Cap. 18: Towards the sun
We always forget
That our days are counted
And they never come back
Here we are
Our existence but a shooting star
What makes you feel alive
Is right here tonight
Here we burn
As we're rising towards the sun
Drifting away, we try
To chase our dreams on the fight!
(“Towards the sun” – Frozen Crown)
Tutto sommato pareva
proprio che Bjorn avesse preso la decisione giusta scegliendo di non attaccare
per primo Re Harald, come invece avrebbe voluto Ivar. Qualche giorno dopo,
infatti, giunsero a Kattegat alcuni messaggeri provenienti da vari Regni della
Norvegia e chiesero di poter parlare al Re e alla Regina. Ovviamente anche
Ivar, Aethelred, Hvitserk e Helgi erano presenti al colloquio: Hvitserk, Helgi
e Aethelred erano ormai fidati consiglieri di Bjorn, mentre Ivar adorava
mettere sempre il naso nei fatti che non lo riguardavano!
“Mio Re e mia Regina,
vi porgo i saluti del mio sovrano, Re Eyvaldr” disse uno dei messaggeri. “Il
mio Signore è tornato nel suo Regno ed è molto infuriato con Re Harald. Ha
votato per lui invece che per te soltanto perché Kjetill, un vassallo di
Harald, gli aveva promesso che gli avrebbe concesso il dominio sulle colonie
del Wessex… ma era una menzogna!”
Bjorn si incupì.
“Dunque è stato
questo Kjetill a mentire al tuo Re per ordine di Harald?” domandò, truce.
“Non so se fosse su
ordine di Re Harald ma penso di sì, mio Signore” rispose il messaggero. “Ad
ogni modo è stato Kjetill a parlare con il mio Re e a promettergli cose non
vere.”
“La stessa cosa è
accaduta alla mia Regina Sigrun” intervenne un altro messo. “Kjetill le disse
che, se avesse votato per lui, Re Harald poi le avrebbe fatto sposare il
potente sovrano che possiede il Regno confinante, Re Kjotvi, così che avrebbero
potuto unire i loto territori e creare un regno più grande e ricco. Non era
affatto vero, Re Kjotvi ha già una moglie e non aveva nemmeno mai pensato ad un
eventuale unione con la mia Signora.”
Tutti i messaggeri,
l’uno dopo l’altro, riportarono più o meno la stessa storia, con trascurabili
varianti sulla ricompensa: Kjetill era andato a parlare con il loro Re, Regina
o Jarl che fosse, promettendo loro che Re Harald li avrebbe ricompensati
generosamente se avessero votato per lui come Re di tutti i Norreni. I sovrani,
illusi, avevano votato per Harald che poi, però, non era stato in grado di
mantenere ciò che era stato loro promesso… anche perché, in effetti, non ne
aveva né il potere né l’autorità. Intanto, però, lui era diventato Re dei
Norreni e chi aveva votato per lui era rimasto fregato!
Un silenzio carico di
tensione era sceso sulla Sala Grande.
Lo spezzò Helgi,
pallidissimo e con voce tremante.
“Quindi… questo
Kjetill adesso è… è diventato il braccio destro del Re dei Norreni?” domandò,
senza sapere bene a chi. Hvitserk gli prese un braccio e lo strinse
affettuosamente per fargli sentire che era lì e che non lo avrebbe lasciato
solo.
I messaggeri si
guardarono tra loro, perplessi, ma poi uno prese la parola.
“Il mio Signore, Jarl
Oddmarr, è stato l’ultimo a lasciare Tamdrup. Ero con lui quando è andato a
inveire contro Re Harald perché non gli aveva donato le terre promesse e c’era
anche Kjetill” narrò il messo. “Re Harald ha tentato di calmarlo proponendogli
di… beh, re Bjorn, non c’è un altro modo per dirlo… Harald ha proposto al mio
Jarl di unirsi a lui per muovere guerra a Kattegat e sottometterti. Gli ha
promesso che, se fosse stato suo alleato, una volta ucciso te lo avrebbe incoronato
Re di Kattegat.”
“E il tuo Jarl cosa
gli ha risposto?” sibilò Bjorn.
“Il mio Signore lo ha
guardato come se fosse impazzito, poi ha replicato che non avrebbe mai e poi
mai combattuto contro il vero Re dei
Norreni, contro l’eroe che ha salvato la Norvegia dai Rus’, che era stato un
idiota a lasciarsi abbindolare dalle sue menzogne e a votare per lui, ma che
non avrebbe mai più commesso lo stesso errore” spiegò il messaggero, tutto
fiero della risposta del suo Jarl. “La mattina dopo siamo ripartiti verso le
terre di Jarl Oddmarr, lasciando Re Harald ormai solo, abbandonato da tutti i
suoi alleati.”
