Diciottesimo
Capitolo Diciottesimo
Ci vollero tre giorni agli scagnozzi di Takeshi per trovare quante più
informazioni disponibili sul loro obbiettivo: Shin Hasegawa era un uomo
benvoluto in paese, soprattutto dalle donne.
Avevano scoperto che le sue
preferite erano quelle timide, restie e facili alle lacrime, cosa che
fece storcere il naso a Miyako: era proprio il tipo di donna che le
veniva difficile interpretare.
«Non riuscirai mai a diventare quel tipo di donna».
La voce di Chikage espresse ad alta voce i suoi pensieri, attirando sull’oni le attenzioni dei presenti.
«Non sottovalutarmi come sempre, Chikage-san» rispose Miyako, lanciando sguardi di fuoco all’oni che ghignò.
«Sono proprio curioso di vedere come terrai a freno la lingua davanti a quell’uomo».
«Non ti sarà permesso avvicinarla
da domani mattina» s’intromise Takeshi «Non deve avere alcun
collegamento con la nostra famiglia. Da stanotte Miyako alloggerà in
una locanda del paese da sola».
«E da domani inizierò a circuire Shin Hasegawa» concluse Miyako, sorridendo all’uomo.
*
Dopo cena la donna si ritirò
nella sua camera per recuperare le armi e le sue cose per dirigersi
alla locanda dove avrebbe vissuto fino alla fine della missione.
Aprì lo shoji trovandosi davanti Chikage. Non lo aveva nemmeno sentito arrivare da tanto era presa a impacchettare le sue cose.
« Riuscirai a non farti ammazzare?».
«Oh, come sei gentile a preoccuparti per me. Se sono sopravvissuta a te, ce la farò anche questa volta».
« Essere una donna timida e
restia è impossibile per te» ripeté l’oni, vedendo che Miyako abbassava
la testa ed evitava il suo sguardo.
La vide anche chiudersi leggermente con le spalle e torturarsi una delle maniche del kimono.
«Cosa diavolo stai facendo?» le chiese, vedendo che la donna non alzava ancora la testa «Mi stai irritando, donna».
Miyako lo guardò e Chikage dovette indietreggiare perché la donna aveva le lacrime agli occhi.
«Mi dispiace, Chikage-san» disse
Miyako asciugandosi le lacrime e tornando poi al suo consueto sguardo e
atteggiamento « Se ho spaventato anche te, vuol dire che ancora una
volta hai sottovalutato le mie capacità. Sayonara, ci rivedremo quando
verrò a riscuotere il mio pagamento» disse la ragazza che con un balzo
sorpassò la ringhiera che correva lungo il corridoio esterno del
palazzo e atterrò agilmente nel cortile, per poi partire di corsa verso
il paese.
«Non conosce le buone maniere» disse una voce femminile alle spalle di Chikage «Ma sembra sapere cosa fare».
Chikage si voltò verso Mizuho la quale s’inchinò davanti all’oni e proseguì oltre.
Quella donna aveva ragione:
Miyako non era né femminile né educata, ma sapeva che nel suo lavoro
nessuno la superava, almeno non tra le donne.
Chikage si voltò e prese a camminare verso la sua camera, cercando di smettere di pensare a quella donna dai modi rudi.
*
Il mattino successivo Miyako si
vestì in fretta e iniziò a camminare per le vie del paese: molti uomini
la guardavano, ma lei manteneva la testa bassa completamente
concentrata nella sua recitazione.
Alcuni uomini si avvicinavano a lei chiedendole se fosse nuova del posto e se avesse bisogno di qualcosa.
Miyako, fedele al suo
personaggio, rispondeva a balbettii spaventati tenendo la testa bassa,
fino a quando una voce maschile non fece allontanare tutti.
Davanti a lei stava un uomo di
circa trent’anni, moro con gli occhi scuri e un bel viso: Shin Hasegawa
aveva fatto la sua apparizione per soccorrere una povera ragazza in
difficoltà.
«Tutto bene?» le chiese, sorridendo.
«Sì, la ringrazio» rispose Miyako, inchinandosi davanti all’uomo.
