Gli uomini apparvero e si diffusero su
tutta
la superficie del mundus.
I draghi presiedevano alle masse.
Gli uomini erano deboli, e non avevano
Voce.
Rayla
lesse le parole incise su una seconda tavoletta di roccia. Pensò che si
trattasse di una storia divisa in più parti, e che probabilmente ne avrebbe
trovato il seguito più avanti. Sapeva bene che avrebbe dovuto sbrigarsi, ma
quelle iscrizioni cominciavano ad incuriosirla. Forse avrebbero potuto fare
chiarezza sulla sua condizione. Un brivido la riportò con i piedi per terra,
cercò il calore del proprio mantello e riprese la camminata.
Proseguiva
spedita, rimanendo attenta ad eventuali sorprese indesiderate. I gradini
seguivano un andamento altalenante, prima salivano lievemente, poi si facevano
più ripidi, poi scendevano. Il sentiero sembrava tracciare un irregolare
percorso a spirale man mano che si saliva, di fianco a Rayla lo strapiombo era
sempre più fitto. Ad un certo punto la strada si appianava, e l’elfa scorse un
dente roccioso simile ad alcuni già visti prima; la terza tavoletta. Affrettò
il passo e si piazzò davanti alle incisioni.
Nei Tempi Antichi lo spirito primigenio
degli uomini
era forte.
Non temevano di affrontare i draghi
e le loro Voci.
Ma i draghi, con un semplice urlo, li
abbatterono
nello spirito e nel corpo.
Gli uomini vennero puniti per
la propria insolenza… O volevano solo liberarsi da un dominio ingiusto?
Rayla
notò che alcune pile di sassi segnalavano il continuo del sentiero, che ora
scendeva ripido nella prima parte. Superò la tavoletta e imboccò il sentiero,
facendo molta attenzione a non scivolare. Il paesaggio costrinse l’elfa a
fermarsi a metà della discesa. Vide in lontananza una grande città circondata
da mura e campi coltivati dominare la vallata; il sole ne illuminava le case e
le strade, e più di tutti un enorme palazzo che sorgeva nella parte più alta
della città. Sulla sinistra sorgeva un altro monte innevato, più basso della
Gola del Mondo, ma con un’enorme costruzione in pietra costituita da archi e
travi, forse l’ingresso di un importante tempio di qualche culto. Accanto alla
città passava un fiume brillante, probabilmente lo stesso che lei e Garfield
avevano costeggiato dopo essersi incontrati. Ad un’occhiata più attenta
riconobbe anche il punto in cui si era svegliata, era una zona in cui la valle
tra le due montagne si stringeva. Peccato viversi di fretta quel momento,
pensò: quelle terre innevate sembravano un luogo ameno dove sarebbe volentieri
sparita in una spensierata esplorazione. Respirò a pieni polmoni, fece un
rapido controllo al proprio equipaggiamento e riprese la discesa. Il sentiero si
incurvava bruscamente dopo un ultimo tratto di scalini smussati, poi riprendeva
con una lieve ma lunga salita. Subito dopo la discesa un lungo e robusto ramo
sbarrava la strada. Rayla pensò che si trattasse del varco a cui aveva
accennato la donna. Vide che più avanti il percorso spariva in un’insenatura
tra due grandi rocce, le quali formavano un semi-arco che lasciava uno spazio
riparato da eventuali intemperie. Nella curva, accanto al precipizio, c’era
un’altra tavoletta tra due piccole pile di sassi. Si fermò a leggere, prima di
preseguire.
Kyne invocò Paarthurnax,
che ebbe compassione dell’uomo.
Insieme insegnarono agli uomini a usare
la Voce.
Allora scoppiò la Guerra dei Draghi,
drago contro Lingua.
Ci fu uno scontro… Ho visto
umani, ma nessun drago. Presumo che i draghi siano stati annientati. Chissà,
magari qualcuno ha assassinato l’ultimo erede dei draghi e qualcun altro cerca
vendetta. Kyne e Paarthurnax erano draghi al fianco degli uomini, forse sono
ancora vivi da qualche parte.
