrise. "E quando vorrai parlarmi delle tue paure e di cosa
provi davvero, io sarò pronto ad ascoltarti".
Jeremy
rispose al sorriso, anche se ancora incerto. "Me lo
ricorderò".
E
insieme si diressero a Nampara per gustare una buona cena,
ringraziando intimamente Demelza per la scarsa fiducia nelle loro
abilità di pescatori.
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