«Sei nuova di qui, vero? Non ti ho mai vista».
«Sono arrivata questa mattina
molto presto. Sono in viaggio per trovare un luogo dove stabilirmi,
poiché il mio villaggio natale è stato distrutto dalla guerra» spiegò
Miyako, che non si azzardava a tenere lo sguardo fisso su quello
dell’uomo per più di pochi secondi, aumentando così la sensazione che
fosse timida.
«Se vuoi posso aiutarti a cercare qualcosa. Mi chiamo Shin Hasegawa».
«Harumi Sato. Piacere di fare la sua conoscenza, Shin-sama».
«Suvvia non essere così formale, sono piuttosto giovane. Harumi-san da dove vieni?».
«L’ultima città in cui sono stata
un po’ di tempo era Kyōto» mentì la ragazza, mentre camminava fianco a
fianco con il suo obbiettivo.
Nascosti nelle ombre di alcune
vie, intanto, i due fratelli Chikage osservavano da lontano e su ordine
del padre se Miyako aveva o meno iniziato la missione.
«Devo dire che questo lato di Miyako-chan non è per niente male…» disse Yuichi.
«Stai ancora pensando cose poco
consone, vero Yuichi?» gli chiese Chikage, senza ottenere nessuna
risposta dal fratello che gongolava come un idiota alla vista della
versione timida di Miyako.
«Andiamo, idiota. Dobbiamo
informare nostro padre che la missione è iniziata bene» disse Chikage,
afferrando il fratello da un gomito e trascinandolo via.
*
La missione di Miyako era
iniziata da una settimana e procedeva piuttosto bene: la ragazza aveva
ricevuto due inviti a cena da parte di Shin, il primo in un ristorante
del paese mentre il secondo a casa sua.
L’uomo era evidentemente
piuttosto abbiente, poiché la casa, nonostante fosse su un solo piano,
era molto grande e con parecchie stanze. Gli shoji non erano pregiati
come quelli a palazzo Chikage , ma erano comunque di buona fattura.
La ragazza fu accompagnata da una delle cameriere nella sala da pranzo dove Shin l’aspettava in compagnia delle sue guardie.
Miyako decise che era giunto il momento di spingersi oltre e chiese, sempre mantenendo un contegno timido e misurato:
«Perdona la mia impertinenza Shin-san, ma come mai sei sempre circondato da tante guardie?».
L’uomo le sorrise e disse: «Non
sei impertinente ed è una domanda piuttosto frequente. Ho avuto qualche
disguido con coloro che governano questa città ed ora ho timore delle
loro ritorsioni».
«Sono così terribili?».
«Sono di razza oni. E non sto scherzando» le rispose l’uomo, vedendo che la ragazza si era spaventata.
«Come possono degli oni governare su un paese di esseri umani? Non si cibano di noi?» chiese la ragazza.
«No, non ti preoccupare. Questi
oni sono sufficientemente civili e non hanno mai fatto del male a
nessuno, a meno che non si fosse messo contro di loro. Ed è per questo
che temo per la mia incolumità».
«Ti sei ribellato?».
«Esattamente ed ovviamente non
sono molto contenti di ciò» spiegò l’uomo prima di sospirare e
aggiungere «Non parliamo più di questi problemi e godiamoci la cena
insieme, d’accordo Harumi-san?».
Miyako si limitò ad annuire.
Mentre tornava in paese si
sentiva osservata e seguita: si guardava continuamente in giro per
capire chi fosse a pedinarla anche se un sospetto lo aveva già.
Si fermò di botto davanti ad un negozio e con la coda dell’occhio vide un lampo bianco sparire in uno dei vicoli.
Camminando piano, con la mano già
dentro l’obi e serrata intorno ad un kunai, Miyako entrò nel vicolo
dove due forti mani l’afferrarono alle spalle, bloccandole i movimenti.
«Come sei coraggiosa Miyako-chan. Infilarsi in un vicolo buio da sola» la prese in giro la voce di Yuichi.
«Cosa diavolo ci fa qui? Potresti rovinarmi la copertura!» gli disse, senza che questi la lasciasse andare.