Rayla
scavalcò il ramo e imboccò la salita, pronta ad oltrepassare l’insenatura. Una
volta vicina alle rocce sentì una violenta ventata sfociare dall’apertura, e fu
costretta a coprirsi per un momento gli occhi. Il sentiero dopo le rocce
svoltava, e non era più visibile. Percepiva uno strano rumore man mano che si
addentrava, ma il suo mantello che svolazzava furiosamente impediva ogni
tentativo di identificarne la fonte. Non servì, poiché bastava la vista per
capirlo, e Rayla vedeva molto bene. Superata la soglia vide quattro masse
biancastre ammucchiate in un punto sotto l’arco di roccia, intente a maneggiare
qualcosa per terra con le loro possenti braccia. I troll. I troll che stanno facendo a pezzi un animale. Rayla portò
istintivamente le mani alle spade, e provò a rannicchiarsi dietro uno strato di
roccia. L’elfa pensò che avrebbe potuto eliminarli facilmente in condizioni
diverse, ma ora era troppo distante per potersi avvicinare furtivamente.
L’antro in cui i mostri stavano banchettando era spazioso e privo di neve,
avrebbero potuto udirne i passi e l’avrebbero sopraffatta. Guardò l’arco di
roccia e cominciò a formulare un piano. Con una piccola rincorsa avrebbe potuto
darsi lo slancio necessario per arrampicarsi sulla superficie superiore. Una
volta su avrebbe proseguito fino al limite dell’arco, avrebbe valutato il
percorso e sarebbe scesa giù con un salto; a quel punto sarebbe bastato correre
velocemente, nel caso i troll avessero deciso di seguirla. Era deciso.
Sistemò
per bene le spade, fece qualche passo indietro e scattò. Spiccò un salto che le
permise di aggrapparsi ad una piccola protuberanza rocciosa. Notò altri appigli
a cui poteva affidarsi; li sfruttò abilmente, era quasi in cima. Era a circa
tre metri di altezza, aveva individuato l’ultima sporgenza ed era pronta ad
issarsi su. Un pezzo di roccia si sgretolò non appena l’elfa provò ad afferrarlo,
e dei detriti precipitarono a terra producendo un lieve tintinnio. Se lo hanno sentito tanto meglio. Vengono
qui, non trovano niente e io me ne scappo dall’altra parte. Si diede uno
slancio, portò su una gamba e fece leva su essa, e si trovò sulla superficie
superiore dell’arco. La roccia era ricoperta da un velo di neve, che Rayla notò
subito non essere immacolato; delle grosse orme tappezzavano il suolo, e fecero
intuire all’elfa che i troll potevano raggiungere quella zona. Riescono ad arrampicarsi. Guardò
immediatamente di sotto per vedere se i troll la stessero seguendo, ma non notò
nessuna creatura sotto l’arco. Non era sotto l’arco che avrebbe dovuto
guardare. Rayla si diresse rapidamente verso il dislivello che l’avrebbe riportata
al sentiero, passando accanto ad un masso ricoperto dalla neve. Arrivò sul
bordo della superficie e guardò in basso: erano circa tre metri anche qui, un
atterraggio che avrebbe potuto effettuare senza problemi. Un attimo prima di
saltare Rayla venne colta da una strana sensazione di calore alle sue spalle.
Si girò, e prima di volare di sotto vide un’enorme zampa dirigersi verso di lei
a palmo aperto. Fece appena in tempo a portarsi le braccia davanti al volto per
parare il colpo, ma questo non le risparmiò una spinta travolgente che le fece
mancare il terreno sotto ai piedi. Fece una piroetta e riuscì ad atterrare
senza danni. Pensò a quanto aveva rischiato grosso, se avesse prestato più
attenzione avrebbe capito che quello a cui era passata vicino non era un masso,
ma un dannato troll in agguato. Valutò che sarebbe bastato scattare seguendo il
sentiero, ora aveva i troll alle spalle, forse potevano vincerla in forza
bruta, ma eguagliarla in velocità? Con una rapida occhiata vide che il sentiero
proseguiva inizialmente dritto per poi girare bruscamente e sparire tra alcune
rocce qualche dozzina di metri più avanti.
E Garfield?
Se
fosse scappata i troll non avrebbero raggiunto lei, ma se Garfield avesse
deciso di seguirla da solo? Avrebbe incontrato i troll, e magari a lui sarebbe
mancata la sua stessa fortuna. Se i mostri lo avessero sopraffatto sarebbe
stata sua responsabilità, in parte. Tornò a fissare l’arco di roccia, dove il
mostro che l’aveva fatta cadere la fissava gelido e ferino dall’alto. Gli altri
bestioni si erano allontanati verso l’entrata, erano stati attratti dal rumore
di poco prima. Quello in alto spiccò un goffo salto e atterrò accanto a Rayla,
battendo violentemente le braccia al suolo. Il mostro era fortemente
sproporzionato, braccia enormi, tozze e piene di bubboni, tre occhi a formare
un triangolo sulla fronte, due zampette minute e rugose, una mascella
pronunciata che lo faceva sembrare uno scimpanzè deforme. Rayla lo inserì
tranquillamente nella lista degli esseri più orripilanti che avesse mai visto.