“L’intenzione di Re
Harald è comunque quella di conquistare Kattegat” si intromise Ivar. “Avevo
ragione io a volerlo attaccare!”
“E Kjetill… Kjetill
lo aiuterà in questa battaglia, anche se non hanno altri alleati” disse Helgi,
sempre più spaventato. “Kjetill conosce benissimo questi luoghi e saprebbe far
entrare truppe di soldati da dove non ci aspettiamo.”
“In realtà Kjetill
non è più con re Harald” disse il messaggero, cogliendo tutti di sorpresa.
“Mentre io seguivo il mio Signore che usciva dalla dimora regale, li ho sentiti
discutere con molta veemenza. Kjetill accusava re Harald di aver mentito anche
a lui, che lui si era esposto per farlo diventare Re dei Norreni, ma in cambio
voleva essere incoronato Re di Islanda, non certo andare a morire per la sua
ossessione di sconfiggere Re Bjorn.”
“E com’è andata a
finire?” domandò Hvitserk.
“Non so come sia finita
la discussione, stavano ancora litigando quando sono uscito al seguito del mio
Jarl. Tuttavia, la mattina dopo, mentre ci stavamo preparando per la partenza,
degli uomini al porto stavano dicendo che Re Harald era un Re solo di nome, che
tutti i suoi alleati lo avevano abbandonato e che perfino il suo tirapiedi Kjetill era partito quella
mattina alle prime luci dell’alba per tornare in Islanda” raccontò il messo.
“Dunque Re Harald
adesso è rimasto solo e gli altri sovrani non si sottometteranno a lui” disse
Bjorn.
I messaggeri
concordarono. Tutti i loro sovrani erano oltraggiati e indignati per essere
stati ingannati da Harald, nessuno avrebbe mosso un dito per appoggiarlo contro
Kattegat e lo stesso Kjetill lo aveva abbandonato ed era tornato in Islanda.
Neanche Harald, per quanto folle, avrebbe tentato una sortita contro Kattegat
con pochi uomini e con la prospettiva di ritrovarsi contro non soltanto le
forze di Bjorn, ma anche gli eserciti dei sovrani a cui aveva mentito!
“Molto bene, vi
ringrazio, ci avete portato delle notizie favorevoli” dichiarò Bjorn. “Potrete
rimanere ospiti a Kattegat quanto vorrete prima di riprendere il viaggio verso
le vostre terre e portare i miei saluti ai vostri sovrani.”
Ordinò quindi ai
servitori di portare ai messaggeri cibo, idromele e tutto ciò che potessero
desiderare per ritemprarsi dopo le fatiche del viaggio. Bjorn, Gunnhild e la
corte, invece, si ritirarono in un’altra sala per parlare di ciò che avevano
appreso.
“Re Harald è rimasto
solo, dunque” commentò la Regina. “Nessuno lo vuole come Re dei Norreni, questo
non potrebbe invalidare l’elezione? Tu, Bjorn, saresti il Re dei Re, quello che
tutta la Norvegia desidera.”
Bjorn scosse il capo.
“Questa elezione è
stata qualcosa di unico nella storia del nostro Paese, per la prima volta tutti
i Re, Regine e Jarl di Norvegia si sono riuniti insieme per eleggere un loro
Re… e hanno votato per Harald” spiegò. “Anche se i voti sono stati conquistati
con l’inganno, questa elezione è comunque sacra e gli dei stessi hanno incoronato
Harald Re dei Norreni.”
“Tuttavia lui è Re
solo di nome, mentre tu lo sei di fatto nel cuore e nella mente dei sovrani di
Norvegia” replicò Gunnhild, “ed è questo che conta.”
“Beh, è piuttosto
comodo così, non è vero, fratello?” commentò Ivar ridacchiando. “I sovrani di
Norvegia ti considerano la loro guida, hai il loro rispetto e la loro lealtà,
mentre a Harald toccano le responsabilità e le noie dell’essere Re di un
territorio tanto vasto. Insomma, ti piace vincere facile!”
Bjorn gli lanciò uno
sguardo tagliente.
“Forse. Vuol dire
che, almeno in una cosa, a quanto pare, ci somigliamo” lo rimbeccò.
Ivar, però, non se la
prese, anzi scoppiò a ridere.
“E’ giusto che sia
così, in fondo siamo figli di Ragnar Lothbrok!” concluse.
“Sì, ma Bjorn e
Gunnhild hanno fatto bene a non ascoltarti” gli disse Aethelred. “Se fosse
stato per te, avremmo intrapreso una guerra civile contro altri Norreni e tanti
sarebbero morti senza alcun motivo, visto che Harald non ha più alleati e non
può attaccare Kattegat neanche volendolo.”