«Sentivo la tua mancanza…»
rispose l’oni affondando poi il naso nei capelli neri di Miyako che non
poté trattenere un verso di stupore.
«Yuichi» lo richiamò la voce di Chikage «possibile che debba sempre comportati da idiota?».
Il Kazama maggiore lasciò andare la presa su Miyako la quale riservò loro uno sguardo di disapprovazione.
«Non dovete avvicinarvi a me, cosa c’è di complicato da capire?».
«Io sono solo venuto a recuperare quell’idiota di mio fratello che è sgusciato fuori da palazzo come un verme».
«Yuichi-san, sono contenta che
sei preoccupato per me, ma so cavarmela da sola»disse Miyako «Quindi
non fatevi vedere intorno a me, d’accordo? Se dovete controllare
l’esito della missione fatelo da lontano».
«Mi dispiace Miyako-chan, ma ora
che ho sentito ancora il tuo odore, posso andarmene soddisfatto»
rispose Yuichi, seguendo il fratello fuori dal vicolo, lasciandovi una
Miyako sbalordita.
*
Passarono altri dieci giorni
prima che Shin la invitasse di nuovo a casa sua per cena. Miyako non
sapeva perché, ma sentiva una sorta di disagio crescente, come se
qualcosa in Shin fosse cambiato nel tempo.
Sembrava più guardingo e rigido rispetto ai primi tempi.
Anche le sue guardie continuavano a lanciarle occhiate strane, ma non riusciva a capire cosa significassero.
Con sua somma sorpresa quella
sera la cena era solo per loro due: forse l’uomo voleva spingere il
loro rapporto più in là e desiderava la privacy?
Mangiarono in silenzio e la
sensazione di disagio crebbe in Miyako per via delle continue occhiate
che Shin lanciava allo shoji dietro il quale vi erano le sue guardie.
«È successo qualcosa, Shin-san?» gli chiese.
L’uomo sembrò ponderare bene la
risposta, prima di dire: «So da fonti certe che i Kazama hanno
assoldato un ninja per eliminarmi e mi hanno anche detto che sarebbe
stata una donna».
Miyako sapeva già di essere
fregata. Qualcuno aveva spifferato la sua vera identità, ma doveva
fingere di nulla fino a quando non era certa che la sua farsa fosse
stata smascherata.
«Harumi-san sono un uomo di
grande intelligenza e non mi ci è voluto molto a capire che quasi
sicuramente sei tu» disse l’uomo alzandosi ed estraendo la katana.
«Ottima deduzione, Shin-san»
rispose Miyako, alzandosi a sua volta «Permettimi di presentarmi: il
mio nome è Morte Nera» disse la ragazza.
«Non uscirai viva da qui» rispose Shin che al sentire quel nome era rabbrividito.
L’uomo attaccò Miyako, la quale
schivò con agilità e sorprendente facilità i vari affondi, prima di
prendere uno dei kanzashi con il quale teneva i capelli legati e
piantarlo nella spalla dell’avversario, sbilanciatosi dopo un attacco
avventato.
«Non avete possibilità contro di me Shin-san».
Miyako vide l’uomo ghignare e le guardie entrarono in blocco nella sala.
Con un gesto secco Miyako
estrasse due kunai e alcuni shuriken dall’obi e con gesti veloci, ma
precisi, colpì cinque delle dieci guardie: due stramazzarono al suolo
immediatamente con la gola squarciata, mentre le altre si fermarono
perché avevano entrambe le gambe ferite.
Shin urlava ai suoi uomini di
attaccare e di non farsi battere da un’insulsa donna, ma sapeva che con
quella kunoichi non avrebbero avuto vita facile.
Miyako riprese a lanciare Kunai e
shuriken guardandosi intorno per trovare una via d’uscita: doveva
fuggire da lì o sarebbe morta, poiché le guardie erano davvero troppe e
stava finendo le armi che portava con sé.
Abbassandosi rapidamente tirò
fuori un tanto da sotto il kimono e prese a duellare con una delle
guardie che era scampata alla pioggia di lame.