Sfoderò fulminea le spade, pronta ad avere la rivalsa sulla creatura. Uno per volta. Il mostro si lanciò in
avanti tentando di afferrare l’elfa con gli artigli, ma lei schivò di lato e
con una piroetta inflisse tre profonde ferite sul braccio del troll. Il mostro,
noncurante, ruotò su se stesso provando a colpire l’elfa con una bracciata.
Rayla schivò verso il basso e mise a segno un fendente sul torace del mostro. È lento e prevedibile. Il mostro tentò
un secondo slancio protraendo gli artigli sporchi verso l’elfa. Un tentativo
goffo, poiché Rayla si girò di spalle e spiccò un balzo rotante all’indietro.
Scavalcò il mostro, e appena prima di atterrare, alla giusta altezza, sferrò
una sforbiciata con le spade sul grasso collo del troll. Sangue scuro macchiò
le spade e la neve, la testa roteò in aria e cadde pesante, così come il corpo
subito dopo. Meno uno. L’elfa si girò
verso la rientranza nella roccia, e vide che gli altri quattro troll venivano minacciosi
verso di lei, correvano come gorilla, facendo perno sulle braccia lunghe e
spesse. Decise che per affrontarli doveva dividerli. Fece un respiro per
mantenere la concentrazione, poi scattò anch’essa verso il branco in
avvicinamento. Appena prima di essere agguantata balzò, e roteando lacerò tutti
e tre gli occhi del primo della fila. L’urlo della creatura coprì il tonfo del
secondo troll che cadde a terra quando l’elfa gli tranciò i tendini
all’atterraggio. Gli ultimi due illesi si stagliavano su di lei come montagne
innevate, gli occhi neri imbottiti d’odio. Individuò un varco e scivolò in
mezzo alle creature, portandosi alle loro spalle. Mirò alla schiena di uno dei
due e ci conficcò la spada per ucciderlo in un solo colpo. La scorza del mostro
era più dura di quanto l’elfa potesse immaginare, poiché la spada rimase
infilata a metà. Fu inutile il primo tentativo di estrazione, sembrava che il
torace del troll trattenesse la spada con una forza disumana. Diede un secondo
strattone con più forza, e il tentativo andò a buon fine. L’elfa però si
sbilanciò all’indietro, e per mantenere l’equilibrio non riuscì a schivare la
manata che l’altro troll le stava tirando. Venne colpita in pieno petto e volò
per un paio di metri, cadendo rovinosamente a terra e battendo la schiena su un
sasso inghiottito dalla neve. Prima venne il freddo, poi il dolore. Si rimise
in piedi a fatica, e un sottile calore le attraversò il fianco sinistro.
Sanguinava. I troll erano già di fronte a lei, rabbiosi e puzzolenti. Rayla tranciò
con un fendente la zampa di uno dei due, poi rotolò di lato. Scelta azzardata,
e in questo caso pessima. Venne destabilizzata da un dolore lancinante al
fianco, e subito dopo sentì la gola avvinghiata dalla mano d’un gigante.
Rayla
sentì il respiro sgusciarle via dal corpo. La stretta del mostro attorno al
collo era così forte che l’elfa non potè emettere alcun suono. Vedeva il grugno
del troll farsi sempre più vicino, ne percepiva il fiato caldo man mano che
quello spalancava le fauci gialle e bavose. Senza volerlo allentò la presa
sulle spade, le quali scivolarono lentamente fino a cadere, sprofondando nella neve
sopra la quale era sospesa. Il dolore al collo era atroce, le mancava l’aria,
non riusciva più a muovere un muscolo. Sarebbe stata inghiottita dalla Gola del
Mondo, perché aveva oltrepassato il sentiero barricato, non aveva ascoltato la
donna, non aveva ascoltato Garfield.
Un
feroce ruggito lacerò i rumori della montagna e sovrastò il grugnito del troll.