“Me lo farai pesare
per il resto dei miei giorni?” ribatté Ivar.
“Almeno fino a quando
non ammetterai che ti sei sbagliato”
sottolineò Aethelred.
Mentre i due
battibeccavano scherzosamente e Bjorn e Gunnhild sorridevano, finalmente
sereni, Hvitserk si allontanò dalla sala portando con sé Helgi. Lo aveva visto
molto turbato mentre i messaggeri continuavano a parlare di Kjetill e adesso
voleva passeggiare con lui, voleva portarlo fuori da quella dimora opprimente,
voleva che godessero dell’azzurro del cielo e della bellezza dei boschi,
dell’aria pulita che si respirava fuori Kattegat, immersi nella natura.
Finalmente l’incubo rappresentato da Kjetill era svanito e Hvitserk voleva che
Helgi lo comprendesse fino in fondo e si tranquillizzasse.
“Perché hai
quell’espressione preoccupata, Helgi?” chiese Hvitserk al compagno mentre
camminavano verso un sentiero che li avrebbe portati in una piccola e graziosa
radura. “Hai sentito cosa ha detto quell’uomo, no? Non devi più temere Kjetill,
lui è tornato in Islanda, non lo vedrai mai più, non potrà più farti del male.”
“Non so se riesco a
crederci” ammise il giovane, camminando a testa bassa. “In fondo il messaggero
non ha visto Kjetill partire, lo ha solo sentito dire da un uomo del porto… e
se non fosse così?”
Un altro avrebbe
potuto trovare assurda e irrazionale la paura di Helgi. Certo, Kjetill aveva
distrutto la sua vita e la sua famiglia, ma adesso era lontanissimo e
probabilmente non si ricordava neanche più di lui, aveva ben altro a cui
pensare.
Hvitserk, però, non
lo trovava affatto assurdo. Hvitserk lo comprendeva molto bene. Del resto, era
esattamente quello che aveva fatto lui nei primi mesi del ritorno a Kattegat,
quando era talmente ossessionato dal terrore che Ivar tornasse che aveva finito
per dipendere dai funghi allucinogeni e allora sì che lo vedeva dappertutto!
Era buffo pensarci adesso che Ivar era davvero
tornato e che, ben lungi dall’essere il mostro che Hvitserk vedeva, si
stava pian piano reintegrando nella vita della famiglia e della cittadina… ma
ovviamente Ivar non era Kjetill. Tuttavia il terrore che straziava l’anima di
Helgi era lo stesso che aveva straziato l’anima di Hvitserk e lui soffriva nel
vedere così il giovane che amava.
Si sedettero insieme
sotto un albero. Il luogo era riparato da cespugli, ma offriva dei meravigliosi
scorci del mare luccicante sotto di loro. Sembrava il posto perfetto per
rilassarsi e rigenerarsi.
“Helgi, non voglio
minimizzare le tue paure, ci sono passato anch’io e so cosa significa vedere la
persona che temi nascosta in ogni angolo” ammise, stringendo a sé il compagno.
“Ma non voglio neanche vederti così tormentato e proprio perché ci sono passato
so che una simile ossessione può distruggerti. Non lo permetterò. Kjetill è una
persona orribile, è vero, ma è solo un uomo. Non ha amici, i sovrani di
Norvegia lo odiano e adesso non gode nemmeno più della protezione di Re Harald.
Io sono sicuro che sia davvero tornato in Islanda e che nessuno di noi lo vedrà
mai più ma, come già ti ho promesso più volte, se un giorno dovesse tornare per
qualsiasi motivo, io non gli permetterò di farti del male. Lo ucciderò con le
mie stesse mani se sarà necessario. Non devi più pensare a lui, non merita
nemmeno questo.”
Helgi ascoltava
incredulo le parole di Hvitserk. Nessuno gli aveva mai parlato così, con
dolcezza e amore ma anche con fermezza. Per la prima volta dopo moltissimo
tempo riusciva a sentirsi sicuro e osava pensare che potesse esserci un futuro
anche per lui… insieme a Hvitserk.
“Hvitserk, io… sei
così buono con me, sei meraviglioso e io non ti merito…”
Il giovane vichingo
sorrise e lo strinse più forte tra le braccia.
“Tu meriteresti anche
di meglio, Helgi, in fondo io sono soltanto uno dei figli di Ragnar, il figlio di mezzo che non conta niente e
che, tanto per non farsi mancare niente, è diventato pure un ubriacone e un
drogato!” scherzò.
Helgi scosse la
testa.