Ne erano rimaste tre in piedi
ancora in grado di combattere e Miyako sapeva non ce l’avrebbe fatta,
anche perché la vista le si stava offuscando e capì immediatamente cosa
fosse accaduto.
«Mi ha drogato, vile codardo» disse la ragazza all’indirizzo di Shin, il quale ghignava.
«Ovviamente. Sapevo di avere a
che fare con una kunoichi potente. Devo ammettere che mi dispiace fossi
davvero tu, sei davvero attraente» le disse, mentre Miyako scivolava
nell’incoscienza.
Si risvegliò nella più completa
oscurità con la testa che pulsava e la vista annebbiata: quel bastardo
l’aveva drogata pesantemente.
Sentiva anche un forte dolore
alla schiena, ai polsi e alle caviglie: una volta che la vista le si
aggiustò capì di essere stata ammanettata e probabilmente si trovava in
una cella.
Sentì, con sommo dolore per la
sua povera testa dolorante, la porta della stanza dove si trovava
aprirsi con un cigolio assordante e tre figure maschili sulla soglia.
«Vedo che la nostra piccola
combattente si è svegliata. Chi avrebbe mai pensato che un fuscello
potesse eliminare quattro valorosi guerrieri quali erano le mie guardie
e ferirne altri tre?» disse la voce di Shin, che aveva sempre trovato
irritante, ma mai quanto in quel momento.
L’uomo le si avvicinò, tenendo in
mano una lampada ad olio che permise alla ragazza di capire dove si
trovasse: erano in una specie di cantina, probabilmente interrata.
Intorno a lei vi erano delle bottiglie scure, contenete forse del sakè.
Shin le era di fronte e puntava
direttamente la lampada sul viso di Miyako, la quale chiuse gli occhi e
trattenne a stento un verso di dolore: seppure fievole quella fonte di
luce le mandava lampi nel cervello dove l’emicrania non era affatto
diminuita.
« Oh, vedo che il mal di testa
ancora non è passato. Sono così spiacente di averti drogato, ma eri
troppo pericolosa. Ora vediamo di capire chi e perché ti ha mandato,
anche se ovviamente un sospetto ce l’ho».
«Va all’inferno» rispose la ragazza, guardandolo direttamente negli occhi.
«Vedo che ha dismesso
quell’assurda recita della ragazza timida. Non hai intenzione di dirmi
chi ti ha mandato?» le disse avvicinandosi al viso di Miyako, la quale
rimase silente.
L’uomo allora perse
immediatamente le staffe e le diede un potente schiaffo, tanto che il
labbro della ragazza sbattendo contro i denti prese a sanguinare
riempiendole la bocca già secca di uno sgradevole sapore ferroso.
«Te lo chiederò un’ultima volta:
chi ti ha mandato?» disse Shin, avvicinandosi ancora alla ragazza che
questa volta non perse l’occasione per esprimere la sua opinione
sull’uomo: gli sputò in faccia una mistura di sangue e saliva che fece
infuriare ancora di più Shin, il quale, dopo essersi ripulito diede un
altro schiaffo alla donna, seguito da un calcio allo stomaco ed infine
la prese per i capelli.
«Ti torturerò in modi talmente dolorosi che finirai per parlare, implorare pietà e nemmeno tua madre ti riconoscerà» le disse.
Miyako lo guardò dritto negli occhi e si mise a ridere dicendo:
«Credi davvero che implorerò un misero essere umano quando non l’ho fatto nemmeno di fronte ad un oni?».
Shin la lasciò andare e dopo
averle dato una violenta spinta che la fece cozzare contro il muro, se
ne andò seguito dai suoi scagnozzi.
Miyako rimase di nuovo solo nel buio più totale, piena di dolore e rabbia.
Ebbene sì, sono viva. Lo so che non aggiorno da tanto, ma la
vita è stata un po' impegnativa. Spero di essere più costante, ma non
alzate troppo le vostre aspettative e speranze. Qualora vi fosse
qualche errore indicatemelo pure, poichè ho pubblicato, ma ho riletto
molto velocemente.
Alla prossima
Elena.
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