Una tigre smeraldo azzannò il mostro alla gola, atterrandolo e schiacciandolo
sotto le sue possenti zampe. Il troll lasciò la presa e Rayla fu libera di
respirare; l’elfa inspirò forte con naso e bocca, poi si passò le mani attorno
al collo e vide che si erano sporcate di sangue. Gli artigli del troll le
avevano perforato il derma, ed ora che l’adrenalina scendeva il dolore la stava
assalendo.
«SPOSTATI,
TIGRE!» esclamò una voce femminile distante da qualche parte, in lontananza.
Rayla seguiva la scena a malapena, la vista era offuscata e gli altri sensi
ovattati. Il sapore del sangue, però, lo sentiva eccome. Vide la tigre compiere
un balzo lateralmente, poi un sottilissimo lampo arancione passarle accanto. Un
ululato distorto rimbombò nella testa dell’elfa, che si portò le mani alle
orecchie. Un fischio le invase la mente, poi svenne.
[…]
«Come stai,
Rayla?» Garfield le era vicino e la guardava con i suoi occhioni verdi e
preoccupati, illuminati da una luce che li teneva lontani dalla morsa del buio.
«Sto... Bene,
Ciuffo Verde. Grazie dell'aiuto. »
«Manca ancora
parecchio alla cima, rimani giù e cerca di riposare.» Una voce calda e profonda
si rivolse all’elfa con fare gentile.
«Brutta ferita al
collo, ragazza. Ti avevo avvertita o sbaglio?» Ora era una donna a parlare, e
Rayla sentì un granello di sarcasmo tra quelle parole, oltre a riconoscere
immediatamente chi fosse a parlare. Era la donna che aveva incrociato sul
sentiero tempo prima, e ora le rivolgeva uno sguardo accigliato combinato ad un
mezzo sorriso. Rayla abbassò la testa, poi con un filo di voce rispose: «Niente
predica, per piacere. Potevate lasciarmi lì, io non vi ho chiesto nulla.»
«Hai un amico
piuttosto convincente, ragazza. Non ci ha lasciato scampo!» fece la donna
ridendo. «Il mio nome è Karita. E tu?»
«Mi chiamo Rayla.»
«Lo sapevo già, il
ragazzo parla un sacco. Ma mi fa piacere che ti sia presentata di tua volontà.»
«Vi accompagneremo
fino alla cima, in quattro componiamo un bel gruppo.» La luce del focolare
illuminava il volto di un uomo sulla cinquantina, occhi scuri e decisi, un
volto spigoloso ma equilibrato. Parlava con una calma disarmante. Continuò:
«Non aspettatevi
una calorosa accoglienza. I Barbagrigia sono una comunità astratta dal resto
del mondo, possiedono dei modi tutti loro. Pensate che non rivolgono la parola
a nessuno, solo il Dovahkiin è riuscito ad avere un’udienza negli ultimi tempi.
Poi è successo quello che è successo.»
«Stai tranquilla
Rayla, possiamo fidarci. Puoi tornare a fare un’espressione normale.»
«Come ti senti? Ho
notato che le tue ferite si rimarginano velocemente, quasi quanto quei dannati
troll.» intervenne Karita.
«La schiena fa
ancora male, ma per fortuna la mia specie è dotata di un’ottima rigenerazione
delle ferite. Le ossa ci mettono un po’ di più.»
«Sembra quasi una
benedizione. Non mi sembra comunque il caso di risparmiarci un bel sonno
ristoratore. Parleremo domani.» concluse l’uomo gentile, prima di infilarsi nel
suo sacco a pelo e cadere immediatamente addormentato.
«Seguite il suo
consiglio, vi conviene.» fece Karita, per poi imitare il proprio compagno.
«Riposati Rayla,
io farò il primo turno di guardia.» Garfield le sorrise dolcemente, non
sembrava avercela con lei per la stupidaggine che aveva combinato. Per la prima
volta Rayla si sentì al sicuro. Si addormentò.
Note dell’autore: Buonasera lettori! Mi sto divertendo molto
a scrivere questa storia, lo prendo come un momento di relax e come un esercizio
stilistico. Voglio chiedere a voi lettori se queste versioni di Rayla e
Garfield vi stiano convincendo, se apprezziate i pensieri dei personaggi
mescolati nel discorso indiretto trasposti in corsivo e se le descrizioni
riescano a rendere l’idea delle scene narrate. Vi ringrazio infinitamente per
aver letto fin qui, e se qualcuno avesse un commento da fare sarei felicissimo
di ascoltarlo, che sia esso positivo o negativo!
-HideSaka
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