“Tu non sei questo,
sei la fortuna della mia vita, l’unica che abbia mai avuto” dichiarò, convinto.
“E tu lo sei della mia, Helgi” rispose Hvitserk.
Distese il giovane sull’erba e si mise sopra di lui, accarezzandolo a lungo e
dappertutto. Gli baciò le labbra, il mento, la gola, le palpebre e tutto il
viso per poi ritornare alla bocca e baciarlo sempre più profondamente. Gli
slacciò le vesti e si districò dalle proprie, senza smettere di baciare Helgi,
percorrendo un dolce tragitto dal collo alla bocca e ricoprendolo di baci
leggeri; poi si spinse dentro di lui, i loro corpi si fusero assieme, trovarono
il loro ritmo muovendosi all’unisono in armonia, mentre Hvitserk continuava a
divorare la sua bocca con baci languidi e dolci che rispecchiavano quel loro
amore nato così improvvisamente e inaspettatamente, un amore in cui ognuno dei
due aveva trovato il balsamo per le proprie sofferenze.
Ansiti, baci e spinte si susseguirono finché
il mondo intero scomparve e rimase soltanto il calore dei corpi, il sapore dei
baci e l’intensità della passione che li scuoteva, dolcissima e rovente.
Quella sera, nella dimora regale, si era
tenuto un banchetto in onore degli ospiti e per festeggiare lo scampato
pericolo: ormai Re Harald non avrebbe più potuto nuocere a nessuno e, anzi,
prima o poi sarebbe dovuto venire lui a chiedere la protezione di Bjorn!
Ivar, però, si era ritirato presto nella sua
stanza, portandosi dietro un Aethelred preoccupato.
“Perché non hai voluto festeggiare con gli
altri?” gli chiese il Principe. “Non sei contento di sapere che Harald non è
più una minaccia per Kattegat?”
“Beh, non ci tengo tanto a festeggiare le
vittorie di Bjorn” chiarì il giovane
vichingo con un sorrisetto storto. “Che poi non sono neanche le sue, Bjorn
avrebbe combinato solo disastri se non avesse avuto Gunnhild accanto… Comunque
no, non è questo. Mi sarebbe piaciuto avere l’occasione di guidare un esercito
contro Harald, non lo nego, però…”
Aethelred lo fissava, i grandi occhi chiari
spalancati in un’espressione interrogativa che lo rendeva tenerissimo.
Ivar era un giovane irrequieto, aveva voglia
di avventure, di combattimenti, di razzie e all’inizio era rimasto deluso
scoprendo che non ci sarebbe stata battaglia. Guardando il dolce Principe che
gli stava di fronte, però, comprese improvvisamente che le sue priorità erano
cambiate, che le esperienze con Oleg e i Rus’ avevano lasciato un segno
indelebile in lui.
Certo, prima o poi sarebbe ripartito da
Kattegat, avrebbe tentato nuove esplorazioni, cercato nuove terre da
saccheggiare… ma niente avrebbe riempito i vuoti del suo cuore se non ci fosse
stato Aethelred con lui. E in quel momento era felice di poter godere di un
periodo di pace e tranquillità, per vivere tranquillo con il giovane che amava,
per approfondire le gioie di quel sentimento che lo colmava e lo rendeva
integro e sereno come non immaginava neanche di poter mai essere.
“Quello che voglio adesso è stare con te,
averti tutto per me” disse Ivar, prendendo Aethelred per le braccia e
tirandoselo addosso. “Mi va benissimo la pace, perché posso goderla insieme a
te. E quando avrò voglia di avventure, tu sarai al mio fianco, altrimenti non
partirò neanch’io.”
Baciò il Principe a lungo e intensamente,
assaporando le sue labbra morbide, senza riuscire a staccarsi da lui neanche
per respirare. Le vesti si slacciarono, scivolarono a terra, mentre Ivar e
Aethelred erano sempre più stretti, i corpi che diventavano uno, il respiro che
si mescolava, i movimenti che diventavano una danza armoniosa e bruciante.
Insieme giunsero al punto di non ritorno, accolti e sommersi da una luce
accecante che incendiò e dissolse tutto il resto lasciandoli felici e
stravolti, Aethelred completamente perso nell’abbraccio protettivo di Ivar.
I pericoli al momento sembravano scongiurati,
gli ostacoli erano lontani e Ivar e Aethelred, così come Hvitserk e Helgi,
potevano vivere e consolidare il loro amore, che in quel momento era tutto ciò
che desideravano e che li faceva sentire vivi.
Presto ci sarebbero state nuove sfide da
affrontare, ma lo avrebbero fatto insieme, fianco a fianco, inseguendo i loro
sogni verso il sole dell’avventura, da veri vichinghi.
FINE